mercoledì 31 agosto 2016

700 - Parte 1A

IL 700 - PARTE 1A
LA PRIMA METÀ DEL SETTECENTO

Il secolo XVIII si potrebbe dividere storicamente in due fasi, una di equilibrio e una rivoluzionaria. Lo storico francese Godechot non esita infatti a inserire le rivoluzioni borghesi che interesseranno la seconda parte del Settecento e la prima parte dell’Ottocento in un movimento ben più vasto che egli definisce rivoluzione atlantica, una rivoluzione che ha le radici storiche, politiche e culturali nella prima metà del secolo. Il Settecento viene frazionato come i secoli precedenti da una pace, la pace di Aquisgrana del 1748, a un secolo esatto dalla pace di Westfalia. Il secolo si apre con uno stato di belligeranza che coinvolge le principali monarchie europee impegnate nelle cosiddette guerre di successione, la prima delle quali è quella che si apre dopo la morte del re di Spagna Carlo II e che segnò la fine del disegno espansionistico del Re Sole. Molto importante da sottolineare è la politica diplomatica intrecciata dai vari paesi europei allo scopo di evitare la presenza di una nazione egemone: la prima parte del secolo si chiude con uno stato politico di equilibrio. La vera grande guerra della prima metà del secolo è la guerra dei Sette Anni, che coinvolge le grandi cinque potenze europee del Settecento: la Francia, l’Inghilterra, la Prussia, l’Austria e, per la prima volta, la Russia. La pace di Aquisgrana ridisegnava la carta geopolitica dell’Europa e, nella seconda metà del secolo, dopo la restaurazione si procedeva alle riforme politiche e sociali. La cultura dell’Illuminismo aveva infatti prodotto una radicale svolta non solo nella storia del pensiero ma anche in quella economica e sociale, e andavano affermandosi delle nuove identità politiche che si sarebbero poi espresse con l’avvento delle grandi rivoluzioni borghesi. Non ultima ovviamente la rivoluzione industriale, il cui terreno strutturale si poteva già intravedere nell’Inghilterra del Seicento, favorita dalle innovazioni tecnologiche e dall’affermarsi della libera impresa.

LA GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA

Il susseguirsi delle crisi dinastiche apriva nuovi spazi al processo di espansione territoriale delle grandi monarchie europee. Alle tre principali guerre di successione, quella spagnola, quella austriaca e quella polacca, bisogna aggiungere la seconda guerra del Nord. Come abbiamo detto prima, l’opera diplomatica fu incessante e finì con lo stabilire un equilibrio politico tra le parti. Si trattava di un equilibrio fittizio, poiché dalla pace di Aquisgrana escono cinque potenze e soprattutto viene ridisegnata la mappa delle leadership politiche nel nord e nel Baltico: nella seconda metà del Settecento la guerra dei Sette Anni rimetterà in discussione la guida politica dell’Europa.
Il debole e malato Carlo II muore senza eredi nel 1700. A contendersi il trono erano soprattutto la Francia, poiché la regina Maria Teresa era sorella di Carlo, e l’Impero, perché l’altra sorella di Carlo II, Margherita, aveva sposato Leopoldo I. Il testamento del defunto re indicava quali eredi, in prima battuta il pronipote di Luigi XIV e Maria Teresa, Filippo di Borbone duca di Angiò, a patto che rinunciasse alle pretese dinastiche sul trono francese, e in subordine il secondogenito di Leopoldo I e Margherita, l’arciduca Carlo d’Asburgo. Nel 1701 sale dunque al trono Filippo V, ma il pronipote di Luigi XIV non accetta la clausola di rinuncia imposta dal testamento, ingrandendo così i domini franco-spagnoli e alterando il faticoso equilibrio uscito dalla pace di Rijswijk. Le potenze europee decidono di intervenire e costituiscono l’alleanza antifrancese dell’Aja, intervenendo contro Filippo V e sostenendo la candidatura di Carlo d’Asburgo. L’elevato numero delle potenze e degli stati in guerra fa sì che il conflitto si svolga su diversi fronti, quello meridionale di Gibilterra e delle Baleari dove operarono gli inglesi, quello catalano dove sbarca l’arciduca Carlo d’Asburgo, quello piemontese dove i Savoia sconfiggono l’esercito francese e quello italiano del meridione dove operarono gli austriaci. La Francia si vide lentamente privata dei suoi principali possedimenti, ma riuscì a recuperare nel 1709 a Denain. Una svolta decisiva si ebbe nel 1711 con la morte improvvisa dell’imperatore austriaco Giuseppe I, che obbligò Carlo d’Asburgo alla successione.
A questo punto Inghilterra e Olanda decidono di chiudere il conflitto e avviano le trattative per la pace a Utrecht, mentre il neo imperatore Carlo VI prosegue la guerra. Poco dopo anche l’Austria esce dal conflitto e avvia le trattative di pace a Rastadt.
Nel 1713 gli stati della Coalizione antifrancese firmano la pace di Utrecht con la Francia, a cui segue nel 1714 la pace di Rastadt tra Francia e Impero. Queste le conseguenze: Filippo V resta re di Spagna e rinuncia ad ogni pretesa dinastica sul trono francese; Carlo VI rinuncia alla corona spagnola e ottiene in compenso i Paesi Bassi spagnoli, il Milanese, il ducato di Mantova, la Sardegna e il regno di Napoli; Vittorio Amedeo II di Savoia ottiene il titolo di re più la Sicilia e il Monferrato; Federico I Hohenzollern diventa re di Prussia e ottiene la Gheldria; l’Inghilterra ottiene vari territori francesi e spagnoli più il cosiddetto asiento, il monopolio del commercio degli schiavi.

