giovedì 11 agosto 2016

Campanella

TOMMASO CAMPANELLA

La filosofia campanelliana è come quella bruniana una manifestazione di quel movimento filosofico e politico di rottura che la scienza rinascimentale promosse tra i secoli XVI e XVII. Campanella era calabrese come Bernardino Telesio, di Cosenza Telesio, di Stilo Campanella, e, come Giordano Bruno, Campanella era domenicano. Anche Campanella subì come Bruno delle persecuzioni, in particolare a causa della sua opera Philosophia sensibus demonstrata, che gli costò la prigionia. Dopo successive  incarcerazioni e ulteriori processi per eresia, Campanella, che viaggiò molto, tornò a Stilo, dove promosse una congiura politica, che prevedeva il disegno di una repubblica teocratica di cui lo stesso Campanella sarebbe stato legislatore e capo. Scoperto, Campanella fu arrestato e tratto a Napoli per essere processato come eretico. Per sfuggire la condanna capitale si finse pazzo, resistendo a feroci torture: fu così condannato al carcere a vita, dove rimase 27 anni. Durante la prigionia Campanella non smise mai di scrivere e di idealizzare il suo progetto politico, che riteneva realizzabile dapprima dalla sola Spagna, poi dalla Francia. Mentre si trovava rinchiuso nel palazzo romano del Sant’Uffizio Campanella viene aiutato a fuggire dall’ambasciatore francese e riparò in Francia, presso la corte di Luigi XIII, dove trascorse gli ultimi anni di vita.
L’interesse campanelliano è prettamente teologico e politico. Tra le sue opere vanno soprattutto menzionate La Città del Sole, ideale racconto politico in sintonia con gli epigoni rinascimentali, Atheismus Triumphatus, e Metaphysica. Campanella fu anche autore di scritti politici, come la stessa Città del Sole, e di poesie, che non costituirono come nel caso di Bruno versioni versificate della propria letteratura filosofica, ma vere e proprie poesie.

FISICA E MAGIA

Campanella inizia la sua speculazione da perfetto telesiano: si racconta del rammarico provato da Campanella nel non aver mai incontrato il suo conterraneo, sul cui feretro il filosofo di Stilo depose una elegia composta apposta per Telesio. Ma Campanella si distacca subito dal maestro. L’interesse telesiano era puramente scientifico e naturalistico, volto alla comprensione della natura juxta propria principia, un procedimento che escludeva aprioristicamente ogni connotazione magica per costituire l’immagine della natura come espressione di Dio, garante dell’ordine cosmico, mentre la fisica campanelliana vede sì la natura come statua ed espressione di Dio, ma vede anche, nelle forze che la animano, il campo d’azione di astrologi e maghi. A Campanella la scienza non interessa: egli sposa la dottrina galileiana, ma solo per ragioni teologiche e legate al ruolo del principio metafisico del Sole. Da Telesio Campanella deriva la caratteristica della sensibilità, che appartiene a tutti gli organismi viventi. Poste due forze agenti, il caldo e il freddo, anche il filosofo di Stilo ammette la necessità di possedere un corpo senziente, prerogativa di chi sente l’azione esercitata dalle due forze, e questa prerogativa è universalizzata nella natura. Tutti i corpi sentono, e sentono perché composti da uno spirito caldo e sottile, corporeo esso stesso, che permette di sentire. Nessun elemento è escluso. Ma Campanella aggiunge anche un ulteriore elemento. Così come l’uomo possiede oltre allo spirito corporeo un’anima infusa da Dio, anche il mondo ha una sua anima che permette il cosiddetto consenso, ossia la finalità intrinseca delle cose naturali nella loro disposizione in seno all’ordine cosmico. Campanella non solo afferma la causa finale, ma come si vede le conferisce la superiorità rispetto alle cause fisiche agenti.
Su questo consenso Campanella fonda l’azione della magia, che consiste proprio nel padroneggiare e nell’usare quelle forze naturali che scaturiscono dall’accostamento delle cose. Tre sono le tipologie che Campanella distingue nella magia: quella divina, fondata sulla grazia e sull’amore di Dio, quella naturale, fondata sulle forze degli astri, della medicina e della fisica, e quella diabolica, che è ignota ai più e per questo ancor più prodigiosa e strabiliante. Di queste la magia divina è indipendente dalla scienza, perché è prodotta dalla fede nel potere di Dio. Ma Campanella ammette che mago è pure l’uomo che fa le leggi, e al pari di Dio mette ordine nel proprio regno.
Della fisica di Telesio Campanella conserva inalterata la sostanziale primalità della conoscenza sensibile. Scrive Campanella che “la sapienza è la conoscenza certa di ogni cosa, internamente, senza dubitanze” e gioca con l’etimo della parola sapienza, assonante ai sapori del gusto: quando si mangia si tritura una cosa, e la si riduce ai suoi elementi più semplici; così come il gusto, la vera sapienza si fonda sul senso, che garantisce una conoscenza certa e toccata con mano. “Il senso è certo e non vuol prova, ch’egli è prova” osserva Campanella riferendosi al fatto che la scoperta colombiana aveva messo a tacere l’erronea opinione dei filosofi antichi i quali ritenevano l’inesistenza degli antipodi. Ma anche l’intelletto è sensibile e la sua sensibilità si fonda sulla somiglianza tra le cose particolari che si certifica nell’oggetto universale elaborato dall’intelletto.
A questo punto nasce però un problema. Se tutto è ridotto a sensibilità, come è possibile che l’anima colga se stessa al pari delle cose esterne?

