mercoledì 29 giugno 2016

Classe 2 Parte 1b S

I REGNI ROMANO BARBARICI
(476 – 568)

I regni romano barbarici nascono e si sviluppano dalla disgregazione sociale, politica e civile dell’Impero Romano d’Occidente. I loro capi riescono infatti a fare breccia nelle deboli difese delle province occidentali più esterne dell’Impero e si fanno riconoscere legittimi dominatori dai popoli che abitavano la zona. Caratteristica dei regni romano barbarici è l’incerta condizione giuridica: infatti i capi barbari dovrebbero essere soggetti all’autorità dell’Impero Romano, ma in realtà non tutti sono stati approvati da Costantinopoli. Il sistema di stanziamento delle tribù barbariche è sancito dalla hospitalitas, ossia quasi una spartizione o coabitazione federata, tra il governo romano e il capo tribù. Gli invasori potevano però solo imporre la loro presenza, ma non potevano imporre alcuna tradizione politico-amministrativa, poiché ne erano privi. Nelle tribù barbare era assente il concetto di stato ed erano lontani anni luce dalla civiltà e dalla giurisprudenza del diritto romano. La rozza struttura della legge barbarica si reggeva sulle istituzioni della faida (la vendetta di sangue), del guidrigildo (il riscatto), e dell’ordalia (il duello giudiziario, che diventerà il giudizio di Dio con la diffusione del Cristianesimo).
Le classi sociali finiscono per essere livellate verso l’alto e verso il basso, con la conseguente scomparsa delle classi intermedie: le due suddivisioni fondamentali erano arimanni o liberi e aldii o semiliberi; tra gli arimanni spiccavano i nobili o adalingi, mentre i poveri preferivano rinunciare alla libertà personale per mettersi sotto la protezione di un nobile (patronato). Praticamente si formano due grosse concentrazioni sociali, formate da entrambe le etnìe, una aristocratica e una proletaria, che necessita della protezione di un potente.

OSTROGOTI

Nel 476 il re degli Eruli, Odoacre, depone Romolo Augustolo e si fa riconoscere patrizio romano, e quindi legittimo governatore dell’Italia, dall’imperatore d’Oriente Zenone, a cui invia le aquile imperiali, segno dell’Impero Romano d’Occidente. Un gesto fortemente simbolico, che testimonia un vero e proprio passaggio di consegne e che segna la fine definitiva dell’Impero Romano d’Occidente. Per difendere i territori appena conquistati, Odoacre sottomette la Dalmazia e il regno balcanico dei Rugi: questi ultimi chiedono aiuto al re degli Ostrogoti Teodorico. Preoccupato di una possibile invasione ostrogota, Zenone non esita a rigettare l’alleanza con Odoacre spingendo Teodorico a muovere guerra contro gli Eruli.
Teodorico muove quindi verso il territorio italiano, nel 488 supera l’Isonzo, nel 490 l’Adda e dopo aver superato Verona assedia Ravenna fino al 493. Lo stesso anno finge un accordo per governare in diarchìa con Odoacre, ma pochi giorni dopo lo fa uccidere durante un banchetto. Rimasto solo, Teodorico ottiene da Zenone le insegne imperiali e il ruolo di collega dell’Imperatore sul suolo italiano. Merito di Teodorico, il cui regno durò trent’anni, è la capacità di ar coesistere nel suo governo gli elementi germanici e romani. Bisogna sottolineare che Teodorico, nonostante sia stato appoggiato da Zenone agisce effettivamente come se fosse a capo di uno stato indipendente. La sua politica interna si sviluppa con intenti di pacificazione, ma non di integrazione, tra le due etnìe: ai Goti sono affidate le armi, ai Romani gli incarichi politico-amministrativi e le magistrature civili. L’economia italiana è in questo periodo caratterizzata dal latifondo e da un livello di produzione abbastanza inferiore. Il latifondo prospera perché sotto Odoacre i soldati germanici ricevevano delle terre come premio ma le cedevano ai rricchi possidenti locali in cambio di un canone periodico. La scomparsa di una classe media porta un grave scompenso nell’economia del periodo, che viene risollevata in parte sotto Teodorico, attraverso sgravi fiscali e incentivi per gli agricoltori e tramite una regolamentazione delle attività agricole principali. La riapertura del corridoio marittimo est-ovest estende i benefici ai Franchi confinanti, con una vivace impennata del mercato import-export nel Mediterraneo (oro, lana, schiavi, legname, argento, rame).
Nel 500 l’Editto di Teodorico impone ai Goti la legge di Roma, e si mantiene il vetusto codice ostrogoto solo per i pochi casi non contemplati dal diritto romano.
Teodorico cade però in disgrazia con la condanna dell’eresia ariana (525) che lo porta a scontrarsi con la Chiesa: di qui la condanna al confino nel 526. Erede dell’impero era il giovanissimo Atalarico, affidato alle reggenze della madre Amalasunta, figlia del deposto imperatore. Il giovane nipote di Teodorico viene sottratto alla vita di corte per essere addestrato al più rigido costume gotico e muore dopo poco tempo. La madre Amalasunta resta quindi l’unica erede ma, poiché i Goti non volevano essere governati da una donna, è costretta a sposare il cugino Teodato, che nel 534 la ripudia e la fa poi uccidere nell’esilio di Bolsena. Amalasunta riesce però prima di morire a chiedere l’aiuto del nuovo imperatore d’Oriente Giustiniano, che interviene sconfiggendo l’esercito gotico (cfr. la guerra greco-gotica). La dominazione bizantina in Italia dura poco, e viene interrotta con l’arrivo dei Longobardi nel 568.

