martedì 3 maggio 2016

39 - Husserl

HUSSERL - LEZIONE 39
Coscienza pura, mondo della vita e crisi delle scienze

39.1 - Poiché il tentativo husserliano di eliminare ogni limite psicologico dell’esperienza, mettendo in rilievo la cosiddetta coscienza pura, ossia il lato soggettivo della costituzione dei significati, rischia di degenerare in un nuovo idealismo, Husserl utilizza a questo punto il concetto di CORRELAZIONE INTENZIONALE tra soggetto e oggetto, allo scopo di evitare sia una forma di IDEALISMO SOGGETTIVO come in Berkeley (l’essere oggettivo si risolve nell’essere percepito), sia una forma di IDEALISMO TRASCENDENTALE come quello di Kant, in cui il fenomeno era la manifestazione di una inconoscibile e oscura cosa in sé. Il fenomeno è infatti per Husserl il darsi  della cosa stessa. A differenza dell’idealismo kantiano, che ha carattere regressivo poiché parte dai fatti per ricercare le condizioni della possibilità, quello husserliano, o fenomenologico, ha carattere progressivo, perché è genetico e costitutivo. Esso supera la contrapposizione tra la ricettività del dato empirico e l’attività spontanea dell’intelletto attraverso la categoria: nella forma estetica dell’esperienza è già incluso un momento noetico-sintetico e viceversa ogni forma noetico-intellettuale rimanda a un momento estetico-materiale. Si tratta della cosiddetta genesi o SINTESI PASSIVA, condensata da Husserl nel concetto di SCHEMATISMO FENOMENOLOGICO. La sintesi passiva ci spiega come si formano gli schemi tipici dell’apprensione. Essa è intenzionale, poiché sintesi, ma è anche dipendente dalle essenze colte intuitivamente nell’esperienza. Noi non percepiamo infatti dei meri oggetti ma incontriamo in modo immediato degli oggetti dotati di qualità di tipo spaziale, temporale, materiale, e così via: questi oggetti, prima ancora di appartenere  agli schemi tipici dell’apprensione, che ci dà le informazioni sulla distanza, vicinanza, forma, di un oggetto, si costituiscono passivamente nell’esperienza in base a processi sintetico-genetici: per esempio gli oggetti ci appaiono grandi o piccoli a seconda della nostra distanza da essi, la distanza implica la lontananza degli oggetti, in base a regole come la somiglianza, che nascono  dall’interazione tra l’intenzionalità soggettiva e le strutture oggettive che ci guidano nell’apprensione. Sulla base di questa passività si costituisce anche una SINTESI ATTIVA che, sulla base di oggetti dati ne forma di nuovi, per esempio un oggetto naturale assunto a simbolo di una divinità o di un movimento politico. Questa duplicità passivo-attiva o intuitivo-costitutiva è presente in ogni momento intenzionale e non dipende dalla rigorosa divisione delle facoltà presente nel kantismo (secondo cui la sensibilità è ricettiva e passiva, l’intelletto spontaneo ecc.). Per spiegarla Husserl ricorre al concetto di COSCIENZA PURA, una coscienza svincolata dai modi in cui le essenze si esprimono. ma è guidata dal solo criterio della possibilità massima di significazione delle essenze: il trascendentale indica dunque una possibilità genetica che viene applicata alla stessa logica formale. La logica formale ha raggiunto secondo Husserl uno sviluppo notevole a cui non corrisponde però un identico sviluppo per quanto concerne la sua funzione conoscitiva: essa perciò deve essere fondata su una logica superiore o TRASCENDENTALE, di natura non formale ma materiale poiché rivolta all’insieme del campo delle esperienze in cui ogni formalismo trova applicazione.
Nelle MEDITAZIONI CARTESIANE Husserl sottopone ad indagine il principio del cogito cartesiano, un tema fondamentale per collocare estensione e limiti della pura pensabilità, e quindi per tracciare la forma della coscienza pura. 
Husserl ritiene corretta la concezione cartesiana della centralità del pensiero, ma - nonostante questo aspetto positivo - ne mette in discussione le relative conseguenze: innanzitutto il carattere di sostanzialità del cogito cartesiano rende impossibile che esso sia al tempo stesso ciò che fonda e ciò che viene fondato; in secondo luogo conduce a un presupposto ingiustificato, quello dell’esistenza dell’io, mentre una vera fondazione dovrebbe eliminare ogni presupposto; in terzo luogo la deduzione logica di cui Descartes si serve nel suo metodo non è un vero processo trascendentale ma si tratta di una forma di ragionamento connessa a un certo aspetto della realtà; infine una simile prospettiva produce quella separazione psicologica tra i due mondi - res cogitans e res extensa - che rende il cogito incapace di ricomporre il conflitto tra una realtà interna e una trascendente ad essa. Non è dunque possibile pensare a una svolta cartesiana del pensiero husselriano, come sostenevano erroneamente alcuni suoi allievi, poiché nella concezione fenomenologica del mondo la coscienza è già in connessione con esso - poiché la coscienza è sempre “di qualcosa” - e il mondo e le cose che “abitano” la coscienza non sono pure rappresentazioni ma i loro significati. Perciò, non solo non c’è bisogno di alcun salto verso l’esistenza ma l’esistenza stessa è vista dalla coscienza come un significato della trascendenza, che appare immanente alla stessa coscienza.

