venerdì 29 settembre 2017

Classe 5 - Storia 4 Nuovo

Storia 4 - Classe 5A

 C5 - U4
Il XXI secolo (2000-2020)

1 - GLI STATI UNITI D'AMERICA

Le elezioni presidenziali  del 2000 sono caratterizzate dalla vittoria dei repubblicani con George W. Bush, figlio dell'omonimo ex presidente. La presidenza Bush deve fare i conti con quello che viene considerato l'atto di terrorismo più drammatico dell'età contemporanea: gli attentati dell'11 settembre 2001. Si trattò di quattro differenti attacchi terroristici, collegati tra di loro dalla comune matrice ideologica (il fondamentalismo islamico), dall'organizzazione che li rivendicò (al-Qaida), dalle modalità (quattro voli di linea dirottati e usati come armi). I morti furono in totale 3000. Due dei quattro voli di linea dirottati si schiantarono sulle due Torri Gemelle del World Trade Center di New York, cuore finanziario della città e del Paese, il terzo aereo colpì il Pentagono, a Washington D.C., mentre il quarto, forse diretto sulla Casa Bianca o sul Campidoglio, si schiantò in Pennsylvania. Gli attentati furono rivendicati dall'organizzazione terroristica al-Qauda, guidata da Osama Bin Laden. Non ci furono spiegazioni precise dei terroristi sul movente, ma gli esperti concordarono la concomitanza di alcune cause scatenanti, come le operazioni militari americane in Afganistan ai tempi dell'occupazione sovietica del 1979, la Guerra del Golfo Persico e il consolidamento di Israele come base americana nel Mediterraneo. Altri esperti cercarono di chiarire un possibile progetto politico di Bin Laden, in base alle dichiarazioni del leader islamico dopo gli attacchi. In seguito agli attentati il governo degli Stati Uniti creò una speciale Commissione dedicata alle indagini e avviò una massiccia campagna anti-terrorismo, coinvolgendo diversi Stati.
Nel marzo 2003 scoppia la Guerra d'Iraq (impropriamente nota come SECONDA GUERRA DEL GOLFO). La guerra, risolta  in breve tempo, aveva come obiettivo la deposizione e la cattura del dittatore iracheno Saddam Hussein, ritenuto (erroneamente) in possesso di armi di distruzione di massa e coinvolto negli episodi di terrorismo rivendicati da al-Qauda. Nonostante il rapido raggiungimento degli obiettivi la guerra fu caratterizzata da una lunga resistenza contro gli invasori occidentali, che si concluse solo nel 2011, quando i territori occupati furono riconsegnati alle autorità irachene. Non si arrestò invece  la guerra civile tra le fazioni religiose. Saddam Hussein fu catturato e processato da un tribunale iracheno per crimini contro l'umanità. La condanna a morte per impiccagione fu eseguita nel 2006. La deposizione del leader non riuscì però a garantire all'Iraq la stabilità politica, a causa della penetrazione di cellule fondamentaliste nel territorio. L'impegno politico di Bush porta a una sua riconferma nel 2004. Nel 2008 assistiamo a una vittoria dei democratici con l'elezione di Barack Obama - riconfermato poi quattro anni dopo - primo presidente afroamericano degli USA. A Obama succcede nel 2016 il repubblicano Donald Trump.
L'amministrazione Trump attraversa un quadriennio piuttosto burrascoso a causa della politica schiettamente conservatrice del Presidente: tra le iniziative più contestate c'é la proposta di rafforzare i confini tra gli Stati Uniti e il Messico con la costruzione di un vero e proprio muro, la politica dei dazi nei confronti dell'Europa oltre al cosiddetto Ucrainagate, che coinvolge l'ex vicepresidente democratico Joe Biden e il presidente ucraino Zelensky. Proprio questo ultimo episodio provoca nell'opposizione la decisione di avviare il processo di impeachment; tuttavia Trump riacquista il consenso dell'opinione pubblica pochi mesi prima della sentenza definitiva, dopo aver colpito due obiettivi fondamentali dell'integralismo islamico, il leader dell'ISIS Al-Baghdadi e il generale iraniano Al-Suleymani. Il successo nella lotta al fondamentalismo islamico riporta Trump in corsa per il secondo mandato: lo sfidante democratico nelle elezioni di novembre 2020 sarà proprio Joe Biden, uscito vittorioso dalle primarie in molti stati della federazione.

2 - I PAESI ARABI

Oltre al Golfo Persico, l'azione militare degli USA era rivolta anche all'Afganistan, dove, dalla fine dell'occupazione sovietica, si era costituito un regime fondamentalista islamico guidato dai talebani, qualificati come studenti di teologia coranica, che avevano dato vita a una repubblica teocratica sul modello di quella iraniana. Il regime era sospettato di nascondere l'emiro Osama Bin Laden, capo di al-Qauda, che fu scovato da un reparto speciale nel 2011 in Pakistan e ucciso. Ma gli avvenimenti più significativi del 2011 sono legati a un processo rivoluzionario definito PRIMAVERA ARABA, che coinvolse alcuni paesi del Nord Africa. Il primo paese a insorgere fu la Tunisia, dove ill dittatore Ben Ali fu costretto alle dimissioni, seguito poi dall'Egitto, dove la rivoluzione segnò la fine del regime di Mubarak (abbandonato dagli stessi generali che lo avevano sostenuto ai tempi del suo colpo di stato). In Libia i gruppi islamici a lungo repressi dal regime del colonnello Gheddafi presero il potere in Cirenaica causando l'inizio di una vera e propria guerra civile con la Tripolitania, ancora controllata dal dittatore. Gli interventi della Francia e dell'Inghilterra - e di altre forze della NATO tra cui l'Italia - aiutarono la risoluzione del conflitto. Gheddafi fu ucciso dai ribelli mentre cercava di fuggire dal paese. La conseguenza che accomuna queste rivoluzioni è la proliferazione di cellule del fondamentalismo islamico nei paesi mediterranei, con il rischio di penetrazione nei paesi europei. Uno dei casi più recenti è la serie di attacchi terroristici che hanno colpito Parigi nel gennaio del 2015.
Nel giugno del 2014 un gruppo fondamentalista islamico guidato da Abu Bakr ha proclamato la nascita di un califfato nelle zone controllate dal gruppo stesso, sotto il nome ISIS (acronimo di Stato Islamico di Iraq e Siria). Le radici di questo gruppo vanno ricercate nella resistenza irachena seguita alla vittoria americana durante la Seconda Guerra del Golfo del 2003: nel 2004 infatti al-Zarqawi fondò lo Stato Islamico dell'Iraq, allo scopo di combattere gli occupanti americani e il governo sciita e filo-americano di Bagdad. Il movimento (inizialmente alleato di al-Qaida in Iraq ma poi distaccatosi e diventato un diretto concorrente) nel 2013 ha partecipato alla guerra in Siria, conquistando i territori poi aggiunti a quelli in Iraq e proclamando la nascita dello Stato Islamico. Dall'anno successivo l'ISIS ha espanso ulteriormente il proprio raggio d'azione, compiendo una rapida ascesa nei territori occupati e sfidando l'Occidente e gli altri paesi arabi: ciò ha costretto gli USA a un nuovo intervento armato. A seguito dei successi dell'ISIS molti gruppi esterni hanno aderito allo Stato Islamico qualificandosi come Province, e collaborando attivamente alla jihad. Per contro molti Stati hanno disconosciuto lo Stato Islamico, considerandolo un'organizzazione terroristica.
Tra il 2015 e il 2019 il terrorismo islamico ha colpito diversi centri europei. Il 24 ottobre 2019 il presidente americano Donald Trump annuncia l'uccisione del leader Al-Baghdadi, mentre nel gennaio successivo viene assassinato il generale iraniano Al-Suleymani. L'operazione fa salire la tensione tra Iran e Stati Uniti in un'escalation di minacce reciproche. Le misure anti-terrorismo del presidente Trump sono appoggiate dal governo israeliano, ma ricevono un modesto consenso dai paesi dell'Europa mediterranea, preoccupati per l'instabilità della Libia (divisa dalle fazioni moderata e conservatrice in Tripolitania e Cirenaica) e per la situazione al confine tra Turchia e Siria. L'enorme afflusso di profughi a seguito dell'invasione turca suscita infatti timore per l'eventuale diffusione di cellule fondamentaliste nei paesi europei.

3 - I PAESI EUROPEI

I primi anni del nuovo secolo vedono l'allargamento dell'Unione Europea. I 15 stati membri accettano in modo unilaterale gli accordi di Schengen per l'abolizione delle frontiere doganali e firmano il Trattato di Nizza per la creazione di una Convenzione Europea. Il 1 gennaio 2002 entra in vigore la moneta unica, l'Euro, (adottata de facto anche a San Marino, Vaticano, Monaco e negli Stati in attesa di riconoscimento come Montenegro e Kosova). Nel primo decennio del XXI secolo gli accordi di Schengen vengono estesi a diversi stati europei, molti dei quali adottano l'Euro come valuta ufficiale. Una delle principali protagoniste dell'integrazione europea fu sicuramente la Francia, avviata a una notevole stabilità economica grazie alla cooperazione con la Germania. Nonostante la Francia si fosse fatta promotrice di una politica europea forte nel 2005 boccia la Costituzione Europea col 55% dei voti. Anche la Germania assunse dopo la riunificazione un ruolo attivo nell'Unione Europea, partecipando alle diverse operazioni militari nei Balcani e assumendo un sempre più consistente potere di controllo sulla finanza europea.  Nel 2005 viene nominata Cancelliere Angela Merkel, del CDU (Unione Cristiano Democratica), che forma una Grande Coalizione insieme a CSU (Unione Cristiano Sociale) e SPD (Partito Social Democratico). Nel 2007, in Gran Bretagna, dopo la fine dell'era Blair, europeista e attivo nella lotta contro il terrorismo, sale al potere ancora un laburista, Gordon Brown, che si dimette dopo 3 anni in seguito alla sconfitta elettorale dei laburisti alle elezioni del 2010. Nuovo premier è il conservatore David Cameron. Oltre a essere uno dei più giovani primi ministri nominati dalla Corona - 43 anni - Cameron è il primo premier britannico a formare un governo di larghe intese dai tempi del secondo dopoguerra, allargando la coalizione di governo ai liberal-democratici e affidando la poltrona di vice primo ministro a Clegg. Nel 2016 diventa Primo Ministro il leader conservatore Theresa May. In seguito al referendum del 23 giugno 2016 sulla permanenza del Regno Unito nell'UE, il Parlamento ha avviato il 29 marzo 2017 il procedimento per l'uscita del Paese dall'Unione Europea (BREXIT) secondo quanto previsto dall'art. 50 della Legge sull'Unione Europea. La politica britannica é tuttavia divisa in due fazioni, i favorevoli all'uscita del paese dall'UE e gli oppositori, questa situazione é all'origine del rallentamento della fase di distacco. Il processo giunge a compimento alla fine del 2019 quando il nuovo primo ministro britannico, il conservatore Boris Johnson, per rafforzare la maggioranza indice nuove elezioni politiche: il 12 dicembre 2019 lo schieramento di Johnson ottiene un largo consenso e la nuova maggioranza stabilisce la data del 31 gennaio 2020 per l'uscita del Regno Unito dall'UE.
Nel marzo 2020, a causa della pandemia di COVID 19, la maggior parte degli stati dell'Unione Europea decide la sospensione temporanea degli Accordi di Schengen, chiudendo i propri confini per evitare la circolazione di cittadini provenienti dai paesi più colpiti dal virus. Per lo stesso motivo viene decisa la sospensione temporanea del Patto di Stabilità per consentire ai paesi membri dell'UE una maggiore disponibilità finanziaria per fronteggiare l'emergenza economica causata dalla pandemia. L'Italia e gli stati più colpiti dalla diffusione del virus chiedono l'emissione dei cosiddetti Eurobond a cui attingere per sostenere le spese straordinarie dettate dall'emergenza sanitaria, ma la Commissione Europea, dopo il parere sfavorevole della Germania, dei Paesi Bassi e degli Stati Scandinavi, rifiuta l'adozione di tale misura economica, rimandando la decisione di quindici giorni, ipotizzando il ricorso al Meccanismo Europeo di Stabilitá, le cui condizioni non trovano però il pieno consenso degli stati richiedenti.

4 - ITALIA

Nel 1999 in Italia è eletto presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che si fa portavoce dell'esigenza di recuperare l'unità nazionale, dopo il terremoto politico e istituzionale degli anni Novanta. Il nuovo millennio si apre però ancora all'insegna dell'instabilità. Durante il vertice del G8, tenutosi a Genova nel luglio del 2001, le manifestazioni di dissenso dei cortei No Global sono destabilizzate dalle infiltrazioni di gruppi estranei allo spirito della contestazione (gli appartenenti al cosiddetto Blocco Nero o black bloc) e la manifestazione, dagli intenti pacifici, degenera in una drammatica guerriglia urbana culminata con l'omicidio del giovane attivista genovese Carlo Giuliani, ferito a morte da un colpo sparato da un carabiniere in Piazza Alimonda. La reazione dei dimostranti alla morte di Giuliani è all'origine di un secondo drammatico episodio: l'irruzione (ingiustificata) delle forze dell'ordine nei locali della scuola Diaz, messa a disposizione dal comune di Genova come dormitorio e sede del Media Center dell'organizzazione. Sospettando la presenza di esponenti del Blocco Nero e di strumenti contundenti, le forze dell'ordine irruppero nei locali della scuola in modo violento, picchiando in modo indiscriminato 93 persone presenti nella scuola Diaz al momento del blitz, alcuni dei quali estranei al movimento No Global (medici, volontari, giornalisti). I 125 responsabili furono processati e condannati ma di fatto nessuno subì conseguenze per i reati commessi, non esistendo in Italia un reato di tortura. Ad aprile 2015 la Corte Europea per i Diritti dell'Uomo ha condannato lo Stato Italiano al risarcimento delle vittime del pestaggio per le lesioni subite, rimarcando la violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e la sussistenza del reato di tortura. Gli episodi del 2001 non colpiscono significativamente  la coalizione di centro-destra guidata da Silvio Berlusconi, che aveva vinto le elezioni politiche nel 2000: il centro-destra governa tre legislature (la XIV fino al 2005 e la XV fino al 2006, poi la XVI dal 2008 al 2011): tuttavia, le indagini della Magistratura milanese  travolgono la leadership di Berlusconi (che nel 2008 tenta una modifica strutturale del proprio movimento politico) che viene condannato e costretto a lasciare la poltrona di parlamentare nel 2013.  Alla scadenza del mandato presidenziale di Ciampi, viene eletto al Quirinale Giorgio Napolitano, che è il primo presidente della Repubblica Italiana a essere rieletto dopo il settennato per garantire continuità al processo di riforme istituzionali. Durante il mandato nomina Presidente del Consiglio l'economista Mario Monti, a capo di un gabinetto tecnico che avvia una radicale manovra finanziaria allo scopo di arginare gli effetti della crisi economica e rilanciare la produttività. Dopo le dimissioni di Monti si ha un governo di larghe intese presieduto da Enrico Letta, mentre nel marzo del 2014 il governo torna nelle mani del centro-sinistra con la coalizione guidata da Matteo Renzi che forma ancora un gabinetto misto. Dopo le annunciate dimissioni di Napolitano, con l'avvio del disegno di riforme del governo Renzi, nel gennaio del 2015 sale al Quirinale Sergio Mattarella.
Il 12 dicembre 2016 Paolo Gentiloni succede a Renzi alla guida del Governo. Alla fine del 2017, dopo lo scioglimento delle Camere, vengono annunciate le Elezioni Politiche per il 4 marzo 2018. Le elezioni vedono l'affermazione del Centro-Destra al Nord, con un largo consenso per la Lega Nord e del Movimento Cinquestelle al Sud. La maggioranza giallo-verde vota il nuovo esecutivo presieduto da Giuseppe Conte. Nel corso dell'estate 2019 si intensificano gli sbarchi dei migranti, aiutati dalle organizzazioni non governative: il Ministro degli Interni Matteo Salvini (Lega Nord) tenta la chiusura dei porti italiani alle navi ONG. La proposta di Salvini fa vacillare gli equilibri dell'esecutivo, sfociando nella crisi di governo, aperta pochi giorni prima di Ferragosto. Lo scenario politico si complica ulteriormente con l'abbandono del PD da parte di Matteo Renzi che fonda un nuovo movimento politico. Il successivo rimpasto della maggioranza di governo dopo l'uscita della Lega Nord dall'esecutivo vede l'ingresso del Partito Democratico e del nuovo partito di Renzi, Italia Viva. Il nuovo governo, ancora una volta presieduto da Giuseppe Conte, deve mediare però alcune divergenze interne tra cui la discussione sul Meccanismo Europeo di Stabilità e la proposta di modifica del numero dei parlamentari. La diffusione dell'epidemia di COVID-19 costringe il governo Conte a una serie di scelte politiche per arginare l'emergenza sanitaria (ultimo aggiornamento al 1 Aprile 2020).

