venerdì 31 marzo 2017

Moduli di Filosofia

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PLATONE

1 - LA CONOSCENZA

INTRODUZIONE - Platone ed il suo maestro Socrate sono accomunati dalla ricerca della verità. In greco la parola verità si traduce con ALETHEIA, che significa "non oblio" oppure "non nascondimento". L'essere infatti è sempre "nascosto" da due elementi, il divenire e il molteplice.
Socrate, con l'universale o concetto, aveva superato il relativismo di Protagora, il nichilismo di Gorgia e l'isomorfismo eleatico ma si era fermato alla conoscenza sensibile: la sua famosa domanda "che cosa è?" si riferiva all'oggetto colto dai sensi senza poterne fare a meno.
La filosofia platonica supera quella socratica mettendo in evidenza la VOGLIA DI CONOSCERE dell'uomo e passando quindi dalla conoscenza PASSIVA e limitata alla sensibilità, ad una conoscenza ATTIVA. Per fare questo Platone adotta il DUALISMO e pone accanto al mondo sensibile, corrotto dal molteplice e dal divenire, una realtà sovra-sensibile e perfetta che chiama IPERURANIO: è questa la sede dell'anima e delle IDEE.

LE CONDIZIONI OGGETTIVE DELLA CONOSCENZA - Platone fa iniziare la conoscenza dal soggetto conoscente, che VUOLE conoscere. Per Platone il conoscere è un atto volontario (intenzionale) e diretto ad un oggeto, contraddistinto da un nome che lo rappresenta.
Dunque le condizioni oggettive del conoscere sono:

1) il SOGGETTO che conosce l'OGGETTO
2) l'OGGETTO, conosciuto dal SOGGETTO
3) il NOME usato dal soggetto per indicare e rappresentare l'oggetto

LE CONDIZIONI SOGGETTIVE DELLA CONOSCENZA - Platone individua tre condizioni soggettive della conoscenza:

1) la REMINISCENZA, cioé il ricordo delle conoscenze dell'anima e la necessaria immortalità dell'anima
2) la PASSIONE, cone forza che spinge l'uomo alla conoscenza
3) i QUATTRO GRADI della conoscenza

L'ANIMA - il conoscere è ricordare. Si tratta di un processo spontaneo che si mette in atto:

• quando il soggetto conoscente riceve delle istruzioni da un maestro
• quando il soggetto conoscente riconosce le FORME IDENTICHE.cioé le forme degli oggetti

L'anima proviene dallo stesso luogo delle forme e per questo ogni anima le conosce ma, quando l'anima si incarna in un corpo (Platone dice che le anime "sono precipitate nei corpi") a causa della vicinanza alla materia si dimentica tutto e a tal proposito deve essere aiutata a ricordare.
Perché ció sia possibile l'anima deve essere peró IMMORTALE e quindi libera dal corpo, visto da Platone come un carcere da cui l'anima vuole scappare.
Platone adduce quattro argomenti a sostegno della tesi dell'anima immortale:

• l'anima è immortale in quanto continuità tra la vita e la morte
• l'anima è immortale in quanto serve a ricordare e quindi a conoscere
• l'anima è immortale in quanto unica, semplice e indivisibile
• l'anima è inmortale in quanto "è" poiché libera dal corpo e cioé perfetta

L'EROS - La passione è il vero motore che spinge a conoscere. Nel pensiero socratico questo ruolo è ricoperto dalla figura del demone (DAIMON), l'impulso ad agire. L'eros è una forza irresistibile che porta a ció che ci attrae: l'eros è la ricerca di ció che ci manca e che ogni anima desidera. La mancanza è dovuta al fatto che le anime sono costrette a "precipitare" nei corpi e a lasciare l'iperuranio a cui vogliono tornare. Per tale motivo conoscere è "amore per il sapere" cioé FILOSOFIA.
Le passioni  non devono dominare la vita. Esse sono utili ma l'uomo non deve esserne schiavo, se no non vivrebbe. Ogni anima, dice Platone, possiede tre funzioni:

• la funzione RAZIONALE, collegata all'intelletto, che guida e modera tutti i comportamenti umani
• la funzione IRASCIBILE, collegata al cuore, che è responsabile del coraggio,  dell'ardimento bellico, del sacrificio e della forza di volontà
• la funzione CONCUPISCIBILE, legata allo stomaco e responsabile degli istinti più materiali

Il compito di guidare e di moderare le passioni è proprio della razionalitá e del pensiero, che sceglie il comportamento migliore da adottare.

I GRADI - La  conoscenza è dunque:

• il ricordo delle forme identiche
• il desiderio di qualcosa che manca

Il processo conoscitivo è possibile se ci sono tre elementi:

• il soggetto conoscente
• l'oggetto da conoscere
• il nome per rappresentare l'oggetto

Platone descrive i 4 gradi.della conoscenza attraverso la METAFORA DELLA LINEA, che disegna uno schema così suddiviso:

a) a sinistra della linea i 4 oggetti di conoscenza:

1) idee
2) relazioni
3) oggetti
4) ombre

b) a destra della linea le 4 forme di conoscenza:

1) noèsis o conoscenza razionale
2) diànoia o conoscenza matematica
3) pìstis o credenza
4) eikasìa o illusione

Il grado più basso della conoscenza riguarda la sensibilità e i suoi oggetti sono ombre, prodotto cioé dei nostri 5 sensi. È una conoscenza passiva e illusoria, che non poggia su certezze.
Al grado successivo troviamo la conoscenza dell'oggetto. È questa la conoscenza consapevole e volontaria, ma ancora insufficiente perché data dai sensi e per questo Platone usa il termine di pìstis, cioé fede, fiducia o credenza.
Il penultimo grado ha a che fare con le relazioni matematiche (quantità) e geometriche (dimensione) tra oggetti. È una forma di conoscenza più alta ma  astratta, se privata degli oggetti a cui applicarla.
L'ultimo grado della conoscenza è quello che ci allontana dai sensi e per questo è esclusivo dell'anima: è quello della conoscenza razionale e intellettuale e i suoi oggetti sono le idee.

2 - LE IDEE

INTRODUZIONE - La conoscenza vera non è quella delle cose, legata al molteplice e al divenire, ma è quella delle idee, e puó essere ottenuta solo dall'anima perché ha la stessa natura delle idee e perché proviene dallo stesso luogo delle idee, cioé l'iperuranio. Così come l'anima, le idee sono uniche e non subiscono il divenire.
Platone si pone tre domande:

• cosa sono le idee?
• che rapporti hanno con le cose?
• come fa l'uomo a conoscerle?

COSA SONO LE IDEE - Le idee sono le forme degli oggetti della conoscenza sensibile. Le cose, come le cogliamo con i sensi, sono molte e soggette al divenire. Le idee invece sono forme uniche delle cose. Esse non possono essere cose, altrimenti sarebbero anch'esse imperfette e quindi non ci sarebbe ragione di distinguerle. Esse inoltre non possono essere dei pensieri: se così fosse, sarebbero di una singola persona, e, se nessuno dicesse cosa pensa, non le potremmo conoscere. Infine esse  non possono essere dei modelli delle cose, perché le cose sono corruttibili e imperfette. A questo punto Platone si chiede quali siano allora i rapporti tra idee e cose.

LE IDEE E LE COSE - I due mondi, quello sensibile, delle cose, e quello intelligibile, delle idee, non possono essere visti come realtà separate e lontane: se tutte le idee fossero enti irraggiungibili nessuno le conoscerebbe e anche la loro funzione cesserebbe. I due mondi, nonostante le differenti nature, sono vicini, tanto che le idee e  le cose sono collegate da quattro tipi di relazione:

• metèssi o partecipazione
• mìmesi o somiglianza
• koinonìa o comunanza
• parusìa o vicinanza

Ogni cosa è "coperta" dalle idee, come da un lenzuolo. La  "copertura" puó essere totale o solo parziale: le cose migliori sono quelle totalmente "coperte" da un'idea a cui partecipano.
Ogni cosa "somiglia" a un'idea. Il grado della   "somiglianza" tra la cosa e l'idea aiuta a stabilire la perfezione di una cosa.
Ogni cosa è "comune" ad altre cose e ogni idea è "comune" ad altre idee. Le idee, perció, hanno vari gradi, come le cose: più si avvicinano  al mondo dei sensi, più si degenerano.
Le idee sono "vicine" alle cose: questa "vicinanza" è il motivo del rapporto tra idee e cose.

I GENERI SOMMI - I due mondi sono vicini ma separati e diversi. A differenza di     Parmenide, Platone non parla del non essere come "conoscenza impossibile" per l'uomo: il non essere è  infatti "ció che segue l'essere". Il cosiddetto "parricidio di Parmenide" avviene con la teoria dei GENERI SOMMI.
Parmenide e Platone hanno un solo punto in comune: per entrambi il vero essere è unico. Per  Platone esso è  l'idea ma, mentre per Parmenide non c'è nulla né prima né dopo l'essere, per Platone l'essere si degenera scendendo verso il mondo delle cose, dove perde la sua unicità e si divide. Dopo l'essere puro dell'idea troviamo due coppie di generi sommi:

• identico e diverso, cioè il molteplice
• quiete e movimento, cioé il divenire

Così Platone "riabilita" il non essere: ogni cosa è identica a sé stessa e allo stesso modo diversa dalle altre (il libro NON è la penna) e ogni cosa si muove, cioè diviene. Ma anche l'idea, se vicina al mondo delle cose, si degenera e perde la sua unicità.

