mercoledì 17 agosto 2016

Filosofia e religione

FILOSOFIA E RELIGIONE
Riforma e Controriforma

Il Rinascimento rappresenta una vivace occasione di rinnovamento in molti ambiti culturali, ma tra quelli più prettamente storici, filosofici e letterari non va escluso quello spirituale. La filosofia religiosa del Rinascimento mette in luce quella crisi dell’istituzione ecclesiastica già in atto dall’Umanesimo, e con la ripresa del platonismo si giunge  al concetto di unità interconfessionale e di ritorno al principio, cioè ritorno a Dio, coniugando validamente la sapienza classica con la speculazione religiosa di matrice cristiana e orientale.
Questa speculazione era però una filosofia della religione, per i dotti, che poneva ancora di più l’accento sul distacco tra la fede e il popolo: lo stesso pericolo già corso dalla filosofia cristiana durante la Scolastica. Il senso della Riforma e delle sette protestanti mira appunto a ripristinare la forma genuina del sentire religioso, attraverso l’universalizzazione del messaggio di Cristo e attraverso una lettura più immediata della Bibbia.
Il protestantesimo si diffonde dapprima in Germania, a Wittenberg, dove Martin Lutero affigge le sue 95 tesi, poi approda in Svizzera, con Zuinglio a Zurigo e poi a Ginevra con Calvino. Il movimento protestante non manca però del fondamentale apporto del filosofo umanista Erasmo da Rotterdam.

ERASMO DA ROTTERDAM

Rappresenta l’aspetto filologico-umanistico della Riforma. Brillante umanista, Erasmo adopera il sarcasmo per sottolineare i mali del suo tempo e la decadenza del Papato e della Chiesa. Quasi anticipando la dotta ignoranza di Cusano, Erasmo elogia la pazzia come la felicità del non sapere e del credere illusoriamente, una condizione che incarnava perfettamente l’uomo del suo tempo. In una delle sue opere più celebri, l’Enchrydion militis christiani, egli contrappone alla fede del soldato di Cristo la cultura teologica del teologo e del letterato che studia e conosce attentamente le Sacre Scritture, pratica alla quale Erasmo si dedicò proficuamente. Lo sforzo filologico erasmiano si traduceva in un ritorno alle vere fonti della cristianità, le uniche che potevano disvelare l’autentico messaggio di Cristo.  La dottrina erasmiana colmava evidentemente la grave lacuna della filosofia cristiana medioevale, persa tra le lectiones e le disputationes e smarrendo il senso della carità. Ma Erasmo era un umanista e non un teologo, pur essendo uno degli animatori della Riforma, quando Lutero gli chiese aiuto lui si limitò a una collaborazione letteraria, peraltro poi condizionata dal principio del libero arbitrio che Erasmo rivendica contro gli scritti di Lutero. Dio è per Erasmo la causa principale della salvezza, mentre la libertà umana ne è la causa secondaria, mentre Lutero si pone decisamente sul terreno della pura fede religiosa.

LUTERO

Lutero non fu umanista come Erasmo, ma si poneva direttamente sulla stessa via di rinnovamento religioso, anche se per altre vie, determinata dal ritorno alle fonti originali del Cristianesimo. Contro i conservatori che gli opponevano le dottrine patristiche e scolastiche dei precursori della filosofia religiosa cristiana, Lutero nota l’inconciliabilità tra il grido di coloro “Tradizione! Tradizione!” e il suo grido “Vangelo! Vangelo!”. Lutero riconosce validità al solo magistero cristico e apostolico, rifiutando le speculazioni e i divertissement teoretici della Chiesa di Roma, incomprensibili al volgo meno dotto e pone come ancora di salvezza la sola e unica fede in questo messaggio. Tale è il senso della Riforma: giustificazione per mezzo della fede, ispirata a una frase paolina “il giusto vivrà per la sua fede” che Lutero interpreta come la serena fiducia che l’uomo deve avere nella giustizia divina, sicuro baluardo di salvificazione.
Appare dunque evidente l’impossibilità luterana di conciliare la fede in Dio e le speculazioni razionalistiche della Scolastica: la ragione, scrive Lutero, è la più acerrima nemica di Dio. I filosofi sono per Lutero tutti sofisti – mistificatori – tranne Guglielmo di Ockham, poiché per primo notò l’insanabilità del binomio fede-ragione.  Si nota qui anche la distanziazione da Erasmo, poiché è evidente in Lutero una cieca sottomissione a Dio, senza alcuna possibilità di iniziativa e di libertà d’arbitrio per l’uomo. L’apparato della Chiesa viene dunque minato: Lutero riconosce solo due sacramenti, il battesimo e l’eucarestia, gli unici istituiti direttamente da Gesù.
Lutero distanzia Erasmo anche riguardo la carità, che di per sé  è inutile alla causa della salvezza. Come l’albero buono produce buoni frutti altrettanto l’uomo che ha fede  farà opere buone, mentre chi non ha fede non farà che opere cattive: ed è ovvio che si salverà il giusto, ma non perché ha fatto delle opere buone, ma perché è giusto, e proprio perché è giusto fa delle opere buone. Al “De libero arbitrio” erasmiano, Lutero risponde col “De servo arbitrio” ponendo l’accento sull’inutilità della libertà contro la predestinazione e la prescienza divina. Lutero estremizza così il messaggio agostiniano. Tutto quello che Dio fa è giusto proprio perché è Dio a farlo: all’uomo non resta altra libertà che avere fede e sottomettersi passivamente a Dio.

