giovedì 14 settembre 2017

Classe 5 - Filosofia 3

Filosofia 3 - Classe 5A

 Nietzsche e Freud

NIETZSCHE - LEZIONE 22
Vita e opere di Nietzsche

22.1 - il pensiero di un filosofo e il corso della sua vita sono due percorsi intrinsecamente correlati: in una delle sue opere più celebri, AL DI LÀ DEL BENE E DEL MALE, Nietzsche paragona il pensiero di un filosofo quasi a un autodafè. Sarebbe sicuramente riduttivo interpretare l'intero corso del pensiero niceano in chiave strettamente autobiografica, ma è tuttavia importante la sua biografia, in quanto egli stesso afferma nella NASCITA DELLA TRAGEDIA di aver condotto la sua speculazione "nell'ottica della vita" esulando da qualsiasi prospettiva sistematica tradizionale. Pertanto le tappe esistenziali e intellettuali della vita di Nietzsche sono una base fondamentale per capire il suo progressivo allontanamento dalla religione cristiana fino al nichilismo, l'interesse per la filologia classica e la ricerca di un nuovo percorso di consapevolezza per l'uomo. Nietzsche nasce nel 1844 a Röcken, una cittadina della regione prussiana Sassonia-Anhalt nei pressi di Lützen, da una famiglia di solide tradizioni protestanti (i genitori erano entrambi provenienti da famiglie di pastori luterani e lo stesso padre di Nietzsche lo era). Due anni dopo la sua nascita venne alla luce la sorella Elisabeth e, a distanza di altri due anni, il fratello Joseph, che muore a soli 2 anni, poco dopo la scomparsa del padre. Nietzsche fu sempre legato alla figura del padre, mentre maturò forti contrasti con la madre e la sorella, sopratutto a causa del suo spirito libero che lo portò ad allontanarsi dal cristianesimo luterano praticato in famiglia. Dopo la morte del fratello la famiglia si trasferì a Naumburg, dove Nietzsche iniziò ad andare a scuola e dove ricevette una precoce educazione musicale tanto che, ancora dodicenne, cominciò a comporre piccoli brani e a scrivere poesie. A 14 anni, tramite una borsa di studio, fu ammesso al ginnasio di Pforta, scuola rinomata per la qualità dell'insegnamento umanistico, dove Nietzsche si appassionò alla filologia classica e dove strinse una delle amicizie più importanti della sua vita, quella col futuro orientalista e studioso di sanscrito Paul Deussen; pochi anni più tardi, insieme a due amici d'infanzia, fonda l'associazione Germania e scrive i primi saggi, ispirati alle opere di Ralph Waldo Emerson. Ventenne si iscrive alla facoltà di Teologia dell'Università di Bonn, che però abbandonò l'anno seguente per studiare filologia a Lipsia. La scelta segnò l'inizio dei contrasti con la famiglia, che auspicava per lui il ruolo di pastore luterano come da tradizione. A Lipsia Nietzsche si avvicinò allo studio della filosofia, sopratutto dei presocratici, di Kant e di Schopenhauer e iniziò le prime collaborazioni nelle attività di scrittore e conferenziere. Nel 1867 intraprese il servizio militare a Naumburg ma fu congedato dopo un anno a causa di una brutta caduta da cavallo che gli procurò una brutta ferita al petto. Nel novembre di quello stesso anno Nietzsche incontra per la prima volta il compositore Richard Wagner, iniziando con questo un sodalizio destinato a segnare un solco intellettuale profondo nella vita di Nietzsche.

22.2 - Dopo aver conseguito il dottorato in Filologia a Lipsia, nel 1869 Nietzsche ottiene la cattedra di lingua e letteratura greca all'Università di Basilea. Qui, oltre a stringere altre amicizie importanti, Nietzsche rinuncia alla cittadinanza prussiana per diventare ufficialmente apolide, rifiutando anche la cittadinanza elvetica. Nel 1870, oltre a tenere due conferenze sul dramma musicale greco e su Socrate e la tragedia, scrisse anche un saggio sulla visione dionisiaca del mondo: si tratta del nucleo iniziale dell'opera LA NASCITA DELLA TRAGEDIA. In questo periodo Nietzsche comincia a non sentire più la vocazione accademica, tanto da arruolarsi nella Guerra Franco-Prussiana. Ma al fronte fu colpito dalla difterite e fu rimpatriato. Fece quindi ritorno a Basilea dove cercò invano di ottenere la cattedra di Filosofia e dove si dedicò alla stesura della sua prima opera filosofica, LA NASCITA DELLA TRAGEDIA. Conclusa nel 1871 e pubblicata l'anno seguente, l'opera fu accolta con ostilità dal mondo accademico. L'opera, ancora sotto l'evidente influsso di Schopenhauer, esprimeva una concezione del mondo in cui dionisiaco e apollineo non erano semplicemente due caratteri della tragedia ma due principi della realtà. Nietzsche prendeva le distanze dal razionalismo socratico, considerato responsabile del decadimento della civiltà occidentale, ed esaltava la musica di Wagner, considerata espressione proprio di quel decadimento. Profondamente deluso dalle critiche alla sua opera Nietzsche decise di abbandonare l'insegnamento, anche a causa delle frequenti nausee ed emicranie che lo tormentavano dai tempi di Lipsia e abbracciò il progetto di dedicarsi alla propaganda wagneriana. La decisa svolta intellettuale porta Nietzsche a prendere le distanze dalle sue amicizie giovanili e a contrarne di nuove, come quella con Paul Ree e quella con Peter Gast, che fu anche un suo fidato collaboratore nella fase più avanzata della malattia. È questo il periodo delle CONSIDERAZIONI INATTUALI, una serie di quattro scritti che, secondo una tendenza già presente nella prima opera filosofica di Nietzsche, costituiscono una critica della cultura del suo tempo. Le tematiche affrontate in queste opere rappresentano una vivace reazione al filisteismo della cultura tedesca, una condanna  dei miti e delle ideologie e l'esaltazione dello spirito wagneriano nella visione tragica dell'arte.
Tra il 1878 e il 1879 due avvenimenti segnano profondamente la vita di Nietzsche: la rottura del suo sodalizio con Wagner e il definitivo abbandono dell'insegnamento universitario. Questi due eventi aprono una fase di grande fervore critico ma anche di tensioni e inquietudini, ben rappresentate nell'opera UMANO, TROPPO UMANO pubblicata tra il 1878 e il 1880, il cui primo tomo recava il sottotitolo "un libro per spiriti liberi" e nell'opera tardiva ECCE HOMO.