IL METODO DIALETTICO -  Non ci potrà nai essere vera conoscenza dell'essere se non delle idee e solo l'anima puó conoscerle e quindi solo l'anima puó contemplare la verità. Ma esiste una verità anche nel mondo delle cose: Platone la definisce OPINIONE VERA (doxa alethès). Nel mondo delle cose non ci puó essere una verità assoluta e indiscutibile, come quella delle idee, ma esiste la certezza che si avvicina alla verità. Il modo in cui si arriva alla doxa alethès è il metodo dialettico. La dialettica è un confronto tra opinioni. Platone la rappresenta come un albero con radici, fusto, rami e foglie. Le radici sono i nostri sensi e il fusto è ció che l'uomo conosce. I rami sono le domande e le risposte ai problemi che l'uomo si pone. I rami a loro volta si dividono in altri rametti, ramoscelli e fronde: nel mondo delle cose. Infatti, non c'è mai UNA verità a senso unico, e le risposte aprono nuovi problemi. Ecco perchè la dialettica platonica è a due vie, cioè DIADICA o DIAIRETICA (che ha due soluzioni).

3 -  FISICA E POLITICA

INTRODUZIONE - Dopo aver chiarito cosa e come si conosce e in che modo si accorda la conoscenza,ora Platone affronta due temi cruciali per il suo sistema: la cosmogonia, cioé "come nascono le cose", e la politica, cioé "come vive il cittadino". La cosmogonia risponde alla domanda piú insidiosa del pensiero di Platone: che collegamento c'è tra i due mondi? La politica è il piú grande interesse di Platone e si estende alle varie parti del sistema.

FISICA - In che modo i due mondi sono collegati? Il ponte tra il mondo delle idee e quello delle cose è l'uomo, la cui anima viene dallo stesso mondo delle idee, ma è costretta al "carcere del corpo" e ai limiti della sensibilità. Le cose del mondo sono PLASMATE (non create dal nulla) dal DEMIURGO. Il demiurgo non è un dio creatore. Ha il compito di plasmare la materia già preesistente, dandole uma forma, sulla base delle idee. Dopo aver formato l'ANIMA DEL MONDO, il demiurgo dà la forma al CORPO DEL MONDO, cioé a tutte le cose del mondo, in base ai 4 elementi naturali (fuoco, terra, aria e acqua). Dopo aver separato gli elementi, il demiurgo forma il MOVIMENTO di tutte le cose e il TEMPO, che ordina il divenire a cui tutti gli elenenti sono soggetti
Tutte le forme sono generate a 2 dimensioni (lunghezza + altezza) o a 3 (lunghezza + altezza + profondità) e la forma base è la figura del TRIANGOLO, da cui nascono le FORME STEREOMETRICHE REGOLARI:

• il tetraedro o piramide (fuoco)
• il cubo (terra)
• l'ottaedro (aria)
• l'icosaedro (acqua)
• il dodecaedro, la forma più perfetta, che si avvicina alla sfera, e comprende tutti e 4 gli elementi

La formazione del mondo ad opera del demiurgo è rappresentata da una proporzione geometrica:

========
8:12=18:27
=========

Dove 6 e il cubo di 2 e 27 è il cubo di 3. Questa proporzione rappresenta l'origine geometrica del mondo.

POLITICA - La visione politica di Platone nasce dai suoi viaggi a Siracusa. Ospite del tiranno Dionigi e di suo genero Dione. Nella filosofia di Platone la politica ha un ruolo di primo piano dato che la concezione di "politikós", cioé abitante della "pólis", cittadino, era riferita a tutti i vari aspetti della vita di comunità: il linguaggio, la morale, la conoscenza,la religione e l'arte, oltre alla politica intesa come governo della città. L'uomo è un animale che vive con gli altri. Il suo ruolo deriva dal tipo di anima che è prevalente.
La classe sociale più importante è quella dei FILOSOFI o SAGGI. In essi prevale la funzione dell'ANIMA RAZIONALE e perciò il loro compito è la guida e il governo dello Stato. Ai filosofi è vietato avere famiglia ed accumulare ricchezze e avere delle proprietà.
La seconda classe sociale dello Stato giusto è quella dei GUERRIERI. In essi prevale la funzione dell'ANIMA IRASCIBILE, e per questo hanno il compito di difendere la comunità. Ai guerrieri non è permessa la proprietà privata, così come già per i filosofi, né è consentio loro avere una famiglia.
La terza e ultima classe sociale è costituita dai LAVORATORI, ossia gli ARTIGIANI. In essi prevale la funzione dell'anima CONCUPISCIBILE, per cui hanno il compito di produrre. Ai lavoratori è consentita la proprietà dei beni e avere una famiglia.
Il benessere dello Stato dipende dal "geometrico" equilibrio dei ruoli: nessun cittadino puó passare da una classe all'altra. La pedagogia platonica è assai rigida. Le materie scolastiche studiate da tutti sono la musica e la ginnastica. I guerrieri e i governanti devono studiare anche la matematica, l'astronomia e la filosofia. Le arti imitative come pittura e scultura sono usate solo come esercizio di riproduzione dal vero,dato che il reale è già di suo una copia.
Lo Stato regola tutti gli aspetti della vita sociale come il matrimonio e le ricchezze, che lo Stato deve distribuire per non creare troppa distanza tra ricchi e poveri nella classe dei lavoratori.

 Aristotele

ARISTOTELE

1 - LA METAFISICA

L'OPERA - La Metafisica (ossia "oltre la natura") è chiamata da Aristotele FILOSOFIA PRIMA, in quanto indagine sull'Essere e sull'Esistenza di tutte le cose. Aristotele suddivide l'indagine in 14 libri che hanno tutti lo stesso nome e che sono distinti solo dal numero (per esempio: Libro I, Libro II…). Tuttavia possiamo individuare 3 argomenti principali:
1) la causa
2) la sostanza
3) il Principio
In quanto studio dell'Essere la Metafisica aristotelica è un'ONTOLOGIA: con questo termine si indicano le filosofie che indagano le condizioni dell'esistenza in generale.

METAFISICA DELLE CAUSE - Questa parte si chiama anche EZIOLOGIA ossia studio delle cause (dal greco "aithìa" che significa causa). Tutto nella Natura si muove. L'Essere subisce continuamente delle trasformazioni che alterano il suo stato. Ogni cosa è soggetta al divenire.
Aristotele individua 4 cause del divenire dell'Essere:
1) la causa MOTRICE o EFFICIENTE, che è l'origine di qualsiasi movimento
2) la causa MATERIALE, che corrisponde all'elemento che subisce una trasformazione, un mutamento del proprio stato (peso, densità, massa, resistenza)
3) la causa FORMALE, che indica il tipo di movimento (forza, direzione, intensità)
4) la causa FINALE, che è relativa allo scopo, all'obiettivo della trasformazione di un oggetto
Le cause motrice e formale sono chiamate DINAMICHE, poichè sono quelle "che fanno muovere", mentre le cause materiale e finale sono dette anche STATICHE.

METAFISICA DELLA SOSTANZA - Questa parte della Metafisica è chiamata anche OUSIOLOGIA (dal greco "ousìa" che significa sostanza).  Aristotele studia l'Essere nel suo aspetto singolo e determinato: ogni elemento della Natura è infatti un INDIVIDUO (dal latino: "che non puó essere diviso" cioè "intero, inseparabile"), e come tale gli viene attribuoto un NOME (che puó essere comune di cosa - per esempio: la sedia - o proprio di persona - per esempio:  Socrate - in entrambi i casi individuanti).
Ogni INDIVIDUAZIONE dell'Essere corrisponde ad una SOSTANZA: con questo termine si indica un elemento "che è" e che è diverso dagli altri (per esempio: il cane NON È il gatto; Socrate NON È Platone).
Ogni sostanza è un SINOLO (unione) di MATERIA e FORMA: la materia è la parte che subisce la trasformazione mentre la forma è la parte che rimane invariata: per esempio, Socrate invecchia ma resta sempre l'uomo Socrate.
Ogni trasformazione della sostanza implica il passaggio dalla POTENZA all'ATTO.
La potenza è la possibilità della trasformazione e comprende tutti i requisiti necessari perché una trasformazione avvenga (per esempio: l'uovo che contiene l'embrione del pulcino).
L'atto è invece la trasformazione completata e comprende tutte le caratteristiche della QUALITÀ che determina l'Essere (per esempio: la gallina) e lo rende diverso dagli altri e da ciò che era prima (per esempio: la gallina NON È PIÙ il pulcino).
Proprio per questa sua completezza l'atto è primo rispetto alla potenza (PRIMALITÀ DELL'ATTO): infatti non è detto che la potenza divenga atto (per esempio: se io rompo l'uovo non nasce il pulcino)
Occorre precisare che qui abbiamo definito la sostanza in quanto oggetto della conoscenza sensibile. Tuttavia il rigore scientifico della ricerca delle cause dell'Essere obbliga Aristotele ad andare oltre il limite dei sensi, non potendo trovare nella Natura il vero inizio dell'esistenza.

