JOHN LOCKE
Nasce nel 1632 a Wrington, e studia a Oxford, durante il cancellierato di John Owen, uno dei padri della filosofia inglese della tolleranza; le idee di Owen ebbero una notevole influenza sul pensiero del giovane Locke. Dopo aver conseguito il titolo di maestro si dedicò all’insegnamento, e continuò gli studi nel campo scientifico, senza mai arrivare al dottorato, quantunque gli amici si rivolgessero a lui chiamandolo dottor Locke. Diventato segretario di Lord Ashley, in seguito conte di Shaftesbury, si dedicò alla politica attiva, trasferendosi a Londra al seguito del conte quando questi fu nominato Lord Cancelliere. L’esperienza politica lockiana si concluse bruscamente con la caduta in disgrazia del suo protettore, la cui infelice débacle lo coinvolse tanto da costringerlo a un breve esilio in Olanda. Proprio in Olanda scrisse nel 1689 la sua Epistola de tolerantia, a cui seguiva nel 1690 il Saggio sull’intelletto umano. La restaurazione monarchica di Guglielmo d’Orange riabilitò Locke come filosofo liberale e nel 1689 poté far ritorno a Londra, dove si spense nel 1704.
RAGIONE ED ESPERIENZA
Il pensiero di Locke si ispira a Hobbes piuttosto che a Cartesio; egli ritiene che la ragione sia priva di tutti quei caratteri che Cartesio le aveva attribuito. Non é unica o uguale in tutti gli uomini, poiché essi ne partecipano in modo diverso, non é certo infallibile, poiché spesso le idee di cui dispone non sono chiare a sufficienza o impediscono un concatenamento logico o sono poche e perciò insufficienti. Inoltre la ragione non si può dare da sé idee e principi da utilizzare, e li deve desumere dall’esperienza che é limitata. Eppure, nella sua naturale imperfezione, é la ragione stessa la guida unica ed efficace di cui l’uomo può disporre. E Locke investe tutta la sua speculazione sul ruolo della ragione umana, estendendo la sua azione ai campi della religione, della politica e della morale.
Questa tendenza generalizzatrice é propria dell’opera più imprtante di Locke, appunto il Saggio stesso: l’idea dell’opera nasceva da una riunione di amici a cui Locke partecipò, durante la quale vennero esaminati molti argomenti ed emersero molti inevitabili dubbi; questo suggerì al filosofo un procedimento analitico volto a esaminare le possibilità e i limiti della ragione umana; come si poteva, constatava Locke, porsi dei problemi senza conoscere il modus agendi della ragione? In tal senso non ci é difficile riconoscere in Locke un antesignano della tendenza criticista che si svilupperà con l’Illuminismo tedesco.
L’uomo deve fare i conti con i suoi limiti, e li deve fare poiché la sua ragione é limitata, e i limiti della ragione derivano dal fatto che la ragione deve fare i conti con i limiti dell’esperienza sensibile. L’azione della ragione si costruisce sull’esperienza, che fornisce alla ragione il materiale per pensare, ossia per elaborare le idee. Le idee che vengono elaborate sono semplici e complesse, semplici quelle elementari, complesse quelle relative a ragionamenti di una certa articolazione, di solito più idee semplici collegate.
Banalmente é la stessa esperienza che deve controllare l’esattezza della elaborazione, se no si avrebbero idee fantastiche e prive del giusto fondamento: un caso per tutti quello del cavallo alato, elaborato sì con elementi reali, ma assolutamente fantastico e inesistente. La ragione così configurata limita benignamente l’uomo, impedendogli di andare oltre quel limite che egli sa razionalmente di avere; e parimenti é la stessa ragione a guidare i passi umani in ambito morale, politico e religioso.
LE IDEE SEMPLICI
Locke desume da Cartesio il concetto di idea come oggetto di conoscenza, e questo é il cardine della filosofia lockiana. Pensare é, come già detto, avere delle idee.
Locke introduce subito il primo concetto di limite: quello della passività dell’intelletto umano. L’intelletto é passivo in quanto riceve le idee da pensare dalla stessa esperienza, e quindi é assolutamente privo di quella spontaneità creatrice che gli avrebbe conferito il carattere dell’infallibilità e dell’onnipotenza.
Le idee possono derivare
a) dalla realtà esterna come idee di sensazione;
b) dalla realtà interna come idee di riflessione;
e in ogni caso derivano sempre da una realtà, siano esse cose naturali o oggetti di riflessione. Nel primo caso avremo idee come caldo e freddo, leggero e pesante, dolce e amaro, rosso e giallo; nel secondo caso avremo idee come la percezione, il dubbio, la conoscenza, il pensiero, l’immaginazione, e in genere tutte quelle idee che si riferiscono a operazioni del pensiero. Locke precisa che avere una idea significa pensarla, e questo esclude cartesianamente che l’idea ci sia in assenza di pensiero: l’idea dunque é in quanto pensata e ovviamente riferita a una realtà, interna o esterna, da cui essa deriva. Le idee innate cartesiane le hanno tutti, anche i bambini e gli idioti: ma essi sono inabili a pensarle, e le idee, non pensate, non possono essere considerate innate, ma inesistenti.
