martedì 9 agosto 2016

Spinoza

SPINOZA

Spinoza nasce ad Amsterdam nel 1632, da una famiglia di origine ebrea sefardita, costretta ad abbandonare la Spagna a causa del clima di intolleranza religiosa; educato a una scuola della locale comunità israelitica, ne fu espulso, e a causa delle sue idee religiose, e fu costretto a trasferirsi dapprima a Leyda, quindi a La Haye, patria di Cartesio. Di salute molto cagionevole, Spinoza, che era molto geloso della sua autonomia spirituale, condusse qui una vita semplice e tranquilla, dedicandosi ai suoi studi e vivendo di umili occupazioni. Morì a soli 44 anni nel 1677.
Le opere di Spinoza sono parecchie e in larga misura di ordine scientifico, notevoli soprattutto quelle sul pensiero cartesiano; due però le opere veramente degne di nota, il Trattato teologico-politico e l’Etica dimostrata dell’ordine geometrico; ancora va segnalato un Trattato politico che restò incompiuto. La produzione letteraria di Spinoza mette in luce tutte le caratteristiche di questo personaggio, molto geloso della sua libertà al punto da considerarsi assolutamente libero. La sua concezione teologica, panteista, gli precluse le simpatie della cultura dell’epoca: solo alla fine del secolo XVIII e grazie al fichtismo, la filosofia di Spinoza meritò una seria rivalutazione.

SPINOZA CONTRO CARTESIO

Per Cartesio tutta la realtà si riduceva a un rigido meccanismo, a un ordine necessario, ma in questa accezione aveva commesso l’errore di escludere l’uomo, in quanto res cogitans, sostanza pensante. La sostanza estesa, la res extensa, é necessità, ma la sostanza pensante é libertà e dunque secondo Cartesio dotata di un potere assoluto. Spinoza cerca di modificare questa concezione, applicando i dettami dell’ordine necessario non solo alla natura ma anche alla vita dell’uomo, in ambito morale, politico e religioso. Punto centrale e vera chiave di volta dello spinozismo era soprattutto il tentativo di ristabilire quella unità dell’essere che era andata persa nella filosofia cartesiana e che il filosofo ispano-olandese aveva mutuato dalla filosofia neoplatonica, ancora molto seguita nell’ambiente giudaico che Spinoza aveva frequentato.
Una é la realtà, una la sua legge, uno l’ordine che la costituisce; Cartesio ammetteva tre ordini di realtà, una pensante, una estesa e una divina, ma era stato costretto ad ammettere una diversità tra la sostanza divina e le altre due, poiché solo la divina poteva appunto sussistere di per sé; invece Spinoza parte proprio dal concetto che la sostanza una é la vera e unica realtà, e questa sostanza, LA sostanza propriamente detta, é Dio. Neoplatonicamente il Dio di Spinoza é l’Uno e quindi il generatore del molteplice, cioé le cose della natura. In questa ottica Spinoza si accosta al panenteismo bruniano, laddove Bruno assommava in Dio l’unità della natura stessa, e Spinoza appunto riferisce a Dio ogni caratteristica dell’ordine che governa le cose.