LA SOSTANZA SOVRASENSIBILE - Nei suoi scritti Aristotele non parla propriamente di Dio (si tratta di una forzatura del Cristianesimo medioevale) ma indaga l'esistenza di un PRINCIPIO dell'Essere. Questa indagine riguarda sempre la sostanza, sinolo di materia e forma, ma nella sua accezione UNIVERSALE. Il Principio è ricercato da Aristotele in 3 parti:
a) COSMOLOGIA - Tutto il movimento dell'universo è ordinato da un Principio che ne è l'iniziatore e perció la CAUSA PRIMA. In quanto tale il Principio è allo stesso tempo FORMA PURA, poiché comprende tutte le forme del divenire.
b) TEOLOGIA -   Essendo la prima causa del divenire il Principio è non solo POTENZA PURA (poichè comprende TUTTE le possibilità di trasformazione della materia) ma è sopratutto ATTO PURO  (poichè comprende TUTTE le qualità dell'Essere, tute le sue trasformazioni). In quanto Atto Puro il Principio dell'Essere fa muovere tutto ma non è soggetto al movimento (MOTORE IMMOBILE).
c) TELEOLOGIA (dal greco "tèleos" che significa fine o scopo) - Il Principio di cui parla Aristotele non crea ma plasma la materia pre-esistente. Plasmare significa "dare la forma" cioè modellare. Per tale motivo il Principio è più vicino al Demiurgo platonico che al Dio delle religioni tradizionali come l'Ebraismo. Tutto ció che viene plasmato ha un fine ultimo che agli uomini sfugge e che solo il Principio, in quanto Atto Puro. puó conoscere.
Aristotele definisce il Principio PERFETTO. in quanto FINITO, ossia chiuso. Esso comprende TUTTO. La sua posizione non è mai esterna e lontana, ma vicina all'Essere. Come tale il Principio di Aristotele è al tempo stesso l'Autore della Natura e la Natura stessa che è stata plasmata: dunque il Principio è sia TRASCENDENTE (cioè non materiale) sia IMMANENTE (conoscibile coi sensi), avvicinando la Metafisica aristotelica al PANTEISMO (Dio e la Natura sono la stessa cosa).
Aristotele tuttavia non riuscì mai a giustificare scientificamente l'esistenza de  Principio dell'Essere, lasciando l'indagine APORETICA(senza conclusioni).

2 - LA LOGICA

L'OPERA - La Logica è considerata, insieme alla Metafisica, una delle opere fondanentali del sistema aristotelico, tanto da essere chiamata FILOSOFIA SECONDA: essa svolge infatti un'importante funzione di collegamento tra tutte le scienze. La Logica studia le relazioni tra pensiero, linguaggio e ragionamento: il suo nome deriva dal greco LOGOS, che significa parola, discorso, studio. Aristotele la chiamava ANALITICA (cioè divisione, ripartizione) o anche ORGANON, cioè sistema.
È composta da 6 libri:
• Le Categorie (dove si parla dei TERMINI della proposizione: soggetto e predicato)
• Sull'Interpretazione (dove si parla dei tipi di PROPOSIZIONE CATEGORICA: universale, particolare, affermativa e negativa)
• Analitici Primi (dove si parla in generale del SILLOGISMO, il discorso logico, formato da tre proposizioni)
• Analitici Secondi (dove si parla del sillogismo APODITTICO, cioè scientifico)
• Topici (dove si parla del sillogismo IPOTETICO, cioè deduttivo)
• Elenchi Sofistici (dove si parla del sillogismo ERISTICO, cioè retorico, tipico della Sofistica)
La Logica affronta in sintesi 3 argomenti:
1) il termine, ossia il nome che diamo agli individui e che puó essere soggetto o predicato:
2) il giudizio o proposizione, ossia la relazione tra soggetto e predicato;
3) il ragionamento o discorso logico, chiamato da Aristotele sillogismo e formato da 3 proposizioni.

1) I TERMINI - Sono i nomi, propri o comuni, assegnati alle sostanze individuali. Nella proposizione assumono il ruolo di SOGGETTO o di PREDICATO. Aristotele classifica i termini secondo il loro grado di specificità, cioè in base al numero di elementi a cui sono riferiti:
• le SOSTANZE PRIME hanno un uso DENOTATIVO, ossia identificano un individuo (per esempio una persona: Mario Rossi; un animale: il gatto Fufi o il cane Bobi) e in un giudizio possono avere solo il ruolo di soggetto, mai di predicato;
• le SOSTANZE SECONDE hanno invece un uso CONNOTATIVO, servono cioè a estendere le caratteristiche di più termini che appartengono a una stessa CLASSE, in base al GENERE (per esempio: Fufi è un gatto) e alla SPECIE (per esempio: Fufi è un gatto persiano) e possono essere usate solo come predicati (poiché predicano, cioè attribuiscono) all'interno di una proposizione;
• le CATEGORIE sono i predicati più universali e Aristotele le usa per indicare gli elementi piú generali (tempo, luogo, quantità…). Aristotele individua 10 categorie: la prima è la più importante, la SOSTANZA, a cui seguono 9 ACCIDENTI, che servono a definirla (per esempio una data, un numero o una qualità)

2) LA PROPOSIZIONE - Dal punto di vista logico Aristotele prende in considerazione la sola proposizione CATEGORICA, cioè il GIUDIZIO, formato da un SOGGETTO e da un PREDICATO uniti dalla COPULA (è, non è, sono, non sono). La proposizione categorica puó essere:

• AFFERMATIVA (se afferma qualcosa, per esempio: l'alunno è assente)
• NEGATIVA (se nega qualcosa, per esempio: l'alunno non è preparato)
• UNIVERSALE (se i soggetti sono tutti o nessuno, per esempio: tutti gli alunni sono assenti o nessun alunno è assente)
• PARTICOLARE (se i soggetti sono pochi, alcuni oppure uno solo, per esempoo: alcuni alunni sono assenti o un solo alunno è impreparato)

Le proposizioni categoriche sono dunque di 4 tipi:

A: universale affermativa
E: universale negativa
I: particolare affermativa
O: particolare negativa

I logici medievali hanno costruito uno schema a forma di quadrato, chiamato appunto QUADRATO DELLE OPPOSIZIONI o anche QUADRATO LOGICO. Si compone di 4 caselle, 2 in alto (contrassegnate dalle lettere A ed E) e 2 in basso (contrassegnate dalle lettere I e O) corrispondenti ai 4 tipi di proposizione categorica.

A E
I  O

Lo schema serve a individuare le relazioni tra le proposizioni per valutarne la COERENZA LOGICA, elemento fondamentale in un ragionamento (per esempio, se diciamo che tutti gli alunni sono presenti non potremo dire che qualche alunno è assente). Le relazioni tra proposizioni sono:

• di CONTRARIETÀ (tra A ed E): due universali, una affermativa (tutti gli alunni sono presenti) e una negativa  (nessun alunno è presente) non possono coesistere perchè si escludono a vicenda.

• di SUBCONTRARIETÀ (tra I e O): due particolari, una affermativa (qualche alunno è assente) e una negativa  (qualche alunno non è assente) possono coesistere in uno stesso discorso perchè non si escludono a vicenda.

• di CONTRADDITORIETÀ (tra A e O e tra E e I): le universali sono sempre  in contraddizione con la particolare opposta, per esempio: se diciamo che nessun alunno è presente non possiamo dire che qualche alunno è presente; se diciamo che tutti gli alunni sono presenti non possiano dire che alcuni alunni non sono presenti.

• di SUBALTERNITÀ (tra A e I e tra E e O): ogni particolare dipende dall'universale dello stesso tipo, ma mai viceversa, per esempio, la frase qualche alunno è assente dipende da tutti gli alunni sono assenti, ma mai il contrario.

3) IL RAGIONAMENTO - Aristotele lo chiama SILLOGISMO cioè "unione di concetti". Un sillogismo è composto da 3 elementi:

• la PREMESSA MAGGIORE (tutti gli uomini sono animali) che contiene il TERMINE MAGGIORE (uomini) e il TERMINE MEDIO (animali)

• la PREMESSA MINORE (tutti gli animali sono mortali) che contiene il TERMINE MEDIO (animali) e il TERMINE MINORE (mortali)

• la CONCLUSIONE (tutti gli uomini sono mortali) dove scompare il termine medio (animali) e restano i due termini,  maggiore (uomini) e minore (mortali)

Un sillogismo si classifica secondo il tipp, il modo e la figura.

Il TIPO di sillogismo si individua in base ai criteri di universalità, validità e verificabilità delle sue premesse. Ci sono 3 tipi di sillogismo:

• sillogismo APODITTICO o SCIENTIFICO: le sue premesse sono universali, certe e verificabili e la sua conclusione è autonoma e indipendente rispetto alle premesse (tutti gli uomini sono mortali).

• sillogismo IPOTETICO o DEDUTTIVO: le sue premesse sono possibili ma non sono verificabili e la loro conclusione puó essere solo un'ipotesi espressa con "se… allora…" (se tutti gli alunni sono preparati allora saranno promossi).

• sillogismo ERISTICO o RETORICO: le sue premesse non sono vere poichè poggiano su un PARALOGISMA (ragionamento falso) e la conclusione è sempre dubbia; tuttavia nel sillogismo SOFISTICO è importante che il discorso sia sopratutto bello, cioè che abbia un bel suono, anche se la sua conclusione fosse falsa.

La FIGURA di un sillogismo si individua in base alla posizione del termine medio nelle due premesse. Ci sono 4 figure possibili di sillogismo:

• I FIGURA: il medio è soggetto nella premessa maggiore e predicato in quella minore

• II FIGURA: il medio è soggetto in entrambe le premesse

• III FIGURA:  il medio è predicato im entrambe le premesse

• IV FIGURA: il medio è predicato nella premessa maggiore e soggetto in quella minore

Il MODO di un sillogismo  si individua in base al tipo di proposizione (universale o particolare, affermativa o negativa) delle due premesse e della conclusione. Ci sono 256 possibili combinazioni, 64 per ognuna delle 4 caselle del quadrato delle opposizioni, anche se le più importanti sono i 4 MODI AUTO-EVIDENTI:

• MODUS BARBARA (AAA)

• MODUS CELARENT (EAE)

•.MODUS DARII (AII)

• MODUS FERIO (EIO)

in cui ogni vocale identifica il tipo di proposizione delle due premesse e della conclusione.

3 - LE ALTRE SCIENZE

LA PARTIZIONE DELLE SCIENZE - Aristotele distribuisce le scienze in tre grandi gruppi: le scienze teoretiche, le scienze pratiche e le scienze poietiche. Le scienze teoretiche hanno carattere contemplativo e comprendono, oltre alla logica e alla metafisica, anche la fisica, la psicologia e l'antropologia. Le scienze pratiche riguardano invece le azioni dell'uomo, i doveri e la morale, e comprendono l'etica e la politica. Le scienze poietiche riguardano invece il "fare" cioè le attività produttive e per questo comprendono la poetica e la retorica.