ZUINGLIO 

Ulrico Zuinglio è molto vicino all’Umanesimo come idee e come metodo: la visione di Zuinglio è universalizzante e oltrepassa i confini del solo Cristianesimo. L’uomo crede in Dio e ha fiducia in Lui perché da Lui è stato creato. Zuinglio attribuisce a Dio le stesse prerogative di unità dell’essere parmenideo.
Come Lutero, Zuinglio respinge ogni cerimonia sacramentale, ammettendo solo l’eucarestia ma nel senso di comunione dei fedeli e non nel senso di ingestione del corpo di Cristo, poiché non si tratta del corpo di Cristo reale ma del corpo formato dai fedeli in comunione che rievoca simbolicamente il sacrificio del Maestro. Come Lutero Zuinglio vorrebbe impegnare l’uomo nella vita sociale e nel compimento di opere buone, non determinanti però alla salvazione dell’uomo, ma come testimonianza della giustezza dell’uomo che ha fede in Dio e che in virtù della sua fede e di quella soltanto verrà salvato da Dio. L’opera di Zuinglio fu prematuramente interrotta dalla morte del filosofo nella battaglia di Cassel, ma riuscì a porre salde radici anche col sopravanzare del calvinismo.

CALVINO

Giovanni Calvino rappresenta il ritorno alla religiosità del Vecchio Testamento. La dottrina calvinista mira a riunire Vecchio e Nuovo Testamento, indicando nel Dio del vecchio Testamento un modello di assoluta potenza e imperscrutabilità. Contro la potenza e la prescienza di Dio nulla l’uomo può fare, se non rimettendosi con serena fiducia alla grandezza e onnipotenza del Creatore. Per Calvino il lavoro è sacro. Dio aiuta l’uomo a lavorare e a guadagnare, a patto che il lavoro sia svolto incondizionatamente e con probità, un tratto che distinguerà la rampante borghesia italiana ed europea, priva di ogni concessione a sentimentalismi e mollezze.

LA CONTRORIFORMA

Si chiama Controriforma la reazione della Chiesa alla Riforma protestante. La reazione inizia con il Concilio di Trento, che va dal 1545 al 1563.
La Controriforma fu in realtà una vera e propria riforma nella riforma, un atto dovuto, in pieno accordo al pensiero rinascimentale, che la Chiesa doveva fare per rinnovarsi struttturalmente. Anche qui si tratta di un ritorno al principio, alle fonti della Chiesa, dei Padri e dei Dottori. Tra i maggiori rappresentanti della Controriforma ci furono il cardinale Roberto Bellarmino, esprimente un radicale ritorno al tomismo e lo spagnolo Francisco Suarez.

Il Concilio di Trento:

negò che la Sacra Scrittura bastasse da sola alla salvezza dell’uomo;
negò il principio della libera interpretazione affermando il diritto della Chiesa a far valere la lezione teologica tradizionale dei primi Padri;
riconfermò il ruolo mediatore della Chiesa tra l’uomo e Dio;
riconfermò il valore dei Sacramenti e delle opere di carità.