39.2 - Come si è visto la riduzione trascendentale di Husserl viene duramente  criticata da alcuni allievi e da alcuni studiosi - tra i quali Scheler e Hartmann - che la ritenevano un vero e proprio tradimento delle finalità originarie del programma fenomenologico. Questi duqneu richiesero che si tornasse alla visione tradizionale pre-trascendentale annunciata dalle RICERCHE LOGICHE  e che si operasse una distinzione rigorosa tra metodo e contenuto della fenomenologia, il primo oggettivo e descrittivo, il secondo suscettibile di ulteriori sviluppi in senso idealistico o realistico. Ma la scissione più famosa all’interno del movimento fenomenologico fu sicuramente quella portata avanti dall’allievo più famoso di Husserl, Martin HEIDEGGER, che nel 1927 pubblicò la sua opera più famosa, ESSERE E TEMPO, che porta lo stesso Husserl a rivedere alcuni concetti fondamentali della sua dottrina, compresa la dimensione esistenziale dell’esperienza ricompresa nella sua temporalità e storicità. Dopo l’uscita di Heidegger dal movimento, si consuma una definitiva svolta nella fenomenologia husserliana, motivata dal cambiamento politico e culturale, che coincide con l’ultima grande opera di Husserl, LA CRISI DELLE SCIENZE EUROPEE, pubblicata tra il 1935 e il 1937. Si tratta di un vero e proprio percorso, a partire dal pensiero greco, che, dopo aver preso atto della situazione storica e sociale e della frammentazione del sapere scientifico, cerca di restituire quella ragione di esistenza consegnata dai filosofi della scienza come Galileo e Descartes allo scopo di fare della conoscenza della totalità dell’essere uno strumento al servizio dei fini razionali dell’uomo, e non allo scopo di governare il mondo. Husserl critica le scienze di recente sviluppo, sopratutto la fisica e la psicologia, incapaci di cogliere una totalità dell’essere, che hanno disatteso il compito affidato loro dalla ragione riducendo il mondo naturale a una serie di frammenti e l’anima umana a un oggetto di esperimenti. Nella sua accusa contro l’oggettivismo della scienza Husserl non intende certo escludere l’esistenza di un mondo scritto con il linguaggio della matematica, piuttosto intende sottolineare l’esistenza di un MONDO DELLA VITA irriducibile e sfuggente poiché soggettivo, che non può essere spigato in modo analitico dalla scienza ma solo dalla fenomenologia in quanto scienza obiettiva della soggettività.

39.3 - A questo punto Husserl palesa il doppio ruolo della fenomenologia, scienza del mondo vitale e suo prodotto al tempo stesso, inducendo così il paradosso che il sapere fenomenologico serva a scoprire le possibilità della coscienza essendo anche una delle manifestazioni della stessa coscienza. A tale scopo l’indagine fenomenologica viene estesa alla storia, considerata qui in una duplice prospettiva, quella della storia empirica e fattuale, insieme non organico di eventi senza senso o correlazione, e quella della storia interna, la cui costituzione rappresenta il senso stesso degli eventi che la costituiscono e solo in questa prospettiva è possibile cogliere il movimento intenzionale teleologico che rappresenta uno dei caratteri fondamentali della coscienza fenomenologica. Entrambe le riduzioni, eidetica e trascendentale, servono  a mettere in contatto pensiero e significato, la parte logico-linguistica e quella pragmatico-vettoriale: in assenza di un collegamento si perderebbe il senso del mondo e dei suoi oggetti. Husserl vorrebbe intraprendere un processo di razionalizzaione degli eventi storici, a cominciare dagli albori del pensiero scientifico galileiano e cartesiano, passando per Hume e Kant e arrivando proprio alla fenomenologia, ma poi si accorge che questo tentativo non è attuabile a causa della presenza di PROFILI che sfuggono a ogni tentativo di universalizzazione.