LA FISICA - La Fisica é la scienza che studia tutti i movimenti: si intende per movimento il passaggio dalla potenza all'atto. Aristotele spiega la necessità di questo passaggio con la STERESI, ossia la mancanza che contraddistingue tutti gli elementi naturali che hanno bisogno quindi di completarsi. Esistono diversi tipi di movimento: la GENERAZIONE e la CORRUZIONE (che riguardano la sostanza individuale); l'ALTERAZIONE (che riguarda la qualità); l'AUMENTO e la DIMINUZIONE (che riguardano la quantità); e infine la TRASLAZIONE (che riguarda il luogo). Tutti i movimenti avvengono nello SPAZIO, che contiene tutta la realtà, e vengono ordinati secondo il TEMPO.
Aristotele divide la natura in due mondi, separati dalla luna; li descrive come due grandi sfere poste rispettivamente sotto la luna (mondo SUBLUNARE) e sopra la luna (mondo SOPRALUNARE). Il mondo sublunare é caratterizzato dal movimento RETTILINEO, che é imperfetto, dalla generazione e dalla corruzione delle sostanze e dalla presenza dei quattro elementi naturali (acqua, terra, aria e fuoco). Il mondo sopralunare è invece caratterizzato dal movimento CIRCOLARE, che è perfetto e che rallenta progressivamente verso l'alto fino ad arrivare al Principio dell'Essere che è immobile. Qui non abbiamo più i quattro elementi ma la QUINTESSENZA, sintesi dei quattro elementi naturali. Il Principio dell'Essere non é soggetto al tempo ma allo stesso tempo non é il creatore del tempo: per Aristotele infatti il tempo, come lo spazio, deve venire prima di tutte le cose.

LA PSICOLOGIA - La Psicologia é la scienza che studia l'anima. Aristotele distingue l'anima in tre facoltà: anima VEGETATIVA, anima SENSITIVA e anima INTELLETTIVA o RAZIONALE. L'anima vegetativa ë alla base della gerarchia delle anime. Essa é presente in tutti gli organismi viventi e sovrintende alle funzioni vitali fondamentali (sviluppo, riproduzione, nascita). L'anima sensitiva é presente negli animali e nell'uomo e sovrintende alle funzioni sensoriali, necessarie per relazionarsi con l'ambiente. L'anima intellettiva é invece specifica dell'uomo e sovrintende il pensiero, cioè la facoltà più elevata dell'essere umano. L'uomo é dotato di due intelletti: uno PASSIVO, che rappresenta la possibilità di pensare, e uno ATTIVO, che comprende tutti i pensieri che sono stati prodotti. L'intelletto passivo muore insieme al corpo, mentre l'intelletto attivo, cioè il pensiero dell'uomo, sopravvive dopo la morte.

L'ETICA - L'Etica si occupa di tutte le azioni umane. Aristotele opera una distinzione tra il concetto di BENE e il concetto di VIRTÙ: il bene ha infatti un significato relativo e utilitaristico, mentre la virtù comprende i comportamenti umani. Aristotele suddivide le virtù in due grandi gruppi: le virtù ETICHE e le virtù DIANOETICHE. Le virtù etiche (come il coraggio, la temperanza, l'amicizia e la giustizia) riguardano strettamente le azioni umane che devono essere equilibrate. Le virtù dianoetiche (la conoscenza, la sapienza, la saggezza e l'arte) sono le virtù più elevate che devono guidare i comportamenti dell'uomo verso la perfezione.

LA POLITICA - Le virtù devono accompagnare tutte le azioni del cittadino e per questo sono fondamentali anche nella Politica. Aristotele considera l'uomo un animale politico perché vive in comunità e tutte le azioni dei cittadini devono essere rivolte al bene della comunità. Aristotele individua tre forme di governo della comunità: il governo di uno solo (MONARCHIA), il governo dei migliori membri della comunità (ARISTOCRAZIA), e il governo del popolo (POLITIA o DEMOCRAZIA). A queste tre forme di governo Aristotele oppone tre forme degenerate, chiamate rispettivamente TIRANNIDE, OLIGARCHIA e DEMAGOGIA. Egli considera la migliore guida per la comunità il ceto medio.

L'ESTETICA - Aristotele attribuisce molta importanza alle scienze poietiche e all'arte in particolare, e in questo si contraddistingue da Platone. Il concetto fondamentale nelle scienze poietiche é quello di VEROSIMILE, ossia il rispetto di ciò che esiste in natura: per Aristotele infatti l'arte può sconfinare anche nell'irrazionale pur mantenendo uno stretto legame con la natura. L'Estetica si suddivide in due grandi scienze: la POETICA, che comprende tutte le produzioni artistiche, e la RETORICA, che si occupa più in particolare del linguaggio. Le forme di espressione artistica come la tragedia e la commedia hanno per Aristotele una valenza CATARTICA, cioè di purificazione.
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KANT

1 - IL CRITICISMO

IL PERIODO PRE-CRITICO - Nella vita di Kant c'è una data fondamentale: il 1770. È l'anno di pubblicazione della sua celebre DISSERTAZIONE, l'opera che segna la cosiddetta SVOLTA CRITICA del filosofo. Nel periodo precedente, il giovane Kant, dopo una essere stato obbligato nel corso dei suoi studi ad avventurarsi sulla strada incerta della metafisica di Leivmbnitz e di Aristotele, scopre le scienze, e si appassiona a Newton e a Hume. Sopratutto è d'accordo con Hume circa l'impossibilità di dimostrare l'esistenza di una causa, di cui non è visibile lil collegamento con l'effetto. A differenza di Hume Kant cerca una risposta "scientifica" alla domanda "è possibile la metafisica?".
Il problema nasce quando Kant faceva l'insegnante:una sua giovane allieva, Charlotte, era rimasta colpita da un saggio (ARCANA COELESTIA, cioè "I misteri celesti") scritto da EMMANUELSWEDENBORG, un occultista svedese molto noto all'epoca. Kant, incuriosito dal libro, lo legge e inizia a scrivere così I SOGNI DI UN VISIONARIO, saggio in cui descrive la metafisica come un luogo pericoloso e incerto, che l'uomo non puó conoscere non avendo gli strumenti adatti: i soli strumenti disponibili all'uomo per conoscere sono infatti i SENSI.
Tuttavia, dice Kant, per quanto la metafisica non sia REALE, è reale lo sforzo che l'uomo compie per indagarla.

LA SVOLTA CRITICA - Nel 1770 Kant scrive la DISSERTAZIONE e cerca un metodo di indagine per studiare la possibilità della metafisica come scienza. Non potendo fidarsi del PIANO OGGETTIVO, condizionato dal legame tra causa ed effetto (impossibile da dimostrare e che si puó solo supporre) Kant compie una vera e propria RIVOLUZIONE COPERNICANA, abbandonando lo studio dell'oggetto (come da tradizione scientifica) e decide di iniziare la sua indagine dal PIANO SOGGETTIVO, ossia dall'uomo (il soggetto che conosce l'oggetto). Questa  prospettiva si chiama TRASCENDENTALE (studio del soggetto che conosce l'oggetto) ed è rivoluzionaria proprio come lo fu la teoria eliocentrica di Copernico.
Kant si impegna dunque a "criticare" la metafisica partendo dall'uomo, cioè dal soggetto conoscente.

I GIUDIZI - La conoscenza della Natura si esprime con ik GIUDIZIO, ossia una proposizioneCATEGORICA (che afferma oppure nega) costituita da un SOGGETTOe da un PREDICATO uniti dalla COPULA (una delle voci del verbo essere: è, sono, ecc.). Aristotele nella sua Logica divideva le proposizioni tra universali e particolari, ma Kant non è sicuro della validità universale di un giudizio (neanche di quelli della matematica e della fisica) e così li sottopone all'indagine critica. Ci sono due tipologie di giudizio: ANALITICO e SINTETICO.Nei giudizi analitici il predicato non aggiunge nulla di nuovo al soggetto (per esempio:  il corpo è esteso, il ghiaccio è gelato, il fuoco è caldo). Nei giudizi sintetici invece il predicato aggiunge un elemento nuovo che non faceva parte del soggetto (per esempio: il banco è sporco, la sedia è rotta). I giudizi sintetici possono essere derivati dall'esperienza (goudizi sintetici A POSTERIORI) o venire prima dell'esperienza (giudizi sintetici A PRIORI): questi ultimi sono LEGGI UNIVERSALI, come quelle della matematica o della fisica.
L'indagine critica di Kant mette in dubbio proprio la possibilità della matematica e della fisica (cioè i giudizi sintetici a priori) perchè non sono aiutati dall'esperienza: se io faccio bollire l'acqua io vedo che quando arriva a 100 gradi evapora, ma come faccio a dimostrare la validità di una legge matematica o fisica che non hanno l'esperienza come supporto? Il criticismo kantiano si sviluppa su queste tre domande:
1) è possibile la matematica pura?
2) è possibile la fisica pura?
3) è possibile la metafisica come scienza?
Kant risponde a queste domande con la CRITICA DELLA RAGION PURA.

