martedì 30 agosto 2016

700 - Parte 1B

IL 700 - PARTE 1B
COLONIALISMO E ILLUMINISMO

INTRODUZIONE

Il Settecento si apre all’insegna dell’equilibrio. Le guerre che sconvolgono la prima metà del secolo XVIII furono di carattere dinastico, e costituirono il rischio di un rafforzamento della Francia. Le diplomazie europee cercarono di non compromettere il delicato equilibrio ottenuto dopo la pace di Rijswijk e per questo non esitarono a intervenire nella guerra di successione austriaca, garantendo la legittimità della corona imperiale di Maria Teresa d’Asburgo. Dalla pace di Aquisgrana del 1748 usciranno cinque potenze: la Francia assolutista, l’Inghilterra costituzionale, la Russia zarista, l’Austria di Maria Teresa e la vera outsider, cioè la Prussia degli Hohenzollern.
Due sono i fenomeni degni di nota sul piano politico e sociale: l’Illuminismo e la rivoluzione industriale.
Il primo rappresenta un ideale movimento di riforma sociale, politica, economica e culturale, movimento che nasce in Francia ma che si estende ai vicini stati europei dove è la stessa autorità regia a sposare le direttive della nuova intellighenzia illuminata. L’Illuminismo ebbe anche il merito di riproporre quella libertà dell’uomo e del cittadino che troverà larga eco in ambito rivoluzionario.
Il fenomeno dell’industrializzazione nasce ovviamente in Inghilterra dove fin dal secolo precedente l’industria e l’azienda avevano operato una radicale trasformazione del territorio. Le trasformazioni in campo economico si accompagnarono a quelle sociali, con la nascita delle nuove classi della borghesia industriale e del proletariato urbano.

IL COLONIALISMO

Gli imperi coloniali delle monarchie europee si rafforzarono ulteriormente nel corso del secolo, estendendosi all’Asia e all’Africa, oltre che all’America, e in questo secolo iniziarono a essere fondate le prime colonie di popolamento in Oceania. Tra le nazioni europee quella più impegnata nella politica coloniale fu l’Inghilterra, grazie anche alle cessioni di territori da parte delle nazioni sconfitte; furono avviate nuove attività produttive, ormai non più limitate alla semplice spoliazione delle risorse agricole delle terre colonizzate, e specialmente le industrie manifatturiere inglesi trovarono materie prime e nuovi mercati di sbocco.

America – Il territorio americano era ormai praticamente tutto colonizzato dalle potenze europee, fatta eccezione per le terre di difficile accesso come Patagonia e Mato Grosso; frequenti ondate colonizzatrici avevano prodotto il mutamento della fisionomia territoriale ed etnica, anche a causa degli insediamenti sempre più stabili di coloni della madrepatria.
La Spagna, che era stata una delle primissime monarchie a insediarsi nel suolo americano, contava su un imponente assetto territoriale, in cui era stato apportato lo stesso modello organizzativo della burocrazia centrale di Madrid, oltre alla religione cattolica portata dai missionari spagnoli. Si era ormai creata una popolazione di meticci sangue misto e di creoli locali, discendenti dagli antichi conquistatori, che si accompagnavano a circa 700 mila bianchi. Madrid non aveva diminuito il suo potere, saldamente amministrato da un vicerè, ed aveva introdotto un severo regime fiscale. Molto importante era l’attività estrattiva dell’argento messicano, che faceva della Spagna il più grande importatore di argento al mondo, ma anche l’allevamento brado di bovini, con conseguente sfruttamento dei derivati.
Il Portogallo possedeva il Brasile, che era governato con metodi analoghi a quelli spagnoli. Ma la monarchia portoghese era piuttosto debole e il suo insediamento nel Sudamerica si era rivelato lento e non uniforme, il che aveva portato i creoli locali a ottenere maggiore autonomia. La popolazione si arricchirà di schiavi neri, importati dall’Africa, il cui numero supererà quello dei creoli e dei meticci. L’attività estrattiva più importante riguardava l’oro, soprattutto dopo la scoperta delle miniere di Minas Gerais: purtuttavia il Portogallo non possedeva industrie manifatturiere di rilievo, e l’attività estrattiva andò a tutto vantaggio del mercato inglese.
La Francia non aveva un impero coloniale florido, e soprattutto anche qui si registra uno scarso tasso di immigrazione; ma il poco che aveva garantiva alla corona francese una certa posizione, sia perché le colture delle Antille rendevano, sia perché i Francesi possedevano due territori, Canada e Louisiana, di enorme importanza strategica, poiché accerchiavano le tredici colonie inglesi del Nord Atlantico.
L’Inghilterra contava appunto le tredici colonie suddette, le quali garantivano un costante apporto di materie prime e di rendite fiscali alla madrepatria. Irrilevante infine il dominio coloniale dell’Olanda, con solo Guyana e Curaçao.