Tutta quanta la nostra conoscenza é fatta di idee derivanti dall’esperienza, questo é l’assunto di Locke. Locke ritiene opportuno catalogare le idee su cui si basa la conoscenza umana: abbiamo idee semplici, quelle presenti in natura, e idee complesse, frutto di una connessione tra le idee semplici operata dallo spirito umano. In ogni caso non é dato all’intelletto umano creare idee ex novo, esso può soltanto riunire le idee semplici e formare idee complesse. Locke tenta di catalogare proprio le idee semplici derivanti dalla sensazione e dalla riflessione.
Egli distingue attentamente l’idea della sensazione dalla qualità prodotta nel soggetto senziente, distinguendo come già fece Galilei, qualità primarie e secondarie; le primarie sono proprie dei corpi e imprenscindibili da essi (estensione, solidità, moto e quiete), le secondarie sono prodotte nel soggetto percipiente e non fanno parte dei corpi (sapore, colore, suono, odore); le primarie sono immagine dei corpi, le secondarie sono diverse. Un altro importante attributo sono le forze, cioé l’azione trasformatrice prodotta (il calore che fonde i metalli) su altri corpi.
LE IDEE COMPLESSE
Parlando delle idee semplici Locke mette in luce la passività dello spirito umano, costretto a ricevere le idee da una fonte esterna, l’esperienza, o interna, la riflessione. Proprio quest’ultima forma evidenzia una parvenza di creatività dello spirito umano, chiamato a riunire le idee semplici e a connetterle in modo logico.
Nascono così le idee complesse, essenzialmente di tre tipi: modi, sostanze, relazioni. I modi sono idee complesse non sussistenti di per sé, manifestazioni di una sostanza (esempio: il triangolo); le sostanze sono idee complesse esistenti di per se stesse (esempio: uomo); le relazioni sono infine rapporti tra le idee.
Locke é molto interessato all’idea complessa di sostanza. Una sostanza é una idea complessa e perciò formata da varie parti, eppure é percepita come un tutto unico, quasi una idea semplice; ma l’idea semplice non potrebbe esistere di per se stessa e così si rivela inevitabile l’uso del concetto di substrato. Ma questo concetto ha un valore assolutamente arbitrario, dice Locke, poiché ci obbliga a superare la testimonianza dell’esperienza. A quale substrato potrebbe inerire il colore o il sapore? A parti estese o solide, ovviamente. E queste ultime a quale substrato si riferiscono? La sostanza propriamente detta é un substrato sconosciuto, sia essa corporea o spirituale. Nel rigoroso empirismo di Locke la sola esperienza fornisce idee all’intelletto, e solo la Dialettica Trascendentale kantiana e la scoperta del noumeno daranno quelle risposte che il razionalismo lockiano non ha dato.
L’attività dello spirito umano si estrinseca anche nel riconoscere e formare relazioni; l’intelletto non si limita mai all’analisi individuale di una cosa ma la osserva e la analizza nel suo contesto e infatti la relazione di causa ed effetto é una delle più usate, insieme a quella di identità e diversità.
Estremamente significativa é a questo proposito la disamina lockiana sul concetto di identità della persona, che Locke colloca nella coscienza: l’uomo non solo percepisce ma é cosciente di percepire, percepisce di percepire. Per esempio in una frase come “questa mela mi piace” é evidente la soggettività della percezione e insieme e sottintesa la coscienza di un io in grado di percepire individualmente la bontà del frutto; un io che unisce e raccoglie tutte le percezioni afferenti ad esso.
LA CONOSCENZA
L’esperienza fornisce dunque il materiale per la conoscenza, ma non é la conoscenza stessa. Pur essendo relativa alle idee la conoscenza non potrebbe essere ridotta alle idee stesse, che sono etimologicamente delle “immagini”, ma deriva da un accordo o da un disaccordo tra le idee.
Abbiamo così due tipi di conoscenza, intuitiva e dimostrativa. La prima é quella più chiara e si ha quando il disaccordo o il disaccordo delle idee tra di loro viene visto immediatamente, un po’ come l’evidenza cartesiana; la seconda é invece dipendente dall’intervento di idee intermedie, che Locke chiama prove. Così nel primo caso avremo un percepire immediato (il bianco non é il nero, tre é maggiore di due), nel secondo caso avremo bisogno di ulteriori idee concatenate tra di loro di modo da dimostrare l’idea in questione.