NOTITIA SUI IPSIUS INNATA

È chiaro che l’anima non potrebbe ignorare la conoscenza che essa ha di se stessa, se no invaliderebbe tutta la conoscenza sensibile esterna. Questo argomento viene trattato dal filosofo di Stilo nella sua Metafisica, che divide in tre parti, una dedicata ai principi del sapere, una ai principi dell’essere e una ai principi dell’operare. Il dubbio stesso presuppone una verità al di là di ogni dubbio. Il vero sapiente è infatti colui al quale le cose “sanno” così come esse sono, e sapere significa appunto percepire la cosa come essa è. Anche lo scettico, dice Campanella parafrasando il Contra Academicos agostiniano, sa che se ammette di non sapere nulla, sta comunque ammettendo una verità esistente a cui egli non è in grado di arrivare, ma comunque esistente. Orbene questo sapere, questa certezza, sono fondati su principi universali, al di là di ogni dubbio, derivanti dall’interno dell’anima e quindi innati, o dall’esterno e perciò dal consenso. Dall’interno sappiamo di essere, e quindi di potere, sapere e amare; dall’esterno sappiamo di potere, sapere e amare, non tutto e non in tutti i modi. Cartesianamente Campanella presuppone che per poterci rivolgere alle cose fuori di noi dobbiamo prima aver coscienza di essere nella condizione di farlo, e quindi di riconoscerci esistenti: compito facile, che deriva proprio dal fatto che sappiamo di potere, di volere e di sapere, compito che anche lo scettico riconoscerebbe. Perché noi sappiamo questo? Perché la ricerca dell’uomo non è rivolta alle cose esterne, ma alle cose interne: le cose esterne si presentano infatti confuse e disordinate e solo l’anima le presenta in modo non confuso. Perché ciò sia possibile è necessario che l’anima sia consapevole di poter conoscere, e perciò deve prima conoscere se stessa: questa conoscenza è una autoconsapevolezza, ovviamente innata, che Campanella battezza “notitia sui ipsius innata” cioè notizia innata, non successiva, che l’anima ha di se stessa. Conoscere presuppone infatti un incontro tra l’anima e le cose esterne, che porta una modifica all’anima stessa. Il concetto campanelliano di percezione è una estensione di quello telesiano. Percepire sensibilmente non è riduttivamente il “sentire le cose” ma il “sentire l’azione delle cose” cioè l’effetto di modifica attuato sull’anima. La posizione di Campanella, che non si limita al naturalismo di Telesio, è ancora più importante di quella del suo conterraneo, perché estende il concetto di sensibilità sul piano metafisico. L’autoconsapevolezza dell’anima si estende infatti a tutti gli organi dotati di sensibilità, che per sentire devono essere consapevoli di poterlo fare, cioè di subire una modifica dagli oggetti esterni ad essi. Campanella difatti distingue la conoscenza innata e originaria, cioè l’autoconsapevolezza, dalla sapienza illata, cioè consecutiva e successiva alla percezione: quindi ogni cosa si sente e sente le altre perché la possibilità di sentirsi la rende simile alle altre cose e quindi in grado di venire da esse modificata.

