BONAVENTURA DA BAGNOREGIO
Giovanni Fidanza, detto Bonaventura nell’ordine francescano, rappresenta la massima espressione teologica della reazione scolastica latina all’avanzare dell’aristotelismo. Si possono indicare due indirizzi principali di alternativa all’aristotelismo tomistico: la via detta appunto francescana, portata avanti da san Bonaventura e dalla Scuola di Oxford e maturata quindi con la filosofia di Duns Scoto; la via dell’averroismo latino rappresentato da Sigieri di Brabante. La filosofia di Bonaventura è la prima vera alternativa al tomismo. Egli concepisce la filosofia non come un dominio autonomo, non come una costruzione razionale che parte da determinati principi, ma come un itinerario della mente e dell’anima che si elevano al di sopra della propria natura e nelle cui forze si innesta la stessa luce divina.
La meta trascendente è Dio ed è presente fin dall’inizio del cammino spirituale, guidando l’uomo nel suo processo ascensivo. Si tratta di un processo graduale che parte dai sensi, rivelatori del vestigio di Dio, e dall’immaginazione; prosegue attraverso la ragione e l’intelligenza, che permettono all’anima di acquisire una conoscenza di sé e di cogliere l’immagine di Dio; si conclude infine con la scoperta nell’anima dell’essere e del bene, ossia attraverso il raggiungimento dell’apice della mente, che consente all’uomo di essere in similitudine con Dio. Questo è il momento più alto del percorso e in esso ritroviamo i caratteri tipici della filosofia mistica del Medioevo che Bonaventura traduce agostinianamente sottraendo alla creatura creata quella autonomia ontologica caratteristica dell’aristotelismo tomistico e introducendo il concetto platonico di partecipazione.
FEDE E SCIENZA. LA CONOSCENZA.
Bonaventura dichiara preliminarmente la superiorità della fede sulla scienza: egli distingue i due ambiti, attribuendo alle verità di fede una certezza di adesione, e a quelle di ragione una certezza speculativa, ma le verità di fede hanno un valore superiore poiché liberano il credente da qualsiasi dubbio o problema, che inevitabilmente si presenta nel meccanismo speculativo. Bonaventura comunque ritiene possibile applicare fede e opinione alla stessa verità. L’opinione si riferisce infatti al probabile, e per questo non respinge l’illuminazione della fede, anzi, la esige. Molti filosofi hanno creduto secondo Bonaventura di scorgere delle verità intorno a Dio, ma, privi dell’appoggio della fede, sono caduti in errore. La fede è indispensabile, perché rappresenta l’adesione impegnativa dell’uomo alla verità, secondo cui l’uomo vive della verità e la verità vive nell’uomo.
Da dove deriva la conoscenza? Secondo Bonaventura la conoscenza che l’anima ha di se stessa non può essere data dai sensi, ma è evidente che se si intende la vera conoscenza, completa, i sensi assumono un ruolo importante perché il materiale della conoscenza proviene all’anima dall’esterno. Qui si intende solo il materiale, poiché tutta la filosofia di Bonaventura si impronta sull’agostinismo e di conseguenza alla base della conoscenza stessa c’è Dio; nulla potrebbe l’uomo senza l’innato lumen directivum della fede che opera il discernimento della verità. Il mondo esterno o macrocosmo entra nell’anima umana o microcosmo producendo l’apprendimento, il diletto e il giudizio. Le cose apprese non entrano nell’anima umana in se stesse, cioè nella loro forma, ma in quanto similitudini della cosa stessa (N.B.: Bonaventura si discosta dal concetto aristotelico di forma e utilizza il concetto platonico di immagine o similitudine, ossia di idea, copia della cosa); la proporzione tra l’oggetto percepito e il senso percipiente determina il diletto, mentre il giudizio porta la cosa percepita e astratta all’intelletto. Le specie astratte costituiscono il punto di partenza e l’oggetto dell’attività dell’intelletto, che si esplica attraverso tre momenti, percezione dei termini, delle proposizioni e delle illazioni.
METAFISICA E TEOLOGIA.
ANTROPOLOGIA.
Bonaventura ritiene come si è già visto che la conoscenza umana di Dio parte dai sensi e non dalla conoscenza di Dio diretta e in sé; ciò farebbe pensare che il filosofo di Bagnoregio tendesse alla posizione empirica e a posteriori tipica del tomismo, invece sposa la dottrina ontologica tipica della speculazione anselmiana. Nella Sua onnipotenza infinita Dio è causa e origine di tutte le cose, che sono state create dal nulla; Egli è prima di tutte le cose e modello delle cose stesse. Ma secondo Bonaventura non è possibile ammettere l’eternità del mondo se se ne ammette la creazione, poiché il mondo prima di essere creato era in un infinito dove non vi era un primo e dunque nessuna prerogativa ordinatrice. La storia del mondo inizia dunque necessariamente con la creazione operata da Dio.
Dall’aristotelismo Bonaventura mutua il concetto di ilomorfismo universale: tutti gli esseri, corporei o universali, sono composti di materia e di forma. Per determinare un individuo occorre unire materia e forma e dalla loro interazione si otterrà appunto l’individuo, hoc aliquid, in cui hoc è la materia e aliquid è la forma. L’azione reciproca di materia e forma è detta communicatio. Per Bonaventura l’anima è platonicamente il motore del corpo, e non già aristotelicamente forma di esso. Egli attribuisce alla natura umana un carattere di duplicità, derivante dai due elementi di anima e corpo. L’anima è però anche una sostanza, spirituale e separabile dal corpo, che ha come obiettivo la beatitudine ossia la contemplazione di Dio. L’uomo è nel dominio pratico essenzialmente libero, egli deve dimostrare infatti di meritare la beatitudine, e non c’è merito senza libertà. La libera scelta dell’uomo è illuminata e guidata dalla sinderesi, la “scintilla della coscienza” o facoltà del giudizio, già presente nella primissima Patristica, che spinge l’uomo al Bene e lo allontana dal Male. La sinderesi è l’apice della mente ed è il penultimo grado dell’itinerario, quello che precede l’estasi mistica.
L’ASCESA MISTICA
Il misticismo di Bonaventura è simile a quello dei Vittorini: il Soliloquio si ispira a Ugo di S.Vittore, l’Itinerario si ispira a Riccardo. Con queste opere Bonaventura si ricollega anche alla tradizione agostiniana e al misticismo del monastero di Clairvaux (Isacco di Stella, per esempio). Come Ugo, anche Bonaventura distingue tre occhi o facoltà della mente umana, uno rivolto alle cose esterne, ossia il senso, uno rivolto alle cose interne, ossia lo spirito, e uno rivolto alle cose al di sopra, ossia la mente; da queste facoltà germinano sei potenze, secondo l’enunciazione già propria di Isacco di Stella, senso, immaginazione, ragione, intelletto, intelligenza e apice della mente (sinderesi): a queste potenze corrispondono altrettanti gradi di percorso nell’ascesa mistica, ascesa che si conclude con l’estasi, l’excessus mentis, che è al di fuori della ricerca mistica in quanto dopo il sesto grado l’uomo ha ancora la più alta possibilità di elevarsi a Dio.