domenica 14 agosto 2016

Filosofia e scienza

FILOSOFIA E SCIENZA
Leonardo, Copernico, Keplero, Galilei, Bacone

La filosofia della natura rinascimentale era rimasta ferma con Telesio, Bruno e Campanella a un presupposto animistico, e con i soli Bruno e Campanella a presupposti magico-metafisici. La vera caratteristica della filosofia moderna della scienza è l’abbandono di questi presupposti e la considerazione della natura come un ordine oggettivo misurabile: ordine poiché la natura è retta da leggi inderogabili, oggettivo perché la natura deve poter essere studiata come un oggetto e senza implicazioni di natura spirituale e religiosa, misurabile poiché l’ordine ha un carattere essenzialmente matematico e può dunque essere ricavato con razionali processi di calcolo. Proprio a questo proposito va detto che la matematica, per usare una tipica espressione campanelliana, non è addita, cioè acquisita, ma è indita, cioè innata, e non è una creazione della mente umana ma la struttura stessa dell’ordine naturale, che la mente umana non fa altro che scoprire.

LEONARDO DA VINCI

Leonardo è la prima importante figura di questo rinnovamento scientifico. Artista e scienziato, egli non distingueva la scienza dall’arte, principalmente dalla pittura che per Leonardo è l’arte superiore, ritenendole entrambe dei modi di conoscere la natura: in questo ambito sono rilevanti gli studi leonardiani compiuti sulla proporzione, che rappresenta la stessa armonia delle cose che esprimono le leggi matematiche. Possiamo definire Leonardo un precursore. La scienza è per lui figlia dell’esperienza, poiché l’esperienza non inganna: può ingannare invece il giudizio emesso su un fenomeno esperienziale, ma chi ricorre alla matematica può aggirare questo errore.
Leonardo fa suo il motto platonico iscritto all’ingresso dell’Antica Accademia, “no mi legga, chi no è matematico, nelli mia principi”, a testimoniare la fondamentale importanza che assume la matematica nella scienza leonardiana. La produzione di Leonardo è numerosa, egli ebbe intuizioni geniali in diversi campi del sapere scientifico, ma lasciò solo schizzi e appunti al posto di opere sistematiche. Il portato della sua dottrina è comunque di grande rilievo. Come Cusano anche il genio di Vinci ribadisce l’uguaglianza delle cose terrene e celesti (quod inferius sicut quod superius, secondo l’eterno assioma ermetico) come ribadisce la relatività del punto di vista geocentrico. Tra le teorie più importanti e influenti di Leonardo c’è il principio di inerzia: ogni moto naturale e continuo desidera conservare il suo corso per la linea del suo principio.

L’ASTRONOMIA MODERNA
Copernico, Keplero e Galilei

Copernico - Niccolò Copernico segna con la sua opera fondamentale “De revolutionibus orbium coelestium” il definitivo passaggio dalla cosmologia aristotelica, caratteristica del Medioevo, alla scienza moderna, fondata su un diverso principio di natura astronomica. Quella copernicana è una rivoluzione nel vero senso del termine, poiché non solo sposta il centro del sistema dalla terra al sole, ma sposta anche tutta una serie di implicazioni di ordine filosofico, magico e scientifico. Egli trae la sua dottrina dalla speculazione di Niccolò Cusano: Copernico spiegava come fosse molto più semplice ritenere il moto degli astri in relazione al moto della terra intorno a se stessa, piuttosto che considerando la terra come un centro intorno al quale girassero gli astri stessi. Riconobbe inoltre i tre movimenti della terra, quello diurno intorno al proprio asse, quello annuale intorno al sole e quello annuale dell’asse terrestre intorno al piano dell’ellittica.

Keplero - La teoria di Giovanni Keplero consacrò definitivamente il metodo matematico nello studio delle leggi astronomiche. Keplero corresse peraltro Copernico, che riteneva che l’orbita dei pianeti intorno al sole fosse circolare e non ellittica.

Galilei - Contemporaneo di Copernico e di Keplero, nonché loro sostenitore, fu il pisano Galileo Galilei, che condivise con i suoi colleghi l’onta della messa all’indice delle proprie tesi, contrastanti con la dottrina cristiano-aristotelica, subendo anche un cavilloso processo il cui riscatto è giunto solo di recente. Con Galilei si delinea quella caratteristica della scienza moderna, già rivelata dalle scuole ellenistiche, che ci permette di definire autonomo un campo del sapere: il metodo.
Per Galilei sono due i rischi di errore e di falso nella scienza moderna, le preoccupazioni teologiche e la scienza aristotelica. Egli polemizza contro il “mondo di carta” degli aristotelici, osservando che non si può considerare filosofo chi prescinde dall’osservazione diretta della natura ponendo innanzi le opere di Aristotele. Contro la Chiesa Galilei richiama l’attenzione che la natura come le Sacre Scritture è voluta da Dio, ma le Scritture sono state fatte per essere adeguate alla limitata conoscenza umana, mentre la natura è inesorabile e immutabile. Le sole fonti della ricerca scientifica sono