LA METAFISICA

La Metaphysica di Campanella è quasi contemporanea al cartesiano Discorso sul Metodo: solo un anno divide le due opere. La differenza tra i due è basata sul concetto di problematicità della realtà, che viene negato nella filosofia campanelliana ed esaltato in quella di Cartesio. L’autoconsapevolezza della filosofia cartesiana si traduce infatti nel cogito, cioè nel pensiero, mentre per Campanella ogni elemento naturale dotato di sensibilità deve essere autoconsapevole di poter sentire ed è esso stesso sensibilità. In pratica Campanella non si pone il problema dell’uomo nella natura, perché ogni autoconsapevolezza è data in quanto ogni elemento naturale deve essere senziente, in grado di percepire le modifiche apportate dagli oggetti esterni ad esso; la filosofia cartesiana è invece una vera filosofia dell’uomo che si interroga su come deve e può conoscere se stesso e la realtà esterna ad esso. In tal caso recuperiamo la filosofia dell’uomo come ricerca agostinianamente interiore dell’uomo stesso.
L’uomo campanelliano è consapevole dunque di tre primalità, di sapere, di potere e di amare, e potentia, sapientia ed amor, sono i nomi delle tre primalità che costituiscono l’essenza delle cose. Ogni cosa è in quanto può, cioè può essere; tutte le cose sanno, cioè sapiunt, perché sono sensibili; e ogni cosa ama il proprio essere e desidera ovviamente conservarlo. Le cose del mondo sono però finite e limitate, composte perciò anche di non essere. Così se ammettiamo tre primalità dell’essere, potenza, sapienza ed amore, così dovremo ammettere tre primalità del non essere, cioè impotenza, insipienza e odio. In quanto finite le cose non sempre possono tutto ciò che è possibile, non sempre sanno ciò che si potrebbe sapere e a volte odiano pure. Solo Dio, essendo principio, è ovviamente illimitato ed essere puro.
Come si arriva a Dio? La strada più logica è quella della conoscenza acquisita e illata, che giunge al principio di tutte le cose attraverso il ragionamento sulle cose stesse, manifestazione di una superiore volontà creatrice; ma la strada più pura è quella della conoscenza innata et abdita, innata e nascosta,, perché tutte le cose sono costituite dall’essenza della creazione divina fondata sulle tre primalità dell’essere: e perciò ogni cosa ama il suo creatore, Dio, in cui non esiste limite, essendo autore del disegno armonico dell’universo dove ogni cosa ha il suo posto preciso e distinto. Ogni cosa viene creata da Dio nella perfezione, ma viene creata imperfetta poiché deve assumere una forma e un ruolo precisi nella disposizione armonica dell’universo. Campanella, esperto di magia, rileva bene qui la necessaria disposizione delle cose del mondo perché non vengano intaccate dal non essere, ma il non essere entra comunque in gioco perché il consenso divino fa sì che l’uomo creato come tale sia uomo e non sia un cavallo, non sia una pietra, e così via. Le tre primalità sono assolute e illimitate in Dio e da esse derivano la necessità (dall’assoluta potenza), il fato (dall’assoluta sapienza) e l’armonia (dall’assoluto amore), a cui si oppongono  rispettivamente la contingenza, il caso e la fortuna, derivanti dal non essere.

