domenica 12 giugno 2016

Classe 4 Modulo 4 S

CLASSE QUARTA - MODULO 4 - STORIA
L’età napoleonica

1 - DAL DIRETTORIO AL CONSOLATO: L’ASCESA DI NAPOLEONE BONAPARTE

Il Direttorio non poggiava su un terreno sicuro e stabile, minato com’era dall’opposizione monarchica e giacobina, e potè sostenersi solo con l’appoggio dell’esercito. Soprattutto il governo del Direttorio iniziava in un periodo di grave crisi economica, dovuta al blocco dei commerci esteri, a causa della guerra con l’Inghilterra, dovuto al nuovo inasprimento dell’inflazione e dovuto anche a una crisi di produzione agricola. Sul fronte interno si erano intanto riaccesi i focolai filomonarchici nel Nord e in Vandea, e a sinistra il movimento giacobino, riammesso nella legalità, si ricostituiva intorno alla figura di Caio Gracco Babeuf, e portava avanti il progetto dichiaratamente comunista della società degli Eguali, con l’abolizione della proprietà privata e la socializzazione della terra. Quello di Babeuf era un progetto cospirativo, che vantava anche un giornale, il Tribuno del Popolo, e contava molti simpatizzanti, tra cui l’italiano Filippo Buonarroti: il 10 maggio 1796 la congiura fu scoperta e l’anno dopo Babeuf e i suoi compagni furono messi a morte.
A causa della psicosi comunista il Direttorio decise di piegare a destra, dando così la possibilità agli insorti vandeani e ai ribelli chouans di combattere per la monarchia senza più nascondersi.  Fu proprio in quell’anno che il Direttorio decise una grande mossa offensiva contro l’Austria, con due armate, comandate dai generali Moreau e Jourdan, impegnate verso Vienna, e una terza armata, comandata dal generale Bonaparte, impegnata sul fronte italiano, per alleggerire il fronte tedesco.
Napoleone Bonaparte era nato ad Ajaccio nel 1769, e aveva solo 27 anni. Da sempre era fervente giacobino, e solo il suo giacobinismo gli aveva consentito di alleggerire l’odio verso i dominatori francesi della sua Corsica. Dopo essersi distinto nell’assedio di Tolone conquista i gradi di generale, ma cade in disgrazia dopo la reazione termidoriana, quando i giacobini vengono estromessi dalla vita politica. Riesce a rientrare nel giro grazie alla protezione di uno dei cinque membri del Direttorio, Barras, giù amante della sua compagna (la creola Josephine Beuharnais); il suo intervento nell’insurrezione realista del 1795 gli fa meritare la fiducia nelle sue doti militari.
Bonaparte fu il vero protagonista della guerra con l’Austria. Mentre  le due armate di Moreau e Jourdan restavano bloccate al Reno, l’armata di Bonaparte, galvanizzata dallo spirito di révanche rivoluzionaria, mieteva successi prima contro gli Austriaci e poi contro i Piemontesi, costringendo il re sabaudo Vittorio Amedeo III, prima all’armistizio di Cherasco, poi alla pace di Parigi e alla cessione di Nizza e Savoia. Sconfitti gli Austriaci a Lodi, Napoleone entra a Milano acclamato come un liberatore, occupando la Lombardia e Mantova. I sovrani italiani si piegavano al generale e avviavano le trattative di pace con la Francia. La campagna d’Italia consacrava il genio politico e militare di Bonaparte: la velocità di decisione e l’assoluta sfrontatezza portavano infatti il generale a comportarsi da padrone, fino a spingersi a Vienna, dove l’imperatore fu costretto a firmare i preliminari di pace a Leoben, a pochi chilometri da Vienna, che poi verranno ratificati a Campoformio.
Sull’onda della popolarità del Bonaparte si costituiscono molte repubbliche giacobine.
All’inizio furono due, la Cispadana e la Transpadana, che poi Napoleone fuse nella Repubblica Cisalpina, che adottò la bandiera tricolore, a cui seguono la Repubblica Ligure e la Repubblica Romana. Intanto insorgono molte città, che si pongono sotto il dominio francese, e anche a Venezia, conquistata da Napoleone, il patriota giacobino Daniele Manin costituisce un governo democratico. Le speranza democratiche dei moderati, che speravano che Bonaparte garantisse loro un regime termidoriano, furono ben presto disilluse, perché il generale impose alle “repubbliche sorelle” un regime di ferrea occupazione e proprio la caduta storica di Venezia rappresentava il vero volto dell’occupazione napoleonica. Va sottolineato però anche il carattere positivo dei tre anni di vita del giacobinismo italiano, poiché grazie a questa impronta riformatrice molte strutture politiche ed istituzionali del paese furono modificate.