- le sensate esperienze
- le dimostrazioni necessarie

che appaiono a Galileo come una rivelazione diretta della natura all’uomo, perciò non possono essere né contrapposte le une alle altre né separate con una linea retta. Galilei ritiene fondamentale l’esperienza, che non inganna mai, a ingannarci è infatti un cattivo giudizio sull’esperienza che si sta compiendo di fronte ai nostri occhi. Il ragionamento non può sostituire mai l’esperienza, ma può ampliarla. Famoso l’esempio del remo immerso nell’acqua: esso ai nostri sensi appare spezzato, ma non è l’esperienza a ingannarci, quanto piuttosto il nostro pensarlo spezzato, non conoscendo le leggi della rifrazione luminosa; è pertanto il nostro giudizio, e non l’esperienza, a sbagliare. Con Galileo inizia dunque il metodo sperimentale nella ricerca scientifica. Come Cusano, Copernico e Keplero, anche Galilei è persuaso che il libro della natura sia scritto in un linguaggio matematico. Perciò egli rifiuta il ragionamento aristotelico, che tentava di adeguare le leggi naturali alle esigenze umane e preferisce invece riconoscere nelle dimostrazioni necessarie quelle leggi universali della matematica che sono a fondamento di ogni ricerca scientifica. Questo porta Galileo a distinguere le qualità sensibili in primarie e secondarie: secondarie quelle indipendenti dai corpi, che sussistono solo nei nostri organi di senso,  e perciò precarie e variabili come sapori, odori, colori, suoni, primarie quelle proprie dei corpi e dipendenti dai corpi e che possono perciò essere solo  acquisite dai nostri organi di senso, come quantità, figura, grandezza, luogo, tempo, movimento. Un tipico esempio è costituito dal solletico prodotto dallo sfioramento di una piuma, che non è una qualità della piuma stessa. Solo le qualità oggettive dei corpi, ossia le determinazioni primarie, sono suscettibili di misurazione matematica, mentre le altre hanno carattere puramente soggettivo.

BACONE

Francesco Bacone è uno dei personaggi più rappresentativi della filosofia della scienza rinascimentale. Nonostante in questa sede si presenti Bacone come scienziato, occorre altresì sottolineare l’impegno politico del filosofo inglese, impegno sostenuto durante lo sfortunato regno degli ultimi Stuart, da cui originò l’opera politica di Bacone, La Nuova Atlantide, che si ispira a quei canoni tipicamente rinascimentali, e presenti nel pensiero di More e di Campanella. La Nuova Atlantide è un’opera che ricalca da vicino lo stile di Utopia, e disegna uno stato ideale, ma, a differenza di More, Bacone descrive un’isola perfetta non tanto socialmente e politicamente, ma anche e soprattutto dal punto di vista tecnologico e scientifico. Si tratta di un paradiso della tecnica, un immenso laboratorio, dove tutti gli abitanti hanno la possibilità di studiare le forze nascoste della natura per asservirle alle esigenze dell’uomo. Questo è il compito principale della speculazione baconiana, ossia la spiegazione di come l’uomo possa riuscire a conoscere e ad ammaestrare la natura, regnum hominis, innanzitutto, e perciò dominio dell’uomo stesso, così come già si è constatato nel pensiero di Pico della Mirandola.
Dal punto di vista scientifico Bacone si propone la realizzazione di una gigantesca opera enciclopedica, una Instauratio Magna, che avrebbe sostituito l’opera aristotelica e che avrebbe spiegato la natura e le sue forze: Bacone non riuscì a scriverla, ma riuscì a tramandarci una parte introduttiva, il Novum Organum, ossia la struttura logica e metodologica dell’opera. L’organon, nella terminologia aristotelica, è il metodo logico, e questa parola servì già a designare la parte strutturale delle filosofie ellenistiche. La novità del pensiero baconiano è il metodo, sperimentale come quello di Galilei, ma dalla struttura più precisa e razionale, potremmo dire didattica. Infatti, a differenza dello scienziato pisano, Bacone si pone dentro la natura stessa, cercando espressamente nella natura le risposte ai suoi quesiti di carattere empirico. Punto culminante della sua Instauratio Magna è la cosiddetta Philosophia Activa, ossia una parte pratica, mirata alla costruzione degli strumenti utili all’uomo.  Purtroppo poco o nulla ci è pervenuto di questo strumento, se non la parte logica, che Bacone intendeva polemicamente contrapporre alla logica aristotelica, buona solo a espugnare le dispute verbali, mentre il suo metodo si proponeva di espugnare la natura. La logica antica, fondata sulla deduzione sillogistica, era difatti estranea alla natura, mentre Bacone svolge la sua ricerca proprio dentro la natura stessa.