Piergiovanni Morittu

domenica 24 settembre 2017

Classe 3 - Filosofia 4

Filosofia 4 - Classi 3A-3D

 Aristotele

ARISTOTELE

1 - LA METAFISICA

L'OPERA - La Metafisica (ossia "oltre la natura") è chiamata da Aristotele FILOSOFIA PRIMA, in quanto indagine sull'Essere e sull'Esistenza di tutte le cose. Aristotele suddivide l'indagine in 14 libri che hanno tutti lo stesso nome e che sono distinti solo dal numero (per esempio: Libro I, Libro II…). Tuttavia possiamo individuare 3 argomenti principali:
1) la causa
2) la sostanza
3) il Principio
In quanto studio dell'Essere la Metafisica aristotelica è un'ONTOLOGIA: con questo termine si indicano le filosofie che indagano le condizioni dell'esistenza in generale.

METAFISICA DELLE CAUSE - Questa parte si chiama anche EZIOLOGIA ossia studio delle cause (dal greco "aithìa" che significa causa). Tutto nella Natura si muove. L'Essere subisce continuamente delle trasformazioni che alterano il suo stato. Ogni cosa è soggetta al divenire.
Aristotele individua 4 cause del divenire dell'Essere:
1) la causa MOTRICE o EFFICIENTE, che è l'origine di qualsiasi movimento
2) la causa MATERIALE, che corrisponde all'elemento che subisce una trasformazione, un mutamento del proprio stato (peso, densità, massa, resistenza)
3) la causa FORMALE, che indica il tipo di movimento (forza, direzione, intensità)
4) la causa FINALE, che è relativa allo scopo, all'obiettivo della trasformazione di un oggetto
Le cause motrice e formale sono chiamate DINAMICHE, poichè sono quelle "che fanno muovere", mentre le cause materiale e finale sono dette anche STATICHE.

METAFISICA DELLA SOSTANZA - Questa parte della Metafisica è chiamata anche OUSIOLOGIA (dal greco "ousìa" che significa sostanza).  Aristotele studia l'Essere nel suo aspetto singolo e determinato: ogni elemento della Natura è infatti un INDIVIDUO (dal latino: "che non puó essere diviso" cioè "intero, inseparabile"), e come tale gli viene attribuoto un NOME (che puó essere comune di cosa - per esempio: la sedia - o proprio di persona - per esempio:  Socrate - in entrambi i casi individuanti).
Ogni INDIVIDUAZIONE dell'Essere corrisponde ad una SOSTANZA: con questo termine si indica un elemento "che è" e che è diverso dagli altri (per esempio: il cane NON È il gatto; Socrate NON È Platone).
Ogni sostanza è un SINOLO (unione) di MATERIA e FORMA: la materia è la parte che subisce la trasformazione mentre la forma è la parte che rimane invariata: per esempio, Socrate invecchia ma resta sempre l'uomo Socrate.
Ogni trasformazione della sostanza implica il passaggio dalla POTENZA all'ATTO.
La potenza è la possibilità della trasformazione e comprende tutti i requisiti necessari perché una trasformazione avvenga (per esempio: l'uovo che contiene l'embrione del pulcino).
L'atto è invece la trasformazione completata e comprende tutte le caratteristiche della QUALITÀ che determina l'Essere (per esempio: la gallina) e lo rende diverso dagli altri e da ciò che era prima (per esempio: la gallina NON È PIÙ il pulcino).
Proprio per questa sua completezza l'atto è primo rispetto alla potenza (PRIMALITÀ DELL'ATTO): infatti non è detto che la potenza divenga atto (per esempio: se io rompo l'uovo non nasce il pulcino)
Occorre precisare che qui abbiamo definito la sostanza in quanto oggetto della conoscenza sensibile. Tuttavia il rigore scientifico della ricerca delle cause dell'Essere obbliga Aristotele ad andare oltre il limite dei sensi, non potendo trovare nella Natura il vero inizio dell'esistenza.

LA SOSTANZA SOVRASENSIBILE - Nei suoi scritti Aristotele non parla propriamente di Dio (si tratta di una forzatura del Cristianesimo medioevale) ma indaga l'esistenza di un PRINCIPIO dell'Essere. Questa indagine riguarda sempre la sostanza, sinolo di materia e forma, ma nella sua accezione UNIVERSALE. Il Principio è ricercato da Aristotele in 3 parti:
a) COSMOLOGIA - Tutto il movimento dell'universo è ordinato da un Principio che ne è l'iniziatore e perció la CAUSA PRIMA. In quanto tale il Principio è allo stesso tempo FORMA PURA, poiché comprende tutte le forme del divenire.
b) TEOLOGIA -   Essendo la prima causa del divenire il Principio è non solo POTENZA PURA (poichè comprende TUTTE le possibilità di trasformazione della materia) ma è sopratutto ATTO PURO  (poichè comprende TUTTE le qualità dell'Essere, tute le sue trasformazioni). In quanto Atto Puro il Principio dell'Essere fa muovere tutto ma non è soggetto al movimento (MOTORE IMMOBILE).
c) TELEOLOGIA (dal greco "tèleos" che significa fine o scopo) - Il Principio di cui parla Aristotele non crea ma plasma la materia pre-esistente. Plasmare significa "dare la forma" cioè modellare. Per tale motivo il Principio è più vicino al Demiurgo platonico che al Dio delle religioni tradizionali come l'Ebraismo. Tutto ció che viene plasmato ha un fine ultimo che agli uomini sfugge e che solo il Principio, in quanto Atto Puro. puó conoscere.
Aristotele definisce il Principio PERFETTO. in quanto FINITO, ossia chiuso. Esso comprende TUTTO. La sua posizione non è mai esterna e lontana, ma vicina all'Essere. Come tale il Principio di Aristotele è al tempo stesso l'Autore della Natura e la Natura stessa che è stata plasmata: dunque il Principio è sia TRASCENDENTE (cioè non materiale) sia IMMANENTE (conoscibile coi sensi), avvicinando la Metafisica aristotelica al PANTEISMO (Dio e la Natura sono la stessa cosa).
Aristotele tuttavia non riuscì mai a giustificare scientificamente l'esistenza de  Principio dell'Essere, lasciando l'indagine APORETICA(senza conclusioni).

2 - LA LOGICA

L'OPERA - La Logica è considerata, insieme alla Metafisica, una delle opere fondanentali del sistema aristotelico, tanto da essere chiamata FILOSOFIA SECONDA: essa svolge infatti un'importante funzione di collegamento tra tutte le scienze. La Logica studia le relazioni tra pensiero, linguaggio e ragionamento: il suo nome deriva dal greco LOGOS, che significa parola, discorso, studio. Aristotele la chiamava ANALITICA (cioè divisione, ripartizione) o anche ORGANON, cioè sistema.
È composta da 6 libri:
• Le Categorie (dove si parla dei TERMINI della proposizione: soggetto e predicato)
• Sull'Interpretazione (dove si parla dei tipi di PROPOSIZIONE CATEGORICA: universale, particolare, affermativa e negativa)
• Analitici Primi (dove si parla in generale del SILLOGISMO, il discorso logico, formato da tre proposizioni)
• Analitici Secondi (dove si parla del sillogismo APODITTICO, cioè scientifico)
• Topici (dove si parla del sillogismo IPOTETICO, cioè deduttivo)
• Elenchi Sofistici (dove si parla del sillogismo ERISTICO, cioè retorico, tipico della Sofistica)
La Logica affronta in sintesi 3 argomenti:
1) il termine, ossia il nome che diamo agli individui e che puó essere soggetto o predicato:
2) il giudizio o proposizione, ossia la relazione tra soggetto e predicato;
3) il ragionamento o discorso logico, chiamato da Aristotele sillogismo e formato da 3 proposizioni.

1) I TERMINI - Sono i nomi, propri o comuni, assegnati alle sostanze individuali. Nella proposizione assumono il ruolo di SOGGETTO o di PREDICATO. Aristotele classifica i termini secondo il loro grado di specificità, cioè in base al numero di elementi a cui sono riferiti:
• le SOSTANZE PRIME hanno un uso DENOTATIVO, ossia identificano un individuo (per esempio una persona: Mario Rossi; un animale: il gatto Fufi o il cane Bobi) e in un giudizio possono avere solo il ruolo di soggetto, mai di predicato;
• le SOSTANZE SECONDE hanno invece un uso CONNOTATIVO, servono cioè a estendere le caratteristiche di più termini che appartengono a una stessa CLASSE, in base al GENERE (per esempio: Fufi è un gatto) e alla SPECIE (per esempio: Fufi è un gatto persiano) e possono essere usate solo come predicati (poiché predicano, cioè attribuiscono) all'interno di una proposizione;
• le CATEGORIE sono i predicati più universali e Aristotele le usa per indicare gli elementi piú generali (tempo, luogo, quantità…). Aristotele individua 10 categorie: la prima è la più importante, la SOSTANZA, a cui seguono 9 ACCIDENTI, che servono a definirla (per esempio una data, un numero o una qualità)

2) LA PROPOSIZIONE - Dal punto di vista logico Aristotele prende in considerazione la sola proposizione CATEGORICA, cioè il GIUDIZIO, formato da un SOGGETTO e da un PREDICATO uniti dalla COPULA (è, non è, sono, non sono). La proposizione categorica puó essere:

• AFFERMATIVA (se afferma qualcosa, per esempio: l'alunno è assente)
• NEGATIVA (se nega qualcosa, per esempio: l'alunno non è preparato)
• UNIVERSALE (se i soggetti sono tutti o nessuno, per esempio: tutti gli alunni sono assenti o nessun alunno è assente)
• PARTICOLARE (se i soggetti sono pochi, alcuni oppure uno solo, per esempoo: alcuni alunni sono assenti o un solo alunno è impreparato)

Le proposizioni categoriche sono dunque di 4 tipi:

A: universale affermativa
E: universale negativa
I: particolare affermativa
O: particolare negativa

I logici medievali hanno costruito uno schema a forma di quadrato, chiamato appunto QUADRATO DELLE OPPOSIZIONI o anche QUADRATO LOGICO. Si compone di 4 caselle, 2 in alto (contrassegnate dalle lettere A ed E) e 2 in basso (contrassegnate dalle lettere I e O) corrispondenti ai 4 tipi di proposizione categorica.

A E
I  O

Lo schema serve a individuare le relazioni tra le proposizioni per valutarne la COERENZA LOGICA, elemento fondamentale in un ragionamento (per esempio, se diciamo che tutti gli alunni sono presenti non potremo dire che qualche alunno è assente). Le relazioni tra proposizioni sono:

• di CONTRARIETÀ (tra A ed E): due universali, una affermativa (tutti gli alunni sono presenti) e una negativa  (nessun alunno è presente) non possono coesistere perchè si escludono a vicenda.

• di SUBCONTRARIETÀ (tra I e O): due particolari, una affermativa (qualche alunno è assente) e una negativa  (qualche alunno non è assente) possono coesistere in uno stesso discorso perchè non si escludono a vicenda.

• di CONTRADDITORIETÀ (tra A e O e tra E e I): le universali sono sempre  in contraddizione con la particolare opposta, per esempio: se diciamo che nessun alunno è presente non possiamo dire che qualche alunno è presente; se diciamo che tutti gli alunni sono presenti non possiano dire che alcuni alunni non sono presenti.

• di SUBALTERNITÀ (tra A e I e tra E e O): ogni particolare dipende dall'universale dello stesso tipo, ma mai viceversa, per esempio, la frase qualche alunno è assente dipende da tutti gli alunni sono assenti, ma mai il contrario.

3) IL RAGIONAMENTO - Aristotele lo chiama SILLOGISMO cioè "unione di concetti". Un sillogismo è composto da 3 elementi:

• la PREMESSA MAGGIORE (tutti gli uomini sono animali) che contiene il TERMINE MAGGIORE (uomini) e il TERMINE MEDIO (animali)

• la PREMESSA MINORE (tutti gli animali sono mortali) che contiene il TERMINE MEDIO (animali) e il TERMINE MINORE (mortali)

• la CONCLUSIONE (tutti gli uomini sono mortali) dove scompare il termine medio (animali) e restano i due termini,  maggiore (uomini) e minore (mortali)

Un sillogismo si classifica secondo il tipp, il modo e la figura.

Il TIPO di sillogismo si individua in base ai criteri di universalità, validità e verificabilità delle sue premesse. Ci sono 3 tipi di sillogismo:

• sillogismo APODITTICO o SCIENTIFICO: le sue premesse sono universali, certe e verificabili e la sua conclusione è autonoma e indipendente rispetto alle premesse (tutti gli uomini sono mortali).

• sillogismo IPOTETICO o DEDUTTIVO: le sue premesse sono possibili ma non sono verificabili e la loro conclusione puó essere solo un'ipotesi espressa con "se… allora…" (se tutti gli alunni sono preparati allora saranno promossi).

• sillogismo ERISTICO o RETORICO: le sue premesse non sono vere poichè poggiano su un PARALOGISMA (ragionamento falso) e la conclusione è sempre dubbia; tuttavia nel sillogismo SOFISTICO è importante che il discorso sia sopratutto bello, cioè che abbia un bel suono, anche se la sua conclusione fosse falsa.

La FIGURA di un sillogismo si individua in base alla posizione del termine medio nelle due premesse. Ci sono 4 figure possibili di sillogismo:

• I FIGURA: il medio è soggetto nella premessa maggiore e predicato in quella minore

• II FIGURA: il medio è soggetto in entrambe le premesse

• III FIGURA:  il medio è predicato im entrambe le premesse

• IV FIGURA: il medio è predicato nella premessa maggiore e soggetto in quella minore

Il MODO di un sillogismo  si individua in base al tipo di proposizione (universale o particolare, affermativa o negativa) delle due premesse e della conclusione. Ci sono 256 possibili combinazioni, 64 per ognuna delle 4 caselle del quadrato delle opposizioni, anche se le più importanti sono i 4 MODI AUTO-EVIDENTI:

• MODUS BARBARA (AAA)

• MODUS CELARENT (EAE)

•.MODUS DARII (AII)

• MODUS FERIO (EIO)

in cui ogni vocale identifica il tipo di proposizione delle due premesse e della conclusione.

3 - LE ALTRE SCIENZE

LA PARTIZIONE DELLE SCIENZE - Aristotele distribuisce le scienze in tre grandi gruppi: le scienze teoretiche, le scienze pratiche e le scienze poietiche. Le scienze teoretiche hanno carattere contemplativo e comprendono, oltre alla logica e alla metafisica, anche la fisica, la psicologia e l'antropologia. Le scienze pratiche riguardano invece le azioni dell'uomo, i doveri e la morale, e comprendono l'etica e la politica. Le scienze poietiche riguardano invece il "fare" cioè le attività produttive e per questo comprendono la poetica e la retorica.

