sabato 23 settembre 2017

Classe 3 - Storia 4

Storia 4 - Classi 3A-3D

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L'Europa nella seconda metà del XVI secolo


1 - LA SPAGNA DI FILIPPO II

INTRODUZIONE

Filippo II d’Asburgo regna in Spagna dal 1556 al 1598. Sotto Filippo II la Spagna raggiunge il benessere economico e una effettiva egemonia sugli altri stati europei a causa
degli immensi domini nei Paesi Bassi e in Italia, che rendevano una continua fonte di reddito, aumentata dai possedimenti americani che producevano oro e metalli preziosi;
dell’unità religiosa del paese fondata sulla fede cattolica di cui gli Asburgo si fecero protettori; il Tribunale dell’Inquisizione vigilava affinchè l’ortodossia cattolica venisse osservata, anche con metodi repressivi e sanguinari;
del fortissimo esercito costruito sulla nobiltà cavalleresca castigliana e sulla disciplinatissima fanteria dei cosiddetti tercios.
Filippo II eredita la corona dal padre Carlo V nel 1556. La corona spagnola comprendeva la Spagna, i Paesi Bassi, la Franca Contea e i domini italiani (meridione, Milanese, isole maggiori, parte della Toscana) in Europa, più i territori coloniali americani e più tardi le Filippine in Asia.
Il primo triennio del regno lo passa nei Paesi Bassi di cui era governatore; nel 1559 si stabilisce definitivamente in Spagna e porta la capitale da Valladolid a Madrid, scelta perché si trova al centro della Penisola Iberica; nel 1563 iniziano i lavori per la costruzione dell’Escorial, il gigantesco palazzo sede della monarchia spagnola, a quaranta chilometri dalla capitale.

POLITICA INTERNA

La centralizzazione dello stato è la caratteristica principale del regno filippino; il re gestisce personalmente gli affari dello stato, nomina i vicerè e i governatori dei vari domini, istituisce i Consigli che si affiancano a quelli già esistenti, e istituisce un efficace apparato burocratico per controllare personalmente l’operato delle amministrazioni locali, assumendo i letrados, laureati in materie umanistiche. Per garantire la continuità territoriale e l’unità religiosa della nazione, difende la “limpieza de sangre” (purezza di sangue) degli Spagnoli cristiani autentici, perseguitando marranos (ebrei neoconvertiti) e  moriscos (musulmani). Tra il 1568 e il 1570 Filippo II con l’aiuto del fratellastro don Giovanni d’Austria riesce a sedare una pericolosa rivolta dei moriscos a Granada, rivolta che rischiava di estendersi col rischio di suscitare una ripresa dell’offensiva turca: dispersi i moriscos delle altre province, l’esercito spagnolo chiude le ostilità e tra il 1609 e il 1614 tutti i Mori sono espulsi dalla Spagna.