22.3 - Dopo l'abbandono dell'insegnamento Nietzsche, a cui l'università riconobbe una modesta pensione, trascorse alcuni anni senza fissa dimora, in condizioni psicofisiche piuttosto precarie, spostandosi tra la Svizzera, il Nord Italia e la Francia Meridionale, alla ricerca di climi favorevoli al suo stato di salute. Nel 1881 pubblica AURORA, saggio sulla critica della morale e l'anno seguente LA GAIA SCIENZA, dove trovano posto due tra i temi più importanti della fase matura del suo pensiero, la morte di Dio e il superuomo. Nella primavera di quello stesso anno Nietzsche incontrò a Roma la giovane intellettuale russa Lou von Salomè, di cui si innamorò. Di Lou si innamorò anche l'amico di Nietzsche, Paul Ree: il triangolo amoroso causò la fine dell'amicizia con Ree. Inoltre questo legame  causò una forte tensione tra Nietzsche e la sorella, ostile alla giovane russa. Tutti questi avvenimenti portarono il filosofo a una profonda depressione.
Tra il 1883 e il 1885 Nietzsche completa le quattro parti di COSÌ PARLÒ ZARATHUSTRA, dove troviamo i temi dell'eterno ritorno dell'uguale, della morte di Dio, del nichilismo e dove si compendia e si sviluppa la visione dionisiaca già mostrata nella NASCITA DELLA TRAGEDIA. Nel frattempo Nietzsche fu coinvolto in una nuova lite familiare a causa del fidanzamento di Elisabeth con Bernhard Forster, un wagneriano antisemita: il filosofo giunse a rompere i rapporti con la madre e la sorella, con le quali poi si riconciliò, ma non volle essere presente al matrimonio. Mentre progettava un'opera sistematica sulla critica della morale, che però rimase incompiuta, tra il 1886 e il 1888 Nietzsche fece pubblicare quattro opere fondamentali:

AL DI LÀ DEL BENE E DEL MALE (1886)
GENEALOGIA DELLA MORALE (1887)
L'ANTICRISTO (1888)
CREPUSCOLO DEGLI IDOLI (1888)

Sempre nel 1888 vedono la luce l'opera autobiografica ECCE HOMO e i due saggi IL CASO WAGNER e NIETZSCHE CONTRA WAGNER. Si tratta delle ultime opere di Nietzsche: oramai prigioniero delle sue allucinazioni egli si trasferisce a Torino, da cui invia lettere dal tono enfatico ed esaltato che allarmano gli amici. Ricoverato in una clinica psichiatrica di Basilea e poi in un'altra clinica a Jena, il filosofo, ormai ottenebrato dalla malattia, trascorre i suoi ultimi anni di vita dapprima a Naumburg, ospite della madre e dal 1897, dopo la morte di quest'ultima, a Weimar a casa della sorella Elisabeth, che fonderà l'Archivio Nietzsche. Si spegne a Weimar nel 1900.

NIETZSCHE - LEZIONE 23
La Nascita della Tragedia

23.1 - il primo impianto della concezione filosofica tragica niceana appare nel 1872 con l'opera LA NASCITA DELLA TRAGEDIA, opera in cui Nietzsche utilizza categorie di tipo estetico e ricorre a due immagini di natura mitologica, DIONISIACO e APOLLINEO. In quest'opera non solo Nietzsche spiega la nascita della tragedia attica, a partire dallo spirito della musica, ma elabora anche una moderna concezione dell'arte e della cultura. Nel TRATTATO DI AUTOCRITICA del 1886, che costituiva la prefazione di una nuova edizione del libro, Nietzsche definisce quest'opera come problematica, stravagante e di difficile accesso; nel saggio autobiografico  ECCE HOMO sostiene che questo libro ha agito e affascinato proprio per ciò che aveva di sbagliato. Questa ambivalenza riflette bene la natura dei suoi rapporti con Wagner, dall'ammirazione giovanile per il compositore, di cui condivideva l'amore per il pensiero di Schopenhauer e il progetto di rinnovamento della cultura tedesca, al definitivo allontanamento. L'influenza wagneriana e schopenhaueriana si fa sentire sopratutto nel significato metafisico dell'arte e nella concezione del mondo come fenomeno esterno. In questa prospettiva l'arte e la musica sono esperienza che consentono di cogliere l'essenza della realtà: guardando alla realtà nella prospettiva dell'arte il filosofo riesce infatti a scorgere il mondo oltre il velo dell'apparenza. Nietzsche non era interessato a mostrare attraverso strumenti filologici la nascita della tragedia ma intendeva invece interrogarsi sul significato metafisico del reale, guardando la razionalità e la scienza nell'ottica dell'arte e l'arte nell'ottica della vita. In ECCE HOMO Nietzsche delinea il profondo antagonismo tra la tendenza dionisiaca dell'epoca tragica e il SOCRATISMO, la cui forza razionale reprime l'istintualità del dionisiaco. Alla visione concettuale della filosofia post-socratica Nietzsche oppone una filosofia tragica che traspone l'elemento dionisiaco in pathos filosofico o saggezza tragica.
Alla base della concezione niceana c'è il rifiuto della classicità ellenica.e dei suoi concetti di armonia, bellezza, equilibrio, proporzione e misura, che hanno valore secondo Nietzsche solo per l'arte del V secolo, per la scultura e l'architettura, ma non per l'intera grecità. L'analisi psicologica di Nietzsche porta a 4 domande:

1) da  quale bisogno nascono l'arte e la ragione presso i Greci?
2) qual è il rapporto dell'uomo greco con il dolore e con la sofferenza?
3) il pessimismo è un segno di forza o di debolezza e di decadimento?
4) l'avvento del razionalismo socratico - che ha portato alla fine della tragedia - è esso stesso un segno di decadimento?