FRANCHI

Nel V secolo i Franchi, provenienti dalle regioni del basso Reno, invadono la Gallia. Erano distinti in Salii e Ripuarii. Nel 486 Clodoveo dei Salii dà il via alla dinastia dei Merovingi, così detti dal loro capostipite Meroveo, morto nel 451. Nel 486 Clodoveo batte il generale gallo-romano Siagrio, e si impossessa dei territori tra la Loira e la Senna; strappa agli Alamanni l’alto Reno (battaglia di Tolbiac, 496) e ai Visigoti l’Aquitania (battaglia di Vouillè, 507); l’unica zona ancora in mano ai Visigoti era la Settimania, ossia la zona meridionale dell’odierna Francia, che chiudeva quindi ai Franchi l’accesso al Mediterraneo.
A differenza dagli Ostrogoti i Franchi riescono a fondersi con le tribù autoctone celto romane, soprattutto in virtù del Cristianesimo a cui si convertono, tanto che Clodoveo venne considerato un paladino antiostrogoto della religione cristiana. La giurisprudenza merovingia manca però di una legislazione unitaria, per quanto Clodoveo avesse regolamentato le norme del suo regno con la Legge Salica; inoltre quella merovingia era una monarchia ereditaria, e ciò mette in crisi l’unità del regno alla morte di Clodoveo.
Clodoveo viene riconosciuto console dell’Impero dall’imperatore d’Oriente Anastasio; alla sua morte, nel 511, il suo regno diventa però oggetto di divisioni e contese tra gli eredi. Nel 537 il regno si estende finalmente alla Provenza, che garantisce un effettivo sbocco al mare. Il regno franco è riunificato da Clotario I nel 558, ma dopo la sua morte le contese tra la monarchia e l’aristocrazia locale lo smembrano in tre parti, Austrasia, con capitale Reims, Neustria, con capitale Parigi, e Borgogna, con capitale Orléans.

SASSONI, ANGLI E JUTI

Sono tre tribù che sbarcano dalle coste tedesche e danesi in Britannia, abbandonata dalle legioni romane nel 410, dove fondano una eptarchìa costituita da sette piccoli regni:

Kent (Juti);
Essex, Sussex, Wessex (Sassoni);
Est-Anglia, Mercia, Northumbria (Angli).

Gli autoctoni celto-romani sono spinti verso le zone di Cornovaglia, Scozia e Galles, e soprattutto oltre la Manica nell’odierna Bretagna (donde il nome) a nord della Francia. Il carattere della vita politica della Britannia è distinto a seconda delle zone occupate, poiché ogni gruppo mantiene inalterate le proprie usanze. 

VISIGOTI E VANDALI

I Visigoti si stanziano nella Gallia meridionale, soprattutto nella cinta pirenaica. Il loro regno raggiunge l’apice con Eurico (466-484) prima e poi Alarico II (484-507), che ebbero il merito di riportare alla luce gli antichi ordinamenti germanici, proposti come Codex Euricianus (470) e Breviarium Alariciarum (506); la loro capitale era Tolosa. Respinti a più riprese dai Franchi, finiscono con il perdere la parte meridionale del regno per mano di Bisanzio, finchè la situazione non viene ricomposta da Leovigildo (568-586), che porta la capitale a Toledo. La presenza visigota a Toledo fu facilitata dalla conversione del popolo al Cristianesimo, che cementa una forte intesa con l’alto clero.
I Vandali erano stanziati in Africa, ma la potenza del loro regno dura finchè era in vita il loro capo, Genserico. Sotto Genserico il regno vandalico diventa molto agguerrito nel Mediterraneo, ma alla sua morte, nel 477, il regno viene travagliato dalle tensioni tra le opposte fazioni cristiana e ariana, ed è quindi accorpato da Giustiniano all’Impero Romano d’Oriente nel 534.

Scomparsa l’unità politica dell’Impero resta solo l’unità spirituale garantita dalla Chiesa di Roma, che si fa appunto garante dell’unità del popolo, anche in ambito civile e temporale. Il vescovo di Roma manifesta la sua supremazia sugli altri vescovi; a partire da Leone I (474) è chiamato Papa ed è eletto dal popolo romano. Il problema è però rappresentato dal fatto che l’imperatore di Costantinopoli continua a mantenere una effettiva tutela sulle genti occidentali, tutela che non gli viene contestata nemmeno dai barbari invasori, e ciò determina in molti casi un detrimento delle condizioni del clero o un conflitto di interessi. Sul fronte delle eresie va ricordato che la maggior parte dei popoli barbarici professava le antiche dottrine germaniche come Teodorico o era convertito all’Arianesimo, condannato da Costantino a Nicea nel 325. Ma i rapporti con la Chiesa erano buoni: i Franchi furono uno dei primi popoli a convertirsi al cattolicesimo romano. I Goti di Teodorico rimasero invece fedeli alle proprie tradizioni religiose; i rapporti con Roma si mantennero discreti fino alle persecuzioni anticristiane ordite dall’imperatore di Costantinopoli Giustino.
Uno degli strumenti più efficaci con cui la Chiesa riuscì a tenere salde le proprie strutture durante il periodo dei regni romano barbarici era rappresentato dal movimento del Monachesimo, costituito da Benedetto da Norcia, negli ultimi anni del regno di Teodorico (circa 520/526): Benedetto fondò l’abbazia di Montecassino e elaborò la Regola, condensata nella famosa massima “ora et labora” che compendia l’attività benedettina. Questo movimento produsse indubitabili vantaggi sul piano culturale, col recupero degli antichi manoscritti curato dagli amanuensi copisti, secondo i noti dettami dell’enciclopedismo medioevale ispirato da Severino Boezio.