POLITICA ESTERA

Due erano i problemi che Filippo si trovò ad affrontare durante il suo regno, la pirateria nelle coste del Mediterraneo e l’avanzata dei Turchi. Nel 1560 i Turchi difendono strenuamente le coste nordafricane a Djerba, ma sono respinti a Malta nel 1565 dai Cavalieri di San Giovanni. Nel 1570, guidati dal sultano Selim II, conquistano il possedimento veneziano di Cipro e iniziano a minacciare seriamente il Mediterraneo. Papa Pio V promuove allora la Lega Santa, a cui aderiscono Venezia, la Spagna e gli Stati italiani. Il 7 ottobre del 1571 le 208 navi della flotta della Lega Santa, al comando di don Giovanni d’Austria, sconfiggono le armate turche (230 navi) nelle acque di Lepanto. Venezia conclude nel 1573 una pace separata coi Turchi, a cui cede Cipro in cambio dei diritti commerciali sui porti ottomani; la Spagna, dopo aver tentato la riconquista di Tunisi, conclude una pace con i Turchi nel 1580.
Conclusa l’offensiva antiturca si fa però strada un altro pericolo, incentrato nei paesi dell’area atlantica, come i Paesi Bassi, il Portogallo e l’Inghilterra. Questi paesi minacciavano i traffici commerciali spagnoli con la guerra da corsa nel caso dell’Inghilterra, che disturbava le navi mercantili spagnole nel bacino del Mediterraneo; oppure si trattava di paesi, come la stessa Inghilterra o i Paesi Bassi, in cui le tensioni religiose avevano prodotto una pericolosissima frattura nella popolazione. Nel 1580, estinta la dinastia di Braganza, si rende vacante il trono portoghese: Filippo, vedovo di Maria Emanuela di Portogallo, avanza le sue pretese dinastiche, col sostegno dei cattolici portoghesi e fa invadere il Portogallo, che resterà annesso alla Spagna fino al 1640.
Le energie profuse da Filippo II per garantire l’unità territoriale e religiosa del suo Impero finirono con l’indebolire la corona. Le grosse ricchezze coloniali finirono infatti per deprezzare le risorse produttive iberiche e generarono una totale disaffezione nella classe dirigente, che prese a mirare verso più prestigiosi ruoli statali. Dopo ben quattro bancarotte, la Spagna è costretta a chiedere finanziamenti ai banchieri genovesi.
Una vera spia del malessere politico era la situazione dei Paesi Bassi. Carlo V aveva annesso i Paesi Bassi, un numeroso agglomerato di province tra cui Olanda, Belgio, Lussemburgo e varie regioni di lingua francese, concedendo loro una amministrazione che tollerava l’autogoverno locale. Nel 1559 Filippo II estende il suo disegno accentratore e antiprotestante ai Paesi Bassi, che affida alla sorellastra Margherita e al cardinale Granvelle; l’odio contro il cardinale accende le ire della popolazione, anche della parte cattolica, che nel 1564 riesce a ottenere l’allontanamento di Granvelle.
Due anni dopo scoppia l’insurrezione vera e propria, guidata dalla minoranza calvinista; nel 1567 Filippo II invia il duca d’Alba, detto “il duca di ferro” a sedare l’insurrezione: il duca reprime nel sangue la rivolta e tra i pochi scampati c’è solo Guglielmo d’Orange. Nel 1568 inizia la guerra antispagnola sotto la guida di Guglielmo d’Orange, passato al calvinismo e nominato “stadhouder” cioè governatore. Dopo il saccheggio di Aversa, nel 1576, da parte delle truppe spagnole, nasce l’Unione di Gand, a cui aderiscono tutte le province cattoliche e calviniste, per rispondere alla brutalità spagnola.
Filippo invia nei Paesi Bassi Alessandro Farnese, ottimo mediatore, che riesce a dividere i cattolici dai calvinisti: il 6 gennaio 1579 le province cattoliche lasciano l’Unione di Gand e costituiscono la Lega di Arras, riconciliandosi con la Spagna in cambio del riconoscimento delle proprie autonomie. Pochi giorni dopo le province settentrionali calviniste fondano l'Unione di Utrecht rifiutando ogni tentativo di riconciliazione con Madrid e proclamando la loro indipendenza. Nasceva così l’Unione delle Province Unite, che si disse Olanda, dal nome di una delle province.

L’ITALIA SPAGNOLA

Con la pace di Cateau Cambresis dell’aprile 1559 la Spagna aveva mantenuto il suo dominio nel Meridione d’Italia, nel Milanese e nello Stato dei Presidi in Toscana. Tra i possedimenti spagnoli nella nostra penisola ricordiamo i Regni di Sardegna, Sicilia e Napoli, che erano governati da tre vicerè, spagnoli e di nomina regia, mentre lo Stato di Milano era retto da un governatore, pure spagnolo e di nomina regia. La politica spagnola non aveva alterato assolutamente gli equilibri preesistenti, (se non introducendo un rigoroso centralismo amministrativo) ma anzi favorì i potentati locali e garantì un certo periodo di pace e di benessere economico; purtroppo l’asservimento alla Spagna segnò anche la decadenza italiana.