23.2 - Lo sviluppo dell'arte, afferma Nietzsche, si deve alla coesistenza di due principi opposti, chiamati APOLLINEO e DIONISIACO. Si tratta dei due principi di natura mitologica - e non logica - che accoppiandosi danno vita alla TRAGEDIA ATTICA. Coerente con la sua prospettiva psicologica, Nietzsche li definisce IMPULSI e li paragona al SOGNO (l'apollineo) e all'EBBREZZA (il dionisiaco). Il rapporto tra queste due forze, paragonate da Nietzsche a quello tra i sessi finalizzato alla riproduzione, non conduce solo alla nascita della tragedia attica ma influenza lo sviluppo dell'intera civiltà. L'arte apollinea trova la sua maggiore espressione nella scultura: Apollo è il dio del sole e della luce, della chiarezza; l'arte apollinea esprime l'armonia delle forme, equilibrio e misura, perfezione. Apollo rappresenta la bella parvenza del sogno, la fiducia dell'uomo nel principium individuationis e quindi in ciò che appare al di qua del velo di Maya. Apollo dunque è il dio dell'illusione, la magnifica espressione della fiducia nelle apparenze, l'immagine dell'uomo che non sospetta che queste siano derivate dalla più profonda essenza del mondo, nascosta dal velo di Maya. Nell'origine della tragedia l'apollineo  non è un principio autonomo ma è intrinsecamente collegato al dionisiaco, anzi, in questa polarità è proprio il dionisiaco a svolgere il ruolo fondamentale, essendo l'artefice dello smascheramento della vera essenza, celata oltre il velo dell'illusione. Al contrario di Apollo, Dioniso è il dio dell'oscurità, dell'ebbrezza, della smisuratezza: egli simboleggia l'energia degli istinti, il rapimento estatico, il caos e l'eccesso. Il dionisiaco si esprime nella musica che genera stati passionali, in opposizione alla musica armonica e misurata dell'apollineo. Il dionisiaco è la rottura del principium individuationis, la lacerazione del velo di Maya. Nietzsche si rifà qui a un celebre brano di Schopenhauer che descrive il sentimento di orrore dell'uomo che ha perso la fiducia nelle forme dell'apparenza, l'uomo che si rende conto che il principio di ragione non può essere applicato in tutte le configurazioni del reale: l'uomo abbandona la soggettività e si affaccia a un sentimento comunitario, rappresentato nel canto e nella danza. Egli si riconcilia con la natura, lasciando alla natura il ruolo di artista per diventare esso stesso un'opera d'arte, svelando la sua natura originaria.
Questi due impulsi si incontrano nella tragedia di Eschilo e di Sofocle, in cui convivono il dionisiaco dell'ebbrezza (la musica e il coro) e l'apollineo del sogno (i dialoghi e il tessuto narrativo). L'elemento caratterizzante la tragedia, secondo una concezione già presente nella POETICA di Aristotele, è il CORO. Ma Nietzsche rompe gli schemi del classicismo e indica nel coro un elemento di voluto squilibrio, di mascheramento, di separazione tra la tragedia e la vita reale. A differenza di Aristotele che indicava la tragedia la vera arte imitativa,, Nietzsche la dipinge come la rappresentazione della parvenza e dell'illusione, ben rappresentate dal mascheramento del komos dionisiaco in figure innaturali (per esempio le maschere dei satiri): questo non significa che la tragedia rappresenta un mondo di fantasia, anzi, il mondo rappresentato sulla scena vuole essere credibile così come la teogonia degli dei dell'Olimpo. Il coro è l'elemento dionisiaco e comunitario che si oppone al momento soggettivo della recita dell'attore, quasi una barriera, che mostra il modo in cui la tragedia non si sente obbligata a imitare la vita e ne manifesta  per contro il lato gioioso, non più sofferente della mutevolezza dell'apparenza onirica. La tragedia non è quindi una forma di pessimismo, come aveva detto Schopenhauer, ma una manifestazione di forza vitale.

23.3 - La fine della tragedia coincide con un processo di decadenza che interessa tutta la storia delle civiltà occidentali. In questa fase alla visione tragica si sostituisce quella razionalistica, imponendo il primato dell'intelletto sul mondo e istituendo la conoscenza come valore supremo. La morte della tragedia, che nasce dal conflitto insanabile tra queste due visioni, è in realtà un suicidio, che viene operato da Euripide nell'espulsione dell'elemento dionisiaco: la tragedia perde così il suo aspetto mitico del racconto delle vicende dell'eroe e diventa una rappresentazione - non artistica - della vita quotidiana. Nietzsche attribuisce la responsabilità di questo suicidio alla filosofia socratica. Apollo e Dioniso sono sostituiti dal daimon, felicità e sapere si fondono nell'eudemonismo, la struttura razionale dell'universo soppianta il caos dionisiaco e l'uomo teoretico prende il posto dell'uomo tragico. L'influenza del razionalismo socratico si fa sentire anche nello stile e nella scrittura della tragedia euripidea, sopratutto nell'introduzione del prologo, elemento narrativo che anticipa ciò che succederà nel corso della rappresentazione, privando coaì la tragedia della tensione epica, dell'aspettativa, dell'incertezza. Per recuperare il pathos tragico Euripide è costretto a introdurre delle scene retorico-liriche, ma questo presente drammatico spezza l'equilibrio tra prologo ed epilogo, cassando la sintesi tragica della tragedia pre-euripidea. Epos e pathos vengono dunque separati così come si perde l'unione tra la musica e l'intreccio.
I limiti del socratismo emergono nella crisi della metafisica espressione delle filosofie di Kant e di Schopenhauer, consapevoli dell'irraggiungibilità della cosa in sé se non nella prospettiva di una conoscenza scientifica. Nietzsche vede nella musica di Wagner la possibilità di una RINASCITA DELLA TRAGEDIA in quanto l'opera wagneriana recupera la sintesi tragica riunificando gesto, musica e parola (forse anche a causa dall'abitudine di Wagner di scrivere i libretti dei propri drammi musicali).