Africa – Per quanto le potenze europee conservassero diversi territori nel continente africano, non si registrano ondate migratorie verso questi centri. Lo sfruttamento delle colonie africane infatti fu realizzato in due modi, cioè come punto di appoggio logistico per le navi e come serbatoio di rifornimento di schiavi. Ben sei milioni di schiavi vengono deportati nelle piantagioni americane: maggiori importatori di schiavi sono Francia e Inghilterra, che strapparono il primato a olandesi e portoghesi. Inutile soffermarsi qui sul grave danno che il continente africano subiva in questo modo, sia a livello demografico sia economico.

Commerci triangolari – Sono così detti i traffici condotti soprattutto dai mercanti inglesi che, partiti dalla madrepatria con merci scadenti, le scambiavano con le risorse locali degli Africani, i quali venivano poi venduti ai proprietari di piantagioni americane in cambio di prodotti coloniali di ottima qualità, rivenduti a caro prezzo in Inghilterra. Era un sistema che stimolava la produzione sia locale sia manifatturiera, con altissimi profitti per entrambe le parti.

Conflitti coloniali – Le nazioni maggiormente coinvolte furono Francia e Inghilterra, mentre Spagna e Portogallo, nonostante la rispettiva debolezza, riuscirono a conservare i propri territori. Fu la Francia a perdere consistenti fette di territorio, soprattutto durante la Guerra dei Sette Anni, che costò alla Francia la perdita del Québec e a tutto il Nordamerica, conservando solo Martinica e Guadalupa. La pace di Parigi (cfr.) determinò l’assoluta supremazia territoriale e coloniale inglese. Ma la posizione inglese era già forte dalla guerra di successione spagnola, poiché la pace di Utrecht aveva portato all’Inghilterra un buon numero di territori francesi oltre al cosiddetto diritto di asiento de negros.

Asia -  Il grandissimo territorio asiatico, pur essendo interessato da frequenti spinte colonizzatrici, era abitato da regni locali di indiscussa organizzazione ed evoluzione politica. La Cina, ora sotto la dinastia Manchù, tratteneva da tempo rapporti commerciali con gli Europei. Il Giappone, dove regnava lo shogunato dei Tokugawa, era invece più isolato. In India, alla morte dell’ultimo imperatore Moghul, il regno piomba nel caos e viene conteso da Francia e Inghilterra: la Guerra dei Sette Anni stabilisce la netta supremazia dell’Inghilterra, che avvia la colonizzazione del territorio indiano in pianta stabile. Per arginare la pressante ingerenza della East Indian Company, l’Inghilterra fu costretta a comandare un governatore generale locale, per esercitare un controllo diretto sulla colonia. La colonizzazione inglese comportò una trasformazione radicale della realtà produttiva locale, che fu piegata al soddisfacimento di tutte le esigenze della madrepatria, principalmente la fiorente industria tessile indiana, che venne utilizzata per rifornire le industrie manifatturiere inglesi.

Oceania – Nel corso del secolo le esplorazioni geografiche non cessarono, e la scoperta dell’Australia interessò soprattutto gli inglesi che la utilizzarono come colonia penale. In seguito viene fondata Sidney, e inizia il popolamento vero e proprio del continente.