2 - LA CONOSCENZA

L'OPERA - Il problema della conoscenza è affrontato da Kant nella CRITICA DELLA RAGION PURA.  Tutta la nostra conoscenza,scrive Kant, inizia dall'ESPERIENZA, tuttavia non tutta la conoscenza deriva dall'esperienza: la matematica, la fisica e (sopratutto) la metafisica non si basano infatti sull'esperienza, ma su GIUDIZI SINTETICI A PRIORI. Kant intende dimostrare con la Critica della Ragion Pura la possibilità di una conoscenza basata su questi giudizi e suddivide l'opera partendo dalle tre fonti ddella conoscenza:
1) la sensibilità, descritta nell'ESTETICA TRASCENDENTALE
2) l'intelletto, descritto nell'ANALITICA TRASCENDENTALE (prima parte della LOGICA TRASCENDENTALE)
3) la ragione, descritta nella DIALETTICA TRASCENDENTALE (seconda parte della LOGICA TRASCENDENTALE)

LA SENSIBILITÀ - La conoscenza sensibile inizia dalle RAPPRESENTAZIONI, ossia dalle informazioni trasmesse dai 5 organi di senso. L'unione delle varie rappresentazioni sensibili costituisce il FENOMENO, che è il modo in cui la realtà appare al soggetto conoscente. La comparsa dei fenomeni  è possibile grazie a due elementi:
• lo SPAZIO, cioè il luogo dove avvengono i fenomeni e dove si trovano tutte le dimensioni geometriche;
• il TEMPO, cioè l'ordine di successione dei fenomeni, in cui sono comprese tutte le misure aritmetiche che ne indicano la durata.
Spazio e tempo non solo sono necessari, ma devono esserci prima dei fenomeni. Così Kant dimostra la possibilità della matematica pura.

L'INTELLETTO - il soggetto non si limita a ricevere dei dati dall'esterno, grazie ai 5 sensi, ma ha la facoltà di pensare, cioè di unificare questi dati formulando i GIUDIZI: pensare significa infatti giudicare, unendo un soggetto e un predicato con una copula (per esempio: questo banco è sporco). Poichè le sensazioni sono sempre soggettive, anche il giudizio è soggettivo. Per renderlo universale e quindi valido sono necessari 3 elementi:

• le CATEGORIE o CONCETTI PURI DELL'INTELLETTO, strutture necessarie per classificare i giudizi;
• l'IO PENSO o APPERCEZIONE TRASCENDENTALE, funzione in grado di autorizzare l'uso corretto delle categorie;
• lo SCHEMA TRASCENDENTALE, che costituisce l'insieme delle regole che l'Io Penso deve seguire per autorizzare l'uso delle categorie.

L'intelletto è il legislatore della Natura: esso infatti pensa i fenomeni per come gli appaiono. Così Kant dimostra anche la possibilità della fisica pura.

LA RAGIONE - Malgrado i limiti imposti dalla sensibilità, la ragione, a differenza dell'intelletto, cerca di pensare (cioè di giudicare) anche dove non è possibile e questo produce le ANTINOMIE (cioè la compresenza di due tesi opposte nel ragionamento) ed i PARALOGISMI (cioè gli errori alla base di un ragionamento falso). Per giudicare la ragione non usa le categorie e l'Io Penso ma altri due elementi:

• le IDEE (di anima, di mondo e di Dio), oggetti del pensiero che non corrispondono a fenomeni, e per questo non dimostrabili;
• i SILLOGISMI (categorico, ipotetico e disgiuntivo), regole di ragionamento non corrette a causa dell'impossibilità di verificare la loro validità universale.
La metafisica non è dunque possibile. Tuttavia le sue idee hanno un uso REGOLATIVO: servono a delimitare i confini dell'esperienza e a tentare di superarli.

3 - LA MORALE  E  L'ARTE

LE OPERE - Il problema gnoseologico è solo uno dei temi speculativi affrontati da Kant. Oltre al problema della conoscenza trattato nella Critica della Ragion Pura e nei Prolegomeni (ad ogni futura metafisica che si vorrà presentare in quanto scienza), Kant affronta altri ambiti di riflessione:
• la morale e le azioni dell'uomo;
• l'arte e i giudizi non conoscitivi;
• la storia e la politica.
Il tema della morale viene trattato in altre due opere: la FONDAZIONE DELLA METAFISICA DEI COSTUMI e la CRITICA DELLA RAGION PRATICA. A queste due opere viene affiancata anche LA RELIGIONE NEI LIMITI DELLA RAGIONE.
Il tema dell'arte e del giudizio riflettente è trattato nella CRITICA DELLA FACOLTÀ DI GIUDIZIO coeva di altri scritti minori di ambito storico, politico e sociale.

LA MORALE - L'esigenza di una fondazione critica della morale nasce dal fatto che le azioni degli uomini non seguono un criterio universale. La morale deve essere AUTONOMA, cioè deve essere priva di qualsiasi finalità. Kant descrive la morale come un DOVERE PER IL DOVERE e questo vuol dire che seguire la legge morale non è come rispettare  le leggi per non andare in prigione o essere un buon cristiano o fare di tutto per essere felici: alla legge morale universale si DEVE solo ubbidire.
Kant opera una netta distinzione tra le MASSIME, le scelte che valgono solo per il singolo (facoltative) e le LEGGI, che invece valgono per tutti e perció sono dette IMPERATIVI (obbligatorie). A loro volta gli imperativi sono distinti tra imperativi IPOTETICI (che cioè hanno uno scopo: se vuoi essere promosso allora devi studiare) e imperativi CATEGORICI (che sono privi di uno scopo: DEVI studiare!).
L'uomo è in bilico tra due mondi: uno dominato dai sensi e uno dominato dalla morale. A differenza della conoscenza (dove l'Io Penso e le categorie ci obbligano a usare le regole dello schema) a livello pratico l'uomo è LIBERO di rispettare la legge morale universale: non avendo la certezza dell'esistenza delle idee (Anima, Mondo e Dio) l'uomo non si sente infatti tenuto a seguire un imperativo categorico. Per risolvere il problema Kant ricorre ai cosiddetti POSTULATI della ragion pratica:
• l'immortalità dell'anima;
• la libera causalità del mondo;
• l'esistenza di Dio.
I postulati, che non devono essere dimostrati, hanno un uso NORMATIVO, servono cioè solo a regolare i comportamenti umani.

L'ARTE - Il sentimento di piacere e di dispiacere non si basa su premesse universali e il giudizio che lo esprime è di natura RIFLETTENTE. A differenza del giudizio DETERMINANTE (cioè di conoscenza) che usa le categorie e contiene sia il particolare sia l'universale, il giudizio riflettente contiene solo il particolare (una scultura, un dipinto o un brano musicale) e l'universale si deve ricavare con la riflessione (da cui il nome). Il giudizio riflettente è di due tipi:
• il giudizio ESTETICO, che ha a che fare col gusto;
• il giudizio TELEOLOGICO, che ha a che fare con i fini delle cose.
Il giudizio estetico si esprime sul BELLO (ció che piace al singolo) o sul SUBLIME (ció che va ben oltre il gusto).
Il giudizio teleologico si esprime sulla natura, paragonata da Kant a un ORGANISMO in cui ogni parte ha un ruolo preciso  e di cui l'uomo è l'elemento fondamentale. Kant dà molta importanza alla storia dell'uomo e applica il concetto di organismo alla società e allo Stato, dove tutti i cittadini svolgono il proprio compito. Kant è molto interessato al progetto federativo attuato dagli Stati Uniti d'America e auspica una comunità di uomini liberi ed uguali. È questa comunità che Kant considera la vera Chiesa. La religione kantiana è diversa perchè non ha bisogno di riti e non è divisa ma è realmente una. Essa si fonda sulla legge morale incarnata dal Cristo. La storia umana inizia da Adamo. È dalla cacciata di Adamo ed Eva dall'Eden che Kant fa iniziare il progresso razionale dell'umanità.
L'evoluzione umana sarà completata quando tutti gli uomini si riconosceranno in una sola Chiesa universale.

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HEGEL

1 - LA DIALETTICA HEGELIANA

IL GIOVANE HEGEL - Hegel fu uno studente metodico e pignolo, quasi ossessivo, tanto da elaborare un originale sistema di classificazione basato su schede, che poi avrebbe usato per tutta la vita. Si era avvicinato all’Idealismo grazie alla sua amicizia con Schelling, e, come tanti filosofi del periodo concentrò il suo interesse per i temi religiosi, sopratutto sulla vita di Gesù nel suo ruolo “unificatore” nella riconciliazione tra il Dio degli Ebrei e il Popolo. Come tutti i filosofi romantici anche il giovane Hegel cercava la conoscenza della realtà nella sua totalità, ma dal punto di vista religioso Dio e il Popolo erano molto lontani: il primo era irascibile e punitivo, il secondo era confuso dai riti e dalle cerimonie, che dimostravano i tentativi degli uomini di raggiungere qualcosa di troppo perfetto e irraggiungibile. Hegel si rese presto conto che la religione non avrebbe mai potuto garantire l’unificazione del reale, e pertanto l’interesse si spostò alla filosofia.
Come per il suo predecessore Kant, che nel 1770 pubblica la celebre DISSERTAZIONE che segna il suo definitivo passaggio alla fase critica, anche Hegel è protagonista di una svolta speculativa che avviene nel 1800 con la pubblicazione del FRAMMENTO DI SISTEMA. Si tratta dell’opera che di fatto indirizza la filosofia hegeliana verso la nuova prospettiva dialettica.

LA DIALETTICA - La dialettica intesa da Hegel non ha nulla a che fare con la dialettica della filosofia antica: Hegel si propone infatti una vera e propria rifondazione della filosofia non come semplice metafisica ma come realtà essa stessa. La filosofia, dice Hegel, in polemica con i filosofi romantici, è come la NOTTOLA DI MINERVA, la civetta che giunge al crepuscolo quando il giorno volge ormai al termine. La filosofia è dunque paragonata da Hegel a questo animale notturno, arriva solo dopo che la realtà si è compiuta e deve darne una spiegazione. Una normale metafisica fallirebbe. La novità della dialettica hegeliana è che essa costituisce non solo il METODO per conoscere la realtà ma al tempo stesso il CONTENUTO, cioè lo sviluppo del reale, ossia di tutto ciò che è.