NIETZSCHE - LEZIONE 24
La critica della cultura e la morte di Dio

24.1 - Il periodo successivo alla NASCITA DELLA TRAGEDIA è caratterizzato da una profonda analisi critica della cultura e della storia, considerate dal filosofo "inattuali" poiché non coerenti col presente della civiltà occidentale, inattualità che investe anche la morale tanto da giungere a una auto-dissoluzione della stessa. Questo è il periodo dei due grandi divorzi culturali nel pensiero niceano, quello da Wagner e quello da Schopenhauer e lo sviluppo delle due tematiche centrali del pensiero più maturo, la morte di Dio e l'eterno ritorno dell'uguale. Il vero obiettivo della concezione tragica niceana non era il progetto di una nuova società o una nuova cultura ma era il risveglio delle forze creative sopite e che avrebbero condotto l'uomo a realizzare un nuovo presente, diverso da quello attuale. Nietzsche non adotta uno stile espositivo sistematico ma preferisce le forme del saggio e sopratutto del pamphlet, rivolgendo una critica "contro il tempo" alla cultura e alla storia. Ancora legato a Schopenhauer, Nietzsche considera la conoscenza come strumento della volontà e interpreta i concetti di vero e falso non in senso morale ma puramente conoscitivo, quali determinati dell'intelletto umano. Il linguaggio, fondato su metafore, assume un ruolo convenzionale: il suo sistema di metafore non può dunque essere il solo strumento per descrivere il mondo, poiché la metafora cristallizza e irrigidisce il vero aspetto del reale, legando immagini, suoni e parole a sensazioni nervose. Nietzsche passa dunque da una concezione tragica a una concezione PROSPETTIVISTICA, in cui la realtà altro non è che il frutto di un sistema di metafore legate a stimoli nervosi.
La critica alla cultura tedesca, allo "svergognato ottimismo filisteo", comincia dalla demolizione di uno dei miti del giovane Nietzsche, l'esponente della sinistra hegeliana David Friedrich STRAUSS, protagonista della prima delle CONSIDERAZIONI INATTUALI. Nella seconda delle INATTUALI Nietzsche rivolge la sua critica alla storia  - sopratutto allo storicismo hegeliano - e allo storiografismo tipico della cultura tedesca del secondo Ottocento: il senso storico di cui la cultura tedesca va fiera nel presente è in realtà secondo Nietzsche una malattia, sintomo di una decadenza inesorabile, questa malattia è all'origine di due tendenze: un eccesso di consapevolezza storica, che ostruisce la formazione di nuova storia, e l'oggettivazione del sapere storico, che produce un eccesso di dati che l'individuo non è in grado di assimilare. Queste due tendenze provocano rispettivamente una distanza della storia dalla vita e una scissione tra esteriorità e interiorità, che si traduce nella mancanza di stile che è all'origine della decadenza. Rileggendo i versi di Leopardi, Nietzsche paragona a questo proposito uomo e animale, il primo schiacciato dal suo passato, il secondo invece libero poiché vive nel presente. Ma anche l'uomo può essere felice, "mettendosi a sedere sulla soglia dell'attimo": infatti la vita ha bisogno anche dell'oblio e dell'inconsapevolezza, di orizzonti e di prospettive. Ciò che è storico e ciò che non lo è sono entrambi di interesse per un individuo, per un popolo, per una civiltà. La malattia storica si combatte dunque recuperando il rapporto tra la storia e la vita. Esistono tre forme di sapere storico che includono tale rapporto:
la storia MONUMENTALE, che serve al vivente, in quanto attivo, per costruire il futuro;
la storia ANTIQUARIA, che serve al vivente in quanto preserva e venera, per conservare il passato;
la storia CRITICA, che serve alla vita in quanto soffre e ha bisogno di liberazione e si traduce proprio nella critica al presente storico.
Queste forme non sono esenti da difetti, per esempio la storia monumentale può creare false analogie tra passato e presente, la storia antiquaria può degenerare nel collezionismo, la storia critica può addirittura sradicare il presente nel passato. Per questo è necessario che le tre forme siano in equilibrio e che nessuna delle tre prevalga sulle altre.
Un ulteriore cura per la malattia della storia è il ricorso alle tre POTENZE SOVRASTORICHE, arte, filosofia e religione. Nietzsche usa l'aggettivo sovrastorico per riferirsi all'azione del genio creativo che supera le convenzioni sociali e culturali creando un proprio linguaggio: si tratta delle due figure che Nietzsche venera come maestri, Schopenhauer e Wagner e a cui sono dedicate la terza e la quarta delle CONSIDERAZIONI INATTUALI.