LA SPAGNA

In Spagna regnava dunque Filippo V, che cerca di riordinare le finanze statali, ormai provate dalle guerre e dalla crisi. Filippo sposa in seconde nozze Elisabetta Farnese, erede del ducato di Parma, al cui seguito c’era il potente e abile cardinale Alberoni. Alberoni voleva restaurare l’egemonia spagnola in Italia, ormai compromessa dalla pace di Utrecht, al fine di garantire ai figli di Elisabetta i troni di Parma e di Toscana. Nel 1717 la flotta spagnola sbarca in Sardegna e nel 1718 in Sicilia. A questo punto le potenze europee si coalizzano di nuovo per salvaguardare l’equilibrio europeo e fermano gli spagnoli a Capo Passero. La Spagna viene obbligata a firmare nel 1720 la pace dell’Aja con cui rinuncia definitivamente a ogni disegno espansionistico ai danni dell’Italia; in compenso al figlio di Elisabetta e Filippo, don Carlos, viene garantita la successione ai trono ducali di Parma e di Toscana e all’Austria viene data la Sicilia, mentre la Sardegna passa a Vittorio Amedeo II, che assume il titolo di re di Sardegna.

LA FRANCIA E L’INGHILTERRA

Nel 1715 muore il Re Sole. Il suo successore, il piccolo Luigi XV, sottoposto alla reggenza del duca Filippo di Orléans, trova il paese in condizioni disastrose, poiché il regno assolutista del prozio non era riuscito a modernizzare le strutture socioeconomiche dello stato né quelle amministrative. Durante la minorità del delfino il duca di Orléans cerca di attenuare l’assolutismo politico della monarchia francese restituendo potere al parlamento, e avvia un progetto di risanamento economico seguendo le idee del finanziere scozzese John Law. Primo atto di Law è la creazione di una Banca Nazionale, che emette carta moneta, e trae profitto dalla Compagnia d’Occidente, poi Compagnia delle Indie, che aveva il monopolio dei traffici col nuovo continente e le cui azioni sono contese attraverso operazioni di speculazione. Nel 1720 Law viene nominato controllore generale delle finanze dello stato, ereditando l’ufficio di Colbert, ma dopo la fusione della Compagnia e della Banca, una pesante bancarotta lo fa cadere in disgrazia. Luigi XV affida il governo al suo vecchio tutore, il cardinale Fleury, che riporta il bilancio statale in pareggio. Nel 1743 Luigi XV restaura il potere assolutista del Re Sole guidando direttamente lo stato senza altri intermediari.