L’ILLUMINISMO

Il Settecento fu il secolo dell’Illuminismo. Si trattava di un imponente movimento di riforma culturale, filosofica, politica e sociale, che si proponeva di illuminare con i lumi della ragione le tenebre dell’ignoranza, ma soprattutto si proponeva una radicale riforma della società. La filosofia illuminista nasce in Francia, sul terreno giusnaturalista e contrattualista, e raccoglieva l’eredità dei movimenti che predicavano la tolleranza e la libertà dell’individuo. Tra i maggiori nemici dell’Illuminismo c’era la cultura dogmatica e autoritaria della religione cattolica, a cui gli illuministi opponevano la cultura laica della ragione. Il movimento nasceva in Francia, ma si estese subito ai paesi vicini e soprattutto nell’Europa centro meridionale, dove i sovrani dettero vita a un vasto programma di riforme sotto l’egida di quella tendenza politica di rinnovamento della società che fu detta dispotismo illuminato. Queste dunque erano le principali matrici culturali del movimento illuminista:
la rivoluzione del pensiero scientifico;
il pensiero politico contrattualista di Hobbes e Locke;
la critica alle religioni rivelate.
L’Illuminismo poggiava su queste basi:
la ragione come unico criterio di azione e conoscenza;
conoscenza sperimentale della natura;
studio dell’individuo e della società;
raggiungimento del progresso e della felicità per tutti.

GEOGRAFIA DELL’ILLUMINISMO EUROPEO

In Inghilterra -  I principali modelli teorici dell’Illuminismo nascono proprio in Inghilterra: la fisica newtoniana, la politica e la morale di Locke, la teoria economica di Adam Smith, trovano la loro culla ideale nella monarchia costituzionale inglese, che rappresenta nell’Europa assolutista del Settecento l’unico stato in cui il Parlamento esprime un ruolo portante. Mentre l’Illuminismo inglese si trova subito a svolgere un ruolo mediatore tra valori aristocratici e borghesi, dettato dal clima di equilibrio politico e culturale, molto più vivace risultava invece l’Illuminismo scozzese del Select Club di Edimburgo, a cui appartengono il filosofo David Hume e l’economista Adam Smith. Tra i canali preferenziali dell’Illuminismo inglese vi era la Libera Muratoria, vero sistema di diffusione delle idee illuminate, a partire dalla fondazione della Gran Loggia di Londra nel 1717, da cui il fenomeno muratorio si estende in tutta Europa. Gli aderenti alla Loggia erano detti free mason, dal francese maçon, ossia muratore, e per questo motivo l’istituzione è anche nota come Massoneria. Scopo dei liberi muratori era il fine solidaristico e assistenziale, ma anche scopi culturali volti allo sviluppo della  scienza e spirituali, rivolti all’ideale della fratellanza universale; non ultimo uno scopo di matrice iniziatica e rivolto principalmente alla costruzione razionale del Sé. 

In Francia – Qui nasce la cultura illuminista, come centro irradiante della cultura settecentesca.  È qui che si conia il termine philosophe per designare il cultore della luce della ragione, che disperde con questo strumento le tenebre dell’ignoranza. Tra i bersagli dell’Illuminismo francese vi era la Chiesa Cattolica, colpevole di dogmatismo e di chiusura, e ovviamente la rigida politica assolutista della monarchia francese. Nonostante i maggiori esponenti della nuova tendenza culturale fossero nobili e borghesi, era il vecchio sistema a essere messo sotto accusa, il soffocante abuso di potere contro cui veniva rivendicata la libertà del cittadino borghese. Nella comunicazione gli illuministi francesi operarono delle vere innovazioni con l’uso di pamphlet satirici e enciclopedie, caratterizzandosi per una prosa agevole e discorsiva. Tra i più famosi vi furono senza dubbio Voltaire (François Marie Adrouet) e Montesquieu, ma anche Diderot, D’Alembert, Condillac, e, in campo educativo, Jean Jacques Rousseau. Da una prospettiva strettamente divulgativa l’opera di Voltaire risulta essere quella fondamentale, principalmente per aver introdotto i classici del pensiero contemporaneo inglese come Locke e Newton, e per la critica all’intolleranza politica e religiosa.
In campo religioso le tendenze illuministe si diversificano, tra deismo (Dio creatore dell’universo e conoscibile con la sola ragione), teismo (carattere provvidenziale di Dio verso l’universo da lui creato) e ateismo radicale e materialismo.
Tra il 1751 e il 1772 viene pubblicata l’Encyclopedie di Diderot e D’Alembert, in un numero complessivo di 28 volumi (17 di testo e 11 di tavole), con ben 60 mila voci, in un lavoro iconografico e storiografico enorme e prestigioso. L’opera viene messa subito al bando ma questo non frena l’immediato successo dei primi volumi, che verranno successivamente ristampati e aggiornati in edizioni anche non francesi.

