venerdì 15 luglio 2016

Scoto Eriugena

SCOTO ERIUGENA

Giovanni Scoto Eriugena, di origine irlandese, era un maestro chiamato alla Schola Palatina durante il regno di Carlo il Calvo. Il compito che si propone Scoto è quello di unificare la dottrina cristiana sulle orme dei Padri della Chiesa, dei Neoplatonici e di Agostino. Con Scoto viene a cadere il problema dei rapporti tra ragione e fede, poiché Dio è la Verità e a questa Verità la filosofia non può che conformarsi. Non potrebbe esistere alcun dissidio tra fede e ragione, poiché Dio è il principio di tutte le cose e Lui stesso è la verità: è evidente che questa visione unitaria non lascia spazio ad alcun dubbio speculativo. Scoto sceglie temi prettamente neoplatonici per definire la Trinità: Dio è l'Uno e il Principio Creatore, da cui procede la Nous, o Mente, cioè il Logos, da cui ancora l'Anima del Mondo; questa visione ha un aspetto circolare poiché tutto nasce da Dio e tutto ritorna a Lui. La ricerca della perfezione, operata dall’anima, è un processo ascensivo, che mira alla liberazione dalla materia.
C’è solo un termine per Scoto al fine di indicare Dio e il Creato, e questo termine è Natura (physis: quella di Eriugena è appunto una dottrina fisica in questo senso), riferito sia alle cose che sono, ossia materiali e sensibili o immateriali e relative all’intelletto; sia a quelle che non sono, non perché inesistenti, ma perché superiori e lontane alla semplice comprensione sensibile e intellettuale. Quattro sono le specie della Natura:

natura che crea e non è creata, cioè Dio, il Padre;
natura che è creata e che crea, cioè il Figlio, o Logos;
natura che è creata e che non crea, cioè le cose  del mondo create da Dio;
natura che non è creata e che non crea, cioè Dio quale fine di tutte le cose.

Dio, quale natura creata e non creante, è tra le cose che non sono, ossia non immediatamente comprensibili sensitivamente e intellettualmente. L’uomo ha necessariamente una conoscenza limitata di Dio, egli può infatti sapere ciò che Dio non è, e in tal senso la teologia negativa è superiore  alla teologia positiva, poiché Dio può essere colto solo determinando ciò che non è, unica forma di conoscenza, sensibile e posteriore, concessa all’uomo.

DIO E LA CREAZIONE

Dio quale principio, appartenente alla sfera del non essere, si manifesta all’uomo mediante un atto di libera creazione. La creazione è dunque teofania, ossia manifestazione di Dio, manifestazione che è eterna e dunque non comincia da un certo punto. Dio è perciò il principio di tutte le cose e di tutte le cause primordiali,. Le cause primordiali sono predicati di Dio, attributi, nomi con cui Egli è conosciuto: essi non sono immediati, e appartengono, come Dio, alla sfera del non essere. La soluzione adottata dallo scotismo riguardo al problema degli universali è dichiaratamente neoplatonica, e considera le essenze o idee come attributi diretti di Dio, Suoi predicati, perciò assolutamente non reali e non immediati alla conoscenza umana; questi attributi, o cause primordiali, sono in Dio, e all’uomo è riservata solo la conoscenza della manifestazione divina in forma di creazione. Ovviamente la conoscenza umana è relativa al molteplice, ma le cause primordiali sono uniche, come uno è Dio.
Scoto accoglie la dottrina platonica nella tesi creazionista, asserendo che tutto è in Dio e le cose sensibili sono semplicemente copie, imperfette, delle essenze o cause primordiali da cui Dio ha creato il mondo. La materia sensibile è limitata e si caratterizza per due elementi, spazialità e temporalità: questi due elementi sono definitori e indispensabili alla conoscenza sensibile, che necessita di un luogo e di una cronologia esatta e ordinata. Dio e le cause primordiali sono invece eterni e sfuggono a ogni tentativo di definizione. La definizione implica necessariamente una limitazione, e per questo Scoto ritiene che il mondo non possa essere coeterno a Dio: è la natura creata e che non crea.

IL RITORNO A DIO

L’uomo è l’evento centrale della creazione, il mondo, così imperfetto, è stato creato per lui. Scoto Eriugena assimila l’uomo all’angelo, dotato come lui di anima intellettiva, ma a differenza dell’angelo l’uomo possiede un corpo mortale e limitato, e vive dunque anche una vita irrazionale. Paradossalmente anche il peccato originale è un momento importante nella storia della creazione, quale origine del mondo sensibile. La colpa dell’uomo diviene grazie alla misericordia di Dio motivo di redenzione. La venuta di Cristo sulla terra come Logos e Figlio di Dio rappresenta per l’umanità la speranza del ricongiungimento a Dio, da cui si era distaccata a causa del peccato originale. L’escatologia scotista propone due problemi, quello della redenzione (anche il male e la dannazione infernale si ricongiungeranno a Dio?)  e il problema dell’uomo ricongiunto a Dio (l’uomo si dissolverà in Dio, come il nirvana buddhista, o manterrà la sua individualità?). Al primo problema, già proposto da Origene, Scoto risponde che tutto tornerà inevitabilmente a Dio, prima e quarta natura, principio e fine, e anche il male, per quanto Scoto ritiene il male una deficienza di bene; al secondo problema Scoto risponde che Dio è Uno e tutto è uno con Lui, ma nel contempo ognuno manterrà la propria sostanza individuale, così come il conoscente si identifica con la cosa conosciuta senza sparire in essa. Il merito di Scoto Eriugena è l’aver tradotto in termini platonici gli aspetti essenziali della tradizione cristiana. L’esperienza cristiana ben si accorda con il mito platonico della caverna, in quanto la realtà materiale è illusoria e limitata e solo oltrepassandola e abituandosi alla luce l’uomo potrà conoscere. Da dove è venuto l’uomo ritornerà, in un eterno ricongiungersi a Dio principio creatore, natura che crea e non è creata, ma anche natura che non crea e non è creata. Il platonismo di Scoto lascerà il posto, dopo il secolo XIII, a un nuovo sistema filosofico basato sul pensiero  aristotelico, alla luce del quale le teorie scotista saranno bollate  come eretiche.