L’Inghilterra apre il secolo all’insegna della crisi dinastica, dovuta alla morte della regina Maria Stuart, priva di una discendenza diretta. Il Parlamento emana l’Act of Settlement, che assegnava la corona prima alla sorella minore della regina, Anna, e poi a Giorgio I di Hannover, entrambi protestanti, escludendo così i cattolici discendenti di Giacomo II dalla successione. Nel 1701 muore Guglielmo III di Orange e, dopo il regno di Anna Stuart nel 1714 sale al trono Giorgio I di Hannover. Il ruolo parlamentare è dominante, infatti durante il regno di Anna la maggioranza whig porta l’Inghilterra a partecipare alla guerra di successione spagnola, mentre dopo la vittoria elettorale dei tories nel 1711, la nuova maggioranza porta il paese a un maggiore impegno sul fronte commerciale. Nel 1707 si forma il Regno Unito di Gran Bretagna, che inglobava le corone di Scozia e Inghilterra. Durante il regno di Giorgio I il parlamento, di nuovo in mano ai whig, riceve dal sovrano la delega per governare. Nel 1716 il Septennial Act fissava la durata della legislatura parlamentare a sette anni.
Nel 1721 inizia il governo del primo ministro whig sir Robert Walpole, sotto il quale l’Inghilterra si avvia a consolidare la sua potenza commerciale, mentre in politica estera inizia un periodo di pace, se si esclude un intervento nel 1739 ai danni della Spagna, per costringerla a rispettare i dettami della pace di Utrecht. Nel 1727 sale al trono Giorgio II. 

LA SECONDA GUERRA DEL NORD

La seconda guerra del Nord scoppia durante il periodo della guerra di successione spagnola. La causa della guerra fu la spartizione del Baltico, su cui erano interessate la Svezia e la Russia. Nel 1700 una coalizione antisvedese con Polonia e Danimarca, capeggiata dalla Russia dello zar Pietro il Grande, attacca la Svezia; ma il re svedese Carlo XII si sbarazza senza difficoltà degli avversari e sconfigge i russi a Narva. Pietro il Grande non si dette per vinto e, dopo aver ripreso la marcia verso il Baltico fondando la città di Pietroburgo, riconquista Narva nel 1703. Carlo XII fa allora in modo che sul trono polacco sieda il suo uomo fidato Stanislao Leczynski, in luogo del deposto Augusto II di Sassonia. Riprende dunque la guerra alla Russia, sperando di arrivare a Mosca, ma viene sopraffatto dalla classica tattica dell’esercito russo che, dopo aver fatto terra bruciata, costringe Carlo a riparare in Ucraina; qui, nonostante un’alleanza con i Cosacchi, l’esercito svedese è sconfitto a Poltava (1709) mentre Carlo è costretto a rifugiarsi presso il sultano ottomano. Inutilmente Carlo cercò di sobillare il sultano contro la Russia: l’abilità diplomatica dello zar portò infatti alla sottoscrizione della pace di Husi e alla restituzione di Azov agli Ottomani, che, per tutta risposta, trattennero per cinque anni il sovrano svedese. Durante l’assenza di Carlo la Russia riesce a riportare sul trono polacco Augusto II, mentre alla coalizione si aggiungono la Prussia e l’Hannover. Rientrato in patria dopo cinque anni, Carlo cerca di riprendere la guerra, ma muore nel 1718. La Svezia decide così di avviare le trattative di pace: nel 1720 viene firmata la pace di Stoccolma con Prussia e Hannover, nel 1721 la pace di Nystadt con la Russia. Questi trattati di pace ridimensionarono il ruolo svedese nel Baltico e rilanciarono invece la Russia nel novero delle potenze mondiali.