FINITO E INFINITO - Hegel descrive la realtà come un INFINITO DINAMICO. Questa definizione incarna la concezione romantica di ASSOLUTO già presente in Fichte e Schelling, ma, a differenza dei precedenti filosofi, Hegel vuole evitare qualsiasi frammentazione del reale, che è quindi una totalità, un intero, e allo stesso tempo una continua attività (non si deve usare la parola “creazione” perché altrimenti ciò presupporrebbe un prima e un dopo). Il traguardo della dialettica hegeliana è dunque LA RISOLUZIONE DEL FINITO NELL’INFINITO.
Se il reale è considerato un infinito e dinamico, il pensiero è invece finito, chiuso e determinato. La difficoltà di tutti i filosofi soggettivisti è quella di conciliare l’essere col pensiero. La difficoltà consiste nella separazione tra “ciò che è pensato (con tutte le pretese della ragione)” e “ciò che è (attraverso i sensi)”. Questa differenza produce una SCISSIONE che ha messo in crisi tutte le filosofie precedenti: Fichte si era trovato costretto ad ammettere un IO DIVISIBILE che doveva essere ricomposto per evitare il rischio di una frammentazione dell’Assoluto; Schelling addirittura pretendeva di cogliere l’Assoluto in modo totale e immediato, come se al suo interno non esistessero tanti “finiti”. Hegel si prende gioco dell’amico Schelling, paragonando la sua concezione di Assoluto a una notte nera in cui tutte le vacche sono nere. Né Fichte né Schelling riescono dunque a ricomporre questa scissione che pregiudica la totalità del reale. Per risolvere questa scissione e giustificare dunque la risoluzione del finito nell’infinito, Hegel utilizza appunto il metodo dialettico, che viene esteso a tutte le parti del reale. I due pilastri di questo metodo sono LA COINCIDENZA DI REALE E IDEALE ed il concetto di SUPERAMENTO.

LA COINCIDENZA DI RAZIONALE E REALE - L’identità di essere e pensiero è la grande rivoluzione della dialettica hegeliana: tutto ciò che è reale è razionale, scrive Hegel nei suoi LINEAMENTI DI FILOSOFIA DEL DIRITTO, e tutto ciò che è razionale è reale. Essere e pensiero sono la stessa cosa, ideale e reale coincidono. La cancellazione della separazione tra essere e pensiero garantisce la risoluzione del finito nell’infinito. Ma l’infinito è dinamico: la realtà si svolge continuamente e dialetticamente in una incessante attività, producendo sempre nuovi finiti. Hegel prende le distanze da Schelling ma si trova come Fichte davanti a una serie di nuove scissioni, data l’infinita attività dell’Assoluto.

IL CONCETTO DI SUPERAMENTO - L’infinito dinamismo del reale presuppone uno svolgimento dialettico che avviene attraverso tre fasi interdipendenti l’una dalle altre:

la TESI, che corrisponde all’essere in sé, il punto di partenza dell’azione dialettica, il momento positivo e determinato in cui una cosa “è”;

l’ANTITESI, che corrisponde all’essere fuori di sé, il momento cruciale dell’azione dialettica che nega il momento precedente e presuppone la diversità dell’essere rispetto a prima;

la SINTESI, la vera novità della dialettica hegeliana, che corrisponde all’essere “in sé e per sé” poiché risolve la separazione tra tesi e antitesi.

Il ruolo della sintesi è fondamentale perché evita alla filosofia hegeliana di incorrere nella divisibilità dell’Io già presente in Fichte. La realtà si svolge dunque - dialetticamente - in un continuo succedersi di tesi, antitesi e sintesi, dove ogni sintesi è a sua volta la tesi di un nuovo processo triadico. L’elemento che garantisce la continuità tra questi tre momenti è il SUPERAMENTO (in tedesco AUFHEBUNG, dal verbo Aufheben che significa conservare). Superare significa proprio “conservare ciò che era in precedenza”: in tal modo ogni fase della dialettica non “trasforma” l’essere con elementi nuovi e perciò tutto ciò che è finito è RISOLTO nell’infinito. Per esempio:

TESI: un cubetto di ghiaccio tolto dal congelatore;
ANTITESI: fuori dal congelatore il cubetto si scioglie;
SINTESI: passaggio dell’acqua dallo stato solido a quello liquido.

CONCLUSIONI - Il metodo dialettico è il solo che garantisce la possibilità di cogliere l’Assoluto evitando  ogni frammentazione: questo è possibile perché la dialettica hegeliana non è solo un metodo per conoscere la realtà, ma è essa stessa la realtà, cioè è sia metodo sia contenuto. La realtà è un infinito dinamico, ossia un tutto, un intero, che però si muove. Il pensiero invece è finito perché si riferisce a una parte di questo tutto. Ma la dialettica hegeliana ricompone questa separazione affermando che TUTTO IL FINITO SI RISOLVE NELL’INFINITO. Questa risoluzione è resa possibile da due elementi: l’identità di razionale e di reale (essere e pensiero sono la stessa cosa) e il concetto di superamento. La realtà si svolge dialetticamente in un processo infinito, scandito da tre fasi (tesi, antitesi e sintesi), collegate tra loro dal superamento, ossia la conservazione di tutto ciò che viene prima. In questo modo la realtà (infinito), sebbene colta col pensiero (finito) solo in parte, non è mai divisa.

2 - LA STORIA DELLO SPIRITO

LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO - Si tratta della prima delle due opere fondamentali di Hegel. A differenza dell’ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE non ha un carattere scientifico e sistematico ma è un vero e proprio romanzo: per essere esatti viene definita un ROMANZO DI FORMAZIONE (in tedesco Bildungroman) perché racconta le tappe di formazione dello Spirito, lo stadio dialettico ultimo e definitivo, corrispondente al SAPERE ASSOLUTO della FILOSOFIA, che è il solo a consentire una conoscenza totale dell’Assoluto, senza scissioni, senza divisioni, senza frammentazioni, intera e completa. Con la Fenomenologia Hegel prende le distanze da Schelling, che sosteneva la possibilità di cogliere l’Assoluto in modo immediato, tutto quanto insieme, come se la realtà fosse una specie di impasto disordinato di tutti i vari finiti (le famose vacche nere nella notte nera, un tutto indistinto appunto); per contro Hegel descrive un percorso, che conduce al sapere assoluto, e che si snoda attraverso 3 tappe: la COSCIENZA, l’AUTOCOSCIENZA e la RAGIONE, seguite infine dallo SPIRITO. Essendo una storia dello Spirito Hegel fa uso della stessa scansione della storia umana, spiegando l’evoluzione dei singoli e delle comunità umane dall’antichità al Romanticismo, il periodo storico decisivo per la manifestazione (fenomenologia significa proprio “studio sulla manifestazione”) dello Spirito. Si tratta di un viaggio verso la libertà, viaggio necessario perché gli uomini non sanno di essere liberi e attendono la manifestazione dello Spirito per rendersi consapevoli di non avere limiti e accedere dunque al Sapere Assoluto.

LA COSCIENZA - La prima tappa della formazione dello Spirito è la COSCIENZA INDIVIDUALE. Individuale perché è SOGGETTIVA. In questa tappa non trovano posto altre coscienze, esiste solo l’Io, come un feto nel grembo materno che non sa dell’esistenza di altri esseri, come ignora l’esistenza di una realtà esterna e diversa. Hegel paragona la coscienza alla sensibilità kantiana, condizione obbligata del soggetto ma ovviamente limitata e incompleta. L’individuo è illuso di essere libero ma è una libertà effimera.

L’AUTOCOSCIENZA - La seconda tappa della formazione dello Spirito è l’AUTOCOSCIENZA, ossia l’antitesi della coscienza individuale. Si tratta del momento in cui la coscienza individuale scopre di non essere l’unica coscienza. Il momento è cruciale e drammatico, perché la coscienza era infatti convinta di essere singola: un po’ come il neonato che scopre non solo l’esistenza della mamma ma anche di altri esseri. La coscienza individuale è egoista e non accetta che ci sia un ALTRO, che ci sia una SCISSIONE, essendo convinta che la sola realtà fosse quella individuale e soggettiva, e iniziano i tre tentativi per ricomporre questa frattura, rappresentati da tre figure storiche: servitù e padronato (antichità), stoicismo e scetticismo (periodo ellenistico) e la mistica medioevale.

Servitù e padronato - La prima fase dell’autocoscienza è una vera e propria lotta di potere. Tutte le coscienze si scontrano e una sola vince, le altre o muoiono o si devono arrendere. Nascono così nell’antichità le due figure storiche del SERVO e del PADRONE. Diversamente da quello che si potrebbe pensare è il servo ad avere più possibilità del padrone: infatti il padrone potrebbe anche uccidere tutti i suoi schiavi ma resterebbe senza servitori, mentre un servo si può emancipare ed essere libero oppure trovare un nuovo padrone da servire. Ma il servo ignora di avere questo vantaggio e continua a servire senza mai disattendere gli ordini del padrone. Il primo tentativo di risoluzione fallisce ed Hegel sposta la sua attenzione a un altro periodo della storia umana, quello della sovranità macedone sulla Grecia, periodo in cui si sviluppano le filosofie ellenistiche, incentrate sui limiti dell’uomo.