Genova – Dopo il governo personale di Andrea Doria Genova si era legata a Carlo V, e, pur restando di fatto indipendente, manteneva saldi rapporti con la Spagna filippina: la potentissima società finanziaria della Casa di San Giorgio era stata infatti il principale finanziatore delle casse spagnole durante le quattro famose bancarotte che si succedettero durante il regno di Filippo II.

Toscana – Grazie all’appoggio di Carlo V la famiglia dei Medici torna a governare Firenze con Cosimo, tra il 1537 e il 1574; l’esercito mediceo sventa una rivolta a Siena, che non vedeva di buon occhio la dipendenza “morale” dalla Spagna, e in seguito Cosimo annette Siena, estendendo il suo stato mediceo, mentre nelle zone costiere del territorio senese sorge lo Stato dei Presidi, che viene annesso al Regno di Napoli. Nel 1569 Cosimo de’ Medici riceve l’investitura papale diventando Granduca di Toscana.

Stato della Chiesa – Pio V con la bolla “In Coena Domini” ribadisce la superiorità pontificia su quella imperiale e si fa promotore della lega Santa che sconfiggerà i Turchi a Lepanto nel 1571, mentre Gregorio XIII riformerà il calendario giuliano (che da allora in poi si disse gregoriano); ma il periodo aureo lo si ha sotto il pontificato di Sisto V, che oltre a promuovere la lotta contro l’autonomismo delle signorie locali, istituisce 15 Sacre Congregazioni tra cui il Sant’Uffizio, supremo organo ufficiale dell’Inquisizione cattolica. Il pontificato di Clemente VIII segna infine l’abbandono della politica filospagnola della Chiesa di Roma.

Venezia – Grazie al suo governo oligarchico, espressione del patriziato cittadino e formato da tre Inquisitori e dal Consiglio dei Dieci, la Repubblica di Venezia riesce a conservare la sua autonomia. Il potere della Serenissima era però un potere fortemente limitato e sostanzialmente sulla difensiva, che era costretto a subire la minaccia dei grandi imperi limitrofi e delle scorrerie turche nel Mediterraneo, come testimonia il caso di Cipro. In virtù della pace separata, conclusa con i Turchi nel 1573, Venezia cede Cipro guadagnando una discreta libertà di traffico nei porti ottomani.

Savoia – La pace di Cateau Cambresis aveva riassegnato il Ducato di Piemonte a Emanuele Filiberto di Savoia, istituendo una sorta di stato cuscinetto tra la Francia e la Lombardia spagnola. Emanuele Filiberto riorganizza il piccolo ducato, centralizzando il potere amministrativo e giudiziario e togliendo così autonomia alle grandi famiglie dell’aristocrazia feudale; inoltre con l’acquisizione di Tenda e Oneglia fornì al Piemonte un importante sbocco sul mare, che dava impulso ai traffici navali e istituì la coscrizione obbligatoria, riformando totalmente l’esercito. Nel 1563 la capitale viene portata da Chambéry a Torino e nel 1588, durante il regno di Carlo Emanuele I, viene occupato il marchesato di Saluzzo.