LA FISICA - La Fisica é la scienza che studia tutti i movimenti: si intende per movimento il passaggio dalla potenza all'atto. Aristotele spiega la necessità di questo passaggio con la STERESI, ossia la mancanza che contraddistingue tutti gli elementi naturali che hanno bisogno quindi di completarsi. Esistono diversi tipi di movimento: la GENERAZIONE e la CORRUZIONE (che riguardano la sostanza individuale); l'ALTERAZIONE (che riguarda la qualità); l'AUMENTO e la DIMINUZIONE (che riguardano la quantità); e infine la TRASLAZIONE (che riguarda il luogo). Tutti i movimenti avvengono nello SPAZIO, che contiene tutta la realtà, e vengono ordinati secondo il TEMPO.
Aristotele divide la natura in due mondi, separati dalla luna; li descrive come due grandi sfere poste rispettivamente sotto la luna (mondo SUBLUNARE) e sopra la luna (mondo SOPRALUNARE). Il mondo sublunare é caratterizzato dal movimento RETTILINEO, che é imperfetto, dalla generazione e dalla corruzione delle sostanze e dalla presenza dei quattro elementi naturali (acqua, terra, aria e fuoco). Il mondo sopralunare è invece caratterizzato dal movimento CIRCOLARE, che è perfetto e che rallenta progressivamente verso l'alto fino ad arrivare al Principio dell'Essere che è immobile. Qui non abbiamo più i quattro elementi ma la QUINTESSENZA, sintesi dei quattro elementi naturali. Il Principio dell'Essere non é soggetto al tempo ma allo stesso tempo non é il creatore del tempo: per Aristotele infatti il tempo, come lo spazio, deve venire prima di tutte le cose.

LA PSICOLOGIA - La Psicologia é la scienza che studia l'anima. Aristotele distingue l'anima in tre facoltà: anima VEGETATIVA, anima SENSITIVA e anima INTELLETTIVA o RAZIONALE. L'anima vegetativa ë alla base della gerarchia delle anime. Essa é presente in tutti gli organismi viventi e sovrintende alle funzioni vitali fondamentali (sviluppo, riproduzione, nascita). L'anima sensitiva é presente negli animali e nell'uomo e sovrintende alle funzioni sensoriali, necessarie per relazionarsi con l'ambiente. L'anima intellettiva é invece specifica dell'uomo e sovrintende il pensiero, cioè la facoltà più elevata dell'essere umano. L'uomo é dotato di due intelletti: uno PASSIVO, che rappresenta la possibilità di pensare, e uno ATTIVO, che comprende tutti i pensieri che sono stati prodotti. L'intelletto passivo muore insieme al corpo, mentre l'intelletto attivo, cioè il pensiero dell'uomo, sopravvive dopo la morte.

L'ETICA - L'Etica si occupa di tutte le azioni umane. Aristotele opera una distinzione tra il concetto di BENE e il concetto di VIRTÙ: il bene ha infatti un significato relativo e utilitaristico, mentre la virtù comprende i comportamenti umani. Aristotele suddivide le virtù in due grandi gruppi: le virtù ETICHE e le virtù DIANOETICHE. Le virtù etiche (come il coraggio, la temperanza, l'amicizia e la giustizia) riguardano strettamente le azioni umane che devono essere equilibrate. Le virtù dianoetiche (la conoscenza, la sapienza, la saggezza e l'arte) sono le virtù più elevate che devono guidare i comportamenti dell'uomo verso la perfezione.

LA POLITICA - Le virtù devono accompagnare tutte le azioni del cittadino e per questo sono fondamentali anche nella Politica. Aristotele considera l'uomo un animale politico perché vive in comunità e tutte le azioni dei cittadini devono essere rivolte al bene della comunità. Aristotele individua tre forme di governo della comunità: il governo di uno solo (MONARCHIA), il governo dei migliori membri della comunità (ARISTOCRAZIA), e il governo del popolo (POLITIA o DEMOCRAZIA). A queste tre forme di governo Aristotele oppone tre forme degenerate, chiamate rispettivamente TIRANNIDE, OLIGARCHIA e DEMAGOGIA. Egli considera la migliore guida per la comunità il ceto medio.

L'ESTETICA - Aristotele attribuisce molta importanza alle scienze poietiche e all'arte in particolare, e in questo si contraddistingue da Platone. Il concetto fondamentale nelle scienze poietiche é quello di VEROSIMILE, ossia il rispetto di ciò che esiste in natura: per Aristotele infatti l'arte può sconfinare anche nell'irrazionale pur mantenendo uno stretto legame con la natura. L'Estetica si suddivide in due grandi scienze: la POETICA, che comprende tutte le produzioni artistiche, e la RETORICA, che si occupa più in particolare del linguaggio. Le forme di espressione artistica come la tragedia e la commedia hanno per Aristotele una valenza CATARTICA, cioè di purificazione.

Filosofia 4 - Classi 3A-3D

sabato 23 settembre 2017

Classe 3 - Storia 4

Storia 4 - Classi 3A-3D

 C3 - U4
L'Europa nella seconda metà del XVI secolo


1 - LA SPAGNA DI FILIPPO II

INTRODUZIONE

Filippo II d’Asburgo regna in Spagna dal 1556 al 1598. Sotto Filippo II la Spagna raggiunge il benessere economico e una effettiva egemonia sugli altri stati europei a causa
degli immensi domini nei Paesi Bassi e in Italia, che rendevano una continua fonte di reddito, aumentata dai possedimenti americani che producevano oro e metalli preziosi;
dell’unità religiosa del paese fondata sulla fede cattolica di cui gli Asburgo si fecero protettori; il Tribunale dell’Inquisizione vigilava affinchè l’ortodossia cattolica venisse osservata, anche con metodi repressivi e sanguinari;
del fortissimo esercito costruito sulla nobiltà cavalleresca castigliana e sulla disciplinatissima fanteria dei cosiddetti tercios.
Filippo II eredita la corona dal padre Carlo V nel 1556. La corona spagnola comprendeva la Spagna, i Paesi Bassi, la Franca Contea e i domini italiani (meridione, Milanese, isole maggiori, parte della Toscana) in Europa, più i territori coloniali americani e più tardi le Filippine in Asia.
Il primo triennio del regno lo passa nei Paesi Bassi di cui era governatore; nel 1559 si stabilisce definitivamente in Spagna e porta la capitale da Valladolid a Madrid, scelta perché si trova al centro della Penisola Iberica; nel 1563 iniziano i lavori per la costruzione dell’Escorial, il gigantesco palazzo sede della monarchia spagnola, a quaranta chilometri dalla capitale.

POLITICA INTERNA

La centralizzazione dello stato è la caratteristica principale del regno filippino; il re gestisce personalmente gli affari dello stato, nomina i vicerè e i governatori dei vari domini, istituisce i Consigli che si affiancano a quelli già esistenti, e istituisce un efficace apparato burocratico per controllare personalmente l’operato delle amministrazioni locali, assumendo i letrados, laureati in materie umanistiche. Per garantire la continuità territoriale e l’unità religiosa della nazione, difende la “limpieza de sangre” (purezza di sangue) degli Spagnoli cristiani autentici, perseguitando marranos (ebrei neoconvertiti) e  moriscos (musulmani). Tra il 1568 e il 1570 Filippo II con l’aiuto del fratellastro don Giovanni d’Austria riesce a sedare una pericolosa rivolta dei moriscos a Granada, rivolta che rischiava di estendersi col rischio di suscitare una ripresa dell’offensiva turca: dispersi i moriscos delle altre province, l’esercito spagnolo chiude le ostilità e tra il 1609 e il 1614 tutti i Mori sono espulsi dalla Spagna.

POLITICA ESTERA

Due erano i problemi che Filippo si trovò ad affrontare durante il suo regno, la pirateria nelle coste del Mediterraneo e l’avanzata dei Turchi. Nel 1560 i Turchi difendono strenuamente le coste nordafricane a Djerba, ma sono respinti a Malta nel 1565 dai Cavalieri di San Giovanni. Nel 1570, guidati dal sultano Selim II, conquistano il possedimento veneziano di Cipro e iniziano a minacciare seriamente il Mediterraneo. Papa Pio V promuove allora la Lega Santa, a cui aderiscono Venezia, la Spagna e gli Stati italiani. Il 7 ottobre del 1571 le 208 navi della flotta della Lega Santa, al comando di don Giovanni d’Austria, sconfiggono le armate turche (230 navi) nelle acque di Lepanto. Venezia conclude nel 1573 una pace separata coi Turchi, a cui cede Cipro in cambio dei diritti commerciali sui porti ottomani; la Spagna, dopo aver tentato la riconquista di Tunisi, conclude una pace con i Turchi nel 1580.
Conclusa l’offensiva antiturca si fa però strada un altro pericolo, incentrato nei paesi dell’area atlantica, come i Paesi Bassi, il Portogallo e l’Inghilterra. Questi paesi minacciavano i traffici commerciali spagnoli con la guerra da corsa nel caso dell’Inghilterra, che disturbava le navi mercantili spagnole nel bacino del Mediterraneo; oppure si trattava di paesi, come la stessa Inghilterra o i Paesi Bassi, in cui le tensioni religiose avevano prodotto una pericolosissima frattura nella popolazione. Nel 1580, estinta la dinastia di Braganza, si rende vacante il trono portoghese: Filippo, vedovo di Maria Emanuela di Portogallo, avanza le sue pretese dinastiche, col sostegno dei cattolici portoghesi e fa invadere il Portogallo, che resterà annesso alla Spagna fino al 1640.
Le energie profuse da Filippo II per garantire l’unità territoriale e religiosa del suo Impero finirono con l’indebolire la corona. Le grosse ricchezze coloniali finirono infatti per deprezzare le risorse produttive iberiche e generarono una totale disaffezione nella classe dirigente, che prese a mirare verso più prestigiosi ruoli statali. Dopo ben quattro bancarotte, la Spagna è costretta a chiedere finanziamenti ai banchieri genovesi.
Una vera spia del malessere politico era la situazione dei Paesi Bassi. Carlo V aveva annesso i Paesi Bassi, un numeroso agglomerato di province tra cui Olanda, Belgio, Lussemburgo e varie regioni di lingua francese, concedendo loro una amministrazione che tollerava l’autogoverno locale. Nel 1559 Filippo II estende il suo disegno accentratore e antiprotestante ai Paesi Bassi, che affida alla sorellastra Margherita e al cardinale Granvelle; l’odio contro il cardinale accende le ire della popolazione, anche della parte cattolica, che nel 1564 riesce a ottenere l’allontanamento di Granvelle.
Due anni dopo scoppia l’insurrezione vera e propria, guidata dalla minoranza calvinista; nel 1567 Filippo II invia il duca d’Alba, detto “il duca di ferro” a sedare l’insurrezione: il duca reprime nel sangue la rivolta e tra i pochi scampati c’è solo Guglielmo d’Orange. Nel 1568 inizia la guerra antispagnola sotto la guida di Guglielmo d’Orange, passato al calvinismo e nominato “stadhouder” cioè governatore. Dopo il saccheggio di Aversa, nel 1576, da parte delle truppe spagnole, nasce l’Unione di Gand, a cui aderiscono tutte le province cattoliche e calviniste, per rispondere alla brutalità spagnola.
Filippo invia nei Paesi Bassi Alessandro Farnese, ottimo mediatore, che riesce a dividere i cattolici dai calvinisti: il 6 gennaio 1579 le province cattoliche lasciano l’Unione di Gand e costituiscono la Lega di Arras, riconciliandosi con la Spagna in cambio del riconoscimento delle proprie autonomie. Pochi giorni dopo le province settentrionali calviniste fondano l'Unione di Utrecht rifiutando ogni tentativo di riconciliazione con Madrid e proclamando la loro indipendenza. Nasceva così l’Unione delle Province Unite, che si disse Olanda, dal nome di una delle province.

L’ITALIA SPAGNOLA

Con la pace di Cateau Cambresis dell’aprile 1559 la Spagna aveva mantenuto il suo dominio nel Meridione d’Italia, nel Milanese e nello Stato dei Presidi in Toscana. Tra i possedimenti spagnoli nella nostra penisola ricordiamo i Regni di Sardegna, Sicilia e Napoli, che erano governati da tre vicerè, spagnoli e di nomina regia, mentre lo Stato di Milano era retto da un governatore, pure spagnolo e di nomina regia. La politica spagnola non aveva alterato assolutamente gli equilibri preesistenti, (se non introducendo un rigoroso centralismo amministrativo) ma anzi favorì i potentati locali e garantì un certo periodo di pace e di benessere economico; purtroppo l’asservimento alla Spagna segnò anche la decadenza italiana.

Genova – Dopo il governo personale di Andrea Doria Genova si era legata a Carlo V, e, pur restando di fatto indipendente, manteneva saldi rapporti con la Spagna filippina: la potentissima società finanziaria della Casa di San Giorgio era stata infatti il principale finanziatore delle casse spagnole durante le quattro famose bancarotte che si succedettero durante il regno di Filippo II.

Toscana – Grazie all’appoggio di Carlo V la famiglia dei Medici torna a governare Firenze con Cosimo, tra il 1537 e il 1574; l’esercito mediceo sventa una rivolta a Siena, che non vedeva di buon occhio la dipendenza “morale” dalla Spagna, e in seguito Cosimo annette Siena, estendendo il suo stato mediceo, mentre nelle zone costiere del territorio senese sorge lo Stato dei Presidi, che viene annesso al Regno di Napoli. Nel 1569 Cosimo de’ Medici riceve l’investitura papale diventando Granduca di Toscana.

Stato della Chiesa – Pio V con la bolla “In Coena Domini” ribadisce la superiorità pontificia su quella imperiale e si fa promotore della lega Santa che sconfiggerà i Turchi a Lepanto nel 1571, mentre Gregorio XIII riformerà il calendario giuliano (che da allora in poi si disse gregoriano); ma il periodo aureo lo si ha sotto il pontificato di Sisto V, che oltre a promuovere la lotta contro l’autonomismo delle signorie locali, istituisce 15 Sacre Congregazioni tra cui il Sant’Uffizio, supremo organo ufficiale dell’Inquisizione cattolica. Il pontificato di Clemente VIII segna infine l’abbandono della politica filospagnola della Chiesa di Roma.

Venezia – Grazie al suo governo oligarchico, espressione del patriziato cittadino e formato da tre Inquisitori e dal Consiglio dei Dieci, la Repubblica di Venezia riesce a conservare la sua autonomia. Il potere della Serenissima era però un potere fortemente limitato e sostanzialmente sulla difensiva, che era costretto a subire la minaccia dei grandi imperi limitrofi e delle scorrerie turche nel Mediterraneo, come testimonia il caso di Cipro. In virtù della pace separata, conclusa con i Turchi nel 1573, Venezia cede Cipro guadagnando una discreta libertà di traffico nei porti ottomani.

Savoia – La pace di Cateau Cambresis aveva riassegnato il Ducato di Piemonte a Emanuele Filiberto di Savoia, istituendo una sorta di stato cuscinetto tra la Francia e la Lombardia spagnola. Emanuele Filiberto riorganizza il piccolo ducato, centralizzando il potere amministrativo e giudiziario e togliendo così autonomia alle grandi famiglie dell’aristocrazia feudale; inoltre con l’acquisizione di Tenda e Oneglia fornì al Piemonte un importante sbocco sul mare, che dava impulso ai traffici navali e istituì la coscrizione obbligatoria, riformando totalmente l’esercito. Nel 1563 la capitale viene portata da Chambéry a Torino e nel 1588, durante il regno di Carlo Emanuele I, viene occupato il marchesato di Saluzzo.

2 - LE GUERRE DI RELIGIONE IN FRANCIA

INTRODUZIONE

Nel 1559 il re di Francia Enrico II di Valois muore a causa di una caduta accidentale durante un torneo: poiché i figli di Enrico, Francesco e Carlo, erano minorenni, la reggenza del trono è affidata alla vedova Caterina de’ Medici, che reggerà il trono fino al 1574. La mancanza di una solida guida riaccende però le tensioni tra le due fazioni religiose, che degenera in una vera e propria guerra di fede tra i cattolici, capeggiati dai duchi di Guisa, e gli ugonotti calvinisti (il nome deriva dal tedesco “eidgenossen” cioè confederati), capeggiati dai Borbone. Caterina cercò di mediare la tensione tra le due fazioni nobiliari concedendo benefici politici a entrambe le famiglie, ma quando con l’Editto di Saint Germain concede agli ugonotti una limitata libertà di culto, il partito cattolico insorge e, agli ordini del duca di Guisa, massacra una trentina di ugonotti il 1 marzo 1562 a Vassy. Il massacro di Vassy costituisce l’inizio di una sanguinosa guerra di religione che si snoda per un trentennio; guerra che coinvolge anche il popolo, chiamato inevitabilmente a parteggiare per i propri correligionari.