24.2 - L'opera UMANO TROPPO UMANO sancisce il divorzio culturale da Wagner e l'abbandono della cosiddetta metafisica dell'artista in favore della scienza. Nietzsche opera un cambiamento di stile, adottando un linguaggio aforistico più asciutto, a tratti polemico, che sconfina quasi nel sarcasmo e ridimensiona le speranze in una rinascita della cultura tragica, in precedenza affidate all'opera wagneriana. Questa fase del pensiero niceano viene anche chiamata ILLUMINISTICA: la scienza non viene interpretata infatti in un senso positivistico ma viene vista come una posizione privilegiata per operare l'esercizio del dubbio e la critica del presente storico. Occorre precisare però che questo atteggiamento, nonostante la dedica a Voltaire comparsa nella prima edizione dell'opera, si discosta dall'illuminismo vero e proprio per l'assenza di fede nel progresso e per la concezione non naturalistica della scienza. In questa fase l'atteggiamento niceano nei confronti della civiltà moderna si fa più problematico. Non solo la religione ma anche l'arte viene vista come un'illusione da smascherare, che indebolisce la moralità dell'artista e rende l'arte inadatta a svolgere il compito educativo dei secoli precedenti. Nietzsche individua tuttavia una continuità tra uomo estetico e uomo scientifico, sia perché l'arte, educando al piacere e al bello, svolge im ruolo preparatorio alla scienza, sia perchè la scienza stessa, come l'arte, è costretta nei limiti delle forme della rappresentazione. Il vero merito della scienza, scrive Nietzsche, è quello di offrire una visione del mondo non più oggettiva dell'arte ma semplicemente libera dai pregiudizi metafisici a cui l'uomo ricorre per tollerare la propria caducità e debolezza: nasce così la figura dello SPIRITO LIBERO, che vive la verità senza illusioni, la vita come un esperimento, abbandonando quella concezione provvidenziale, metafisica, religiosa, da cui nasce l'umanità. Lo spirito libero non va confuso col libero pensiero, espressione della scienza illuministica: Nietzsche adotta un METODO GENEALOGICO, fondato sul SOSPETTO, una forma di scetticismo, di diffidenza, di critica radicale, che mette in crisi anche le verità più solide, fino a pervenire a una rifondazione della morale.

24.3 - Nell'ultimo aforisma di UMANO TROPPO UMANO Nietzsche auspica l'avvento della cosiddetta FILOSOFIA DEL MATTINO, ossia l'atteggiamento critico di colui che, liberatosi del pregiudizi sedimentati nel passato, si sente un viandante rassicurato dalla mutevolezza e dalla transizione. In questa nuova concezione del filosofare, libera da ogni pregiudiziale metafisica, prende vita una nuova concezione dell'uomo e della vita che dalla dissoluzione della morale - in realtà una auto-dissoluzione che compare nell'opera AURORA - arriva alla MORTE DI DIO, che compare nell'aforisma 125 della GAIA SCIENZA. A dare l'annuncio della morte di Dio è un personaggio fittizio, l'uomo folle, che si autoaccusa, insieme all'umanità, di averlo ucciso. Non è questa una dichiarazione di ateismo, non è il rifiuto dell'esistenza di Dio, ma un evento, spiega Nietzsche, che segna la storia moderna dell'umanità, accompagnando alla scomparsa di un Dio trascendentale la scomparsa di quei valori ultraterreni su cui il mondo è stato fondato. La svalorizzazione di questo ideale supremo conduce Nietzsche ad affermare che l'umanità è circondata dal nulla, arrivando quindi a una soluzione NICHILISTA, a causa della mancanza del fondamento su cui era costruita la civiltà occidentale. L'abbandono del valore supremo dell'esistenza di Dio rende l'uomo disorientato, poiché vengono meno i valori fondamentali, bene e male, giustizia e ingiustizia, fino a rendere l'umanità incapace di trovare dei punti di riferimento.

NIETZSCHE - LEZIONE  25
Lo Zarathustra e la volontà di potenza

25.1 - Solo nella fase più matura del suo pensiero, segnata dall'opera COSÌ PARLÒ ZARATHUSTRA, Nietzsche, dopo aver preso in considerazione i temi dell'eterno ritorno, della morte di Dio e del superuomo, giunge all'estremo tentativo di un'opera sistematica che si sarebbe dovuta chiamare LA VOLONTÀ DI POTENZA, che corona il programma della trasvalutazione dei valori. Quella di cui Nietzsche si fa profeta e annunciatore è una nuova dimensione dell'umanità. In questa fase del suo pensiero Nietzsche adotta uno stile molto particolare, che si potrebbe identificare come un poema in prosa, con una scrittura che richiama i versetti del nuovo Testamento. I temi che caratterizzano questa fase si muovono sullo sfondo del NICHILISMO, di cui il filosofo distingue due forme, un nichilismo PASSIVO e uno ATTIVO. Il primo è l'atteggiamento di chi, di fronte alla crisi dei valori, si lascia andare al dolore e al risentimento, il secondo è l'atteggiamento di chi invece, di fronte a questa crisi, contribuisce alla distruzione dei valori oramai inutilizzabili predisponendo la nascita di una nuova umanità. Questa fase del percorso del pensiero niceano è detta filosofia del meriggio, poichè l'insegnamento di Zarathustra - alter ego dello stesso Nietzsche - inizia a mezzogiorno, l'ora senza ombra. È l'ora della grande decisione del superuomo, ma anche l'ora della dissoluzione della soggettività, simboleggiata dalla circolarità dinamica del mezzogiorno a cui tutto torna.