LA RUSSIA

Pietro il Grande, zar di Russia, fu l’artefice della rinnovata grandezza del suo paese. Alla fine del Seicento, quando Pietro salì al trono, trovò un paese immenso ma indebolito nelle sue strutture sociali ed economiche e una profonda arretratezza. Perciò si propose una immediata modernizzazione del paese, e un rilancio in ambito europeo. Fu un viaggio in Occidente a convincere lo zar del ruolo che la Russia avrebbe potuto giocare in Europa, e simbolo di questo nuovo ruolo fu la città di Pietroburgo, voluta dallo stesso zar come una “finestra sull’Occidente” e simboleggiante il nuovo corso russo.
Politicamente le riforme di Pietro il Grande ricalcarono il centralismo e l’assolutismo delle grandi monarchie europee, con un notevole rafforzamento del potere centrale e di una migliore distribuzione di questo sullo sconfinato territorio russo, mediante l’istituzione di collegi e governatorati. L’apparato fiscale fu riordinato e la Russia adottò la stessa politica mercantilistica della Francia. Al controllo zarista non sfuggì nemmeno la Chiesa.
Sicuramente la mossa vincente dello zar fu il ridimensionamento dei poteri dell’aristocrazia terriera, con la soppressione della Duma dei boiari e con l’invito fatto ai nobili di porsi al servizio dello stato, introducendo un attento accesso meritocratico ai ruoli della nobiltà anche per i non aristocratici (Tavola dei Ranghi); ma anche imponendo una maggiore cura europea nell’abbigliamento e nello stile, obbligando ad esempio al taglio della barba.

LA GUERRA DI SUCCESSIONE POLACCA

Augusto II di Sassonia, restaurato da Pietro il Grande, muore nel 1733, aprendo il difficile problema della successione. I due candidati erano Stanislao Leczynski, appoggiato dalla Francia, e Federico Augusto III di Sassonia, appoggiato da Austria e Russia. La nobiltà polacca, corrotta dalla Francia, elegge Stanislao Leczynski, provocando così la reazione russa e austriaca e una conseguente guerra. È la Francia, con l’aiuto della Spagna e del Regno di Sardegna, ad attaccare per prima, spostando il territorio del conflitto in Italia, sia per evitare di coinvolgere l’Inghilterra, sia perché la Francia mirava in realtà ai domini austriaci in Italia, subito invasi dalle truppe francesi, spagnole e piemontesi. Vistasi accerchiata l’Austria si arrende e firma la pace di Vienna (1738) con cui si chiude il conflitto.
Federico Augusto viene dunque riportato sul trono polacco, mentre il suo rivale viene compensato con la Lorena, dietro promessa di una cessione alla Francia alla morte del Leczynski (avverrà nel 1766); Stefano di Lorena viene a sua volta nominato granduca di Toscana, dopo che nel Granducato si era estinta la dinastia medicea; l’Austria conserva il territorio milanese più Parma e Piacenza, mentre al sud d’Italia, questa la vera novità, i domini austriaci passano ai Borbone di Spagna. Carlo di Borbone diventa così re di Napoli e di Sicilia.

L’IMPERO ASBURGICO

L’Impero degli Asburgo esisteva solo di nome, ma non di fatto, poiché i suoi 343 stati godevano di ampie autonomie territoriali. Unici territori in cui il potere centrale poteva farsi sentire erano i domini diretti, che facevano capo all’Austria. Dal 1705 al 1711 regna l’imperatore Giuseppe I. Poco prima della sua ascesa al trono scoppia la rivolta della nobiltà ungherese, che mal sopportava l’asfissiante assolutismo centralista asburgico, che, dovendo controllare un territorio piuttosto disomogeneo, era molto oppressivo. La lotta più importante era quella religiosa, poiché gli Asburgo imponevano il cattolicesimo. Alla fine la rivolta viene piegata, ma l’Ungheria ottiene alcune autonomie politiche e amministrative. Nel 1711 sale al trono Carlo VI, sotto il quale l’Austria conosce un trentennio di discreta fortuna economica e politica. L’evento più significativo del regno di Carlo VI è l’adozione della Prammatica Sanzione, con cui aboliva la tradizionale legge salica e garantiva alle donne la successione al trono. La fortuna asburgica era la figura dell’imperatore, che garantiva unità al territorio e lo riparava dalle insidie delle monarchie europee: Carlo voleva così garantire la successione della figlia Maria Teresa, che poi sposerà Stefano di Lorena. Per farsi riconoscere la Prammatica Sanzione Carlo VI rinunciò al ruolo politico dell’Austria in Europa, e soprattutto abbandonò il Meridione italiano che passò ai Borbone.

