mercoledì 13 luglio 2016

S. Bonaventura

BONAVENTURA DA BAGNOREGIO

Giovanni Fidanza, detto Bonaventura nell’ordine francescano, rappresenta la massima espressione teologica della reazione scolastica latina all’avanzare dell’aristotelismo. Si possono indicare due indirizzi principali di alternativa all’aristotelismo tomistico: la via detta appunto francescana, portata avanti da san Bonaventura e dalla Scuola di Oxford e maturata quindi con la filosofia di Duns Scoto; la via dell’averroismo latino rappresentato da Sigieri di Brabante. La filosofia di Bonaventura è la prima vera alternativa al tomismo. Egli concepisce la filosofia non come un dominio autonomo, non come una costruzione razionale che parte da determinati principi, ma come un itinerario della mente e dell’anima che si elevano al di sopra della propria natura e nelle cui forze si innesta la stessa luce divina.
La meta trascendente è Dio ed è presente fin dall’inizio del cammino spirituale, guidando l’uomo nel suo processo ascensivo. Si tratta di un processo graduale che parte dai sensi, rivelatori del vestigio di Dio, e dall’immaginazione; prosegue attraverso la ragione e l’intelligenza, che permettono all’anima di acquisire una conoscenza di sé e di cogliere l’immagine di Dio; si conclude infine con la scoperta nell’anima dell’essere e del bene, ossia attraverso il raggiungimento dell’apice della mente, che consente all’uomo di essere in similitudine con Dio. Questo è il momento più alto del percorso e in esso ritroviamo i caratteri tipici della filosofia mistica del Medioevo che Bonaventura traduce agostinianamente sottraendo alla creatura creata quella autonomia ontologica caratteristica dell’aristotelismo tomistico e introducendo il concetto platonico di partecipazione. 

FEDE E SCIENZA. LA CONOSCENZA.

Bonaventura dichiara preliminarmente la superiorità della fede sulla scienza: egli distingue i due ambiti, attribuendo alle verità di fede una certezza di adesione, e a quelle di ragione una certezza speculativa, ma le verità di fede hanno un valore superiore poiché liberano il credente da qualsiasi dubbio o problema, che inevitabilmente si presenta nel meccanismo speculativo. Bonaventura comunque ritiene possibile applicare fede e opinione alla stessa verità. L’opinione si riferisce infatti al probabile, e per questo non respinge l’illuminazione della fede, anzi, la esige. Molti filosofi hanno creduto secondo Bonaventura di scorgere delle verità intorno a Dio, ma, privi dell’appoggio della fede, sono caduti in errore. La fede è indispensabile, perché rappresenta l’adesione impegnativa dell’uomo alla verità, secondo cui l’uomo vive della verità e la verità vive nell’uomo.
Da dove deriva la conoscenza? Secondo Bonaventura la conoscenza che l’anima ha di se stessa non può essere data dai sensi, ma è evidente che se si intende la vera conoscenza, completa, i sensi assumono un ruolo importante perché il materiale della conoscenza proviene all’anima dall’esterno. Qui si intende solo il materiale, poiché tutta la filosofia di Bonaventura si impronta sull’agostinismo e di conseguenza alla base della conoscenza stessa c’è Dio; nulla potrebbe l’uomo senza l’innato lumen directivum della fede che opera il discernimento della verità. Il mondo esterno o macrocosmo entra nell’anima umana o microcosmo producendo l’apprendimento, il diletto e il giudizio. Le cose apprese non entrano nell’anima umana in se stesse, cioè nella loro forma, ma in quanto similitudini della cosa stessa (N.B.: Bonaventura si discosta dal concetto aristotelico di forma e utilizza il concetto platonico di immagine o similitudine, ossia di idea, copia della cosa); la proporzione tra l’oggetto percepito e il senso percipiente determina il diletto, mentre il giudizio porta la cosa percepita e astratta all’intelletto. Le specie astratte costituiscono il punto di partenza e l’oggetto dell’attività dell’intelletto, che si esplica attraverso tre momenti, percezione dei termini, delle proposizioni e delle illazioni.

METAFISICA E TEOLOGIA.
ANTROPOLOGIA.

Bonaventura ritiene come si è già visto che la conoscenza umana di Dio parte dai sensi e non dalla conoscenza di Dio diretta e in sé; ciò farebbe pensare che il filosofo di Bagnoregio tendesse alla posizione empirica e a posteriori tipica del tomismo, invece sposa la dottrina ontologica tipica della speculazione anselmiana. Nella Sua onnipotenza infinita Dio è causa e origine di tutte le cose, che sono state create dal nulla; Egli è prima di tutte le cose e modello delle cose stesse. Ma secondo Bonaventura non è possibile ammettere l’eternità del mondo se se ne ammette la creazione, poiché il mondo prima di essere creato era in un infinito dove non vi era un primo e dunque nessuna prerogativa ordinatrice. La storia del mondo inizia dunque necessariamente con la creazione operata da Dio.
Dall’aristotelismo Bonaventura mutua il concetto di ilomorfismo universale: tutti gli esseri, corporei o universali, sono composti di materia e di forma. Per determinare un individuo occorre unire materia e forma e dalla loro interazione si otterrà appunto l’individuo, hoc aliquid, in cui hoc è la materia e aliquid è la forma. L’azione reciproca di materia e forma è detta communicatio. Per Bonaventura l’anima è platonicamente il motore del corpo, e non già aristotelicamente forma di esso. Egli attribuisce alla natura umana un carattere di duplicità, derivante dai due elementi di anima e corpo. L’anima è però anche una sostanza, spirituale e separabile dal corpo, che ha come obiettivo la beatitudine ossia la contemplazione di Dio. L’uomo è nel dominio pratico essenzialmente libero, egli deve dimostrare infatti di meritare la beatitudine, e non c’è merito senza libertà. La libera scelta dell’uomo è illuminata e guidata dalla sinderesi, la “scintilla della coscienza” o facoltà del giudizio, già presente nella primissima Patristica, che spinge l’uomo al Bene e lo allontana dal Male. La sinderesi è l’apice della mente ed è il penultimo grado dell’itinerario, quello che precede l’estasi mistica.

L’ASCESA MISTICA

Il misticismo  di Bonaventura è simile a quello dei Vittorini: il Soliloquio si ispira a Ugo di S.Vittore, l’Itinerario si ispira a Riccardo. Con queste opere Bonaventura si ricollega anche alla tradizione agostiniana e al misticismo del monastero di Clairvaux (Isacco di Stella, per esempio). Come Ugo, anche Bonaventura distingue tre occhi o facoltà della mente umana, uno rivolto alle cose esterne, ossia il senso, uno rivolto alle cose interne, ossia lo spirito, e uno rivolto alle cose al di sopra, ossia la mente; da queste facoltà germinano sei potenze, secondo l’enunciazione già propria di Isacco di Stella, senso, immaginazione, ragione, intelletto, intelligenza e apice della mente (sinderesi): a queste potenze corrispondono altrettanti gradi di percorso nell’ascesa mistica, ascesa che si conclude con l’estasi, l’excessus mentis, che è al di fuori della ricerca mistica in quanto dopo il sesto grado l’uomo ha ancora la più alta possibilità di elevarsi a Dio.