25.2 - Nella prima parte di COSÌ PARLÒ ZARATHUSTRA compare la figura del SUPERUOMO, espressione dello spirito libero niceano. Il superuomo è colui che dice sì alla vita, colui che accetta la vita nei suoi aspetti positivi e negativi e ne auspica l'eterno ritorno. In tal senso egli esprime un atteggiamento tragico e dionisiaco nei confronti della vita. Il superuomo deve sopportare la morte di Dio, la perdita di tutti i valori trascendentali e del rifugio della metafisica, consapevole dell'aspetto positivo di una rinascita dell'umanità finalmente libera di creare sé stessa e i propri valori. Il superuomo nasce proprio dalla negazione e dal superamento dell'uomo come si è formato nella civiltà occidentale e che deve elevarsi al di sopra di sé stesso. Questo auto-superamento è una transizione che Nietzsche rende con l'immagine di un ponte, di un cavo teso tra la bestia e il superuomo, si tratta di un'immagine purtroppo fraintesa dagli ideologi nazionalisti e nazisti, che videro nel superuomo l'evoluzione della civiltà in una razza pura. A tal proposito il filosofo italiano Gianni Vattimo aveva proposto la definizione di OLTREUOMO a indicare proprio una "ulteriorità" e un distacco, una rottura radicale piuttosto che una evoluzione. Il superuomo, annunciato da Nietzsche come una speranza di ricomposizione della realtà frammentata, trova il suo complemento nell'ULTIMO UOMO, espressione del nichilismo passivo, privo di slancio creativo. Nietzsche lo definisce spregevole, a causa del disprezzo che egli prova per la vita e per sé stesso e per la sua incapacità di scagliare la freccia oltre l'uomo, in quanto assente ogni forza decisionale. A differenza dell'ultimo uomo il superuomo è per Nietzsche l'uomo del grande amore e del grande disprezzo, colui che vive secondo la legge dell'eterno ritorno: colui che porterà l'umanità fuori dalla condizione del nichilismo.

25.3 - Esposta per la prima volta nell'aforisma 341 della  GAIA SCIENZA e poi sviluppata nella terza parte dello ZARATHUSTRA, la concezione dell'eterno ritorno è considerata da Nietzsche una formula suprema, e non a caso è nel suo orizzonte che si possono comprendere le altre due dottrine importanti del pensiero niceano, quella del superuomo e quella della volontà di potenza. Essa rappresenta una concezione circolare e non finalistica del tempo, che si discosta volutamente dalla concezione lineare e provvidenziale della tradizione ebraico-cristiana, ivi comprese le forme scolarizzate di matrice positivista e storicista. Nella concezione dell'eterno ritorno il tempo e il divenire non hanno un fine o uno scopo ma si basano sulla ripetizione, come nella tradizione filosofica presocratica e orientale. Ogni evento non è un momento unico inserito in una linea immaginaria che dal passato porta al futuro e viceversa ma è un momento destinato a ripetersi eternamente e che trova in sé stesso il proprio senso. Il presupposto di questa dottrina è la caduta del velo che separa mondo vero e mondo apparente, divisi per secoli, la cui riconciliazione inizia dalla morte di Dio e dal processo di liberazione dalla metafisica e da ogni dottrina trascendentale. La scomparsa dei due mondi, caratteristici della metafisica cristiano-platonica, obbliga a guardare ad una sola realtà terrena assegnandole il giusto valore e questo è il solo modo di abbandonare il nichilismo. La rinuncia a questo inutile sdoppiamento permette anche di capire il vero significato della legge dell'eterno ritorno: infatti è logico supporre che solo chi è veramente felice possa desiderare la ripetizione degli eventi. Ma questo accade poiché si fa riferimento a una concezione della temporalità tradizionalmente diacronica e lineare, che presuppone una funzione consolatoria per l'infelicità. La piena felicità si realizza invece in una temporalità non lineare, laddove il significato di un singolo evento vale di per sé stesso e non dipende da ciò che viene prima o dopo. La decisione del superuomo di vivere l'eterno ritorno dell'uguale è una scelta di volontà che si attua nell'attimo del presente, cancellando ogni dipendenza dal destino e dalla causalità e trasformando il presente in un attimo immenso. Così il ritorno del passato e l'AMOR FATI non sono più visti in chiave provvidenzialista e fatalista, ma come risultato della VOLONTÀ DI POTENZA, vera forza creatrice in grado di eternare il tempo e di imprimere al divenire il carattere dell'essere.

25.4 - Solo dove è vita è volontà, scrive Nietzsche, ma non volontà di vita bensì volontà di potenza. Il tema della VOLONTÀ DI POTENZA (Wille zur Mach in tedesco) compare nella seconda parte dello ZARATHUSTRA, ma è centrale nelle opere dell'ultimo Nietzsche, presente anche in molti scritti rimasti solo frammenti. Si tratta di una forza vitale, di un principio di auto-conservazione che tende ad accrescere se stessa, come già aveva detto Schopenhauer e, secondo Nietzsche, anche Darwin. È la volontà creatrice del superuomo che ha abbandonato i valori del passato come la metafisica per crearne di nuovi: è questa la cosiddetta MORALE DEI SIGNORI, contrapposta alla MORALE DEGLI SCHIAVI, ossia la prospettiva che da Socrate in poi, passando per il Cristianesimo, ha soffocato il genio creativo dell'umanità impedendo di creare nuova storia, nuovi valori, nuova cultura. Puntando il dito contro quella civiltà occidentale ormai in decadenza, Nietzsche affida alla volontà di potenza il compito di creare, allontanando l'uomo dalle ideologie da gregge delle dottrine socialiste ed egualitariste del suo tempo e dalle interpretazioni che vengono affermate in luogo dei fatti, in una visione PROSPETTIVISTICA che metteva fuori gioco la concezione ingenuamente oggettivista del sapere e della vita.

