mercoledì 4 maggio 2016

38 - Husserl

HUSSERL - LEZIONE 38
Origini e metodo della fenomenologia

38.1 - La fenomenologia è il primo vero indirizzo filosofico del Novecento e nasce con le RICERCHE LOGICHE di Husserl, un’opera che, per la sua complessità e importanza, è stata paragonata alla Critica della Ragion Pura di Kant. Obiettivo primario del programma husserliano è l’elaborazione di un metodo che permetta di “vedere le essenze”, ossia di accedere mediante l’esperienza alle strutture che rivelano sia il senso dei fenomeni sia il loro rapporto con la coscienza: il fenomeno, per essere colto dalla fenomenologia, deve essere studiato nelle sue variazioni e nascondimenti. 
Fenomenologia non è una parola nuova. Fu coniata da Lambert nel 1768 e fu usata da Hegel per intitolare una delle sue opere fondamentali, La fenomenologia dello spirito. Nuovo è invece il contesto in cui la parola viene usata, a indicare una rottura con la filosofia del secolo precedente, incapace di elaborare modelli di pensiero adeguati alle nuove scoperte scientifiche e tecnologiche. Il movimento fenomenologico assume due tratti identificativi: la specificità del suo legame col fondatore Husserl, e l’universalità del suo metodo di indagine, che esce dal contesto teoretico per raggiungere quasi tutti i campi delle scienze, umane e biologiche. Se da un lato si coglie il carattere innovativo che contraddistingue la fenomenologia dagli altri indirizzi filosofici del XX secolo, dall’altro si deve constatare una struttura autocratica, dovuta alla dipendenza delle teorie fenomenologiche dai soli scritti di Husserl, poco propenso a un loro sviluppo o ad una revisione: molto probabilmente questo aspetto si deve proprio al carattere innovativo della fenomenologia, che di fatto riscrive la grammatica filosofica del Novecento. Infatti, per capire la fenomenologia, occorre assumere una prospettiva basata su un senso comune individualizzato e purificato rispetto alle visioni precedenti del mondo che lo stesso Husserl critica. Se prescindiamo dlalla realtà culturale in cui siamo immersi, non abbiamo percezioni, rappresentazioni, pensieri, giudizi di oggetti che immaginiamo, desideriamo, incontriamo, ma facciamo esperienza di determinati aspetti della realtà che successivamente vengono isolati, nessi in evidenza e dotati di significato, oppure oscurati, lasciati cadere e cancellati. Questo significa che l’esperienza autentica non si trova davanti delle “cose” già costituite o atti della coscienza come pensieri o percezioni oggettive, ma si articola in OPERAZIONI che RIVELANO la PRESENZA di CONTENUTI in cui interviene, in un secondo momento la CONCETTUALIZZAZIONE che li QUALIFICA in base a un SENSO (che può essere oggettivo o soggettivo, trascendente o immanente) e li ESPRIME attraverso un GIUDIZIO (che può essere predicativo, linguistico o discorsivo). L’esperienza autentica “pura”, mondata da ogni contaminazione culturale, è ATTIVA (agisce, costituisce e opera), MANIFESTATIVA (rivela i fenomeni) e ANTEPREDICATIVA poiché precede ogni razionalizzazione discorsiva (concetti, giudizi e ragionamenti). Il tentativo di cogliere il carattere “puro” dell’esperienza fa della fenomenologia un EMPIRISMO RADICALE, assai più forte dell’empirismo classico poiché prescinde da ogni teorizzazione simbolica dell’accadimento reale di ciò che viene concretamente vissuto. In pratica noi facciamo esperienza di ATTI che si manifestano in PROFILI e STRUTTURE (nel nostro caso di carattere sensoriale), costituiti in base a CONTENUTI ASSOCIATIVI  e CATEGORIALI   (colore, forma, relazione tra le parti) che tendono a OGGETTIVARSI secondo determinate SPECIE. Si deve notare che: 
l’accadimento reale di un vissuto non possiede solo un contenuto realistico e contingente ma anche uno irreale, atemporale ed essenziale; 
non tutto può essere reificato, ossia oggettivato, dipende dall’intenzionalità, ossia dalla direzione della stessa esperienza (si può infatti “intenzionare” un’esperienza in modo non oggettivo rivivendola o empatizzando il vissuto di un’altra persona).
Gli elementi che qualificano l’atteggiamento fenomenologico dunque sono:

l’ATTO OPERATIVO che fa nascere l’intenzionalità;
il CONTENUTO che manifesta e traduce il senso del fenomeno;
la STRUTTURA ANTEPREDICATIVA della PRESENZA di un CONTENUTO immediatamente colto attraverso l’INTUIZIONE;
l’ELABORAZIONE CONCETTUALE che rende esplicita in termini linguistici e predicativi un’ESPERIENZA VISSUTA mediante la RAZIONALIZZAZIONE.