LA POLITICA RELIGIOSA
La Città del Sole

Tutta la speculazione campanelliana costituisce il fondamento della politica religiosa che il filosofo di Stilo propugna nell’ideale movimento di rinnovamento religioso del Rinascimento. Come si è già detto brevemente nei cenni biografici, Campanella vagheggiava l’ideale di una unificazione religiosa dell’umanità, disegno in sintonia con le tendenze del suo tempo, che viene delineato nella Città del Sole. Pur deluso dalle nazioni che egli scelse quali destinatarie della missione, Campanella rimase sempre fedele alla religione cattolica, riconoscendola come la più vicina al modello di religione solare a cui egli si ispirava. Quello campanelliano è un ruolo politico particolare, profetico, legislatore, latore di un messaggio di pace. Avvalersi di una religione non perfetta avrebbe compromesso la realizzazione del ruolo che Campanella incarnava. Egli si rivolge alla religione cattolica come la religione più vicina al modello naturale, così come altri suoi contemporanei non ebbero difficoltà a osservare. È in questo che si nota la particolarità della filosofia di Campanella: da perfetto uomo del Rinascimento Campanella predicava infatti il ritorno alle origini, inteso come religione naturale, ma in questo caso come ritorno al Cristianesimo delle origini, alla forma pura del messaggio solare del Cristo.
Quella della Città del Sole è una comunità ideale, vicina per struttura al modello platonico, retta da un principio solare, il Principe Sol o Metafisico, e da tre principi collaterali, Pon, Sin e Mor, incarnazione delle tre primalità del principio divino illimitato. La comunità è una perfetta rappresentazione del vivere secondo ragione predicato dal filosofo. Qui il cattolicesimo viene esaltato nella sua missione universale, poiché il cristianesimo, scrive Campanella, nulla aggiunge alla religione della natura se non i sacramenti. La religione naturale è perfetta ma vale per i dotti. Realizzare una riunificazione religiosa significa avvicinare tutta l’umanità alle cose dello spirito, e il Campanella profeta e legislatore, come il più volte citato Toralba del Colloquium Heptaplomeres di Bodin, deve ammettere l’utilità di riti e cerimonie perché la religione possa davvero religare e la Chiesa diventi veramente katolikè, universale. Per questo Campanella distingue tra religione indita, innata e naturale, e religione addita e conseguente, precisando che se la religione indita è naturale e basilare e tutti gli uomini tendono naturalmente a ritornarci, la religione addita è importante perché ogni comunità ha sempre cercato di fondare il proprio patrimonio storico e spirituale sugli elementi positivi tratti dalla religione naturale. Ecco perché la religione indita è importante in base a quella addita, di cui costituisce il fondamento.
Nell’opera Atheismus triumphatus, il cui sottotitolo è Recognitio religionis universalis, Campanella identifica proprio la religione universale e naturale con quella cristiana, attraverso il ruolo mediatore del Cristo Logos, principio razionale. È razionale ogni cosa che risponde a ragione e ragione implica la conservazione dello stato di cose armonico della natura: se una cosa non giova, osservavano i giusnaturalisti, non è conforme a ragione e perciò innaturale. Campanella avverte quindi necessario il recupero di quelle basi del Cristianesimo che avevano reso quella cristiana una vera religione conforme a ragione. Questa esigenza viene ripresa nel Quod reminiscentur, il cui titolo riprende l’inizio del salmo 22 (Quod reminiscentur et convertentur ad Dominum universi fines terrae), in cui la conclusione è in linea con quella voluta da Campanella: tutte le cose torneranno al loro principio.