Stoicismo e Scetticismo - La seconda fase dell’autocoscienza riguarda proprio la filosofia stoica e scettica: si tratta di concezioni negative, orientate all’apatia (assenza di dolore), atarassia (assenza di turbamento), aponia (assenza di sofferenza spirituale), aprassia (assenza di volontà d’agire) e afasia (assenza di volontà di parlare). Il saggio stoico era consapevole dell’ineluttabilità del destino e della necessità dell’eterno ritorno dei cicli cosmici, sempre uguali ogni trecento anni; il saggio scettico era convinto dell’inutilità della ricerca a causa di una vera possibilità di conoscere il mondo e di accedere a un criterio oggettivo di verità. Le risposte di queste filosofie sono radicali: per lo Stoicismo l’uomo avrebbe dovuto vivere nascosto dal mondo e da ogni cosa che gli avesse potuto arrecare dolore, per lo Scetticismo era sufficiente arrendersi a una conoscenza parziale della realtà ed evitare sopratutto di usare delle parole per descriverla, tanto nessuna parola sarebbe servita. Il determinismo fatalistico stoico e il nichilismo scettico testimoniano per Hegel l’atteggiamento rinunciatario di un’umanità che aveva tutte le possibilità di liberarsi dal dubbio. Hegel infatti nutriva una profonda ammirazione per la cultura greca, sopratutto per il ruolo del cittadino (il politico, ossia colui che appartiene alla polis e non che semplicemente ci abita). Purtroppo il mondo greco disperde questo patrimonio, dissipandolo inutilmente nell’individualismo e nel bieco utilitarismo l’esperienza delle poleis del V secolo e fallendo così il secondo tentativo di superare le divisioni del mondo. A questo punto Hegel si rivolge al Cristianesimo medioevale, terza e ultima figura storica dell’autocoscienza.

La mistica medievale - La riconciliazione tra uomo e Dio, rappresentata dalla mistica medievale, è la terza e ultima figura storica dell’autocoscienza. Il mistico cerca Dio nella preghiera e nell’ascesi, consapevole di ricomporre finalmente le divisioni del mondo, ma non sa (per ora) che quel che sta cercando in realtà lo possiede già. La coscienza è infelice, perché nonostante gli sforzi non riesce a ricongiungersi all’Assoluto: non può sapere che tutto il finito si risolve nell’infinito perché ancora non ha raggiunto il sapere assoluto (che può essere raggiunto solo dallo Spirito).

Nessuna delle tre figure storiche dell’autocoscienza è dunque in grado di ricomporre la separazione tra oggettivo e soggettivo, finito e infinito, ideale e reale. Hegel affronta una nuova tappa della formazione dello Spirito, la RAGIONE, che caratterizza il periodo storico compreso tra il Rinascimento e l’Illuminismo.

LA RAGIONE - La filosofia dell’età moderna lascia dietro di sé il buio dogmatico della Scolastica medioevale, schiava della teologia e asservita alla Chiesa, e scopre la conoscenza scientifica della Natura come ordine misurabile. La ragione si prende dunque la sua rivincita sulla fede ma è ancora soggetta al carcere sensibile, che la limita e la riporta alla realtà. La tappa della ragione si sviluppa come l’autocoscienza attraverso tre stadi: la ragione osservativa, la ragione attiva e la libertà individuale.

La ragione osservativa - Il primo stadio della ragione riguarda la CERTEZZA SENSIBILE. La ragione si considera onnipotente ma le sue pretese vengono limitate dai sensi a cui deve rendere conto.

La ragione attiva - Il secondo stadio della ragione riguarda il SENTIMENTO. La ragione cerca di affrancarsi dai sensi ma il suo tentativo di unificare l’Assoluto viene ancora una volta vanificato dalla pretesa di cogliere la totalità in modo immediato: il romantico desidera tutto e subito, senza concedere nulla alla finitezza, e rimane deluso.

L’Io - Il traguardo della ragione è la conquista della libertà individuale, che si sviluppa a sua volta in tre momenti. Nel primo momento abbiamo un’individualità quasi animalesca, fondata sulla volontà bruta e oscura. Nel secondo momento interviene il diritto, che regola gli egoismi della volontà individuale. Infine il compimento della libertà arriva con la consapevolezza dell’appartenenza allo Stato, che per Hegel è un vero e proprio Dio reale, autoritario e assoluto. Hegel critica la morale kantiana, formale e rigorosa, che l’uomo DEVE seguire come si ubbidisce a una legge (dovere per il dovere). Hegel nota come la legge morale universale di Kant sia estranea all’uomo. Così Hegel guarda al mondo greco, dove il cittadino (il politico) era parte dello Stato e non doveva ubbidire alle leggi per dovere, ma perché erano le regole della comunità (come la lingua, le tradizioni, la cultura).

CONCLUSIONI - Il traguardo della della storia dello Spirito coincide col SAPERE ASSOLUTO, risolutore del conflitto tra la soggettività e l’oggettività. Questo obiettivo poteva essere raggiunto solo dalla filosofia romantica (in realtà è strettamente auto-referenziale perché si riferisce quasi esclusivamente al suo pensiero, escludendo Fichte e Schelling). Hegel vede nella sua epoca il compimento della formazione dello Spirito, punto di partenza della vera conoscenza dell’Assoluto. Hegel si pone il problema di spiegare adesso le tappe di questa conoscenza.

3 - IL SISTEMA HEGELIANO

LE OPERE SISTEMATICHE - I fondamenti del sistema hegeliano si trovano in due opere. La prima è la SCIENZA DELLA LOGICA, che inizia proprio dalla formazione dello Spirito, necessaria a COMINCIARE la conoscenza. L’opera, suddivisa in due volumi (LOGICA SOGGETTIVA, che comprende la DOTTRINA DELL’ESSERE e la DOTTRINA DELL’ESSENZA, e la LOGICA OGGETTIVA, che comprende solo la DOTTRINA DEL CONCETTO), è la “pietra angolare” del sistema hegeliano, perché descrive la nascita dell’IDEA, che non è un semplice pensiero ma è la coincidenza di essere e di pensiero. Spiegare cosa è l’idea è fondamentale per comprendere l’intero sistema hegeliano: nel suo stadio iniziale, l’idea “in sé” (la LOGICA, appunto), essa non sarebbe conoscibile perché ancora VUOTA. L’opera più completa che descrive l’intero sistema è sicuramente l’ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE. Si tratta di un compendio, tipico strumento utilizzato a quei tempi dai docenti delle Università tedesche per raccogliere i contenuti delle proprie lezioni a beneficio dei propri studenti. Hegel ne scrive uno che poi fa pubblicare come dissertazione vera e propria. L’opera comprende la SCIENZA DELLA LOGICA di cui sopra, a cui si aggiungono la FILOSOFIA DELLA NATURA e la FILOSOFIA DELLO SPIRITO.

LA SCIENZA DELLA LOGICA - Nel sistema hegeliano la Logica corrisponde come già detto all’Idea “in sé”. Il problema che Hegel si pone inizialmente è quello del COMINCIAMENTO: è infatti fondamentale per Hegel sapere come COMINCIA la conoscenza. La Logica hegeliana è molto diversa dalle altre logiche, come quella aristotelica o quella kantiana. La sua originalità consiste nel suo carattere NEGATIVO. Hegel affida un ruolo centrale all’antitesi, perché rappresenta la diversità, pur senza perdere la continuità dell’Assoluto, garantita dalla sintesi. Come comincia un processo conoscitivo? Come si fa a dire che qualcosa “è”?
Prima dell’essere, a differenza di quello che hanno temuto molte filosofie precedenti a quella hegeliana, non c’è il non essere, ma due elementi VUOTI, che non si possono conoscere: l’ESSERE e il NULLA. Sono elementi CHIUSI e INACCESSIBILI in quanto non sono DETERMINATI (non possiamo dire cosa essi siano). Essi hanno lo stesso valore e la stessa importanza, e sono dipendenti l’uno dall’altro. Essi si manifestano alla conoscenza solo quando si attua il DIVENIRE, il passaggio dal nulla all’essere. Il divenire infatti dimostra un cambiamento: questo passaggio ci fa uscire dal momento zero della conoscenza, che adesso può cominciare.

La Dottrina dell’Essere - La prima parte della Logica Soggettiva si occupa del problema del COMINCIAMENTO, rispondendo così alla domanda da cui procede questa fase dell’indagine hegeliana: come inizia la conoscenza? Il passaggio dal nulla all’essere è rappresentato dal divenire: quando una cosa diviene significa che ha un LIMITE che la racchiude e la DETERMINA (per esempio: l’acqua diventa ghiaccio). La prima categoria dell’essere è la qualità, che appunto qualifica una cosa come esistente (per esempio: questo è il cubetto di ghiaccio). Dopo avere qualificato una cosa la conoscenza entra in crisi perché nell’essere le cose sono tante e uguali e diverse (per esempio: nella vaschetta del congelatore ci sono vari cubetti di ghiaccio). La seconda categoria dell’essere è la quantità. Questa categoria NEGA la qualità introducendo il NUMERO e rischiando di confondere la conoscenza. A questo punto è necessaria una terza categoria che serve a mediare il conflitto tra qualità (LA cosa) e la quantità (MOLTE cose uguali tra loro): entra così in gioco la misura. La misura serve a paragonare le cose tra loro mediante il GRADO (per esempio: un cubetto di ghiaccio è più squagliato di un altro o più piccolo).

La Dottrina dell’Essenza - La seconda parte della Logica Soggettiva si pone un altro problema, quello del FONDAMENTO dell’essere. Dopo essersi manifestato, l’essere ha bisogno di riflettere sulla sua condizione, cioè deve “guardarsi dentro”. Questa introspezione si rende necessaria perché senza l’essenza l’essere non ci sarebbe: l’essenza è infatti ciò che sta dietro l’essere che si è appena “reso disponibile” alla conoscenza: è un po’ come se l’essere guardasse la propria immagine riflessa in uno specchio e si riconoscesse. Questa riflessione avviene in tre momenti. Prima di tutto l’essenza si pensa IDENTICA a sé stessa, come un’essenza singola e solitaria. Il pensiero non si può conoscere (a meno che una persona che pensa non dica cosa sta pensando). In un secondo momento l’essenza si riconosce esistente e quindi DIVERSA da tutte le altre essenze. Infine, nel terzo momento, l’essenza si trasforma nella realtà in atto: ogni cosa che “è” esiste in quanto identica a sé stessa (per esempio: il libro è il libro) e diversa dalle altre (per esempio: il libro di filosofia è diverso dal libro di storia). I due aspetti fondamentali dell’essenza sono MATERIA e FORMA: questi due aspetti si uniscono (Hegel dice “precipitano”) nel FONDAMENTO, cioè la realtà in atto, dove tutte le cose sono uguali e diverse tra loro.