DEUS SIVE NATURA

Spinoza definisce Dio come la sostanza che esiste in sé ed é concepita di per sé. Per esistere questa sostanza non ha bisogno di ulteriori concetti, e inoltre é infinita e dunque illimitata: niente potrebbe limitarla ed essa consta di infiniti attributi, intendendo per attributi ciò che si può pensare di essa come costitutivo dell’essenza dell’intelletto che la pensa. Dio non é causato da nulla ed é per questo causa sui, quindi da Lui derivano infinite cose in infiniti modi. Ogni cosa esiste in quanto modo, ossia manifestazione divina. E Dio dunque incarna la duplicità della natura, come natura naturans, quindi essenza infinita, e natura naturata come insieme dei modi, cioé delle manifestazioni di Dio. Verrebbe spontaneo qui ammettere che quella divina sia un’azione creatrice, una attività spontanea con cui Dio si manifesta: in realtà questa azione deriva unicamente dalle leggi che regolano l’azione divina. L’azione di Dio non é libera ma necessaria (questo concetto é tipico delle filosofie arabo-giudaiche) poiché Dio agisce in conformità con le leggi della sua natura. Questo elimina dalle cose la contingenza, ossia tutto ciò che é é in quanto deve essere. Tutto nelle cose é necessità in quanto necessariamente determinato dalla natura necessaria di Dio. La stessa volontà é necessità, poiché deriva dall’azione divina.
L’uomo a sua volta si crede libero perché sa di volere, ma gli sfugge la causa del suo volere, cioé Dio: é Dio a determinare la volontà dell’uomo. E sotto questo aspetto non vi é differenza tra l’uomo e la natura: le cose accadono in virtù di un ordine necessario determinato dalle leggi naturali e divine, e non vi é assolutamente posto per un finalismo. Nel suo Trattato Spinoza nega a tal proposito il concetto di miracolo. Il miracolo é un evento la cui causa naturale ci sfugge; in natura tutto é ridotto a un ordine preciso e non ci potrebbe essere posto per eventi estemporanei.
Proprio il concetto di ordine preciso e immutabile assume nelle opere di Spinoza un posto davvero preminente, dapprima nel Trattato teologico politico e poi soprattutto nell’Etica. Da queste due opere si evince la concezione spinoziana di Dio che é di fatto l’ordine geometrico dell’universo. Se si analizza l’Etica é abbastanza facile  scambiarla per un trattato di geometria: e così appare, appunto perché tutta la realtà obbedisce nella filosofia di Spinoza a un ordine geometrico, rappresentato dalla sostanza di tutte le cose, cioé Dio. Ma se Dio é uno, come si spiega la molteplicità dei modi? Occore dire che i modi sono molti ma sono anche delle connessioni tra le cose e la loro vera unità é rappresentata proprio da Dio stesso, di cui rappresentano l’azione unitaria. Comunque vogliamo intendere la natura, scrive Spinoza, o come estensione o come pensiero, uno solo é l’ordine delle cose, e questo ordine é il Deus sive natura.

PENSIERO ED ESTENSIONE

Da Dio derivano infinite cose in infiniti modo, e Spinoza si premura di indicare quelli che sono buoni per l’uomo, oggetto della sua speculazione. Pensiero ed estensione sono due modi di Dio, il pensiero é riferito a tutti i pensieri che sono poi modi di Dio e l’estensione inerisce i corpi, anch’essi modi di Dio: tutto é prodotto da Dio, in quanto pensiero o in quanto estensione. Il loro modo di essere non é isolato ma é prodotto in rapporto, in connessione, alle altre idee e agli altri corpi: tutto riflette un ordine geometricamente perdetto e la creazione di una cosa, che é necessaria, viene attuata proprio in relazione ad altre cose presenti, al fine di realizzare la perfezione dell’unità. Questo spiega la corrisponedenza tra idee e cose, e questo rapporto si rivela necessario nell’unità divina.
La mente umana é costituita dall’idea di un corpo ed é cosciente di tutte lemodifiche che tale corpo subisce, in tal modo essa percepisce, ha idea, dell’esistenza dei corpi agenti le modifiche. Spinoza però distingue attentamente le idee adeguate, cioé le idee che producono una certezza e una evidenza in accordo con la modifica percepita, cioé le idee della ragione (secondo genere di conoscenza) e le idee inadeguate, cioé le idee che si basano su una singolarità, cioé le idee dell’immaginazione (primo genere di conoscenza). A questi due generi di conoscenza Spinoza ne aggiunge un terzo, la conoscenza intuitiva, che procede dall’essenza divina all’essenza delle cose. Si nota come le conoscenze del secondo e terzo genere sono vere poiché immediate nell’ordine necessario delle cose, mentre la conoscenza del primo genere non appare assolutamente adeguata in quanto vista nella sua singolarità e non nei suoi diretti rapporti con le cose stesse. L’idea inadeguata non é però falsa, in quanto é ricompresa anch’essa nell’ordine, anche se la sua connessione non appare immediatamente.