2 - LE GUERRE DI RELIGIONE IN FRANCIA

INTRODUZIONE

Nel 1559 il re di Francia Enrico II di Valois muore a causa di una caduta accidentale durante un torneo: poiché i figli di Enrico, Francesco e Carlo, erano minorenni, la reggenza del trono è affidata alla vedova Caterina de’ Medici, che reggerà il trono fino al 1574. La mancanza di una solida guida riaccende però le tensioni tra le due fazioni religiose, che degenera in una vera e propria guerra di fede tra i cattolici, capeggiati dai duchi di Guisa, e gli ugonotti calvinisti (il nome deriva dal tedesco “eidgenossen” cioè confederati), capeggiati dai Borbone. Caterina cercò di mediare la tensione tra le due fazioni nobiliari concedendo benefici politici a entrambe le famiglie, ma quando con l’Editto di Saint Germain concede agli ugonotti una limitata libertà di culto, il partito cattolico insorge e, agli ordini del duca di Guisa, massacra una trentina di ugonotti il 1 marzo 1562 a Vassy. Il massacro di Vassy costituisce l’inizio di una sanguinosa guerra di religione che si snoda per un trentennio; guerra che coinvolge anche il popolo, chiamato inevitabilmente a parteggiare per i propri correligionari.

PRIMA FASE

La prima guerra si svolge nel biennio 1562/63 e vede la caduta dei due capifazione, Francesco di Guisa e Antonio di Borbone; si conclude con l’editto di Amboise, che concede libertà di culto alla minoranza ugonotta. Le altre due guerre si svolgono tra il 1567 e il 1570 (sono divise da una pausa di pochi mesi nel 1568) e dopo le sconfitte di Jarnac e Moncontour, gli ugonotti guidati dall’ammiraglio Gaspard de Coligny resistono tenacemente fino a ottenere, grazie all’opera mediatrice della regina, la pace di Saint Germain che garantisce agli ugonotti la libertà di culto, con la garanzia di quattro piazze di sicurezza . La Rochelle, Montauban, Cognac, e La Charité-sur-Loire.

SECONDA FASE

Dopo la pace di Saint Germain, sembra che le forze ugonotte aumentino il proprio prestigio, sia per il ruolo svolto a Corte dal Coligny, sia per il matrimonio tra la cattolica Margherita di Valois, sorella del re Carlo IX, con l’ugonotto Enrico di Borbone. Inaspettatamente però la regina madre Caterina de’Medici cambia idea e si allea con i Guisa, fomentando un nuovo attacco al partito ugonotto. La notte di San Bartolomeo, tra il 23 e il 24 agosto 1572, i cattolici organizzano una sanguinosa caccia all’uomo ai danni di migliaia di ugonotti convenuti a Parigi per le nozze di Margherita ed Enrico: quest’ultimo riesce a scappare, mentre in provincia centinaia di protestanti sono messi a morte, compreso il Coligny. Nel 1573 gli ugonotti fondano l’Unione Protestante, alternativa alla Lega Santa cattolica che Enrico di Guisa costituirà nel 1576: il conflitto si internazionalizza, coinvolgendo la Spagna di Filippo II per la parte cattolica, e l’Inghilterra protestante e la Germania calvinista per la parte ugonotta.
Nel 1574 sale al trono di Francia Enrico III, che due anni dopo è costretto a cedere agli ugonotti l’editto di Beaulieu.
Politicamente la situazione interna era molto debole, e lo stesso re non era in grado di controllare adeguatamente la situazione di conflitto tra le fazioni avverse dell’aristocrazia feudale, al punto che il teologo calvinista Du Plessis-Mornay pubblica nel 1579 il fortunato libello “Vindiciae contra tyrannos” in cui teorizza il regicidio in caso di assolutismo monarchico; per contro il teologo e politologo Jean Bodin aveva pubblicato tre anni prima “De la Republique”, un’opera dichiaratamente filoassolutista. Bodin, unitamente a Michel de l’Hopital, teorizzava il ritorno a una forma di assolutismo regio per concludere il periodo di guerre religiose e di contenziosi feudali.