In Italia – L’Italia aveva conosciuto all’inizio del secolo una ripresa culturale attestata dall’impegno storiografico di Muratori, quello filosofico di Vico e quello giurisdizionalista di Giannone. Tra i centri nevralgici della cultura illuministica italiana c’erano:
Milano, dove si era costituito il giornale Il Caffè dei fratelli Verri e del giurista Beccaria, animatori dell’Accademia dei Pugni;
Napoli, dove prendeva piede la scuola economica del Genovesi e quella giuridica del Filangieri;
Firenze, dove era attiva l’Accademia dei Georgofili.

In Germania – L’Illuminismo tedesco esprime nomi come Lessing e Kant, ma è soprattutto l’opera riformatrice del re prussiano Federico II ad essere degna di nota.

Politica ed economia - L’introduzione delle tematiche costituzionaliste inglesi aveva prodotto negli illuministi francesi la maturazione di una nuova coscienza politica, espressa soprattutto da Montesquieu. Nel suo Spirito delle Leggi Montesquieu conduce una critica razionale delle forme di governo, e dello spirito che ne informa le leggi, distinguendo tre fondamentali tipologie, una dispotica e fondata sul timore, una repubblicana e fondata sulla virtù e una monarchica e fondata sull’onore. Montesquieu non era avverso al mantenimento del potere monarchico, ma avvertiva l’esigenza di una riforma, poiché lo stato di diritto sarebbe stato garantito solo dall’effettiva separazione del tre poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario (in questo caso però viene introdotta una terza formulazione, quella federativa, rivolta ai rapporti tra comunità). Pur ammiratore del modello costituzionale inglese Voltaire, a differenza di Montesquieu, riteneva invece che la mancanza di una politica accentratrice avrebbe indebolito il potere regio e reso instabile e anarchico il potere dell’aristocrazia. Proponeva dunque una forma di dispotismo illuminato, con un sovrano abile e riformatore che governasse secondo ragione, difendendo i cittadini dallo strapotere della vecchia aristocrazia feudale.
Il pensiero di Rousseau fu invece ancora più radicale e basato sul tema della ineguaglianza. Egli auspica infatti il ritorno all’originale stato di natura, in cui tutti i cittadini siano dotati dell’originaria dose di uguaglianza e di diritti, in uno stato fondato sulla sovranità popolare e sulla democrazia diretta. Il filosofo di Ginevra teorizzava il ritorno a una piccola comunità repubblicana fondata sul contratto sociale, attraverso cui il singolo individuo alienava alla comunità stessa, governata da una volontà comune, la propria libertà e i propri diritti.
In ambito economico assistiamo alla nascita di due scuole, quella della fisiocrazia in Francia, e quella del liberismo in Inghilterra. Le due scuole concordavano sul fatto che anche in economia vigevano delle leggi naturali, come quella di mercato, e sulla critica alla politica mercantilistica che imprigionava il libero scambio imponendo vincoli e dazi. Entrambe proponevano quindi un rinnovamento dell’economia all’insegna del motto “laissez passer, laissez faire” e chiedevano la fine dell’intervento diretto dello stato in campo economico.