domenica 3 luglio 2016

Neoplatonismo

NEOPLATONISMO

Il Neoplatonismo è la principale tendenza filosofica postellenistica, tendenza che si sviluppa nell’ambiente alessandrino, e costituisce l’ultima grande filosofia dell’antichità precristiana. Le filosofie postellenistiche avevano maturato già da tempo la necessità di un rinnovamento spirituale dell’uomo, rinnovamento che come per ogni passaggio epocale – si pensi al nostro Umanesimo e Rinascimento – non poteva prescindere dal recupero delle culture antiche, e nel nostro caso viene recuperato il pensiero di Platone, proprio perché Platone aveva maturato la necessità di affrancare l’uomo dal sensibile per favorirne l’ascesa vero la perfezione dell’unità. A differenza dai Neopitagorici che idolatravano e addirittura quasi santificavano la figura di Pitagora, i Neoplatonici assumevano la filosofia platonica come modello di riflessione, senza coltivare un culto del predecessore. La filosofia greca era tipicamente metafisica, ossia al di là della fisica, intendendo comunque la presenza di un principio che non poteva essere posto a contatto col materiale. Per i neoplatonici il metodo empirico perde valore: quella neoplatonica è infatti una metafisica ancora più radicale, in cui si afferma che la conoscibilità del principio non può ovviamente passare dai sensi proprio perché il principio è superiore nel vero senso della parola.
Il Neoplatonismo deriva dall’ultimo Platone il concetto della visione gerarchica dell’universo, e fa derivare dal principio tutta la realtà; per i neoplatonici il principio è il vero essere mentre la materia è il residuo della forza autoproduttrice dell’essere. Diventa qui inevitabile il confronto col Cristianesimo, ricordando che nella speculazione platonica l’unità era identificata con il Sommo Bene; occorre però precisare che la filosofia neoplatonica può essere accostata al Cristianesimo per la posizione antignostica, condannando la tendenza che invitava alla fuga dal mondo materiale e imperfetto; per i neoplatonici invece il mondo era il prodotto di un’entità superiore e quindi da considerare alla stregua di un’opera d’arte che invitava l’uomo a innalzarsi all’Autore di questo capolavoro. Tuttavia Neoplatonismo e Cristianesimo differiscono sul problema della salvezza, che per il cristiano è rappresentata dall’incarnazione del Cristo e dalla Rivelazione, mentre per i neoplatonici era affidata alla Ragione, ponendosi come mediazione tra Assoluto e realtà finita. In questo senso si tratterebbe dell’ultima reazione del paganesimo al diffondersi della dottrina cristiana; ma i temi religiosi e la ricerca dell’unità non discostarono mai le due correnti, che trovarono mediazione anche nell’opera dei primissimi Padri Apologisti. Il periodo in cui fiorisce il neoplatonismo è perciò detto religioso, pur non essendo il neoplatonismo una filosofia religiosa o cristiana, ma comunque alla ricerca della vera identità spirituale dell’uomo.

PLOTINO DI LICOPOLI

Plotino fu il più grande dei neoplatonici. Nacque a Licopoli, in Egitto, e fu allievo di Ammonio Sacca, entrando nella scuola neopitagorica; dopo aver seguito l’imperatore Gordiano in Oriente si trasferì a Roma dove insegnò la dottrina platonica: praticamente Plotino non scrisse nulla: l’unica sua opera, le Enneadi, sono sei raccolte di nove scritti ciascuna compilate dal suo discepolo Porfirio. Due sono i temi dominanti della speculazione di Plotino: il rapporto tra Dio e il mondo e il compito dell’uomo di raggiungere Dio mediante l’estasi e la purificazione.
Ciò che colpisce della speculazione di Plotino è il monismo, ma Plotino pur non rinunciando a questa prospettiva tiene ben distinti Dio e il mondo, finito e infinito, senza rompere l’unità del Tutto. Plotino sapeva della difficoltà per il mondo ellenico di accettare il principio creazionista: per questo egli propone l’Uno attraverso il principio dell’emanatismo, dottrina tipicamente orientale, che supera il dualismo platonico presentando l’Assoluto come una sorgente di vita da cui tutto procede; ma l’Uno di Plotino è completamente distinto dal mondo e dalle cose, è un Principio inaccessibile, un’origine cosmica, priva di alcun rapporto con le cose a parte la caratteristica di essere un principio vitale; è indefinibile e incomprensibile poiché illimitato  e al di là di ogni umana possibilità di giudizio. All’uomo è consentito conoscere “ciò che Dio non è” (teologia negativa) e non ciò che è. 
In pratica Dio si manifesta come un traboccare, in cui la perfezione dell’Assoluto resta immutata, ed emana attraverso dei gradi discendenti rappresentati da intelletto, anima e mondo. Primariamente da Dio emana l’intelletto, che nasce da una riflessione di Dio, e stabilisce la differenza tra ente e intelletto, conosciuto e conoscenza; dall’intelletto si irradia l’anima del mondo, volta da un lato all’intelletto, da cui attinge le idee, e dall’altra al mondo, su cui si concentrerà la sua opera; infine si ha appunto la realtà corporea, il mondo propriamente detto. La materia secondo Plotino è non realtà, è non essere,  una realtà negativa limitata dall’incapacità di accogliere l’essere; rispetto all’emanazione di Dio, la materia è tenebra e imperfezione, come l’ombra è opacità rispetto alla luce solare.
Per Plotino le anime non risiedono nei corpi ma semmai sono i corpi a immergersi nell’anima infinita per ricevere il riflesso della perfezione e della bellezza dell’armonia cosmica. Tutta la natura tende a ricongiungersi all’Uno in un processo ascensivo che è il vero fine dell’uomo, l’elemento che differenzia l’uomo dagli esseri meno perfetti di lui. Fine dell’uomo dovrebbe essere infatti distaccarsi dalla materia per ricongiungersi a Dio attraverso un percorso spirituale articolato in quattro fasi:

la pratica del bene
la contemplazione del bello
l’anelito al vero
la gioia dell’estasi

attraverso cui l’uomo si affranca dalle passioni e si sottrae dai legami che lo avvincono al mondo. La speculazione filosofica è di per sé un ottimo modo per praticare queste virtù, ma per congiungersi davvero all’Uno l’uomo deve  abbandonate definitivamente la materia per identificarsi con Lui attraverso l’estasi, visione mistica in cui l’uomo annulla la propria individualità  per confondersi con Dio. Tra l’altro questo stato di grazia non è concesso a tutti: secondo Porfirio Plotino la raggiunse solo sei volte in tutta la sua vita.
Dopo Plotino i continuatori della scuola neoplatonica che raccolsero l’eredità del maestro furono il suo discepolo Porfirio, che raccolse il pensiero del maestro nelle Enneadi, ma autore anche di un commento alle Categorie di Aristotele, intitolato Isagoge;  Giamblico, a sua volta discepolo di Porfirio, che diffuse il neoplatonismo in Oriente rivestendolo di contenuti simbolici e teurgici; e infine Proclo, che portò la scuola ad Atene dove rimase finchè Giustiniano ne decretò la chiusura. La figura di Proclo è importante poiché offre una nuova sistematica del neoplatonismo: nel suo pensiero il concetto di emanazione viene giustificato da quello di mediazione, dove ogni causa esce fuori di sé ponendo un essere distinto da sé ma somigliante rendendo possibile il ritorno a sé della causa, intendendo la causa appunto bene e principio di questo essere.