TERZA FASE

Morto nel 1584 l’ultimo fratello del re Enrico III si apre la lotta alla successione, poiché non vi erano altri eredi diretti. Enrico di Borbone avanza la sua legittima pretesa dinastica, per via del suo matrimonio con Margherita di Valois: appoggiati dalla Spagna, i Guisa aprono le ostilità nel 1585, ma a sorpresa Enrico III, stanco delle ingerenze dei Leghisti, fa assassinare il duca di Guisa. Parigi, roccaforte dei Guisa, si ribella contro Enrico III: il re si allea allora con i Borbone e designa Enrico a succedergli, a patto che si converta al cattolicesimo; poco dopo muore, per mano del monaco Jacques Clement, nel 1589. Nel 1593, dopo aver pronunciato la leggendaria frase “Parigi val bene una messa” Enrico di Borbone abiura solennemente al calvinismo nella cattedrale di Saint Denis e, in qualità di nuovo sovrano, entra come Enrico IV a Parigi. Nel 1598 Enrico IV conclude con Filippo II la pace di Vervins, che conferma l’integrità del territorio francese. Il 13 aprile dello stesso anno le guerre di religione trovano la definitiva conclusione con l’editto di Nantes, con cui gli ugonotti ottengono libertà di coscienza e di culto, salvo che a Parigi ed entro cinque miglia dalla capitale, piena parità di diritti politici e ben 142 piazze di sicurezza.