LA GUERRA DI SUCCESSIONE AUSTRIACA

Morto Carlo VI nel 1740, gli succede appunto Maria Teresa, ma la sua ascesa al trono non veniva accettata ancora da tutte le monarchie europee. Prussia, Francia, Spagna e Sardegna chiedevano compensi territoriali per riconoscere la successione, mentre la Baviera rivendicava il titolo imperiale per Carlo Alberto. Le ostilità sono aperte dalla Prussia, che invade la Slesia, spingendosi poi in territorio austriaco e costringendo l’Austria a firmare la pace di Breslavia (1742) con cui cede parte della Slesia alla Prussia. L’Ungheria si dichiara fedele all’imperatrice in cambio di una totale esenzione fiscale.
Dopo un momento felice, in cui l’Austria riesce a cacciare gli eserciti nemici con l’appoggio di Inghilterra, Olanda, Sassonia e Sardegna, la Prussia torna a occupare la Slesia, obbligando gli austriaci a cederla con la pace di Dresda. Intanto il conflitto si era generalizzato, e si era trasformato in una contesa personale tra Inghilterra e Francia. I costi insostenibili obbligarono però le nazioni coinvolte alle trattative di pace, e nel 1748 viene conclusa la pace di Aquisgrana con cui viene riconosciuta la legittimità della successione imperiale di Maria Teresa d’Asburgo, e la conservazione di tutti i domini asburgici, a parte la Slesia che viene appunto ceduta alla Prussia. Inoltre si rafforza il dominio di Carlo Emanuele III di Savoia, mentre i ducati di Parma e Piacenza passano a Filippo di Borbone, fratello di Carlo.

L’ITALIA

Questa era la complessa geografia politica dell’Italia nella prima metà del Settecento:
Regno di Sardegna, retto dai Savoia, comprendente Piemonte, Savoia, e, dal 1720, la Sardegna;
domini austriaci, Lombardia e, dal 1714, ducato di Mantova;
ducati di Parma e Piacenza a Filippo di Borbone nel 1748;
granducato di Toscana a Francesco Stefano di Lorena nel 1738;
Regno di Napoli e Regno di Sicilia a Carlo di Borbone nel 1735;
indipendenti le repubbliche di Venezia, di Lucca, di Genova, il ducato di Massa e lo Stato Pontificio.
L’Italia si riconfermava ancora una volta terra di spartizione per le grandi potenze europee, mentre gli stati ancora indipendenti manifestavano la loro decadenza e debolezza. L’unico stato che riuscì a conservare una reale autonomia politica fu il Regno di Sardegna, che divenne tale con la cessione della Sicilia agli austriaci con la pace dell’Aja, nel 1720. Il Piemonte anelava a estendere il proprio territorio alla vicina Lombardia, ma il suo ruolo politico ancora modesto non gli consentì di avanzare ulteriori pretese; purtuttavia la Sardegna uscì rafforzata dalle vicende politiche europee, imponendo nel proprio territorio una politica a fortissimo impatto riformista e centralista, prima con Vittorio Amedeo II e poi con Carlo Emanuele III.
Mentre gli stati italiani soggetti alle altre monarchie europee dovettero sottomettersi ai dettami politici e amministrativi del dispotismo illuminato, il Regno di Sardegna potè vantare una politica autonoma e indipendente dalle tendenze illuministiche.

LA PRUSSIA

La Prussia degli Hohenzollern (che avevano ottenuto il titolo regale dall’imperatore Leopoldo I) saliva al rango di potenza europea con la partecipazione alla guerra del Nord e alla guerra di successione austriaca. Il maggior artefice della potenza prussiana fu il cosiddetto Re Sergente, ossia Federico Guglielmo I, che introdusse una concezione militaristica nella conduzione dello stato, rafforzando l’esercito come autentico punto di forza della nazione prussiana. Tutto lo stato venne infatti adattato alle esigenze dell’esercito, ma oltre a questo, Federico Guglielmo impose un severo sistema di riforma tributaria, accentuando l’efficienza burocratica e istituendo un rigoroso sistema di rapporti sociali dominato dalla nobiltà terriera degli Junker. Forte di questo terreno, il successore di Federico Guglielmo, Federico II, potè facilmente strappare all’Austria la Slesia, garantendosi un facile accesso militare ai territori vicini.