Gli idoli – Prima di impostare la ricerca nella natura è necessario sgomberare il terreno della ricerca stessa da ogni forma pregiudiziale, o, come dice Bacone, dai cosiddetti idola, le false nozioni che limitano o viziano il cammino dell’osservatore. Gli idola sono di quattro specie:
gli idola tribus, o idoli della tribù, che hanno origine nella stessa specie umana, spesso soggetta all’errore perché condizionata dai sensi;
gli idola specus, o idoli della spelonca, propri della natura di ogni singolo individuo, diverso dagli altri nelle singole percezioni e nei singoli interessi;
gli idola fori, o idoli della piazza, derivanti dall’uso delle parole e dei nomi, che spesso sono abbinati a cose inesistenti, o peggio, le cose esistenti hanno nomi che le caratterizzano che possono ingenerare confusione;
gli idola theatri, o idoli del teatro, tipici delle teorie tradizionali, simili per Bacone a favole teatrali, non solo quelle di stampo aristotelico, ma anche di stampo pitagorico e platonico, poiché Bacone rifiuta la possibilità di pervenire ad una comprensione delle cose naturali per via teologica e soprannaturale.
Bacone propone ai fini scientifici un’assoluta indipendenza dall’antichità. Non esiste un’antichità, ma una maggiore capacità di critica e di giudizio, accumulata dall’uomo con l’esperienza, come vuole la massima bruniana “veritas filia temporis”. Per sottrarci agli idola dobbiamo dunque affidarci all’esperienza, ma non in modo casuale, piuttosto in maniera mirata e finalizzata, cioè in maniera sperimentale.

Il metodo induttivo – In natura è facile imbattersi in due tipologie di esperimenti, quelli che danno un risultato immediato per un uso immediato (experimenta frugifera) e quelli che fanno luce, ossia che sono utili a illuminare la via della ricerca in diverse occasioni (experimenta lucifera): questi ultimi sono ritenuti da Bacone i migliori. Fedele alla sua lotta contro l’aristotelismo, Bacone rifiuta decisamente il metodo deduttivo, che parte dal particolare per giungere di colpo a principi generalissimi, e gli preferisce il metodo induttivo, che procede senza salti e per gradi da casi particolari a principi gradualmente più generali. Il metodo induttivo funziona con l’enumerazione dei casi particolari, con la loro scelta ed eliminazione, e giunge in maniera logica a conclusioni valide.
Perché questo si possa compiere Bacone predispone delle tabulae, delle tavole, in cui elenca, enumerandoli, i fenomeni che sottopone alla sua attenzione. Le tavole sono di tre tipi, tavole di presenza, ossia quelle dove il fenomeno compare, o di assenza, ossia quelle dove il fenomeno non compare; di comparazione o dei gradi, dove i fenomeni sono appunto confrontati; ed esclusive, dove si registrano i casi non pertinenti al verificarsi del fenomeno.
Conclusa la parte enumerativa si può formulare una prima ipotesi intorno alla natura del fenomeno, che Bacone coloritamente denomina prima vindemiatio, cioè prima vendemmia. Questa affermazione è di natura provvisoria e viene sottoposta a una serie di test volti a confermarla o a distruggerla, per giungere al momento definitivo della istantia crucis, ossia l’esperimento definitivo che ci dirà se la prima vendemmia sia da accettare o da rigettare.
L’eventuale conferma rende possibile individuare la legge e il processo interni al fenomeno, ossia consente di determinarne la forma: qui Bacone usa un significato tipicamente aristotelico per designare ciò che rende intelligibile la struttura interna del fenomeno. Egli individua altresì uno schematismo latente, ossia il processo costitutivo dei corpi naturali, e un processo latente, ossia il costituirsi dello schematismo. Nella forma propriamente detta schematismo e processo coesistono ed è questa la chiave di volta nella spiegazione dei meccanismi naturali.

La forma – Bacone torna così ad Aristotele. Egli accetta di Aristotele le quattro cause, materiale, formale, efficiente e finale, con qualche riserva sull’ultima, utile dal punto di vista spirituale come strumento di contemplazione del Principio Creatore, ma perfettamente inutile nella scienza, che non è contemplativa. La ricerca delle cause finali, scrive Bacone, è sterile: come una vergine consacrata a Dio non partorisce nulla. Bacone non si distacca in termini di novità dalla filosofia aristotelica, poiché lo stesso stagirita aveva messo la forma nella natura. Bacone ne sposa la dottrina, affermando che la forma deve essere sempre risolvibile in ambiti naturali e mai concettuali. Questo indirizzo però si rivela dannoso per Bacone, che esclude dalla sua speculazione lo strumento matematico e si fa superare dal pensiero scientifico cartesiano e post cartesiano, che concepiva la natura come ordine matematico.