Adesso Husserl deve spiegare: a) in che modo certi aspetti di un’esperienza hanno maggiore rilievo rispetto ad altri; b) come si costituisce il significato di un’esperienza mondata di qualsiasi assunzione teorica; c) che senso o fine ha un sistema fenomenologico così costituito. Occorre dunque per prima cosa chiarire le fonti speculative della fenomenologia.

38.2 - La fenomenologia è, come si è visto, la risposta della filosofia del XX secolo alla crisi del pensiero dogmatico tradizionale, laddove il dogma si intende come l’assunzione unilaterale di un principio esplicativo che riduce a sé ogni spiegazione del reale: è ad esempio il caso dell’empirismo classico che assume i dati dell’esperienza sensibile, associati tra loro, come possibile spiegazione della realtà fenomenica. L’antidogmatismo fenomenologico ha  perciò un carattere critico e antiriduzionista. Pertanto le fonti speculative della fenomenologia vanno ricercate in quelle correnti di pensiero caratterizzate da ciò che Husserl definiva assenza di presupposti. Esse sono:
l’EMPIRISMO di Hume, di cui Husserl coglie sopratutto l’aspetto scettico, descrittivo e antimetafisico, e di cui apprezza la critica alla causalità, uno dei pregiudizi più diffusi della metafisica, ma di cui non condivide l’atteggiamento elementarizzante che tende a ridurre il reale alla somma delle sue parti;

il TRASCENDENTALISMO di Kant e del Neokantismo ottocentesco, il cui metodo critico, volto a ricercare le condizioni di possibilità dell’esperienza, consente un’efficace opposizione al dogmatismo e riabilita quella teoria della conoscenza in grado di distinguere tra l’aspetto psicologico e quello logico-obiettivo del pensiero;

la PSICOLOGIA RIFLESSIVA e AUTO-OSSERVATIVA di alcuni esponenti del realismo post-kantiano che, rispetto alla psicologia sperimentale (che trae la regola dal cumulo dei dati) si affida all’intuizione, anche singolare, degli elementi universali e necessari dell’esperienza, e che Husserl utilizza per l’intuizione dell’essenza;

la PSICOLOGIA DESCRITTIVA o PSICOGNOSIA di Brentano a cui Husserl deve la distinzione tra fenomeni fisici e fenomeni psichici, distinzione che si fonda sul concetto di origine medievale di intenzionalità della coscienza, secondo cui una coscienza è sempre coscienza di qualcosa; inoltre bisogna citare anche due allievi di Brentano, Stumpf e Meimong, da cui Husserl trae i concetti di fusione delle parti di un sistema percettivo e di oggettività di ordine superiore, grazie a cui tali parti si organizzano;

il LOGICISMO di Bolzano e Frege, da cui Husserl deriva gli elementi chiave della sua critica definitiva allo psicologismo, imperante nelle epistemologie ottocentesche, e precisamente:
1) Bolzano, attraverso le nozioni analitiche di proposizione in sé e di verità in sé, ottenute dalla netta separazione tra il procedimento di fatto, con cui si giunge a un giudizio, e il significato logico intrinseco di ciò che il giudizio esprime; 
2) Frege, attraverso la riconduzione di tutti i concetti a funzioni logiche che si possono ridurre a espressioni e relazioni simboliche. La nozione di funzione servirà a Husserl per criticare ogni sostanzialismo e per introdurre il concetto di variazione rispetto a un dato nucleo intuitivo, che permette di individuare l’ambito di un elemento intuito attraverso una serie di funzioni matematiche;

la PSICOLOGIA DELLA FORMA o GESTALT (presentata per la prima volta da von Herenfels, allievo di Meimong), che fornisce a Husserl il concetto di sintesi configurata degli elementi in un insieme, irriducibile alla semplice somma degli elementi che lo compongono, ascrivibile al concetto aristotelico di totalità organica, utile a spiegare quei fenomeni complessi che non si possono studiare col metodo del naturalismo tradizionale, come per esempio l’ascolto di una melodia.

38.3 - Il metodo di cui si avvale Husserl per la sua critica dell’esperienza pura è un metodo rigoroso, sviluppato in diversi momenti come quello strutturato secoli prima da Descartes. Il metodo fenomenologico di Husserl è sorretto da due atteggiamenti (la mancanza di presupposti e la descrizione) e da due criteri soggettivi (l’intuizione e l’evidenza) che, come dice Husserl, ci portano ALLE COSE STESSE. Eccone le fasi principali:

LA PSICOLOGIA FENOMENOLOGICA E L’INTUIZIONE D’ESSENZA
Filosofia dell’aritmetica (1891)
Ricerche logiche (1900-1901)
Secondo Husserl la principale via di rinnovamento filosofico passa attraverso il superamento del conflitto tra logica e psicologia: la prima che porta a un vuoto formalismo, la seconda incapace di spiegare realmente la conoscenza senza ridurla a fatti della coscienza. Questo aspetto deriva dalla differenza dei due ambiti: infatti un conto è arrivare alle conclusioni per effetto di leggi fisiche (meccaniche, elettriche, fisiologiche o psichiche), un altro è arrivare a conclusioni in virtù di leggi logiche, col solo criterio della verità del risultato. Nella prima fase del suo pensiero Husserl cerca di superare questo conflitto attraverso l’INTUIZIONE D’ESSENZA o EIDETICA, dove intuizione significa cogliere nell’oggetto strutture invarianti di carattere logico, indipendenti dall’atto psicologico di conoscenza, che Husserl chiama strutture NOETICHE per distinguerle dalle condizioni empiriche o FATTUALI degli atti stessi. Ciò significa che a) esiste una correlazione tra strutture noetiche e strutture logico-obiettive degli atti che le intenzionano e che b) questa correlazione è sostenuta dall’intuizione, che ci offre l’aspetto essenziale dell’esperienza. 
Questa prima tappa del metodo husserliano rimette in discussione i due metodi induttivo e deduttivo tipici della logica formale, a causa della necessità di determinare un punto di partenza per isolare una classe di individui, e restituisce uno spessore oggettivo e materiale all’apriori.  

L’EPOCHE’ E LA RIDUZIONE EIDETICA
Idee per una fenomenologia pura (1913)
La psicologia, seppur orientata in senso descrittivo e fenomenologico, resta pur sempre una scienza di fatti naturali, ordinati dal tempo e condizionati dalla contingenza, in cui non è possibile cogliere una vera universalità. Una siffatta psicologia non si concilierebbe con la logica: è pertanto necessario procedere al primo momento della riduzione fenomenologica che Husserl chiama RIDUZIONE DELL’ESSENZA o RIDUZIONE EIDETICA, consistente prima di tutto nella sospensione di ogni presupposto o credenza (eèpchè) e quindi nella determinazione del residuo fenomenico (eidos), ovvero la parte essenziale, stabile e immodificabile di una cosa, dopo che si è sottoposto a variazione il suo concetto fino a snaturarne il contenuto: è infatti la modifica del residuato essenziale che trasforma una cosa in un’altra cosa. Questa riduzione o sospensione implica: a) una purificazione dell’essenza oggettiva o NOEMA da ogni contaminazione mondana; b) una purificazione della coscienza, i cui atti non sono più espressioni di un soggetto empirico ma determinazioni universali del vissuto definite da Husserl come NOESI. Nel rapporto noetico-noematico (il rapporto tra l’atto e l’oggettività essenziale) le cose non si mostrano come esterne ma si rivelano in noi come fenomeni o strutture ideali: se noi vediamo un albero bruciare, osserva infatti Husserl, l’albero che viene percepito non può bruciare. Questo aspetto è alla base dell’IDEALISMO FENOMENOLOGICO, che si riferisce ai significati essenziali dell’esperienza, rivelando la fenomenologia come scienza dei fenomeni e al tempo stesso scienza delle essenze.

LA RIDUZIONE TRASCENDENTALE
Logica formale e trascendentale (1929)
Meditazioni cartesiane (1931)
Già a partire dalle IDEE PER UNA FENOMENOLOGIA PURA Husserl si rende conto che l’intuizione e la riduzione eidetica non sono sufficienti a cogliere le strutture dell’esperienza. Infatti le strutture dell’esperienza benché ridotte al loro puro significato, a partire dai contenuti noematici (oggettivi e ideali), si rivelano sempre legate alle condizioni storiche e culturali da cui sono tratte: questo comporta il rischio di considerare certi modelli umani validi universalmente. Per ovviare a questo problema Husserl procede al secondo momento della riduzione fenomenologica, chiamato riduzione trascendentale e sviluppato sistematicamente da Husserl fin dagli anni Venti. Si tratta di una critica vera e propria dell’essenza allo scopo di sospenderne la validità. Ciò non implica la rinuncia al requisito della oggettività ideale attraverso cui si presentano i significati dell’esperienza, anzi comporta un’espansione della libera variazione dell’essenza, costretta nei limiti delle condizioni contingenti entro le quali viene determinata. Così pur essendo sempre l’oggetto a dettare le forme della sua conoscibilità, si afferma la primalità della struttura noetica, ossia della coscienza soggettiva, tale da consentire un’analisi genetica dell’esperienza. Pertanto non è più la sola essenza a determinare il senso della possibilità dell’esperienza ma sono anche i fenomeni soggettivi (la percezione, il ricordo, la fantasia, la pura pensabilità) a decidere ciò che l’essenza è nella sua piena universalità.