SCHIAVITU’ E LIBERTA’ NELL’UOMO

Nella terza parte dell’Etica Spinoza affronta il tema delle passioni, che il filosofo tratta alla stregua di cose naturali e facenti parte dell’ordine delle cose della natura. Spinoza non esita ad applicare le nozioni geometriche alle stesse passioni, riducendo così la vita dell’uomo all’ordine geometricamente perfetto di cui sopra. Ogni cosa vive sempre nella perseveranza dello sforzo di autoconservazione, e questo determina la gioia e la tristezza: la gioia se la conservazione del proprio essere viene ottenuta, la tristezza nel caso contrario. Gioia e tristezza sono le due passioni fondamentali da cui nascono tutte le altre. Di solito l’uomo cerca solo le cose che gli procurano gioia e fugge da tutte le altre. L’uomo schiavo delle passioni é un uomo impossibilitato a gestirle. Spinoza non ritiene che questa impossibilità sia una imperfezione, se riconduciamo le passioni all’ordine universale che governa la natura umana; l’uomo che governa le passioni é un uomo libero, e la sua libertà consiste nell’aver compreso la natura delle passioni stesse al punto da non farsene influenzare. Infatti Spinoza non nega che le passioni siano utili, anzi, però sottolinea come l’uomo possa vivere indipendentemente da esse, agendo secondo ragione, quindi l’uomo che comprende le passioni e ne conosce gli effetti, sa come indirizzare la sua vita razionale e sa vivere indipendente da esse. Quando si perde qualcosa a cui si tiene ci si addolora meno se si capisce che questa perdita era inevitabile, e parimenti si capisce bene un bambino che non sa ancora parlare e usa il pianto per esprimersi, poiché tale strumento é inevitabile:così anche quando si comprende la necessità delle passioni le si comprende e il loro effetto diventa meno prepotente poiché si agisce razionalmente.
Questo riconoscere l’ordine delle cose rappresenta in Spinoza la conoscenza di Dio, che l’uomo appunto riconosce nelle cose stesse. L’uomo che si vede libero trova la sua libertà prendendo atto dell’ordine necessaio delle cose che Dio stesso rappresenta. Questa conoscenza é amore verso Dio, poiché l’uomo libero e affrancato dalle passioni trova nell’amore spirituale di Dio la forma più alta della conoscenza delle cose.

RELIGIONE E POLITICA

Spinoza intende dunque restituire all’uomo la sua libertà, e lo vuole fare liberandolo dalla superstizione, segnando la vera strada verso la consapevolezza. Questa strada si compone di sette principi, sette tappe che significano l’obbedienza dell’uomo a Dio, il riconoscersi nella Sua necessità. Questi i sette principi:

Dio é un ente supremo, giusto e misericordioso;
Dio é unico;
Dio é onnipotente e onnisciente;
Dio governa sopra tutte le cose;
il culto di Dio si manifesta nell’amore verso il prossimo;
si salva solo chi obbedisce a Dio;
Dio perdona i peccati di chi si pente.

Questi sette principi sono i pilastri della religione, evidenziando qui il carattere universale della parola, e sono da considerarsi fondamentali per qualsiasi vita religiosa. Il principio dell’obbedienza a Dio declina ogni contrasto tra fede e filosofia, poiché se la religione si basa sull’obbedienza a Dio, la filosofia si basa sull’obbedienza alla verità. Si tratta di fini eterogenei che non possono scontrarsi o opporsi. Qui davvero Spinoza indica la via verso la libertà umana, nella fede come nella ricerca. E di questa libertà si fanno portavoce i due Trattati, di cui uno incompiuto, che mirano proprio a difendere le libertà individuali. Anche Spinoza evidenzia come Hobbes uno stato di natura in cui tutti sono nemici di tutti: questa é la vita secondo le passioni, di cui l’uomo é schiavo. Ma nella costituzione del patto, con cui gli uomini si riuniscono, ogni uomo sposa la strada razionale dell’utile e delega lo stato a rappresentarlo e a tutelarlo. Il diritto dello stato su ogni uomo non é illimitato, come invece pensava Hobbes: lo stato si giustifica secondo la sua utilità, che é un fine razionale, e per questo non ha diritto di violare le libertà individuali, politiche o religiose, dei propri sudditi. Obbedire alle leggi dello stato significa obbedire alle leggi della ragione, e lo stato non può trasgredire a questa finalità.