venerdì 6 maggio 2016

25 - Nietzsche

NIETZSCHE - LEZIONE  25
Lo Zarathustra e la volontà di potenza

25.1 - Solo nella fase più matura del suo pensiero, segnata dall'opera COSÌ PARLÒ ZARATHUSTRA, Nietzsche , dopo aver preso in considerazione i temi dell'eterno ritorno, della morte di Dio e del superuomo, giunge all'estremo tentativo di un'opera sistematica che si sarebbe dovuta chiamare LA VOLONTÀ DI POTENZA, che corona il programma della trasvalutazione dei valori. Quella di cui Nietzsche si fa profeta e annunciatore è una nuova dimensione dell'umanità. In questa fase del suo pensiero Nietzsche adotta uno stile molto particolare, che si potrebbe identificare come un poema in prosa, con una scrittura che richiama i versetti del znuovo Testamento. I temi che caratterizzano questa fase si muovono sullo sfondo del NICHILISMO, di cui il filosofo distingue due forme, un nichilismo PASSIVO e uno ATTIVO. Il primo è l'atteggiamento di chi, di fronte alla crisi dei valori, si lascia andare al dolore e al risentimento, il secondo è l'atteggiamento di chi invece, di fronte a questa crisi, contribuisce alla distruzione dei valori oramai inutilizzabili predisponendo la nascita di una nuova umanità. Questa fase del percorso del pensiero niceano è detta filosofia del meriggio, poichè l'insegnamento di Zarathustra - alter ego dello stesso Nietzsche - inizia a mezzogiorno, l'ora senza ombra. È l'ora della grande decisione del superuomo, ma anche l'ora della dissoluzione della soggettività, simboleggiata dalla circolarità dinamica del mezzogiorno a cui tutto torna.

25.2 - Nella prima parte di COSÌ PARLÒ ZARATHUSTRA compare la digura del SUPERUOMO, espressione dello spirito libero niceano. Il superuomo è colui che dice sì alla vita, colui che accetta la vita nei suoi aspetti positivi e negativi, e ne auspica l'eterno ritorno. In tal senso egli esprime un atteggiamento tragico e dionisiaco nei confronti della vita. Il superuomo deve sopportare la morte di Dio, la perdita di tutti i valori trascendentali e del rifugio della metafisica, consapevole dell'aspetto positivo di una rinascita dell'umanità finalmente libera di creare sé stessa e i propri valori. Il superuomo nasce proprio dalla negazione e dal superamento dell'uomo come si è formato nella civiltà occidentale e che deve elevarsi al di sopra di sé stesso. Questo auto-superamento è una transizione che Nietzsche rende con l'immagine di un ponte, di un cavo teso tra la bestia e il superuomo, si tratta di un'immagine purtroppo fraintesa dagli ideologi nazionalisti e nazisti, che videro nel superuomo l'evoluzione della civiltà in una razza pura. A tal proposito il filosofo italiano Gianni Vattimo aveva proprosto la definizione di OLTREUOMO a indicare proprio una "ulteriorità" e un distacco, una rottura radicale piuttosto che una evoluzione. Il superuomo, annunciato da Nietzsche come una speranza di ricomposizione della realtà frammentata, trova il suo complemento nell'ULTIMO UOMO, espressione del nichilismo passivo, privo di slancio creativo. Nietzsche lo definisce spregevole, a causa del disprezzo che egli prova per la vita e per sé stesso, e per la sua incapacità di scagliare la freccia oltre l'uomo, in quanto assente ogni forza decisionale. A differenza dell'ultimo uomo il superuomo è per Nietzsche l'uomo del grande amore e del grande disprezzo, colui che vive secondo la legge dell'eterno ritorno: colui che porterà l'umanità fuori dalla condizione del nichilismo.

25.3 - Esposta per la prima volta nell'aforisma 341 della  GAIA SCIENZA e poi sviluppata nella terza parte dello ZARATHUSTRA, la concezione dell'eterno  ritorno è considerata da Nietzsche una formula suprema, e non a caso è nel suo orizzonte che si possono comprndere le altre due dottrine importanti del pensiero niceano, quella del superuomo e quella della volontà di potenza. Essa rappresenta una concezione circolare e non finalistica del tempo, che si discosta volutamente dalla concezione lineare e provvidenziale della tradizione ebraico-cristiana, ivi comprese le forme scolarizzate di matrice positivista e storicista. Nella concezione dell'eterno ritorno il tempo e il divenire non hanno un fine o uno scopo ma si basano sulla ripetizione, come nella tradizione filosofica presocratica e orientale. Ogni evento non è un momento unico inserito in una linea immaginaria che dal passato porta al futuro e viceversa ma è un momento destinato a ripetersi eternamente, e che trova in sé stesso il proprio senso. Il presupposto di questa dottrina è la caduta del velo che separa mondo vero e mondo apparente apparente, divisi per secoli, la cui riconciliazione inizia dalla morte di Dio e dal processo di liberazione dalla metafisica e da ogni dottrina trascendnetale. La scomparsa dei due mondi, caratteristici della metafisica cristiano-platonica, obbliga a guardare ad una sola realtà terrena assegnandole il giusto valore, e questo è il solo modo di abbandonare il nichilismo.la rinuncia a questo inutile sdoppiamento permette anche di capire il vero significato della legge dell'etrno ritorno: infatti è logico supporre che solo chi è versmente felice possa desiderare la ripetizione degli eventi. Ma questo accade poiché si fa riferimento a una concezione della temporalità tradizionalmente diacronica e lineare, che presuppone una funzione consolatoria per l'infelicità. La piena felicità si realizza invece in una temporalità non lineare, laddove il significato di un singolo evento vale di per sé stesso e non dipende da ciò che viene prima o dopo. La decisione del superuomo di vivere l'eterno ritorno dell'uguale è una scelta di volontà che si attua nell'attimo del presente, cancellando ogni dipendenza dal destino e dalla causalità e trasformando il presente in un attimo immenso. Così il ritorno del passato e l'AMOR FATI non sono più visti in chiave provvidenzialista e fatalista ma come risultato della VOLONTÀ DI POTENZA, vera forza creatrice in grado di eternare il tempo e di imprimerr al divenire il carattere dell'essere.

25.4 - Solo dove è vita è volontà, scrive Nietzsche, ma non volontà di vita bensì volontà di potenza. Il tema della VOLONTÀ DI POTENZA (Wille zur Mach in tedesco) compare nella seconda parte dello ZARATHUSTRA ma è centrale nelle opere dell'ultimo Nietzsche, presente anche in molti scritti rimasti solo frammenti. Si tratta di una forza vitale, di un principio di auto-conservazione che tende ad accrescere se stessa, come già aveva detto Schopenhauer, e secondo Nietzsche, anche Darwin. È la volontà creatrice del superuomo che ha abbandonato i valori del passato come la metafisica per crearne di nuovi: è questa la cosiddetta MORALE DEI SIGNORI, contrapposta alla MORALE DEGLI SCHIAVI, ossia la prospettiva che da Socrate in poi, passando per il Cristianesimo, ha soffocato il genio creativo dell'umanità impedendo di creare nuova storia, nuovi valori, nuova cultura. Puntando il dito contro quella civiltà occidentale ormai in decadenza, Nietzsche affida alla volontà di potenza il compito di creare, allontanando l'uomo dalle ideologie da gregge delle dottrine socialiste ed egualitariste del suo tempo, e dalle interpretazioni che vengono affermate in luogo dei fatti, in una visione PROSPETTIVISTICA che metteva fuori gioco la concezione ingenuamente oggettivista del sapere e della vita.