PRIMA FASE

La prima guerra si svolge nel biennio 1562/63 e vede la caduta dei due capifazione, Francesco di Guisa e Antonio di Borbone; si conclude con l’editto di Amboise, che concede libertà di culto alla minoranza ugonotta. Le altre due guerre si svolgono tra il 1567 e il 1570 (sono divise da una pausa di pochi mesi nel 1568) e dopo le sconfitte di Jarnac e Moncontour, gli ugonotti guidati dall’ammiraglio Gaspard de Coligny resistono tenacemente fino a ottenere, grazie all’opera mediatrice della regina, la pace di Saint Germain che garantisce agli ugonotti la libertà di culto, con la garanzia di quattro piazze di sicurezza . La Rochelle, Montauban, Cognac, e La Charité-sur-Loire.

SECONDA FASE

Dopo la pace di Saint Germain, sembra che le forze ugonotte aumentino il proprio prestigio, sia per il ruolo svolto a Corte dal Coligny, sia per il matrimonio tra la cattolica Margherita di Valois, sorella del re Carlo IX, con l’ugonotto Enrico di Borbone. Inaspettatamente però la regina madre Caterina de’Medici cambia idea e si allea con i Guisa, fomentando un nuovo attacco al partito ugonotto. La notte di San Bartolomeo, tra il 23 e il 24 agosto 1572, i cattolici organizzano una sanguinosa caccia all’uomo ai danni di migliaia di ugonotti convenuti a Parigi per le nozze di Margherita ed Enrico: quest’ultimo riesce a scappare, mentre in provincia centinaia di protestanti sono messi a morte, compreso il Coligny. Nel 1573 gli ugonotti fondano l’Unione Protestante, alternativa alla Lega Santa cattolica che Enrico di Guisa costituirà nel 1576: il conflitto si internazionalizza, coinvolgendo la Spagna di Filippo II per la parte cattolica, e l’Inghilterra protestante e la Germania calvinista per la parte ugonotta.
Nel 1574 sale al trono di Francia Enrico III, che due anni dopo è costretto a cedere agli ugonotti l’editto di Beaulieu.
Politicamente la situazione interna era molto debole, e lo stesso re non era in grado di controllare adeguatamente la situazione di conflitto tra le fazioni avverse dell’aristocrazia feudale, al punto che il teologo calvinista Du Plessis-Mornay pubblica nel 1579 il fortunato libello “Vindiciae contra tyrannos” in cui teorizza il regicidio in caso di assolutismo monarchico; per contro il teologo e politologo Jean Bodin aveva pubblicato tre anni prima “De la Republique”, un’opera dichiaratamente filoassolutista. Bodin, unitamente a Michel de l’Hopital, teorizzava il ritorno a una forma di assolutismo regio per concludere il periodo di guerre religiose e di contenziosi feudali.

TERZA FASE

Morto nel 1584 l’ultimo fratello del re Enrico III si apre la lotta alla successione, poiché non vi erano altri eredi diretti. Enrico di Borbone avanza la sua legittima pretesa dinastica, per via del suo matrimonio con Margherita di Valois: appoggiati dalla Spagna, i Guisa aprono le ostilità nel 1585, ma a sorpresa Enrico III, stanco delle ingerenze dei Leghisti, fa assassinare il duca di Guisa. Parigi, roccaforte dei Guisa, si ribella contro Enrico III: il re si allea allora con i Borbone e designa Enrico a succedergli, a patto che si converta al cattolicesimo; poco dopo muore, per mano del monaco Jacques Clement, nel 1589. Nel 1593, dopo aver pronunciato la leggendaria frase “Parigi val bene una messa” Enrico di Borbone abiura solennemente al calvinismo nella cattedrale di Saint Denis e, in qualità di nuovo sovrano, entra come Enrico IV a Parigi. Nel 1598 Enrico IV conclude con Filippo II la pace di Vervins, che conferma l’integrità del territorio francese. Il 13 aprile dello stesso anno le guerre di religione trovano la definitiva conclusione con l’editto di Nantes, con cui gli ugonotti ottengono libertà di coscienza e di culto, salvo che a Parigi ed entro cinque miglia dalla capitale, piena parità di diritti politici e ben 142 piazze di sicurezza.

3 - L’INGHILTERRA DI ELISABETTA I

L’Inghilterra diventerà durante il regno elisabettiano (1558/1603) la maggiore antagonista della Spagna. A separare i due colossi politico-economici era soprattutto la rivalità in ambito navale e commerciale, ma uno dei principali motivi dell’antagonismo era senza dubbio la politica religiosa perseguita dai Tudor: sotto Enrico VIII si era infatti consumato lo Scisma della Chiesa Anglicana da quella Romana, al momento in cui il re inglese sposa nel 1533 Anna Bolena, dopo aver ripudiato la prima moglie Caterina d’Aragona, incorrendo nella scomunica pontificia; nel 1534 l’Atto di Supremazia designa il sovrano inglese come capo della stessa Chiesa e nel 1539 l’Act of Six Articles fissa i dogmi principali della nuova Chiesa. Nel 1549 il successore di Enrico VIII, Edoardo VI, introduce il Book of Common Prayer, che riconoscerà la validità dei soli sacramenti del battesimo e dell’eucarestia. Con l’ascesa al trono della cattolica Maria Tudor il protestantesimo inglese conosce una vera e propria battuta d’arresto, anche perché la regina sposa nel 1554, con nozze morganatiche, il re di Spagna Filippo II: l’appoggio della cattolica Spagna costituisce il punto di partenza per una restaurazione della religione cattolica in Inghilterra.
Forte dell’appoggio spagnolo, Maria ripristina la giurisdizione papale, guadagnandosi l’avversione dei numerosi protestanti ostili a Filippo II, e giustiziando oltre trecento dissidenti religiosi, capi del movimento anglicano,  meritando così l’appellativo di Bloody Mary, Maria la Sanguinaria. Il regno di Maria Tudor dura cinque anni, e alla sua morte, nel 1558, le succede la figlia nata dal matrimonio di Enrico VIII e Anna Bolena, Elisabetta.
Pretendente al trono era anche sua cugina, la futura regina di Scozia Maria Stuart, figlia di Giacomo V (che era nipote di Enrico VIII) e moglie di Francesco II di Valois, primogenito di Enrico II e di Caterina de’ Medici (il matrimonio dura due anni, fino alla morte di Francesco II nel 1560). Il matrimonio di Maria con un re cattolico la rendeva evidentemente inadatta al ruolo di regina d’Inghilterra e capo della Chiesa Anglicana.
L’ascesa al trono di Elisabetta, nata da un matrimonio non valido per la Chiesa di Roma, riportò necessariamente l’Inghilterra al protestantesimo. Elisabetta ripristinò infatti la religione anglicana di cui era a capo in base all’Atto di Supremazia (che fu modificato così da far comparire il titolo di “reggente supremo” in luogo di “capo”), e operò una tenace lotta religiosa contro la cattolica e filofrancese Scozia dove regnava sua cugina Maria Stuart. Inoltre emanò l’Atto di Uniformità, con cui ripristinava le riforme liturgiche edoardiane, e i cosiddetti 39 Articoli, che davano alla religione anglicana una impronta di tipo calvinista, pur conservando la tradizionale struttura episcopale.
In politica estera la neoregina appoggiò la rivolta calvinista del 1559 in Scozia, guidata da John Knox, e rifiutò inoltre le insistenti proposte matrimoniali di Filippo II, svincolandosi definitivamente dalla politica filospagnola instaurata dalla precedente regina Maria la Cattolica.
Come si è già detto la rivolta dei calvinisti scozzesi scoppia nel 1559 contro la reggente cattolica francese Maria di Guisa (la regina Maria era infatti in Francia col marito Francesco di Valois) sotto la guida di John Knox e supportata militarmente dall’Inghilterra elisabettiana. La regina di Scozia, vedova di Francesco II, tornava in patria ma era a capo di un paese ormai a maggioranza protestante, che non vedeva di buon occhio la regina cattolica e soprattutto la politica filofrancese dei Guisa, a cui Maria era legata. Dopo la morte di Francesco II Maria sposa prima Lord Darnley e poi Lord Bothwell, ma il suo tentativo di restaurare il cattolicesimo genera una seconda rivolta che costringe Maria a chiedere aiuto alla cugina Elisabetta Tudor. La regina d’Inghilterra ovviamente accetta, sapendo di poter controllare facilmente il movimento filocattolico inglese e scozzese che aveva designato la cattolica Maria come erede legittima al trono inglese, e fa segregare la cugina in un castello.
Il figlio di Maria, Giacomo, viene intanto preso in consegna dai calvinisti scozzesi, che lo educano al protestantesimo e creano una reggenza speciale per lui. Questa vicenda coinvolge inevitabilmente la Scozia e l’Inghilterra nelle guerre di religione, in cui la regina Elisabetta non fece mancare il supporto agli Ugonotti francesi, e soprattutto favorisce l’inasprirsi della tensione con la Spagna, che si manifesta nella guerra corsara a danno dei galeoni mercantili spagnoli in rotta nel Mediterraneo. La guerra, di cui fu protagonista tra gli altri Sir Francis Drake, giunge a una svolta con l’esecuzione capitale della regina scozzese, accusata di aver ordito dei complotti contro Elisabetta: la condanna rappresentava infatti una sfida aperta contro il cattolicesimo e costrinse Filippo II a un intervento diretto.
Era evidente che la guerra di religione costituiva un pretesto: le imprese marinare di Drake, l’affermarsi della potenza navale inglese e il sempre più fastidioso crescendo di imprese piratesche ai danni delle navi spagnole imponevano un efficace intervento che arrestasse il propagarsi della potenza dell’Inghilterra elisabettiana.
Filippo voleva invadere l’Inghilterra e aveva approntato la famosa Invincibile Armata, con 130 navi e 30 mila uomini, che si sarebbe dovuta fondere con l’esercito spagnolo di stanza nei Paesi Bassi, ma il tentativo (1588) andò miseramente fallito: le piccole e veloci navi inglesi ebbero la meglio sui pesanti galeoni spagnoli, che furono pesantemente decimati e sospinti verso il Mare del Nord.
La sconfitta accresceva il prestigio navale dell’Inghilterra e la rilanciava come potenza marinara. Ma non era solo questa la risorsa inglese più importante. Durante il regno elisabettiano crescono infatti due settori produttivi, quello manifatturiero e quello agricolo; inoltre si sviluppano le grandi compagnie mercantili, come la Compagnia delle Indie Orientali attiva fin dal 1600 nel far east, e realtà economiche come i merchants adventurers o mercanti avventurieri, attivi in Europa.
Elisabetta muore nel 1603.

Storia 4 - Classi 3A-3D

venerdì 22 settembre 2017

Classe 4 - Filosofia 4

Filosofia 4 - Classe 4A

  Hegel

HEGEL

1 - LA DIALETTICA HEGELIANA

IL GIOVANE HEGEL - Hegel fu uno studente metodico e pignolo, quasi ossessivo, tanto da elaborare un originale sistema di classificazione basato su schede, che poi avrebbe usato per tutta la vita. Si era avvicinato all’Idealismo grazie alla sua amicizia con Schelling, e, come tanti filosofi del periodo concentrò il suo interesse per i temi religiosi, sopratutto sulla vita di Gesù nel suo ruolo “unificatore” nella riconciliazione tra il Dio degli Ebrei e il Popolo. Come tutti i filosofi romantici anche il giovane Hegel cercava la conoscenza della realtà nella sua totalità, ma dal punto di vista religioso Dio e il Popolo erano molto lontani: il primo era irascibile e punitivo, il secondo era confuso dai riti e dalle cerimonie, che dimostravano i tentativi degli uomini di raggiungere qualcosa di troppo perfetto e irraggiungibile. Hegel si rese presto conto che la religione non avrebbe mai potuto garantire l’unificazione del reale, e pertanto l’interesse si spostò alla filosofia.
Come per il suo predecessore Kant, che nel 1770 pubblica la celebre DISSERTAZIONE che segna il suo definitivo passaggio alla fase critica, anche Hegel è protagonista di una svolta speculativa che avviene nel 1800 con la pubblicazione del FRAMMENTO DI SISTEMA. Si tratta dell’opera che di fatto indirizza la filosofia hegeliana verso la nuova prospettiva dialettica.

LA DIALETTICA - La dialettica intesa da Hegel non ha nulla a che fare con la dialettica della filosofia antica: Hegel si propone infatti una vera e propria rifondazione della filosofia non come semplice metafisica ma come realtà essa stessa. La filosofia, dice Hegel, in polemica con i filosofi romantici, è come la NOTTOLA DI MINERVA, la civetta che giunge al crepuscolo quando il giorno volge ormai al termine. La filosofia è dunque paragonata da Hegel a questo animale notturno, arriva solo dopo che la realtà si è compiuta e deve darne una spiegazione. Una normale metafisica fallirebbe. La novità della dialettica hegeliana è che essa costituisce non solo il METODO per conoscere la realtà ma al tempo stesso il CONTENUTO, cioè lo sviluppo del reale, ossia di tutto ciò che è.

FINITO E INFINITO - Hegel descrive la realtà come un INFINITO DINAMICO. Questa definizione incarna la concezione romantica di ASSOLUTO già presente in Fichte e Schelling, ma, a differenza dei precedenti filosofi, Hegel vuole evitare qualsiasi frammentazione del reale, che è quindi una totalità, un intero, e allo stesso tempo una continua attività (non si deve usare la parola “creazione” perché altrimenti ciò presupporrebbe un prima e un dopo). Il traguardo della dialettica hegeliana è dunque LA RISOLUZIONE DEL FINITO NELL’INFINITO.
Se il reale è considerato un infinito e dinamico, il pensiero è invece finito, chiuso e determinato. La difficoltà di tutti i filosofi soggettivisti è quella di conciliare l’essere col pensiero. La difficoltà consiste nella separazione tra “ciò che è pensato (con tutte le pretese della ragione)” e “ciò che è (attraverso i sensi)”. Questa differenza produce una SCISSIONE che ha messo in crisi tutte le filosofie precedenti: Fichte si era trovato costretto ad ammettere un IO DIVISIBILE che doveva essere ricomposto per evitare il rischio di una frammentazione dell’Assoluto; Schelling addirittura pretendeva di cogliere l’Assoluto in modo totale e immediato, come se al suo interno non esistessero tanti “finiti”. Hegel si prende gioco dell’amico Schelling, paragonando la sua concezione di Assoluto a una notte nera in cui tutte le vacche sono nere. Né Fichte né Schelling riescono dunque a ricomporre questa scissione che pregiudica la totalità del reale. Per risolvere questa scissione e giustificare dunque la risoluzione del finito nell’infinito, Hegel utilizza appunto il metodo dialettico, che viene esteso a tutte le parti del reale. I due pilastri di questo metodo sono LA COINCIDENZA DI REALE E IDEALE ed il concetto di SUPERAMENTO.

LA COINCIDENZA DI RAZIONALE E REALE - L’identità di essere e pensiero è la grande rivoluzione della dialettica hegeliana: tutto ciò che è reale è razionale, scrive Hegel nei suoi LINEAMENTI DI FILOSOFIA DEL DIRITTO, e tutto ciò che è razionale è reale. Essere e pensiero sono la stessa cosa, ideale e reale coincidono. La cancellazione della separazione tra essere e pensiero garantisce la risoluzione del finito nell’infinito. Ma l’infinito è dinamico: la realtà si svolge continuamente e dialetticamente in una incessante attività, producendo sempre nuovi finiti. Hegel prende le distanze da Schelling ma si trova come Fichte davanti a una serie di nuove scissioni, data l’infinita attività dell’Assoluto.