FREUD - LEZIONE 30
Freud e la psicoanalisi

30.1 - La psicoanalisi nasce nel 1899 con l'opera L'INTERPRETAZIONE DEI SOGNI, che Sigmund Freud significativamente voleva fosse pubblicata nel 1900. La psicoanalisi costituiva una vera novità, imponendosi non solo come una TERAPIA per la cura delle nevrosi e in genere delle psicopatologie, ma anche una TEORIA GENERALE per la ricostruzione della struttura e dei processi del sistema psichico e un METODO per lo studio dei fenomeni socio-culturali come arte, morale e religione. Concetto centrale della teoria psicoanalitica è l'INCONSCIO. L'importanza data all'inconscio muta in modo radicale la concezione della dimensione umana, portando la disciplina oltre il suo aspetto clinico e arrivando quindi ad assumere implicazioni di carattere filosofico e culturale. Accanto alla dimensione cosciente di ogni persona, ne esiste una nascosta, fatta di desideri, passioni, sentimenti, che influenza quella visibile e consapevole: Freud deduce che la personalità è il prodotto di diverse istanze che in buona parte sfuggono alla volontà del soggetto. Si tratta di una prospettiva rivoluzionaria, dato che il tema della coscienza del singolo era stato centrale per tutti i filosofi moderni - da Descartes fino a Hegel - e che adesso diventava secondario rispetto all'inconscio. Va anche precisato però che Freud non fu il primo a "scoprire" l'inconscio tema già presente nelle filosofie di Leibnitz, per esempio, di Schopenhauer e di Nietzsche. L'originalità di Freud consiste nell'aver scoperto, grazie alla sua attività di psicoterapeuta, un metodo per accedere all'inconscio, introducendo una serie di innovazioni della prassi terapeutica. Freud pone il paziente come protagonista del suo percorso di guarigione, svolto attraverso la PAROLA, attraverso una corrente affettiva tra analista e paziente e attraverso quegli aspetti (in apparenza) marginali della vita psichica tra i quali il SOGNO che rappresenta il vero cancello d'ingresso alla dimensione inconscia dell'individuo.

30.2 - La psicoanalisi nasce innanzitutto come terapia per la cura dell'isteria, un disturbo tipicamente femminile molto studiato alla fine del XIX secolo e che causava sintomi all'apparenza inspiegabili come la cecità, la paralisi, l'afasia. La medicina di stampo positivista riconduceva la eziologia delle isterie a processi patologici cerebrali. Freud aveva trascorso un periodo presso la Salpetrière di Parigi, dove Charcot utilizzava il metodo dell'ipnosi per curare il disturbo: in questa occasione Freud osservò quanto i gesti e le parole del medico avessero influenza sullo stato delle pazienti, facendo regredire i sintomi più gravi, intuendo così che all'origine dell'isteria non fossero dei processi di natura psicopatologica. Tornato a Vienna Freud inizia ad applicare il metodo dell'ipnosi, con la collaborazione di Josef BREUER, utilizzandolo non solo per inibire i sintomi, ma anche per scoprire le cause che li determinavano. Già nel corso della sua esperienza clinica - ma in particolare nel caso della paziente Anna O. - Breuer aveva ipotizzato che i sintomi presentati dalle pazienti isteriche fossero il risultato di energie psichiche non catalizzate e utilizzate proprio per la produzione dei sintomi stessi. Breuer e Freud elaborarono così il METODO CATARTICO, che consisteva proprio nello scaricamento di queste energie mediante l'ipnosi e la verbalizzazione (per questo motivo la stessa Anna O. definiva questa procedura talking care). Freud - a differenza di Breuer che era più ancorato alla psichiatria tradizionale - intuiva nel legame medico-paziente la vera svolta nel processo di guarigione. Questo legame, interpretato da Freud quasi come un trasporto sessuale, venne codificato in due espressioni, il TRANSFERT, cioè i sentimenti della paziente nei confronti del medico, e il CONTROTRANSFERT, ossia la risposta affettiva del medico. Il caso Anna O. consente a Freud di mostrare l'esistenza di un collegamento tra il sintomo e la storia personale di un paziente. Il sintomo è infatti il sostituto di un evento traumatico, rimosso dal paziente e spostato nell'inconscio. Dunque la guarigione non si ottiene semplicemente con l'inibizione del sintomo, ma con l'esposizione del trauma rimosso perché il paziente lo riconosca e ne divenga consapevole. Freud abbandona l'ipnosi per utilizzare il metodo delle LIBERE ASSOCIAZIONI, che consiste nella verbalizzazione spontanea del paziente, sdraiato su un lettino perché sia rilassato, attraverso ricordi, immagini, fantasie, volte a portare allo scoperto il problema. Un serio ostacolo a questa prassi terapeutica era però il meccanismo della RESISTENZA, collegato alla rimozione stessa del ricordo sgradevole, ossia la tendenza del paziente a razionalizzare gli eventi, filtrando gli aspetti ritenuti inaccettabili dal soggetto: il compito del terapeuta diventa dunque quello di capire il collegamento tra la resistenza e gli elementi rimossi allo scopo di riportare alla coscienza gli eventi traumatici responsabili del sintomo. Freud elabora dapprima una teoria sull'origine delle nevrosi basata su ricordi di seduzione sessuale in età infantile, mentre successivamente, ricollegando questi ricordi a fantasie  - e non a eventi reali - raccontate dai pazienti, perviene alla sua teoria dell'interpretazione dei sogni.

30.3 - Il sogno è, secondo la definizione data da Freud, l'appagamento (mascherato) di un desiderio (represso) rimosso. Il sogno non è qualcosa di irrazionale, ma ha una sua logica, ovviamente diversa da quella che governa i comportamenti nello stato di veglia. Mentre la psicologia positivista del tempo considerava il sogno il risultato dell'attività della corteccia cerebrale, Freud ne indaga l'origine psichica. Infatti il sogno per Freud svela e allo stesso tempo maschera la vita psichica profonda del soggetto. I desideri e i pensieri inconsci, censurati dal soggetto, si manifestano indirettamente attraverso le determinazioni provocate da questo meccanismo:  quella del sogno è un'attività simbolica, poiché i suoi contenuti sono rappresentati attraverso simboli. Freud distingue il contenuto dei sogni in due definizioni: il CONTENUTO ONIRICO MANIFESTO, cioè quello che effettivamente ci ricordiamo del sogno e il CONTENUTO ONIRICO LATENTE, che rappresenta il vero significato del sogno: poiché il contenuto latente costituisce il vero significato del sogno, è necessario procedere a una interpretazione del sogno stesso per svelare quei desideri, mascherati da simboli, che la coscienza nasconde per poter essere accettabili.