La Dottrina del Concetto - La Logica Oggettiva, che contiene solo la Dottrina del Concetto,  affronta il terzo e ultimo problema della Logica hegeliana, quello di rivelare l’INTERO. L’intero è rappresentato dall’IDEA, nella quale essere e pensiero si fondono. L’indagine, così come nelle due dottrine precedenti, è svolta in tre momenti, uno di tipo soggettivo, uno oggettivo e uno risolutivo e sintetico. Il primo momento descrive i tre aspetti tradizionali della logica formale: il CONCETTO LOGICO (cioè i nomi delle cose, i termini, le parole); il GIUDIZIO (cioè la connessione tra i termini attraverso il predicato, quindi la proposizione, la frase), e infine il SILLOGISMO (cioè il discorso logico, l’unione tra le proposizioni). Il secondo momento affronta i tre aspetti della natura, cioè della realtà esterna al pensiero: il MECCANISMO, cioè tutto ciò che riguarda il movimento di una cosa sola; il CHIMISMO, cioè tutto ciò che riguarda i rapporti tra le cose che si muovono; e infine il FINALISMO, che riguarda le conseguenze dei movimenti e le ragioni di esse. Il terzo momento dell’indagine hegeliana sul concetto è dedicato all’IDEA, che riconcilia l’Io e la Natura unendo essere e pensiero, reale e ideale. L’idea è vista da Hegel nelle sue tre forme: quella IMMEDIATA, quella MEDIATA e quella ASSOLUTA, che rivela appunto l’intero.

La rivelazione della totalità dell’intero nell’idea, chiude la Scienza della Logica. Il sistema hegeliano prosegue con la Filosofia della Natura. La Logica hegeliana rappresenta infatti l’idea “in sé” cioè nel suo aspetto individuale, singolo, soggettivo. Adesso l’idea deve farsi “altro da sé” scoprendo l’esistenza di altre idee: il luogo dove avviene questa nuova consapevolezza dell’idea è la natura.

LA FILOSOFIA DELLA NATURA - Hegel non aveva una grande interesse per la natura, perché ai suoi occhi era troppo soggetta ai cambiamenti, e non dava quindi delle garanzie di stabilità. Per questo egli arriva perfino a deridere certi aspetti romantici della natura stessa, come per esempio le albe e i tramonti che affascinavano gli esseri umani, e dedica agli aspetti filosofici un’attenzione frettolosa. Tuttavia egli è costretto a riconoscere alla natura un ruolo centrale nel sistema, in quanto luogo dell’ALIENAZIONE dell’idea. Alienarsi significa diventare altro: l’idea che si è manifestata nella Logica, deve uscire “fuori da sé” e scoprire il mondo confrontandosi con esso. Questo percorso si divide, come sempre, in tre momenti: il primo momento è quello della MECCANICA (da non confondere con l’omonimo aspetto del meccanismo descritto nella Dottrina del Concetto) secondo la quale tutto nella natura è soggetto al movimento; il secondo momento è quello della FISICA, secondo la quale tutti gli elementi naturali sono soggetti a meccanismi di attrazione e di repulsione; il terzo momento infine è quello dell’ORGANISMO, ossia della vita. Hegel distingue qui la vita GEOLOGICA, i minerali, quella VEGETALE, le piante, e quella ANIMALE, gli animali. Il percorso dell’idea sta per concludersi nel momento finale, rappresentato dalla FILOSOFIA DELLO SPIRITO: l’idea, dopo essersi alienata nella natura torna a sé con la consapevolezza di essere parte dell’Assoluto, diventando “in sé e per sé” nella totalità.

LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO - Lo Spirito è il traguardo del percorso dell’idea, che diventa consapevole della propria libertà. Libertà per Hegel non significa anarchia ma riconoscersi parte del tutto: la sua concezione di libertà rispecchia la rigorosa classificazione del suo sistema. Hegel suddivide la Filosofia dello Spirito in tre aspetti: uno SOGGETTIVO e individuale, uno OGGETTIVO e collettivo, e uno ASSOLUTO, che è la sintesi definitiva del sistema.

Lo Spirito Soggettivo - La nascita dell’Io è una tappa fondamentale nella storia dell’idea. Affermare la propria individualità significa infatti poter pensare sé stessi. Ma questo risultato come sempre non è immediato e passa attraverso tre momenti. Il primo è quello dell’ANTROPOLOGIA: è il primo barlume della coscienza, una coscienza ancora oscura, quasi animalesca, priva di razionalità, condizionata solo dalla sensibilità. Il secondo momento è la FENOMENOLOGIA: qui si compie un’evoluzione della coscienza, che dalla sensibilità arriva alla razionalità. Infine il terzo momento è quello della PSICOLOGIA: l’Io, che ha preso coscienza della propria singolarità, diventa consapevole della sua libertà. Questa consapevolezza è ancora limitata, perché l’Io - come la coscienza individuale nella Fenomenologia dello Spirito - non si pone nemmeno il problema dell’esistenza di altri Io: esiste solo lui e basta. Ecco perché è necessario che si compia la sua alienazione nell’oggettività.

Lo Spirito Oggettivo - Il problema della libertà dell’Io attraversa l’intera speculazione hegeliana. La coscienza che si è manifestata nello Spirito Soggettivo non sa ancora cosa significa libertà, in quanto manca di un elemento contrario: per sentirsi veramente libero l’Io deve infatti prendere atto dell’esistenza della sfera sociale, e quindi oggettiva; in caso contrario non ha senso parlare di libertà vera e propria. Lo Spirito Oggettivo si articola in tre momenti: diritto, moralità ed eticità. Il diritto è il riconoscimento del possesso: si tratta di un vincolo importante nel momento in cui l’Io ha a che fare con altre individualità. Poiché tutti sono legittimati a possedere le cose, è necessario che il possesso sia regolato per evitare che ognuno si prenda le cose degli altri. Questa necessità viene superata dalla moralità, il secondo momento dello Spirito Oggettivo: qui si esce dalla sfera individuale e si entra nella sfera sociale. Nella moralità il diritto perde la sua rigorosa importanza perché l’Io si accorge di essere parte della collettività: ma questo sentimento non è ancora spontaneo: la moralità è ancora un dovere, si fa perché “‘è bene”. Il vero compimento della libertà avviene nell’eticità: à qui che l’Io diventa veramente consapevole del suo ruolo sociale. Hegel descrive in questa parte le tre strutture sociali per eccellenza: la famiglia, la società e lo Stato. La famiglia è il primo nucleo sociale, a cui segue la società, che è l’unione di più famiglie. Infine lo Stato, autoritario e assoluto, in quanto fondamentale per il cittadino (possono esistere delle società senza uno Stato ma non uno Stato senza società): è proprio nello Stato che si compie la vera libertà dell’Io. Lo Spirito Oggettivo si manifesta nella STORIA come SPIRITO DEL POPOLO (in tedesco  Volksgeist): la storia è il percorso dello Spirito nelle società umane. Ma non possiamo ancora parlare di una vera totalità perché l’oggettività è ancora un momento di conflitto. La conclusione del percorso dell’Idea avviene infatti nello SPIRITO ASSOLUTO.

Lo Spirito Assoluto -  L’Idea arriva alla conclusione del proprio percorso e si rende consapevole della propria assolutezza. Questa presa di coscienza avviene ancora una volta in tre momenti: l’ARTE, la RELIGIONE e la FILOSOFIA. Questi tre momenti cercano di riflettere l’Assoluto ma solo la filosofia ci riesce. L’arte sarebbe perfetta per riflettere la totalità: all’artista infatti spetta il compito di immaginare e di contemplare l’infinito. Ma l’arte esige uno strumento e un medium creativo: la tela e i pennelli per il pittore, lo strumento musicale per il musicista, il marmo e lo scalpello per lo scultore. Solo il poeta non ha teoricamente bisogno di strumenti: se il pittore non dipinge, se lo scultore non scolpisce, se il musicista non suona, noi non possiamo ammirare nessuna opera d’arte; il poeta potrebbe anche comporre improvvisando o comunque recitare. Ma anche il poeta, se non avesse uno strumento (la sua voce o quella di altri, un libro di poesie, un foglio di carta) non potrebbe far conoscere al mondo i suoi versi. L’arte è - come si vede - inadeguata a riflettere l’Assoluto ma nemmeno la religione viene considerata idonea a questo compito. La religione infatti ha solo una funzione di rappresentazione della totalità: la presenza dei riti, delle preghiere, delle cerimonie tipiche delle religioni che Hegel chiama positive (come il Cristianesimo) dimostrano che il praticante non si sente veramente parte di un Tutto, tanto da invocare la divinità. Solo la filosofia, in quanto dialettica, riflette l’Assoluto come coincidenza di ideale e di reale, di finito e di infinito. Hegel definisce la filosofia una STORIA DELLA FILOSOFIA perché sottolinea in senso dialettico il modo in cui le tappe della storia dello Spirito si svolgono nell’unità del tutto. A questo punto il percorso dell’Idea si rivela in tutta la sua interezza e l’Idea può tornare a sé stessa consapevole di essere parte della totalità.

Piergiovanni Morittu

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