IL CONCETTO DI SUPERAMENTO - L’infinito dinamismo del reale presuppone uno svolgimento dialettico che avviene attraverso tre fasi interdipendenti l’una dalle altre:

la TESI, che corrisponde all’essere in sé, il punto di partenza dell’azione dialettica, il momento positivo e determinato in cui una cosa “è”;

l’ANTITESI, che corrisponde all’essere fuori di sé, il momento cruciale dell’azione dialettica che nega il momento precedente e presuppone la diversità dell’essere rispetto a prima;

la SINTESI, la vera novità della dialettica hegeliana, che corrisponde all’essere “in sé e per sé” poiché risolve la separazione tra tesi e antitesi.

Il ruolo della sintesi è fondamentale perché evita alla filosofia hegeliana di incorrere nella divisibilità dell’Io già presente in Fichte. La realtà si svolge dunque - dialetticamente - in un continuo succedersi di tesi, antitesi e sintesi, dove ogni sintesi è a sua volta la tesi di un nuovo processo triadico. L’elemento che garantisce la continuità tra questi tre momenti è il SUPERAMENTO (in tedesco AUFHEBUNG, dal verbo Aufheben che significa conservare). Superare significa proprio “conservare ciò che era in precedenza”: in tal modo ogni fase della dialettica non “trasforma” l’essere con elementi nuovi e perciò tutto ciò che è finito è RISOLTO nell’infinito. Per esempio:

TESI: un cubetto di ghiaccio tolto dal congelatore;
ANTITESI: fuori dal congelatore il cubetto si scioglie;
SINTESI: passaggio dell’acqua dallo stato solido a quello liquido.

CONCLUSIONI - Il metodo dialettico è il solo che garantisce la possibilità di cogliere l’Assoluto evitando  ogni frammentazione: questo è possibile perché la dialettica hegeliana non è solo un metodo per conoscere la realtà, ma è essa stessa la realtà, cioè è sia metodo sia contenuto. La realtà è un infinito dinamico, ossia un tutto, un intero, che però si muove. Il pensiero invece è finito perché si riferisce a una parte di questo tutto. Ma la dialettica hegeliana ricompone questa separazione affermando che TUTTO IL FINITO SI RISOLVE NELL’INFINITO. Questa risoluzione è resa possibile da due elementi: l’identità di razionale e di reale (essere e pensiero sono la stessa cosa) e il concetto di superamento. La realtà si svolge dialetticamente in un processo infinito, scandito da tre fasi (tesi, antitesi e sintesi), collegate tra loro dal superamento, ossia la conservazione di tutto ciò che viene prima. In questo modo la realtà (infinito), sebbene colta col pensiero (finito) solo in parte, non è mai divisa.

2 - LA STORIA DELLO SPIRITO

LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO - Si tratta della prima delle due opere fondamentali di Hegel. A differenza dell’ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE non ha un carattere scientifico e sistematico ma è un vero e proprio romanzo: per essere esatti viene definita un ROMANZO DI FORMAZIONE (in tedesco Bildungroman) perché racconta le tappe di formazione dello Spirito, lo stadio dialettico ultimo e definitivo, corrispondente al SAPERE ASSOLUTO della FILOSOFIA, che è il solo a consentire una conoscenza totale dell’Assoluto, senza scissioni, senza divisioni, senza frammentazioni, intera e completa. Con la Fenomenologia Hegel prende le distanze da Schelling, che sosteneva la possibilità di cogliere l’Assoluto in modo immediato, tutto quanto insieme, come se la realtà fosse una specie di impasto disordinato di tutti i vari finiti (le famose vacche nere nella notte nera, un tutto indistinto appunto); per contro Hegel descrive un percorso, che conduce al sapere assoluto, e che si snoda attraverso 3 tappe: la COSCIENZA, l’AUTOCOSCIENZA e la RAGIONE, seguite infine dallo SPIRITO. Essendo una storia dello Spirito Hegel fa uso della stessa scansione della storia umana, spiegando l’evoluzione dei singoli e delle comunità umane dall’antichità al Romanticismo, il periodo storico decisivo per la manifestazione (fenomenologia significa proprio “studio sulla manifestazione”) dello Spirito. Si tratta di un viaggio verso la libertà, viaggio necessario perché gli uomini non sanno di essere liberi e attendono la manifestazione dello Spirito per rendersi consapevoli di non avere limiti e accedere dunque al Sapere Assoluto.

LA COSCIENZA - La prima tappa della formazione dello Spirito è la COSCIENZA INDIVIDUALE. Individuale perché è SOGGETTIVA. In questa tappa non trovano posto altre coscienze, esiste solo l’Io, come un feto nel grembo materno che non sa dell’esistenza di altri esseri, come ignora l’esistenza di una realtà esterna e diversa. Hegel paragona la coscienza alla sensibilità kantiana, condizione obbligata del soggetto ma ovviamente limitata e incompleta. L’individuo è illuso di essere libero ma è una libertà effimera.

L’AUTOCOSCIENZA - La seconda tappa della formazione dello Spirito è l’AUTOCOSCIENZA, ossia l’antitesi della coscienza individuale. Si tratta del momento in cui la coscienza individuale scopre di non essere l’unica coscienza. Il momento è cruciale e drammatico, perché la coscienza era infatti convinta di essere singola: un po’ come il neonato che scopre non solo l’esistenza della mamma ma anche di altri esseri. La coscienza individuale è egoista e non accetta che ci sia un ALTRO, che ci sia una SCISSIONE, essendo convinta che la sola realtà fosse quella individuale e soggettiva, e iniziano i tre tentativi per ricomporre questa frattura, rappresentati da tre figure storiche: servitù e padronato (antichità), stoicismo e scetticismo (periodo ellenistico) e la mistica medioevale.

Servitù e padronato - La prima fase dell’autocoscienza è una vera e propria lotta di potere. Tutte le coscienze si scontrano e una sola vince, le altre o muoiono o si devono arrendere. Nascono così nell’antichità le due figure storiche del SERVO e del PADRONE. Diversamente da quello che si potrebbe pensare è il servo ad avere più possibilità del padrone: infatti il padrone potrebbe anche uccidere tutti i suoi schiavi ma resterebbe senza servitori, mentre un servo si può emancipare ed essere libero oppure trovare un nuovo padrone da servire. Ma il servo ignora di avere questo vantaggio e continua a servire senza mai disattendere gli ordini del padrone. Il primo tentativo di risoluzione fallisce ed Hegel sposta la sua attenzione a un altro periodo della storia umana, quello della sovranità macedone sulla Grecia, periodo in cui si sviluppano le filosofie ellenistiche, incentrate sui limiti dell’uomo.

Stoicismo e Scetticismo - La seconda fase dell’autocoscienza riguarda proprio la filosofia stoica e scettica: si tratta di concezioni negative, orientate all’apatia (assenza di dolore), atarassia (assenza di turbamento), aponia (assenza di sofferenza spirituale), aprassia (assenza di volontà d’agire) e afasia (assenza di volontà di parlare). Il saggio stoico era consapevole dell’ineluttabilità del destino e della necessità dell’eterno ritorno dei cicli cosmici, sempre uguali ogni trecento anni; il saggio scettico era convinto dell’inutilità della ricerca a causa di una vera possibilità di conoscere il mondo e di accedere a un criterio oggettivo di verità. Le risposte di queste filosofie sono radicali: per lo Stoicismo l’uomo avrebbe dovuto vivere nascosto dal mondo e da ogni cosa che gli avesse potuto arrecare dolore, per lo Scetticismo era sufficiente arrendersi a una conoscenza parziale della realtà ed evitare sopratutto di usare delle parole per descriverla, tanto nessuna parola sarebbe servita. Il determinismo fatalistico stoico e il nichilismo scettico testimoniano per Hegel l’atteggiamento rinunciatario di un’umanità che aveva tutte le possibilità di liberarsi dal dubbio. Hegel infatti nutriva una profonda ammirazione per la cultura greca, sopratutto per il ruolo del cittadino (il politico, ossia colui che appartiene alla polis e non che semplicemente ci abita). Purtroppo il mondo greco disperde questo patrimonio, dissipandolo inutilmente nell’individualismo e nel bieco utilitarismo l’esperienza delle poleis del V secolo e fallendo così il secondo tentativo di superare le divisioni del mondo. A questo punto Hegel si rivolge al Cristianesimo medioevale, terza e ultima figura storica dell’autocoscienza.

La mistica medievale - La riconciliazione tra uomo e Dio, rappresentata dalla mistica medievale, è la terza e ultima figura storica dell’autocoscienza. Il mistico cerca Dio nella preghiera e nell’ascesi, consapevole di ricomporre finalmente le divisioni del mondo, ma non sa (per ora) che quel che sta cercando in realtà lo possiede già. La coscienza è infelice, perché nonostante gli sforzi non riesce a ricongiungersi all’Assoluto: non può sapere che tutto il finito si risolve nell’infinito perché ancora non ha raggiunto il sapere assoluto (che può essere raggiunto solo dallo Spirito).

Nessuna delle tre figure storiche dell’autocoscienza è dunque in grado di ricomporre la separazione tra oggettivo e soggettivo, finito e infinito, ideale e reale. Hegel affronta una nuova tappa della formazione dello Spirito, la RAGIONE, che caratterizza il periodo storico compreso tra il Rinascimento e l’Illuminismo.

LA RAGIONE - La filosofia dell’età moderna lascia dietro di sé il buio dogmatico della Scolastica medioevale, schiava della teologia e asservita alla Chiesa, e scopre la conoscenza scientifica della Natura come ordine misurabile. La ragione si prende dunque la sua rivincita sulla fede ma è ancora soggetta al carcere sensibile, che la limita e la riporta alla realtà. La tappa della ragione si sviluppa come l’autocoscienza attraverso tre stadi: la ragione osservativa, la ragione attiva e la libertà individuale.

La ragione osservativa - Il primo stadio della ragione riguarda la CERTEZZA SENSIBILE. La ragione si considera onnipotente ma le sue pretese vengono limitate dai sensi a cui deve rendere conto.

La ragione attiva - Il secondo stadio della ragione riguarda il SENTIMENTO. La ragione cerca di affrancarsi dai sensi ma il suo tentativo di unificare l’Assoluto viene ancora una volta vanificato dalla pretesa di cogliere la totalità in modo immediato: il romantico desidera tutto e subito, senza concedere nulla alla finitezza, e rimane deluso.

L’Io - Il traguardo della ragione è la conquista della libertà individuale, che si sviluppa a sua volta in tre momenti. Nel primo momento abbiamo un’individualità quasi animalesca, fondata sulla volontà bruta e oscura. Nel secondo momento interviene il diritto, che regola gli egoismi della volontà individuale. Infine il compimento della libertà arriva con la consapevolezza dell’appartenenza allo Stato, che per Hegel è un vero e proprio Dio reale, autoritario e assoluto. Hegel critica la morale kantiana, formale e rigorosa, che l’uomo DEVE seguire come si ubbidisce a una legge (dovere per il dovere). Hegel nota come la legge morale universale di Kant sia estranea all’uomo. Così Hegel guarda al mondo greco, dove il cittadino (il politico) era parte dello Stato e non doveva ubbidire alle leggi per dovere, ma perché erano le regole della comunità (come la lingua, le tradizioni, la cultura).

CONCLUSIONI - Il traguardo della della storia dello Spirito coincide col SAPERE ASSOLUTO, risolutore del conflitto tra la soggettività e l’oggettività. Questo obiettivo poteva essere raggiunto solo dalla filosofia romantica (in realtà è strettamente auto-referenziale perché si riferisce quasi esclusivamente al suo pensiero, escludendo Fichte e Schelling). Hegel vede nella sua epoca il compimento della formazione dello Spirito, punto di partenza della vera conoscenza dell’Assoluto. Hegel si pone il problema di spiegare adesso le tappe di questa conoscenza.

3 - IL SISTEMA HEGELIANO

LE OPERE SISTEMATICHE - I fondamenti del sistema hegeliano si trovano in due opere. La prima è la SCIENZA DELLA LOGICA, che inizia proprio dalla formazione dello Spirito, necessaria a COMINCIARE la conoscenza. L’opera, suddivisa in due volumi (LOGICA SOGGETTIVA, che comprende la DOTTRINA DELL’ESSERE e la DOTTRINA DELL’ESSENZA, e la LOGICA OGGETTIVA, che comprende solo la DOTTRINA DEL CONCETTO), è la “pietra angolare” del sistema hegeliano, perché descrive la nascita dell’IDEA, che non è un semplice pensiero ma è la coincidenza di essere e di pensiero. Spiegare cosa è l’idea è fondamentale per comprendere l’intero sistema hegeliano: nel suo stadio iniziale, l’idea “in sé” (la LOGICA, appunto), essa non sarebbe conoscibile perché ancora VUOTA. L’opera più completa che descrive l’intero sistema è sicuramente l’ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE. Si tratta di un compendio, tipico strumento utilizzato a quei tempi dai docenti delle Università tedesche per raccogliere i contenuti delle proprie lezioni a beneficio dei propri studenti. Hegel ne scrive uno che poi fa pubblicare come dissertazione vera e propria. L’opera comprende la SCIENZA DELLA LOGICA di cui sopra, a cui si aggiungono la FILOSOFIA DELLA NATURA e la FILOSOFIA DELLO SPIRITO.

LA SCIENZA DELLA LOGICA - Nel sistema hegeliano la Logica corrisponde come già detto all’Idea “in sé”. Il problema che Hegel si pone inizialmente è quello del COMINCIAMENTO: è infatti fondamentale per Hegel sapere come COMINCIA la conoscenza. La Logica hegeliana è molto diversa dalle altre logiche, come quella aristotelica o quella kantiana. La sua originalità consiste nel suo carattere NEGATIVO. Hegel affida un ruolo centrale all’antitesi, perché rappresenta la diversità, pur senza perdere la continuità dell’Assoluto, garantita dalla sintesi. Come comincia un processo conoscitivo? Come si fa a dire che qualcosa “è”?
Prima dell’essere, a differenza di quello che hanno temuto molte filosofie precedenti a quella hegeliana, non c’è il non essere, ma due elementi VUOTI, che non si possono conoscere: l’ESSERE e il NULLA. Sono elementi CHIUSI e INACCESSIBILI in quanto non sono DETERMINATI (non possiamo dire cosa essi siano). Essi hanno lo stesso valore e la stessa importanza, e sono dipendenti l’uno dall’altro. Essi si manifestano alla conoscenza solo quando si attua il DIVENIRE, il passaggio dal nulla all’essere. Il divenire infatti dimostra un cambiamento: questo passaggio ci fa uscire dal momento zero della conoscenza, che adesso può cominciare.

La Dottrina dell’Essere - La prima parte della Logica Soggettiva si occupa del problema del COMINCIAMENTO, rispondendo così alla domanda da cui procede questa fase dell’indagine hegeliana: come inizia la conoscenza? Il passaggio dal nulla all’essere è rappresentato dal divenire: quando una cosa diviene significa che ha un LIMITE che la racchiude e la DETERMINA (per esempio: l’acqua diventa ghiaccio). La prima categoria dell’essere è la qualità, che appunto qualifica una cosa come esistente (per esempio: questo è il cubetto di ghiaccio). Dopo avere qualificato una cosa la conoscenza entra in crisi perché nell’essere le cose sono tante e uguali e diverse (per esempio: nella vaschetta del congelatore ci sono vari cubetti di ghiaccio). La seconda categoria dell’essere è la quantità. Questa categoria NEGA la qualità introducendo il NUMERO e rischiando di confondere la conoscenza. A questo punto è necessaria una terza categoria che serve a mediare il conflitto tra qualità (LA cosa) e la quantità (MOLTE cose uguali tra loro): entra così in gioco la misura. La misura serve a paragonare le cose tra loro mediante il GRADO (per esempio: un cubetto di ghiaccio è più squagliato di un altro o più piccolo).

