sabato 14 maggio 2016

3 - Schopenhauer

SCHOPENHAUER - LEZIONE 3
La liberazione della volontà

3.1 - L’esperienza che l’essere umano fa del proprio copro nell’autocoscienza è la dimensione che permette di connettere la rappresentazione e la volontà. Anche il corpo è un oggetto, ma a differenza degli altri oggetti è immediato, poiché ne facciamo continuamente esperienza diretta nell’autocoscienza. Ma il corpo è sopratutto forza viva, e lo si vede da ogni movimento che si compie, che costituisce un atto di volontà: il soggetto conosce dunque continuamente sé stesso come soggetto dei propri atti volontari. Schopenhauer apre dunque ad una conoscenza metafisica. Non tutte le forze della natura possono infatti essere spiegate con l’atteggiamento scientifico-naturalistico, e necessitano di essere spiegate in prospettiva metafisica, facendo coincidere tutte queste forze proprio nella volontà di cui facciamo esperienza nell’autocoscienza: ecco che troveremo nei minerali gravitazione, fossilizzazione e coesione, nei vegetali nutrizione e crescita, negli animali l’istinto e la sensibilità, nell’uomo la consapevolezza di sé. La volontà è una forza unica, indistruttibile ed  eterna, che si presenta, intera e indivisa, in ogni fenomeno naturale.
Per spiegare la mediazione tra l’unicità e della volontà e la molteplicità dei fenomeni Schopenhauer riccorre al significato platonico dell’IDEA. Le idee sono i diversi gradi di oggettivazione della volontà, cioè le forme degli oggetti attraverso cui la volontà si manifesta nel mondo. Come in Platone le idee non appartengono al mondo del divenire ma a quello dell’essere. Schopenhauer sottolinea che la volontà è cieca e irrazionale, inconscia, priva di fondamento e di scopo: essa è volontà di volere, desiderio, bisogno, mancanza, in poche parole DOLORE. Questo bisogno è all’origine di una contesa tra le volontà, una lotta quasi animalesca che in senso umano si traduce nell’hobbesiano homo homini lupus: ma Schopenhauer compie una distinzione gerarchica tra le diverse forme, fino ad arrivare all’uomo, in cui alle rappresentazioni intuitive, tipiche dell’intelletto, si accompagnano le rappresentazioni astratte, tipiche della ragione. Compare quindi non più una forza inconsapevole ma la coscienza, che dipende dal cervello, strumento al servizio della volontà al fine di conservare l’individuo e la specie.

3.2 - La conoscenza scientifica non è sufficiente. Per questo Schopenhauer considera l’arte fondamentale, non solo dal punto di vista estetico ma anche metafisico: spetta ad essa il compito di comunicare, in modo contemplativo e disinteressato, che l’essenza del mondo della rappresentazione è la volontà: l’arte è il primo grado del processo di liberazione dalla volontà. In quanto tale l’arte è una conoscenza geniale: essa è disinteressata e non utilitaristica. Qui l’intelletto non è asservito alla volontà come nella conoscenza empirica: nel genio la conoscenza è spropositata rispetto a ciò che serve alla volontà. Il genio conosce le cose indipendentemente dal principio di ragion sufficiente. L’intuizione geniale non si rivolge alle cose, agli oggetti della realtà empirica, ma alle loro forme, ossia alle idee: essa è contemplazione, non conoscenza, e in quanto tale essa trascende il principium individuationis. Il soggetto qui diventa puro soggetto del conoscere, l’intelletto si libera del suo asservimento alla volontà ed è libero di cogliere il significato metafisico della realtà. Dunque il soggetto si rivolge all’essenza delle cose, a “ciò che le cose sono”.
Schopenhauer elabora una gerarchia delle arti, procedendo dall’architettura alla pittura figurativa, dalla scultura alla poesia, dal dramma alla tragedia, fino  ad arrivare alla musica. La tragedia è la più importante dei generi poetici dato che mette in scena il lato negativo della vita, l’essenza dell’umanità, ma è la musica la forma d’arte più elevata. Essa è infatti un’espressione diretta della volontà: il linguaggio universale della musica consente di cogliere l’essenza della realtà, non questo o quel dolore, non questa o quella gioia, ma la gioia e il dolore in sé stessi. Perciò la musica costituisce l’equivalente della filosofia, che esprime invece il linguaggio dei concetti astratti.

3.3 - L’arte come via di liberazione ha un carattere fugace e momentaneo, ma essa prefigura il passaggio al grado successivo, che ha carattere etico e non più estetico, quello della negazione della volontà e del suo abbandono in via definitiva e duratura. Il primo passo è quello dell’azione morale. La moralità è come in Kant un’azione disinteressata, volta a superare gli atteggiamenti egoistici degli uomini nei confronti della realtà, ma Schopenhauer non pone l’imperativo categorico come principio: egli fonda la moralità sulla pietà, cioè l’altruismo disinteressato, per cui il bene degli altri è il nostro bene, e sulla compassione, per cui il dolore degli altri è il nostro dolore. Ma la pietà e la compassione non nascono dalla conoscenza del dolore ma dall’esperienza del dolore degli altri. Poiché la volontà è libera, la morale di Schopenhauer non è una morale del dovere ma un atto di volontà. A differenza del piano fenomenico, dove sussiste una ragion sufficiente per ogni azione, sul piano noumenico l’azione è libera, e proprio per questo l’etica non può imporre qualcosa basato su un principio trascendente ma deve procedere in modo immanente. Schopenhauer afferma che il suo compito non è tanto quello di portare l’uomo dall’egoismo individuale a una moralità più elevata, quanto di renderlo consapevole della vera essenza della realtà. La volontà giunta a uno stadio di consapevolezza nell’essere umano deve scegliere tra continuare a volere (MOTIVO) o rinunciare alla volontà di vivere (QUIETIVO). Se sceglie la seconda strada l’uomo inizia un percorso di liberazione dal condizionamento del volere, che passa attraverso tre gradi: la GIUSTIZIA, ossia il rispetto per gli altri e il rifiuto di fargli male; la carità o AGAPE, ossia l’amore universale, non egoistico e disinteressato, che si traduce nella compassione universale; e infine l’ASCESI, ossia una radicale negazione della volontà di vivere. In qunato tale l’ascesi è diversa dal suicidio, poiché il suicidio è per contro un’affermazione della volontà di vivere, essendo un atto della volontà che esprime una insoddisfazione e un bisogno non colmato. L’ascesi è uno stato inattivo, una contemplazione estatica del nulla, come le vite dei santi e porta l’uomo oltre il principio di individuazione in uno stato di serenità e di quiete, di pace dell’anima, calma, imperturbabilità. Schopenhauer conobbe una certa fortuna negli ultimi anni della sua vita anche in Italia, esercitando una discreta influenza su diversi intellettuali e artisti, sopratutto per merito di alcuni scritti pubblicati nel 1851 col titolo PARERGA E PARALIPOMENA, la cui redazione non contrasta,con la sua principale opera sistematica, ma ne rappresenta, come dice lo stesso Schopenhauer nella Premessa, un’integrazione in senso organico.