domenica 1 maggio 2016

43 - Heidegger

HEIDEGGER - LEZIONE 43
La differenza ontologica e il linguaggio

43.1 - ESSERE E TEMPO non è mai stata completata: la seconda pRte dell'opera, dedicata a una decostruzione della storia della metafisica, è infatti incompleta. Pur tuttavia questa mancanza viene compensata da diversi corsi universitari pubblicati in raccolte - sopratutto negli anni Settanta - e da altre opere come KANT E IL PROBLEMA DELLA METAFISICA del 1929. Ma va detto che anche la prima parte dell'opera non è completa: la terza sezione, che si sarebbe dovuta intitolare Tempo ed essere, fu solo abbozzata e poi abbandonata. Motivo di questa improvvisa battuta d'arresto del processo avviato con ESSERE E TEMPO fu la resistenza incontrata nel linguaggio stesso della metafisica. La fondazione del pensiero sulla struttura temporale dell'essere implicava infatti l'uscita dalla metafisica tradizionale, colpevole secondo Heidegger di aver condannato l'essere all'oblio attraverso il cpncetto della presenza. Ma questo nuovo processo del pensiero heideggeriano non poteva essere sviluppato col linguaggio della metafisica che proprio ESSERE E TEMPO voleva superare. Dalla metà degli anni Trenta emergono nel pensiero di Heidegger alcuni temi che vengono solitamente indicati (forse in maniera riduttiva) come una SVOLTA (Kehre), in realtà però non si tratta di un vero e proprio cambio di direzione rispetto a ESSERE E TEMPO quanto un approfondimento di alcune tematiche non completamente sviluppate nell'opera precedente, e precisamente:

il superamento del grado preparatorio dell'analitica esistenziale in direzione dell'ONTOLOGIA;
la maggiore consapevolezza delle difficoltà di abbandonare la storia della metafisica;
l'attenzione al problema del linguaggio, che era stato trascurato in ESSERE E TEMPO.

43.2 - Heidegger ha chiarito in ESSERE E TEMPo che l'essere non è un ente, non è una delle cose che incontriamo o con cui abbiamo a che fare, non è una cosa o un ente speciale, eternamente presente e stabile e disponibile. Per comprendere il senso dell'essere occorre sviluppare la natura temporale dell'esser i e del mondo come sistema di rimandi che l'esserci progetta. La natura temporale dell'essere e la sua assoluta alterità rispetto all'ente sono chiariti da Heidegger mediante il concetto di DIFFERENZA ONTOLOGICA. Già la metafisica tradizionale ha sempre differenziato "ciò che È perché NON diviene" da "ciò che NON è poiché diviene". Nelle varie epoche della storia del pensiero l'essere è sempre stato considerato il fondamento dell'ente: le idee, la sostanza, la res cogitans, la volontà di potenza, lo spirito assoluto hanno segnato la storia della metafisica come modelli di riferimento delle cose esistenti. Ma, si domanda Heidegger, la metafisica tradizionale ha davvero pensato in questi paradigmi la differenza tra essere ed ente?
In realtà la storia della metafisica non ci ha mai consegnato una vera distinzione tra essere ed ente: nonostante la successione di differenti modelli la metafisica non ha mai potuto pensare l'essere come tale: l'essere infatti si SVELA nelle varie epoche ma allo stesso tempo si sottrae all'interpretazione e si ritira usando le stesse forme che ha svelato.
La temporalità. Continua Heidegger, rivela la differenza tra essere ed ente. Questa differenza è espressa dalla metafisica, che non può pensarla come differenza in quanto l'essere si nasconde nelle varie epoche della metafisica. La metafisica stessa è dunque oblio di questa differenza. Una tale concezione porta il filosofo a cambiare lo stesso concetto di verità, che proprio in base alla differenza ontologica assume il ruolo espresso nella sua origine greca, aletheia, ossia dis-velamento. La metafisica esprime la sola dimensione ontica di ciò che viene svelato e che tuttavia tende subito a nascondersi, implicando un nuovo velamento.

43.3 - Heidegger ammette dunque che: 1) non si può chiudere con la metafisica cancellandola con un colpo di spugna; 2) ogni epoca della metafisica interpreta l'essere così come appare in quell'epoca, per poi ritirarsi; 3) ogni epoca ha i suoi peopei concetti e linguaggi per esprimere l'essere, che si fa ALTRO.
Queste caratteristiche portano Heidegger ad assegnare alla metafisica non un carattere espansivo, come sosteneva Hegel, ma INVOLUTIVO: il senso e il significato stesso dell'ontologia si riduce e si restringe dalla grecità, passando per la Scolastica e il pensiero rinascimentale, fino a Nietzsche. Queste tappe hanno il loro culmine nell'attuale epoca della TECNICA. Heidegger vede come una semplice illusione il tentativo della tecnica di liberare l'essere dalla metafisica: in realtà è la stessa tecnica a imprigionare l'essere, con la pretesa di dominare l'intera natura. Per questo Heidegger la considera il culmine della metafisica. Ma l'epoca della tecnica ha un carattere ambiguo e, proprio per questo, non si può affermare che la condanna heideggeriana sia inappellabile: comprendendo la tendenza nichilista della metafisica occidentale, la tecnica annienta quella differenza ontologica che - a questo pinto - non è dunque mai stata nulla (Heidegger scrive Sein, cioè essere, sbarrato). È proprio questo nichilismo che, annullando la differenza, prepara il nuovo inizio. Tale compito è affidato al la oro silenzioso del PENSIERO RAMMEMORANTE. Esso ripercorre le tappe della storia della metafisica, cercando di "rammemorare" ciò che la metafisica non ha mai pensato. La metafisica si supera dunque riportando alla luce il rapporto tra il suo non-pensiero e il LINGUAGGIO.
In che modo le strutture attraverso cui l'essere si svela nei diversi momenti della storia della metafisica vengono inviate all'esserci?
Se il pensiero è tra i responsabili di questi invii è certamente l'OPERA D'ARTE ad aprire un mondo storico.  Il mondo della polis greca è aperto dal TEMPIO. Esso raduna intorno a sé la comunità, iniziando un'epoca storica. La vera forma d'arte essenziale però è la POESIA, che Heidegger considera nel suo senso più alto, poiché riassume la potenza dell'opera d'arte. La poesia restituisce la PAROLA all'essere, che ne è proprietario: viene dunque così il momento dell'ascolto del linguaggio dell'essere sono i grandi poeti a farci comprendere il movimento della storia. Per esempio in Sofocle risplende la meraviglia dell'uomo greco per l'essere, prima che la metafisica ne inizi a velare il significato, mentre in Holderlin viene cantata la notte del mondo abbandonato dagli dei, nella speranza del loro ritorno. È proprio la poesia la risorsa più grande del pensiero rammemorante, che tenta di recuperare quanto nella metafisica è rimasto impensato,  consegnando dunque all'uomo la responsabilità di meditare e sorvegliare il linguaggio.