La Dottrina dell’Essenza - La seconda parte della Logica Soggettiva si pone un altro problema, quello del FONDAMENTO dell’essere. Dopo essersi manifestato, l’essere ha bisogno di riflettere sulla sua condizione, cioè deve “guardarsi dentro”. Questa introspezione si rende necessaria perché senza l’essenza l’essere non ci sarebbe: l’essenza è infatti ciò che sta dietro l’essere che si è appena “reso disponibile” alla conoscenza: è un po’ come se l’essere guardasse la propria immagine riflessa in uno specchio e si riconoscesse. Questa riflessione avviene in tre momenti. Prima di tutto l’essenza si pensa IDENTICA a sé stessa, come un’essenza singola e solitaria. Il pensiero non si può conoscere (a meno che una persona che pensa non dica cosa sta pensando). In un secondo momento l’essenza si riconosce esistente e quindi DIVERSA da tutte le altre essenze. Infine, nel terzo momento, l’essenza si trasforma nella realtà in atto: ogni cosa che “è” esiste in quanto identica a sé stessa (per esempio: il libro è il libro) e diversa dalle altre (per esempio: il libro di filosofia è diverso dal libro di storia). I due aspetti fondamentali dell’essenza sono MATERIA e FORMA: questi due aspetti si uniscono (Hegel dice “precipitano”) nel FONDAMENTO, cioè la realtà in atto, dove tutte le cose sono uguali e diverse tra loro.

La Dottrina del Concetto - La Logica Oggettiva, che contiene solo la Dottrina del Concetto,  affronta il terzo e ultimo problema della Logica hegeliana, quello di rivelare l’INTERO. L’intero è rappresentato dall’IDEA, nella quale essere e pensiero si fondono. L’indagine, così come nelle due dottrine precedenti, è svolta in tre momenti, uno di tipo soggettivo, uno oggettivo e uno risolutivo e sintetico. Il primo momento descrive i tre aspetti tradizionali della logica formale: il CONCETTO LOGICO (cioè i nomi delle cose, i termini, le parole); il GIUDIZIO (cioè la connessione tra i termini attraverso il predicato, quindi la proposizione, la frase), e infine il SILLOGISMO (cioè il discorso logico, l’unione tra le proposizioni). Il secondo momento affronta i tre aspetti della natura, cioè della realtà esterna al pensiero: il MECCANISMO, cioè tutto ciò che riguarda il movimento di una cosa sola; il CHIMISMO, cioè tutto ciò che riguarda i rapporti tra le cose che si muovono; e infine il FINALISMO, che riguarda le conseguenze dei movimenti e le ragioni di esse. Il terzo momento dell’indagine hegeliana sul concetto è dedicato all’IDEA, che riconcilia l’Io e la Natura unendo essere e pensiero, reale e ideale. L’idea è vista da Hegel nelle sue tre forme: quella IMMEDIATA, quella MEDIATA e quella ASSOLUTA, che rivela appunto l’intero.

La rivelazione della totalità dell’intero nell’idea, chiude la Scienza della Logica. Il sistema hegeliano prosegue con la Filosofia della Natura. La Logica hegeliana rappresenta infatti l’idea “in sé” cioè nel suo aspetto individuale, singolo, soggettivo. Adesso l’idea deve farsi “altro da sé” scoprendo l’esistenza di altre idee: il luogo dove avviene questa nuova consapevolezza dell’idea è la natura.

LA FILOSOFIA DELLA NATURA - Hegel non aveva una grande interesse per la natura, perché ai suoi occhi era troppo soggetta ai cambiamenti, e non dava quindi delle garanzie di stabilità. Per questo egli arriva perfino a deridere certi aspetti romantici della natura stessa, come per esempio le albe e i tramonti che affascinavano gli esseri umani, e dedica agli aspetti filosofici un’attenzione frettolosa. Tuttavia egli è costretto a riconoscere alla natura un ruolo centrale nel sistema, in quanto luogo dell’ALIENAZIONE dell’idea. Alienarsi significa diventare altro: l’idea che si è manifestata nella Logica, deve uscire “fuori da sé” e scoprire il mondo confrontandosi con esso. Questo percorso si divide, come sempre, in tre momenti: il primo momento è quello della MECCANICA (da non confondere con l’omonimo aspetto del meccanismo descritto nella Dottrina del Concetto) secondo la quale tutto nella natura è soggetto al movimento; il secondo momento è quello della FISICA, secondo la quale tutti gli elementi naturali sono soggetti a meccanismi di attrazione e di repulsione; il terzo momento infine è quello dell’ORGANISMO, ossia della vita. Hegel distingue qui la vita GEOLOGICA, i minerali, quella VEGETALE, le piante, e quella ANIMALE, gli animali. Il percorso dell’idea sta per concludersi nel momento finale, rappresentato dalla FILOSOFIA DELLO SPIRITO: l’idea, dopo essersi alienata nella natura torna a sé con la consapevolezza di essere parte dell’Assoluto, diventando “in sé e per sé” nella totalità.

LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO - Lo Spirito è il traguardo del percorso dell’idea, che diventa consapevole della propria libertà. Libertà per Hegel non significa anarchia ma riconoscersi parte del tutto: la sua concezione di libertà rispecchia la rigorosa classificazione del suo sistema. Hegel suddivide la Filosofia dello Spirito in tre aspetti: uno SOGGETTIVO e individuale, uno OGGETTIVO e collettivo, e uno ASSOLUTO, che è la sintesi definitiva del sistema.

Lo Spirito Soggettivo - La nascita dell’Io è una tappa fondamentale nella storia dell’idea. Affermare la propria individualità significa infatti poter pensare sé stessi. Ma questo risultato come sempre non è immediato e passa attraverso tre momenti. Il primo è quello dell’ANTROPOLOGIA: è il primo barlume della coscienza, una coscienza ancora oscura, quasi animalesca, priva di razionalità, condizionata solo dalla sensibilità. Il secondo momento è la FENOMENOLOGIA: qui si compie un’evoluzione della coscienza, che dalla sensibilità arriva alla razionalità. Infine il terzo momento è quello della PSICOLOGIA: l’Io, che ha preso coscienza della propria singolarità, diventa consapevole della sua libertà. Questa consapevolezza è ancora limitata, perché l’Io - come la coscienza individuale nella Fenomenologia dello Spirito - non si pone nemmeno il problema dell’esistenza di altri Io: esiste solo lui e basta. Ecco perché è necessario che si compia la sua alienazione nell’oggettività.

Lo Spirito Oggettivo - Il problema della libertà dell’Io attraversa l’intera speculazione hegeliana. La coscienza che si è manifestata nello Spirito Soggettivo non sa ancora cosa significa libertà, in quanto manca di un elemento contrario: per sentirsi veramente libero l’Io deve infatti prendere atto dell’esistenza della sfera sociale, e quindi oggettiva; in caso contrario non ha senso parlare di libertà vera e propria. Lo Spirito Oggettivo si articola in tre momenti: diritto, moralità ed eticità. Il diritto è il riconoscimento del possesso: si tratta di un vincolo importante nel momento in cui l’Io ha a che fare con altre individualità. Poiché tutti sono legittimati a possedere le cose, è necessario che il possesso sia regolato per evitare che ognuno si prenda le cose degli altri. Questa necessità viene superata dalla moralità, il secondo momento dello Spirito Oggettivo: qui si esce dalla sfera individuale e si entra nella sfera sociale. Nella moralità il diritto perde la sua rigorosa importanza perché l’Io si accorge di essere parte della collettività: ma questo sentimento non è ancora spontaneo: la moralità è ancora un dovere, si fa perché “‘è bene”. Il vero compimento della libertà avviene nell’eticità: à qui che l’Io diventa veramente consapevole del suo ruolo sociale. Hegel descrive in questa parte le tre strutture sociali per eccellenza: la famiglia, la società e lo Stato. La famiglia è il primo nucleo sociale, a cui segue la società, che è l’unione di più famiglie. Infine lo Stato, autoritario e assoluto, in quanto fondamentale per il cittadino (possono esistere delle società senza uno Stato ma non uno Stato senza società): è proprio nello Stato che si compie la vera libertà dell’Io. Lo Spirito Oggettivo si manifesta nella STORIA come SPIRITO DEL POPOLO (in tedesco  Volksgeist): la storia è il percorso dello Spirito nelle società umane. Ma non possiamo ancora parlare di una vera totalità perché l’oggettività è ancora un momento di conflitto. La conclusione del percorso dell’Idea avviene infatti nello SPIRITO ASSOLUTO.

Lo Spirito Assoluto -  L’Idea arriva alla conclusione del proprio percorso e si rende consapevole della propria assolutezza. Questa presa di coscienza avviene ancora una volta in tre momenti: l’ARTE, la RELIGIONE e la FILOSOFIA. Questi tre momenti cercano di riflettere l’Assoluto ma solo la filosofia ci riesce. L’arte sarebbe perfetta per riflettere la totalità: all’artista infatti spetta il compito di immaginare e di contemplare l’infinito. Ma l’arte esige uno strumento e un medium creativo: la tela e i pennelli per il pittore, lo strumento musicale per il musicista, il marmo e lo scalpello per lo scultore. Solo il poeta non ha teoricamente bisogno di strumenti: se il pittore non dipinge, se lo scultore non scolpisce, se il musicista non suona, noi non possiamo ammirare nessuna opera d’arte; il poeta potrebbe anche comporre improvvisando o comunque recitare. Ma anche il poeta, se non avesse uno strumento (la sua voce o quella di altri, un libro di poesie, un foglio di carta) non potrebbe far conoscere al mondo i suoi versi. L’arte è - come si vede - inadeguata a riflettere l’Assoluto ma nemmeno la religione viene considerata idonea a questo compito. La religione infatti ha solo una funzione di rappresentazione della totalità: la presenza dei riti, delle preghiere, delle cerimonie tipiche delle religioni che Hegel chiama positive (come il Cristianesimo) dimostrano che il praticante non si sente veramente parte di un Tutto, tanto da invocare la divinità. Solo la filosofia, in quanto dialettica, riflette l’Assoluto come coincidenza di ideale e di reale, di finito e di infinito. Hegel definisce la filosofia una STORIA DELLA FILOSOFIA perché sottolinea in senso dialettico il modo in cui le tappe della storia dello Spirito si svolgono nell’unità del tutto. A questo punto il percorso dell’Idea si rivela in tutta la sua interezza e l’Idea può tornare a sé stessa consapevole di essere parte della totalità.

Filosofia 4 - Classe 4A

giovedì 21 settembre 2017

Classe 4 - Storia 4

Storia 4 - Classi 4A e 4D

 C4 - U4
Dai moti del 1848 alla crisi di fine secolo.

1 - LA PRIMAVERA DEI POPOLI.

INTRODUZIONE - Gli anni '40 del XIX secolo si caratterizzano per l'insorgere di moti rivoluzionari in diverse nazioni europee, definiti da Mazzini "primavera dei popoli" per il loro carattere egualitario e democratico. Le prime attestazioni di tali fermenti rivoluzionari si possono rilevare già negli Stati italiani proprio come conseguenza delle azioni mazziniane, in particolar modo nel Regno delle Due Sicilie tra il 1847 e il 1848, che tuttavia ebbero un ruolo marginale per la posizione periferica del regno borbonico rispetto all'Europa continentale: il movimento più importante è quello che inizia a Parigi nel febbraio 1848 con la "campagna dei banchetti". Dalla Francia l'ondata rivoluzionaria si propaga per l'Europa, approdando poi in Italia dove culmina nell'età del Risorgimento. Le principali conseguenze di questi moti rivoluzionari sono state:

-  in Francia la fine della monarchia orleanista e l'avvento della Seconda Repubblica e poi del Secondo Impero;
 -  in Italia dopo la Seconda Guerra d'Indipendenza l'adesione degli Stati italiani al progetto di unificazione del Regno di Sardegna e la proclamazione del Regno d'Italia;
- la costituzione in diversi Stati europei dei movimenti operai e la diffusione del Cartismo in Inghilterra.

FRANCIA - A Parigi da diverso tempo si era diffusa l'usanza dei "banchetti politici" che si radunavano nelle vie del centro cittadino per consentire la partecipazione dei cittadini comuni alla discussione dei temi politici, sopratutto i problemi della monarchia orleanista. Il re Luigi Filippo d'Orléans aveva sempre tollerato queste manifestazioni ma l'ultima, quella del febbraio 1848, era stata vietata per problemi di ordine pubblico. La reazione dei parigini fu immediata e si trasformò ben presto in una vera e propria rivoluzione popolare che portò alla destituzione di Luigi Filippo e alla proclamazione della Repubblica. Alle elezioni il Paese si trovò spaccato tra diversi schieramenti, tra i quali prevalsero i nazionalisti capeggiati da Carlo Luigi Napoleone Bonaparte, nipote dell'ex imperatore. Il suo partito proponeva un programma di risanamento dell'ordine pubblico con un potere centrale forte. Bonaparte fu eletto quindi Presidente della Seconda Repubblica francese ma dopo quattro anni di governo liberale cominciò ad accentrare i poteri nelle sue mani fino alla creazione nel 1852 del Secondo Impero di cui si fece incoronare imperatore con il nome di Napoleone III, in segno di continuità con lo zio. Sostenitore del libero - scambismo e profondo conoscitore del liberismo inglese, Bonaparte avviò subito un radicale progetto di riforme dell'economia francese, modernizzando molte strutture preesistenti e iniziando la costruzione della rete ferroviaria. Per scongiurare i disordini pubblici fu progettato un nuovo assetto urbanistico per la città di Parigi che vide la collaborazione del barone Haussmann: le piccole vie del centro, facilmente congestionate durante i fermenti rivoluzionari, furono eliminate a favore dei grandi viali (boulevards) che avrebbero consentito spostamenti più efficaci dell'esercito in caso di disordine pubblico. A tutela della stabilità del potere imperiale Napoleone III istituì inoltre delle prigioni militari al di fuori dei confini francesi dove ricoverare i detenuti politici. In politica estera ricordiamo gli accordi di Plombiéres col governo del Regno di Sardegna guidato da Cavour e l'ostilità nei confronti della Prussia, dal cui esercito fu sconfitto a Sedan nel settembre 1870.

ITALIA - A neanche un mese di distanza dai moti di Parigi, nel marzo del 1848 insorge il Regno Lombardo - Veneto. A differenza del Regno delle Due Sicilie, dove si registrarono isolate rappresaglie dei patrioti mazziniani, nel Lombardo - Veneto la reazione popolare vide la partecipazione di un numero elevato di persone, a Venezia, a Brescia e sopratutto a Milano, dove nell'ultima delle "Cinque Giornate" (il 22 marzo 1848) l'esercito austriaco guidato dal generale Radetzky fu costretto ad abbandonare la città. Il Quarantotto italiano fu anticipato da movimenti liberali che avevano convinto sia Ferdinando di Borbone, re delle Due Sicilie, sia Carlo Alberto di Savoia re di Sardegna, a concedere una Carta Costituzionale. I moti insurrezionali di febbraio a Parigi avevano ispirato i patrioti degli Stati italiani alla ribellione nei confronti dell'oppressore, il regime borbonico a sud e quello asburgico a nord, pur avendo questi movimenti origini ben distinte. Carlo Alberto, che il 29 novembre 1847 aveva completato l'unificazione territoriale del Regno di Sardegna, approfittò di tali circostanze per espandere ulteriormente il proprio regno annettendo gli stati italiani controllati dall'Austria. La PRIMA GUERRA D'INDIPENDENZA ITALIANA fu quindi in sostanza un tentativo di annessione: le ostilità furono dichiarate il 23 marzo 1848. A sostenere Carlo Alberto furono lo Stato della Chiesa, il Regno delle Due Sicilie e il Granducato di Toscana, ma ben presto l'esercito sabaudo fu lasciato solo, in quanto il Papa temeva che l'Austria (paese cattolico) potesse dar luogo a un nuovo scisma, mentre gli altri due Stati erano legati per parentela alla corte di Vienna; di fatto queste alleanze avevano avuto il solo obiettivo di evitare l'insorgere di ulteriori ventate rivoluzionarie. Carlo Alberto, sconfitto, fu costretto a firmare l'armistizio con l'Austria, e nel 1849 ad accettare umilianti condizioni di resa: fu obbligato infatti ad abdicare in favore del figlio Vittorio Emanuele II. Nel 1852 Vittorio Emanuele nominò primo ministro del Regno di Sardegna Camillo Benso, conte di Cavour. Di principi liberali, Cavour diede inizio a una profonda trasformazione del regno, modernizzando e ampliando numerose infrastrutture tra cui la rete ferroviaria piemontese e il porto di Genova. Molto attento alla politica estera, Cavour promosse nel 1855 la partecipazione di un contingente sabaudo alla guerra di Crimea e nel 1858 cercò l'alleanza della Francia di Napoleone III in vista di un nuovo conflitto con l'Austria. Napoleone III e Cavour si incontrarono segretamente a Plombières per definire i termini dell'accordo tra i due Paesi. Entrambi avevano la stessa visione politica ed economica e pensavano di trarre vantaggio da questa alleanza: il Regno di Sardegna contava sull'appoggio francese per l'ingresso in un mercato economico più ampio, la Francia sperava di espandere il proprio territorio alle pertinenze del piccolo Stato italiano.