3 - L’INGHILTERRA DI ELISABETTA I

L’Inghilterra diventerà durante il regno elisabettiano (1558/1603) la maggiore antagonista della Spagna. A separare i due colossi politico-economici era soprattutto la rivalità in ambito navale e commerciale, ma uno dei principali motivi dell’antagonismo era senza dubbio la politica religiosa perseguita dai Tudor: sotto Enrico VIII si era infatti consumato lo Scisma della Chiesa Anglicana da quella Romana, al momento in cui il re inglese sposa nel 1533 Anna Bolena, dopo aver ripudiato la prima moglie Caterina d’Aragona, incorrendo nella scomunica pontificia; nel 1534 l’Atto di Supremazia designa il sovrano inglese come capo della stessa Chiesa e nel 1539 l’Act of Six Articles fissa i dogmi principali della nuova Chiesa. Nel 1549 il successore di Enrico VIII, Edoardo VI, introduce il Book of Common Prayer, che riconoscerà la validità dei soli sacramenti del battesimo e dell’eucarestia. Con l’ascesa al trono della cattolica Maria Tudor il protestantesimo inglese conosce una vera e propria battuta d’arresto, anche perché la regina sposa nel 1554, con nozze morganatiche, il re di Spagna Filippo II: l’appoggio della cattolica Spagna costituisce il punto di partenza per una restaurazione della religione cattolica in Inghilterra.
Forte dell’appoggio spagnolo, Maria ripristina la giurisdizione papale, guadagnandosi l’avversione dei numerosi protestanti ostili a Filippo II, e giustiziando oltre trecento dissidenti religiosi, capi del movimento anglicano,  meritando così l’appellativo di Bloody Mary, Maria la Sanguinaria. Il regno di Maria Tudor dura cinque anni, e alla sua morte, nel 1558, le succede la figlia nata dal matrimonio di Enrico VIII e Anna Bolena, Elisabetta.
Pretendente al trono era anche sua cugina, la futura regina di Scozia Maria Stuart, figlia di Giacomo V (che era nipote di Enrico VIII) e moglie di Francesco II di Valois, primogenito di Enrico II e di Caterina de’ Medici (il matrimonio dura due anni, fino alla morte di Francesco II nel 1560). Il matrimonio di Maria con un re cattolico la rendeva evidentemente inadatta al ruolo di regina d’Inghilterra e capo della Chiesa Anglicana.
L’ascesa al trono di Elisabetta, nata da un matrimonio non valido per la Chiesa di Roma, riportò necessariamente l’Inghilterra al protestantesimo. Elisabetta ripristinò infatti la religione anglicana di cui era a capo in base all’Atto di Supremazia (che fu modificato così da far comparire il titolo di “reggente supremo” in luogo di “capo”), e operò una tenace lotta religiosa contro la cattolica e filofrancese Scozia dove regnava sua cugina Maria Stuart. Inoltre emanò l’Atto di Uniformità, con cui ripristinava le riforme liturgiche edoardiane, e i cosiddetti 39 Articoli, che davano alla religione anglicana una impronta di tipo calvinista, pur conservando la tradizionale struttura episcopale.
In politica estera la neoregina appoggiò la rivolta calvinista del 1559 in Scozia, guidata da John Knox, e rifiutò inoltre le insistenti proposte matrimoniali di Filippo II, svincolandosi definitivamente dalla politica filospagnola instaurata dalla precedente regina Maria la Cattolica.
Come si è già detto la rivolta dei calvinisti scozzesi scoppia nel 1559 contro la reggente cattolica francese Maria di Guisa (la regina Maria era infatti in Francia col marito Francesco di Valois) sotto la guida di John Knox e supportata militarmente dall’Inghilterra elisabettiana. La regina di Scozia, vedova di Francesco II, tornava in patria ma era a capo di un paese ormai a maggioranza protestante, che non vedeva di buon occhio la regina cattolica e soprattutto la politica filofrancese dei Guisa, a cui Maria era legata. Dopo la morte di Francesco II Maria sposa prima Lord Darnley e poi Lord Bothwell, ma il suo tentativo di restaurare il cattolicesimo genera una seconda rivolta che costringe Maria a chiedere aiuto alla cugina Elisabetta Tudor. La regina d’Inghilterra ovviamente accetta, sapendo di poter controllare facilmente il movimento filocattolico inglese e scozzese che aveva designato la cattolica Maria come erede legittima al trono inglese, e fa segregare la cugina in un castello.
Il figlio di Maria, Giacomo, viene intanto preso in consegna dai calvinisti scozzesi, che lo educano al protestantesimo e creano una reggenza speciale per lui. Questa vicenda coinvolge inevitabilmente la Scozia e l’Inghilterra nelle guerre di religione, in cui la regina Elisabetta non fece mancare il supporto agli Ugonotti francesi, e soprattutto favorisce l’inasprirsi della tensione con la Spagna, che si manifesta nella guerra corsara a danno dei galeoni mercantili spagnoli in rotta nel Mediterraneo. La guerra, di cui fu protagonista tra gli altri Sir Francis Drake, giunge a una svolta con l’esecuzione capitale della regina scozzese, accusata di aver ordito dei complotti contro Elisabetta: la condanna rappresentava infatti una sfida aperta contro il cattolicesimo e costrinse Filippo II a un intervento diretto.
Era evidente che la guerra di religione costituiva un pretesto: le imprese marinare di Drake, l’affermarsi della potenza navale inglese e il sempre più fastidioso crescendo di imprese piratesche ai danni delle navi spagnole imponevano un efficace intervento che arrestasse il propagarsi della potenza dell’Inghilterra elisabettiana.
Filippo voleva invadere l’Inghilterra e aveva approntato la famosa Invincibile Armata, con 130 navi e 30 mila uomini, che si sarebbe dovuta fondere con l’esercito spagnolo di stanza nei Paesi Bassi, ma il tentativo (1588) andò miseramente fallito: le piccole e veloci navi inglesi ebbero la meglio sui pesanti galeoni spagnoli, che furono pesantemente decimati e sospinti verso il Mare del Nord.
La sconfitta accresceva il prestigio navale dell’Inghilterra e la rilanciava come potenza marinara. Ma non era solo questa la risorsa inglese più importante. Durante il regno elisabettiano crescono infatti due settori produttivi, quello manifatturiero e quello agricolo; inoltre si sviluppano le grandi compagnie mercantili, come la Compagnia delle Indie Orientali attiva fin dal 1600 nel far east, e realtà economiche come i merchants adventurers o mercanti avventurieri, attivi in Europa.
Elisabetta muore nel 1603.

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