30.4 - Nel corso di queste indagini Freud constata che i sogni spesso esprimono desideri sessuali risalenti all'infanzia del soggetto. La teoria  freudiana dello sviluppo psicosessuale non mancò di destare scandalo negli ambienti scientifici e culturali dell'epoca. Freud propone un concetto di sessualità molto ampio, che abbraccia l'intero spettro dei comportamenti infantili, associando a certe zone del corpo un potenziale erogeno: la pulsione non è circoscritta infatti alla sola area genitale, ma interessa anche meccanismi quali la suzione del seno materno o l'evacuazione delle feci. Il bambino è definito provocatoriamente da Freud un ESSERE PERVERSO POLIMORFO e si  individuano cinque fasi dello sviluppo psicosessuale:

1. FASE ORALE: corrisponde al primo anno di vita del bambino e in essa la capacità di provare piacere si localizza nella bocca, allo scopo di stimolare la nutrizione.
2. FASE ANALE: la ricerca del piacere si sposta alla zona dell'ano e alle funzioni di evacuazione, allo scopo di esercitare il controllo sfinterico.
3. FASE FALLICA: è caratterizzata dall'interesse del bambino per la zona genitale.
4. PERIODO DI LATENZA: va dai sei anni alla pubertà e si caratterizza per la scomparsa, almeno apparente, delle pulsioni sessuali.
5. SESSUALITÀ GENITALE: corrisponde alla sessualità dell'età adulta.

Nel corso della fase fallica si sviluppa quella tendenza che Freud chiama COMPLESSO DI EDIPO, ossia il sentimento di attrazione del bambino per il genitore di sesso opposto e il conseguente rifiuto del genitore dello stesso sesso. Il mancato superamento di tale conflitto viene posto da Freud all'origine delle nevrosi.

30.5 - Per spiegare la funzione dei fenomeni psichici e il modo in cui essi influenzano la vita dell'individuo, Freud elabora una serie di sistemi, ascrivibili a dei precisi luoghi psichici posti fra di loro in rapporti strutturali e dinamici. Questa geografia del fenomeno psichico è riassunta in due TOPICHE: la prima raggruppa i tre sistemi di inconscio, preconscio e conscio, la seconda raggruppa le tre istanze di Es, Io e Super Io.
Il presupposto della prima topica è il grado di consapevolezza dei contenuti e dei processi psicologici. L'INCONSCIO è l'insieme dei rappresentanti pulsionali, ossia delle rappresentazioni connesse alle pulsioni primordiali, sessuali e aggressive, che non possono accedere al preconscio e al conscio, istinti e desideri che si realizzano indipendentemente dal PRINCIPIO DI REALTÀ. Si tratta di immagini, che seguono la logica di quello che Freud chiama PROCESSO PRIMARIO (tutto ciò che ha a che fare con gli istinti). Il PRECONSCIO è il sistema psichico che contiene quei processi non ancora consapevoli, ma che possono diventarlo. Le rappresentazioni di cui esso è composto sono parole e seguono la logica del PROCESSO SECONDARIO (tutto ciò che ha a che fare con la vita sociale e di relazione). I processi e i ricordi che fanno parte del preconscio possono essere portati alla coscienza grazie allo sforzo dell'attenzione. Il CONSCIO o SISTEMA PERCEZIONE-COSCIENZA è infine il sistema psichico legato alle percezioni e quindi è quello di cui il soggetto è consapevole, legato sia al mondo esterno, sia a quello interno. Poiché comprende anche i ricordi, è strettamente legato al preconscio. Nel corso delle sue indagini Freud si rende conto dei limiti di questa prima topica, soprattutto egli trova riduttivo l'identificazione dell'Io con la coscienza e dell'inconscio con i contenuti rimossi, così tenta di dare una nuova definizione dell'apparato psichico formulando le tre istanze, comprese nella seconda topica, che sono alla base della personalità e che si formano fin dall'infanzia.
L'ES si riferisce a quei contenuti inconsci, pulsioni e desideri, presenti fin dalla nascita o in parte sedimentati dalla rimozione. Esso non conosce spazio e tempo, bene e male, e agisce in base al PRINCIPIO DI PIACERE. L'IO è la parte strutturata e organizzata della personalità, che emerge e si sviluppa attraverso l'identificazione con le figure parentali. Esso è in parte conscio e in parte inconscio poiché di esso fanno parte i MECCANISMI DI DIFESA che aiutano l'Io a sopportare l'impatto della forza pulsionale dell'Es  con le istanze della realtà e col controllo del Super Io. A differenza dell'Es esso opera in base al PRINCIPIO DI REALTÀ, indirizzando i desideri e gli istinti verso mete sociali. Il SUPER IO rappresenta la coscienza morale e nasce dall'interiorizzazione delle norme e dei divieti imposti dai genitori, nel corso della fase edipica. Esso nasce dall'identificazione con i genitori non solo in quanto soggetti reali, ma anche come rappresentanti delle leggi e delle consuetudini che sono alla base della vita civile. Questa opposizione tra le pulsioni e la legge, tra i desideri e gli istinti e la vita civile, è radicalizzata da Freud nel concetto di PULSIONE DI MORTE che si distingue dalle pulsioni sessuali e dall'istinto di autoconservazione. Freud osserva che la civiltà è accompagnata da un profondo senso di disagio. Alla pulsione di vita, EROS, forza aggregante e positiva alla base dell'evoluzione della civiltà, si oppone THANATOS, forza distruttiva e disgregatrice, che può essere rivolta verso gli altri o verso se stessi. In questo senso le pulsioni sessuali e aggressive sono legate da una tensione verso la morte che appartiene costruttivamente alla vita psichica.

Filosofia 3 - Classe 5A