GRAN BRETAGNA - La Seconda Rivoluzione Industriale aveva portato l'Inghilterra vittoriana a uno status di apparente benessere economico e sociale. La massiccia industrializzazione del paese aveva attirato molti abitanti delle campagne che si erano trasferiti per lavorare nelle aziende e negli opifici delle grandi città, favorendo la nascita di un numeroso ceto operaio che viveva nelle work houses, le abitazioni destinate ai lavoratori, prive di servizi igienici e spesso in condizioni fatiscenti. Tra le piaghe sociali più conosciute c'era lo sfruttamento del lavoro minorile: i bambini venivano spesso impiegati in mansioni pericolose come il recupero dei rocchetti di filo che cadevano sotto gli ingranaggi delle macchine tessili o, per le loro dimensioni, venivano impiegati nelle miniere dove potevano precedere gli adulti negli spazi più angusti e inaccessibili. Molti bambini morivano per cause di lavoro o di stenti, spesso erano dediti all'accattonaggio. Un'altra delle piaghe sociali più drammatiche del periodo riguardava la condizione femminile, specialmente quella delle giovani donne rimaste senza famiglia che erano costrette alla prostituzione. Gli appartenenti alla working class non avevano diritto di voto e non esisteva una vera e propria organizzazione sindacale, né un vero partito dei lavoratori. Nel 1838 l'avvocato di origine irlandese Angus Ferguson promuove il movimento della People's Chart (Carta del Popolo). Il movimento organizza una petizione che raccoglie un milione di firme, che viene presentata alla Camera dei Comuni. Il documento era articolato in sei punti che prevedevano tra gli altri la concessione del diritto di voto ad ogni cittadino maschio che avesse compiuto i ventun'anni anche privo di rendita fondiaria. La proposta fu rifiutata e fu ripresentata nel 1842, stavolta con oltre tre milioni di firme, ma fu rifiutata di nuovo, provocando la reazione popolare che fu repressa nel sangue. Il movimento cartista si spense negli anni successivi anche se il Partito Liberale e il socialismo fabiano promossero delle iniziative a favore dei diritti dei lavoratori, anche allo scopo di stabilizzare l'ordine pubblico.

GERMANIA - Il Congresso di Vienna aveva riunito i 39 stati tedeschi nella Confederazione Germanica, dominata dalla Prussia a nord e schiacciata dall'influenza austriaca a sud. La Germania ancora non esisteva ma i liberali tedeschi avevano già un progetto di unificazione che per il momento era rappresentato da una alleanza doganale chiamata Zoellverein. Tuttavia l'ideale unitario si era rafforzato negli anni '40 del XIX secolo proprio grazie alla borghesia industriale: tra il 1847 e il 1849 si era costituito il cosiddetto Parlamento di Francoforte, un'assemblea dei rappresentanti dei 39 stati. Il progetto di unificazione prevedeva che la corona del futuro Reich sarebbe stata assegnata al re di Prussia, Federico Guglielmo IV, che però non volle accettare l'investitura da parte di un'istituzione non nobiliare. Nonostante il sostegno di alcuni Stati il progetto si arrestò a causa dell'opposizione austriaca. Il Parlamento si era infatti spaccato in due linee di tendenza, una filo - prussiana (la Piccola Germania) e una filo - austriaca (la Grande Germania). Nel 1859 divenne re di Prussia Guglielmo I che nel 1862 nominò a capo del governo Otto von Bismarck, non gradito ai liberali tedeschi per le sue idee antiliberali. Abile diplomatico, Bismarck rilanciò il progetto unitario degli Stati tedeschi accentrando l'egemonia prussiana contro l'influenza austriaca. Gli Stati tedeschi finirono col dividersi in due Confederazioni, separate dal fiume Meno: a nord quella guidata dalla Prussia e a sud quella controllata dall'Austria.

IL MOVIMENTO OPERAIO - Gli anni '40 del XIX secolo sono caratterizzati dalla nascita di organizzazioni (anche rivoluzionarie) che avevano l'obiettivo di migliorare la situazione dei lavoratori. Questi movimenti si sviluppano in Europa e negli Stati Uniti a seguito della Seconda Rivoluzione Industriale, nata in Gran Bretagna e proseguita in Francia e negli Stati Tedeschi. L'industrializzazione aveva infatti prodotto la comparsa di due classi sociali antagoniste: la borghesia imprenditoriale e capitalistica e il ceto operaio o proletariato urbano. Non esistevano delle vere associazioni sindacali ma solo delle leghe, come le Trade Unions nate in Inghilterra nel 1824 a seguito del luddismo e seguite quarant'anni dopo da analoghe organizzazioni in Francia e negli Stati Tedeschi. L'economista politico e filosofo tedesco Karl Marx si trovava proprio a Parigi nel periodo interessato dall'esplosione dei movimenti comunisti ed egualitaristi, che lo spinsero a scrivere, insieme all'amico Friedrich Engels, il saggio politico L'IDEOLOGIA TEDESCA, considerato il testo fondamentale del socialismo scientifico. In quest'opera i due Autori evidenziano la necessità di uno studio approfondito della società e dei suoi cambiamenti in base alle leggi dell'economia: Marx afferma infatti che è stata proprio la società industriale a creare la classe operaia che un giorno sostituirà quella dei capitalisti borghesi come ceto dominante. Oltre alla teoria di Marx si diffondono altre correnti come il socialismo anarchico di Bakunin, sviluppatosi nella Russia zarista dove esistevano ancora i servi della gleba. Nonostante il proliferare di movimenti organizzati bisogna aspettare tuttavia la fine del secolo per il riconoscimento dei diritti fondamentali dei lavoratori, come per esempio la giornata lavorativa di otto ore.

2 - LA NASCITA DEL REGNO D'ITALIA E DELL'IMPERO TEDESCO.

INTRODUZIONE - Il processo di unificazione degli stati italiani è preceduto dal cosiddetto "decennio di preparazione" nel corso del quale si confrontano diverse tendenze politiche. Quella ispirata al pensiero di Giuseppe Mazzini disegnava un'Italia laica e repubblicana e si contrapponeva alle idee del sacerdote Vincenzo Gioberti, che avrebbe voluto l'unificazione degli stati italiani sotto la guida del Pontefice Pio IX. Al nord si scontravano la corrente "piemontese" di Cesare Balbo, che prospettava un progetto di unificazione guidato dai Savoia, e quella "lombarda" di Carlo Cattaneo, che concepiva uno stato unitario caratterizzato dal federalismo amministrativo. A prevalere fu la Destra Storica capeggiata da Cavour che propendeva per la separazione assoluta del potere della Chiesa da quello laico dello Stato. A distanza di dieci anni dall'unità d'Italia si compie anche il processo di unificazione degli stati tedeschi guidati dalla Prussia di Guglielmo I e del suo Cancelliere Otto von Bismarck.

L'ANNESSIONE DEL NORD E DEL SUD - Gli accordi di Plombières stipulati segretamente tra Cavour e Napoleone III prevedevano il sostegno francese al Regno di Sardegna nella campagna di annessione del Regno Lombardo - Veneto, in cambio della cessione di Nizza e della Savoia. La Seconda Guerra d'Indipendenza ebbe inizio il 27 aprile 1859 ma le vere operazioni militari cominciarono un mese dopo: Cavour aveva mantenuto un'atteggiamento apertamente provocatorio con l'intento di farsi dichiarare guerra dall'Austria. Il conflitto entrò nel vivo con l'arrivo dei francesi. Disattendendo gli accordi di Plombières, dopo la liberazione della Lombardia Napoleone III avviò le trattative per un armistizio con l'Austria. Vittorio Emanuele II, pur sostenuto dalla popolazione, non volle continuare da solo la campagna nel nord-est, attenendosi alle decisioni della Francia e destando un clima di proteste per la cessione di Nizza e della Savoia all'imperatore francese. Tuttavia il successo del regno sabaudo spinse gli stati del centro-nord (Parma e Piacenza, Modena, Toscana) ad unirsi al Regno di Sardegna nel progetto di unificazione nazionale. Il 5 maggio 1860 iniziava la spedizione dei Mille guidati da Giuseppe Garibaldi: partiti dallo scoglio di Quarto, presso Genova, i garibaldini raggiunsero sei giorni dopo la città di Marsala, in Sicilia. Dopo lo sbarco Garibaldi iniziò la conquista dell'isola, per poi risalire l'estremità continentale della Penisola ancora in mano ai Borboni. Sostenuto dalle rivolte popolari in Basilicata e in Puglia, l'esercito di Garibaldi entrò a Napoli (capitale del Regno delle Due Sicilie) praticamente indisturbato, trovando la città abbandonata dal re Francesco II. Lo scontro decisivo si combatté sul Volturno e nel mese di ottobre il regno borbonico fu interamente conquistato. A questo punto gli unici territori irredenti erano quelli del nord-est ancora controllati dall'Austria e quelli dell'Italia centrale di proprietà dello Stato Pontificio.

I PRIMI ANNI DEL REGNO D'ITALIA - Il Regno d'Italia fu proclamato il 17 marzo 1861. Il Parlamento offrì la corona al re di Sardegna Vittorio Emanuele II e ai suoi eredi. I primi governi dello Stato unitario furono guidati dalla cosiddetta Destra Storica, a cui apparteneva lo stesso Cavour (si é soliti definire con l'aggettivo "storica" la Destra e la Sinistra del XIX secolo, per distinguerle dai loro corrispettivi politici del XX secolo). La Destra Storica era costituita dagli esponenti della grande proprietà fondiaria, della borghesia industriale del nord e da molti militari. La Destra ereditava un paese completamente disorganizzato, diviso a metà, la cui popolazione era quintuplicata rispetto al Regno di Sardegna. Lo Statuto Albertino era stato esteso a tutti i territori italiani ma la ricostruzione politica, amministrativa e finanziaria del nuovo regno doveva fare i conti con un Mezzogiorno molto arretrato e gravato dalle piaghe dell'analfabetismo e del brigantaggio, tanto da caratterizzare la cosiddetta QUESTIONE MERIDIONALE fino agli inizi del nuovo secolo. La Destra governò l'Italia per quindici anni, fino alla "rivoluzione parlamentare" del 1876, che esautorò il gabinetto Minghetti: tra i successi della coalizione va ricordato il pareggio di bilancio, ottenuto con l'imposizione di misure fiscali spesso oggetto di contestazione, come l'imposta sul macinato del ministro Sella che aveva fatto aumentare il costo del pane.

IL COMPLETAMENTO DEL PROCESSO DI UNIFICAZIONE ITALIANA - Il primo impegno della Destra Storica in politica estera riguardava il completamento del processo di unificazione: conclusa l'alleanza con la Francia, si rendeva necessario portare a compimento l'annessione del Triveneto, ancora in mano austriaca, e la conquista di Roma e delle pertinenze dello Stato Pontificio. La Terza Guerra d'Indipendenza iniziò il 20 giugno 1866. Il Regno d'Italia poteva godere del sostegno della Prussia di Guglielmo I, nemica della Francia e di Napoleone III e impegnata anch'essa nel processo di unificazione dei trentanove stati tedeschi, sui quali esercitava la propria egemonia. Nonostante il sostegno prussiano gli inizi del conflitto non furono favorevoli all'Italia e le uniche vittorie furono quelle che videro protagonista l'esercito di Garibaldi. Tuttavia l'apporto prussiano consentì la vittoria necessaria per obbligare l'Austria a concedere l'annessione del Veneto e di parte del Friuli. Dopo la fine della guerra con l'Austria le attenzioni del Governo si spostarono su Roma. Garibaldi aveva già cercato inutilmente di conquistare lo Stato Pontificio, ma il suo esercito di volontari era stato fermato dalle truppe francesi. A spianare la strada verso l'annessione dei territori dello Stato Pontificio fu proprio la guerra franco-prussiana: la sconfitta di Napoleone III a Sedan, il 2 settembre 1870, aveva infatti indebolito Roma, rimasta senza alleati. Il 20 settembre 1870 con la "breccia di Porta Pia" l'esercito sabaudo invadeva la città, mentre Pio IX si dichiarava polemicamente prigioniero dello Stato italiano. La Destra Storica dovette quindi affrontare anche una QUESTIONE ROMANA: con la successiva Legge delle Guarentigie fu disposto il ridimensionamento del territorio pontificio alla sola città del Vaticano con la pertinenza privata di Castel Gandolfo; al Papa fu assegnato un appannaggio stabilito dal Governo. Pio IX scomunicò quindi i Savoia aprendo una frattura che si sarebbe ricomposta solo col Concordato del 1929 (Patti Lateranensi). La capitale del Regno d'Italia, dopo Torino e Firenze, fu definitivamente stabilita a Roma.

L'UNIFICAZIONE DEGLI STATI TEDESCHI - I trentanove stati tedeschi erano divisi in due confederazioni, separate dal fiume Meno, quella del nord guidata dalla Prussia e quella del sud guidata dalla cattolica Baviera, terra natale della consorte dell'imperatore austriaco Francesco Giuseppe. Il Cancelliere prussiano Otto von Bismarck, abile diplomatico, sapeva che sarebbe stata decisiva una mossa propagandistica per attirare gli stati tedeschi del sud nella propria confederazione. Per tale motivo provocò l'imperatore francese Napoleone III rendendo noto il contenuto di un telegramma inviato allo stesso Bismarck da Guglielmo I (dispaccio di Ems). Pressato dall'opinione pubblica e dai suoi stessi diplomatici, l'imperatore francese dichiarò guerra alla Prussia sicuro di sconfiggere il piccolo esercito di Guglielmo I, ma alla causa antifrancese si unirono gli altri stati della confederazione. Napoleone III fu sconfitto a Sedan il 2 settembre 1870. Come previsto da Bismarck gli altri stati tedeschi si unirono a quelli del nord, isolando l'Austria già sconfitta quattro anni prima nella battaglia di Sadowa e ormai ininfluente nel processo di unificazione. Il 18 gennaio 1871 nasceva l'impero tedesco, la cui corona fu offerta al re di Prussia Guglielmo I.

3 - L'ETÀ DEGLI IMPERIALISMI EUROPEI E LA CRISI DI FINE SECOLO.

INTRODUZIONE - Gli ultimi tre decenni del XIX secolo sono dominati da quattro imperi europei con un esteso territorio coloniale:

- l'impero britannico, governato dalla regina Vittoria;
- l'impero tedesco, governato da Guglielmo I;
- l'impero austro-ungarico, governato da Francesco Giuseppe;
- l'impero russo, governato da Alessandro II.

L'Italia a partire dal 1876 è governata dalla Sinistra Storica, che guida il paese per un ventennio. Gli ultimi quattro anni del secolo sono interessati da una fase di marcata instabilità a causa della fine della "politica dell'equilibrio" che aveva contraddistinto il cancellierato di Bismarck e del peggioramento della condizione sociale dei ceti meno abbienti che porterà a nuovi focolai rivoluzionari.