Affrontando il problema della conoscenza Locke incontra però un terzo tipo di conoscenza, quello relativo alle cose esistenti al di fuori di noi. Tutta la conoscenza deriva dall’esperienza e quindi dalle idee, che però, nell’accezione lockiana sono delle “immagini” delle cose esistenti al di fuori di noi. Ora, la conoscenza é vera se esiste conformità tra idee e cose reali: in che modo possiamo verificare tale conformità, se la realtà ci é nota mediante le idee?
Locke individua tre piani di realtà, l’io, Dio e le cose, a cui ci accostiamo rispettivamente mediante l’intuizione, la dimostrazione e la sensazione. Riguardo l’io Locke sposa il principio del cogito cartesiano, per cui appare evidente e indubitabile il fatto che esisto in quanto mi pongo il dubbio dell’esistere stesso; riguardo Dio Locke utilizza il principio causale, secondo cui qualcosa ha prodotto ciò che vediamo, poiché il nulla produce nulla, e, non potendo risalire all’infinito a una causa, siamo costretti ad ammettere l’esistenza di un essere eterno che ha prodotto ogni cosa e che, avendo prodotto l’uomo, essere intelligente, deve egli stesso essere intelligente e in misura proporzionalmente superiore all’uomo stesso, che é privo di potenzialità creatrice; infine, per quanto riguarda la cosa esterna a noi, non abbiamo altro mezzo oltre la sensazione, e Locke precisa la sensazione attuale, proprio perché nel momento in cui noi riceviamo la sensazione siamo certi dell’esistenza della cosa: una idea potrebbe esistere senza attualità della cosa, per esempio come ricordo, in quanto l’idea é una immagine, ma solo l’attualità della cosa percepita ci conforta della sua reale esistenza.
Locke precisa anche che:
a) le idee mancano se manca un organo di senso adeguato, e questo ci consente di valutare l’esteriorità delle cause che colpiscono i nostri sensi;
b) noi non possiamo fare nulla per evitare le idee, proprio perché é una causa esterna a noi a produrle, e non invece il nostro spirito;
c) le idee producono immediatamente piacere o dispiacere e tale sensazione si attenua nel ricordo, e questo significa che é solo l’oggetto esterno che produce in noi l’idea a provocare piacere o dolore;
d) un’azione associata dei sensi permette di supportare l’evidenza di una cosa.
Si noti ancora una volta come la certezza dell’evidenza si riferisca all’attualità della cosa percepita, in assenza della quale non avremo certezza ma solo probabilità. Che esistano altri uomini di cui io non ho percezione é innegabile, ma solo come probabilità. Ecco che dunque, accanto alla conoscenza certa in forma intuitiva, dimostrativa e sensibile, Locke individua una conoscenza probabile. Questa conoscenza non é supportata dall’evidenza ma dalla sua conformità con l’esperienza. E conoscenza certa e probabile costituiscono il dominio della ragione, da cui va distinta la fede, che si basa sulla rivelazione, e di cui la ragione secondo Locke deve essere guida affinché si evitino fanatismi e superstizioni.
POLITICA E RELIGIONE
Locke ha disegnato una mappa dettagliata dei limiti umani e non si limita all’analisi della vita conoscitiva ma anche a all’analisi della vita morale e religiosa. Qui Locke rovescia il pensiero di Hobbes. Hobbes aveva visto nello stato di natura uno stato di guerra di tutti contro tutti, derivato da un illimitato diritto di tutti; secondo Locke invece, proprio nello stesso stato di natura l’uomo é limitato dal diritto degli altri uomini ed é dunque in questa limitazione che si pongono le basi per una convivenza civile. Quello che Hobbes aveva visto come fonte di disordine per Locke é una condizione fondamentale, in cui il vero diritto naturale di ogni essere umano é individuale e perciò limitato a una sfera soggettiva. La comunità nasce con un patto; il patto si rivela necessari perché le libertà individuali vengano meglio tutelate, soprattutto attraverso la delega dei poteri a una autorità sovrana. Questo potere é limitato poiché riceve un compito determinato e solo da questo trae autorità, pertanto non può essere assoluto e non ha diritto di abolire o modificare le libertà individuali, ma solo di conservarle e tutelarle. Sono poi le leggi a garantire ogni cittadino da eventuali soprusi.
Il potere legislativo é il più importante dello stato; esso viene tenuto dal sovrano che, in quanto garante, deve assolutamente essere il primo a rispettarlo; e proprio per garantire imparzialità il potere esecutivo deve essere ben distinto da quello legislativo.
Significativa é l’idea di politica religiosa di Locke: la religione fa parte delle libertà individuali e la Chiesa stessa deve rappresentare una comunione di uomini dediti a servire Dio, essa non può perciò esercitare una funzione di coercizione, né sui suoi membri, né sui non appartenenti. La fede del resto non si può imporre e solo la persuasione é la migliore arma per fare dei proseliti.
Nella Ragionevolezza del Cristianesimo Locke sostiene che si crede a ciò che si può intendere e ognuno di noi si costruisce la propria fede liberamente, nella libertà del suo spirito e rispettando la libertà altrui.
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