FRANCIA - Il 3 settembre 1870 giunge a Parigi la notizia della sconfitta di Sedan e della cattura di Napoleone III: è la fine del Secondo Impero. Con l'appoggio del Parlamento il generale Thiers (esponente di punta della destra orleanista) tenta il colpo di stato, ma l'assalto al potere fallisce e si costituisce un governo provvisorio di difesa nazionale che avrebbe dovuto trattare con la Prussia. Pochi giorni dopo vengono rese note le condizioni della resa. Dopo la nascita dell'Impero Tedesco Bismarck obbliga la Francia ad eleggere un esecutivo stabile con cui firmare l'armistizio: la pace verrà siglata il 28 gennaio con condizioni durissime per i francesi come la cessione di Alsazia e Lorena alla Germania e il pagamento di cinque milioni di franchi. A contendersi il potere erano tre schieramenti: i monarchici, divisi tra LEGITTIMISTI (fedeli ai discendenti dei Borbone) e ORLEANISTI; i repubblicani, divisi tra RADICALI e MODERATI; i bonapartisti, fedeli all'ex imperatore. Le elezioni sono vinte dai repubblicani ma il Parlamento affida i poteri al generale Thiers. La popolazione insorge il 18 marzo, temendo una restaurazione della monarchia, e caccia il Parlamento da Parigi. Il 26 marzo 1871 viene fondata la COMUNE, un governo autonomo di chiara ispirazione laica e socialista, che durerà 54 giorni. Il tricolore viene sostituito dalla bandiera rossa e inizia una serie di riforme sociali e democratiche: l'abolizione dell'esercito, il porto d'arma per ogni cittadino, la gratuità e laicità dell'istruzione, per citarne alcune. L'esperienza comunarda finisce il 21 maggio con l'ingresso dell'esercito guidato dal generale Mac Mahon. I ribelli vengono fucilati con esecuzioni sommarie ma molti riescono a fuggire. Il potere torna quindi nelle mani di Thiers, che viene nominato Presidente della Repubblica. Gli succederà il conservatore legittimista Mac Mahon, sostenitore della monarchia borbone, ma i francesi sceglieranno la repubblica.
La Terza Repubblica francese è proclamata ufficialmente il 30 gennaio 1875. In questi ultimi 25 anni del secolo la poltrona presidenziale sarà occupata dal repubblicano Grevy, confermato per due mandati e seguito da Carnot e Faurè. Il clima politico era però molto instabile come testimoniano i tentativi di colpo di stato come quello del generale Boulanger.
Alla fine del secolo la repubblica è indebolita da diversi scandali tra cui il famoso AFFARE DREYFUS. Alfred Dreyfus era comandante dell'esercito, ebreo e di origine alsaziana. Accusato di alto tradimento con documenti rivelatisi poi apocrifi, Dreyfus verrà condannato all'ergastolo. La sua vicenda sarebbe passata inosservata se un altro militare, il generale Picquart non avesse scoperto l'inautenticità dei documenti che accusavano Dreyfus, scatenando l'opinione pubblica e subendo per punizione il trasferimento in Tunisia. I francesi si divisero e la stampa antisemita scatenò i propri giornalisti contro Dreyfus, che fu difeso da Emile Zola e Jean Jaurés. Dreyfus fu riabilitato solo nel 1906.
GERMANIA - Dopo la costituzione del Secondo Reich il 18 gennaio 1871, Bismarck assume l'incarico di Cancelliere, conservando però anche l'incarico di Primo Ministro della Prussia. Orgoglioso delle sue origini, Bismarck escluse dal suo Gabinetto tutti i funzionari non prussiani. Il nuovo impero assunse da subito una forte connotazione centralista. In politica interna Bismarck avviò una serie di riforme allo scopo di rilanciare il PANGERMANESIMO in tutta Europa, limitando la propaganda dei cattolici e dei socialisti: tra le sue iniziative ricordiamo una vera e propria rivoluzione culturale, il KULTURKAMPF (battaglia della cultura). Contro i cattolici promosse le LEGGI DI MAGGIO che vincolavano la nomina dei prelati al controllo dello Stato, oltre a diverse leggi volte a limitare il potere della Chiesa. Tra i nemici giurati di Bismarck c'erano i cattolici dello Zentrum (Centro) che  il Cancelliere definiva con disprezzo REICHFINDE (nemici del Reich) per la loro opposizione all'unificazione tedesca. Altri nemici di Bismarck erano i socialisti dello SDP, il Partito Socialdemocratico Tedesco, ai quali aveva vietato la propaganda per il timore di ulteriori focolai rivoluzionari, ma anche i liberali della borghesia imprenditoriale, preoccupati per l'eccessivo fiscalismo. In politica estera bisogna sottolineare l'estensione del patrimonio coloniale e due importanti alleanze: la Duplice Alleanza con l'Austria, poi estesa all'Italia (Triplice Alleanza) e il Patto dei Tre Imperatori, un patto di non belligeranza con l'Austria e la Russia. Va infine ricordato il Congresso di Berlino nel 1878, la Seconda Restaurazione europea, che ebbe un forte impatto sull'assetto territoriale degli stati europei. L'incarico di Bismarck dura fino al 1890 quando il nuovo Kaiser Guglielmo II decide di abbandonare la politica dell'equilibrio iniziando una corsa al riarmo che preparava la Prima Guerra Mondiale.

GLI ALTRI IMPERI - La seconda metà del XIX secolo è dominata dai grandi Imperi europei: oltre a quello tedesco, quello britannico, quello austro-ungarico e quello russo. Il clima politico è di grande instabilità e di forti tensioni sociali.
Nel 1867 si forma l'Impero Austro-Ungarico, grazie al compromesso (AUSGLEICH)  tra Austria e Ungheria che costituiscono l'unificazione territoriale della Cisleitania e della Transleitania, le due regioni divise dal fiume Leite. Dal 1848 era imperatore Francesco Giuseppe, che ereditava il progetto ambizioso dell'espansione verso i Balcani, culminata con l'annessione della Bosnia. Proprio l'annessione della Bosnia sarà oggetto di discussione al Congresso di Berlino del 1878 e una delle cause politiche dello scoppio della Grande Guerra nel 1914. Oltre alla Bosnia l'Austria era ancora in possesso del Trentino, che l'Italia sperava di riottenere proprio al Congresso; l'Ungheria conservava un'autonomia solo nominale e rappresentata dal solo uso della lingua magiara accanto al tedesco nei documenti ufficiali. L'alleato più importante dell'Impero Austro-Ungarico era l'Impero tedesco, legato dalla Duplice Alleanza, poi estesa anche all'Italia (Triplice Alleanza). Austria e Ungheria saranno di nuovo separate nel 1919 al termine della Grande Guerra.
In Gran Bretagna due terzi del secolo sono governati da Vittoria di Hannover, che sale al trono diciottenne nel 1837. Durante il vittorianesimo il paese manifesta aspetti molto contrastanti: da un lato la massiccia industrializzazione del paese e l'estensione del grande impero coloniale, dall'altro la situazione precaria dei ceti meno abbienti e le cattive condizioni di lavoro degli operai. I governi dell'età vittoriana portano i nomi dei ministri Gladstone, Disraeli e Salisbury. Il liberale Gladstone si distingue per due importanti riforme: quella dell'istruzione, necessaria per risolvere il problema dell'analfabetismo, e quella elettorale, che estendeva il suffragio ai residenti nelle campagne, allo scopo di contenere le tensioni sociali. Il conservatore Disraeli fu invece il vero artefice dell'espansione economica e coloniale britannica: durante il suo mandato l'India diventa l'avamposto strategico dell'Impero Britannico in Asia, mentre si rafforza la presenza coloniale in Sudafrica. Gli ultimi anni del secolo, governati da Salisbury, sono contraddistinti dai primi cedimenti dell'impero coloniale (la guerra anglo-boera in Sudafrica e l'inizio delle proteste in India). In politica estera il maggior successo diplomatico di Salisbury fu l'INTESA CORDIALE con la Francia, accordo che sarà poi esteso alla Russia (TRIPLICE INTESA) e nel 1915 anche all'Italia, che abbandonerà la Triplice Alleanza.
La situazione sociale peggiora a causa delle agitazioni degli operai, costretti a turni di lavoro massacranti e a condizioni di vita intollerabili. Gli operai non erano ancora rappresentati da un vero partito politico (il Partito Laburista nascerà nel 1906) e per questo l'unico schieramento di riferimento erano i liberali. In questi anni nasce la FABIAN SOCIETY, un'associazione di intellettuali "liberal" che si poneva l'obiettivo del miglioramento delle condizioni di vita della working class: tuttavia la crisi sociale sfocia in vere e proprie guerriglie urbane, spesso represse dall'esercito. È proprio questa situazione a costringere Salisbury a rassegnare le dimissioni da Primo Ministro. La regina Vittoria muore nel 1901 lasciando un impero industrialmente progredito ed economicamente forte ma socialmente instabile.
La Russia era un paese ancora feudale. Nonostante l'abolizione della servitù della gleba il potere era nelle mani dei grandi proprietari terrieri. Il forte centralismo degli Zar Romanov escludeva però dalla vita politica i borghesi e i ceti meno abbienti. L'arretratezza economica e la crisi politica e sociale sfociano anche in Russia in una spirale di rivolte e attentati, di cui lo stesso Zar Alessandro II resterà vittima. I successori rafforzano dunque le misure repressive per scongiurare nuove insurrezioni, ma la tensione sociale resterà alta, come testimoniano la "domenica di sangue" del 1912 e la rivoluzione del 1917 che porterà alla destituzione dell'ultimo Zar Nicola II. A confrontarsi sul piano politico erano alla fine del secolo 4 movimenti: i giovani intellettuali borghesi della cosiddetta INTELLIGENCJA (intellighenzia), un movimento di ispirazione liberale che si batteva per la riforma dello stato; il gruppo estremista degli SLAVOFILI, che aveva l'obiettivo di difendere l'identità, la cultura, la lingua e le tradizioni russe, contro ogni tentativo di corruzione occidentale; il gruppo modernista degli OCCIDENTALISTI, opposto agli Slavofili, che chiedeva l'adozione di riforme e di un assetto politico sul modello delle monarchie europee occidentali; infine gli ANARCHICI, ispirati dalle teorie di Bakunin, che si diffusero soprattutto tra i contadini, che lottavano per il rovesciamento del regime zarista. A questi movimenti, con la diffusione dell'industrialismo agli inizi del nuovo secolo, si aggiungeranno le prime organizzazioni operaie guidate da Lenin (SOVIET). Agli inizi del XX secolo la Russia contende alla Germania e all'Austria il predominio sui Balcani e alla Turchia il controllo degli stretti che si affacciano sul Mediterraneo, diventando così una delle potenze europee coinvolte nella Grande Guerra. Tuttavia l'avvento della rivoluzione dell'ottobre 1917 e la trasformazione politica del paese obbligheranno la Russia a prendere le distanze dal conflitto e dalla Triplice Intesa di cui faceva parte.

ITALIA - Nel 1876 la rivoluzione parlamentare segna la fine dei governi della Destra Storica: il re Vittorio Emanuele II affida la guida del governo all'esponente della Sinistra Storica Agostino Depretis. Il primo governo Depretis resta in carica per circa due anni, iniziando una serie di alternanze con l'esponente della Sinistra Moderata Benedetto Cairoli, fino alla morte di Depretis, a cui succederà Francesco Crispi. La Sinistra guiderà l'Italia per vent'anni fino al 1896. Nel 1878 muoiono i due grandi protagonisti del Risorgimento italiano: il re Vittorio Emanuele II (a cui succede il figlio Umberto) e il Papa Pio IX (a cui succede Leone XIII). L'Italia umbertina conosce molti cambiamenti, sopratutto grazie ai governi della Sinistra:

- l'abolizione dell'imposta sul macinato emanata dal governo Sella, voluta dal re per tentare di contenere la forte crisi sociale;
- la riforma dell'istruzione (Legge Coppino) e l'obbligatorietà della scuola elementare, allo scopo di risolvere il problema dell'elevato tasso di analfabetismo, specialmente al sud;
- la riforma elettorale (Legge Zanardelli) e l'allargamento del suffragio elettorale maschile, che abbassava la quota di reddito annuo necessaria per essere ammessi alle urne.

Tra gli aspetti controversi dell'età umbertina bisogna citare la feroce repressione del brigantaggio nell'Italia meridionale (una vera e propria guerra civile tra l'esercito e i briganti) e l'instabilità sociale
che sfociava spesso nei tentativi di regicidio (quelli più famosi sono stati gli attentati degli anarchici Passannante e Acciarito, oltre a quello di Bresci che costò la vita al re Umberto I). La debolezza delle coalizioni di governo costrinse la Sinistra ad adottare la politica del TRASFORMISMO per garantirsi l'appoggio della Destra (questa politica prevedeva l'avvicinamento, sul piano programmatico, dei due schieramenti). In politica estera l'Italia era ancora insignificante: per questo motivo il governo Crispi cerca di rilanciare l'immagine del paese sullo scenario europeo col fidanzamento tra il principe Vittorio Emanuele e la principessa Elena del Montenegro, e con un'aggressiva politica coloniale. Il tentativo di espandere i possedimenti italiani nell'Africa orientale viene però viziato dalla rottura delle relazioni diplomatiche con l'Etiopia, conseguente alla violazione degli accordi stipulati tra i due paesi. La traduzione volutamente sbagliata dell'articolo 17 del Trattato di Uccialli (l'accordo che legava i due stati) assegnava infatti all'Italia il protettorato sull'Etiopia, scatenando così la guerra: l'esercito italiano subì una serie di drammatiche sconfitte, di cui quella più disastrosa fu quella di Adua. La dèbacle italiana nel Corno d'Africa costò la poltrona a Crispi, che si ritirò dalla vita politica. Gli ultimi quattro anni del XIX secolo sono contrassegnati dall'acuirsi della crisi sociale conseguente all'eccessivo divario tra nord e sud e tra le classi sociali: già durante il governo Crispi si erano registrate delle forti tensioni che avevano costretto il Primo Ministro all'adozione di una politica repressiva e di uno stato di polizia. Gli ultimi governi dell'Italia dell'Ottocento portano i nomi dei ministri Di Rudinì e Pelloux. La situazione di estrema povertà sfocia in una manifestazione di protesta nel 1898 a Milano, la cosiddetta "protesta dello stomaco" che denunciava l'impossibilità per i ceti meno abbienti di acquistare i beni di prima necessità. Preoccupato per le possibili derive anarchiche della manifestazione popolare il re Umberto I affidò al generale Bava Beccaris, comandante dell'esercito, il compito di reprimere l'agitazione. Il generale ordinò dunque di sparare "ad alzo zero" sulla folla inerme e pacifica, composta da operai, donne e molti ragazzi. La tragedia ebbe un seguito ancora peggiore poiché il generale Bava Beccaris fu decorato al valor militare dallo stesso Umberto I proprio per aver sedato la rivolta milanese. Due anni dopo i fatti di Milano il re Umberto I, mentre si trovava a Monza per inaugurare una società di ginnastica, fu ucciso per mano dell'anarchico Gaetano Bresci. Il regicidio, compiuto il 28 luglio del 1900, chiudeva l'età umbertina e apriva quella di Vittorio Emanuele III, all'insegna di nuove tensioni e di una crisi sociale sempre più profonda. Agli inizi del nuovo secolo si registrano infatti altre manifestazioni e cortei di protesta. Nel 1904, a Buggerru, in Sardegna, un corteo di operai delle miniere locali aveva intentato una manifestazione per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla difficile situazione delle loro famiglie, così diversa dal benessere dei loro padroni francesi. L'intervento dell'esercito anche in questo caso fu decisivo e drammatico: i fatti di Buggerru sono ricordati ancora oggi come una delle pagine più sanguinose della storia operaia italiana. Alla fine del secolo nasce anche in Italia il Partito Socialista, di cui Andrea Costa fu il primo deputato, mentre agli inizi del nuovo secolo si costituisce il primo sindacato unitario, la futura CGL. Anche i cattolici partecipano al dibattito politico, nonostante Leone XIII avesse imposto agli elettori cattolici il NON EXPEDIT (non conviene) cioè la diserzione delle urne elettorali. Con l'enciclica RERUM NOVARUM il Papa disegna uno scenario preoccupante per il cambiamento dei costumi pur cercando di adeguare la Chiesa ai tempi moderni:  per contrastare la diffusione delle idee socialiste viene promosso l'associazionismo cattolico. Nasce così l'Opera dei Congressi, la prima organizzazione politica cattolica a cui seguiranno le Unioni Cristiane, primi nuclei associativi dei lavoratori cattolici.

Storia 4 - Classi 4A e 4D