Il 4 settembre 1797 (18 fruttidoro) la destra si impossessa del potere. Il 17 ottobre viene firmata la pace di Campoformio, con cui Venezia, ormai dominio francese, viene ceduta all’Austria, con la delusione dei simpatizzanti giacobini. Napoleone ottiene Belgio, Lombardia, Isole Ionie, Treviri e Palatinato; all’Austria vanno, oltre Venezia, Istria e Dalmazia. Nel febbraio 1798 l’esercito francese occupa Roma, caccia il papa, che ripara nel Regno di Napoli, e instaura la Repubblica Romana.
A Parigi, dove il golpe napoleonico aveva condotto alla vittoria della destra francese, si insedia un triumvirato che si sostituisce al Direttorio e adotta provvedimenti eccezionali e repressivi. La repressione colpì egualmente i giacobini e i monarchici, gli uni furono dissuasi dal riproporre la Costituzione Democratica del 1793, gli altri furono dissuasi dal tentativo di restaurare la monarchia. Di fatto fu una dittatura moderata, che si sosteneva con l’appoggio dell’esercito.
Nel frattempo, sul fronte internazionale, Napoleone continuava la politica di annessione, ora estesa alla Svizzera (diventata Repubblica Elvetica). Ultimo atto prima del definitivo trionfo fu la campagna d’Egitto. Dopo aver ordinato il blocco economico contro l’irriducibile Inghilterra, Napoleone si recò in Egitto: si trattava di una mossa intelligente, poiché la conquista dell’Egitto garantiva alla Francia un buon avamposto sul Mediterraneo. Dopo aver sconfitto i Mamelucchi nella battaglia delle Piramidi (21 luglio 1798) Napoleone occupa il Cairo, ma la sua flotta viene sorpresa alla fonda presso Abukir dagli Inglesi di Nelson, e la sua distruzione obbliga Napoleone a un esilio forzato in terra egiziana. Con Bonaparte bloccato in Egitto gli stati europei ancora liberi dichiarano guerra alla Francia, ma l’esercito francese riesce ugualmente a sconfiggere gli insorti e ad annettere il Piemonte e il Regno di Napoli, dove viene proclamata da alcuni patrioti la Repubblica Partenopea.
La guerra si estende però a tutta l’Europa e le principali potenze, coordinate da Austria e Russia a est e dall’Inghilterra a ovest, formano la Seconda Coalizione antifrancese. Nella primavera del 1799 l’esercito austro-russo riconquista l’Italia. Il caso più famoso è quello della Repubblica Partenopea. Coadiuvato dalla flotta inglese di Nelson, il cardinale Fabrizio Ruffo organizza in Calabria la spedizione contadina dei Sanfedisti, così detti perché inalberavano come simbolo una croce, simbolo della Santa Fede. I due schieramenti attaccano Napoli sui due fronti, quello marittimo e quello terrestre, obbligando i patrioti napoletani alla resa. Istigato da Nelson, Ruffo ordina l’arresto e la conseguente  condanna a morte dei patrioti ribelli. 
Ormai le forze della Coalizione sono giunte alle porte della capitale francese. A salvare la Francia, nel settembre 1799, furono sia la vittoria del generale Massena, che fermò a Zurigo l’esercito della Coalizione, sia i dissensi sorti tra lo zar russo Paolo I e l’imperatore asburgico. Il nuovo capo del Direttorio, Sieyès, viene convinto nel frattempo a revisionare la costituzione del 1795, e a fondare il governo del paese su poteri forti e stabili. In questo periodo Bonaparte rientra a Parigi dall’Egitto e, affidato l’esercito al generale Klèber, riesce a farsi affidare dal Direttorio (che, come si ricorderà, sceglieva i comandanti dell’esercito) il comando della guarnigione di stanza a Parigi, mentre al di lui fratello Luciano è affidata la presidenza del Consiglio dei Cinquecento. Il 9 novembre (18 brumaio) del 1799 Napoleone, sciolto con la forza il Consiglio dei Cinquecento, si fa affidare dal Consiglio degli Anziani il governo tramite un Consolato con pieni poteri.

2 - IL BIENNIO CONSOLARE

Il 18 brumaio (9 novembre) 1799, grazie a un colpo di stato, il generale Napoleone Bonaparte, con Sieyès e Ducos, viene incaricato di governare il paese con un Consolato triumvirale a cui il Consiglio degli Anziani affida pieni poteri. Il golpe nasceva da un accordo con il capo del Direttorio Sieyès, amico del Bonaparte e desideroso di un governo forte e centrale; lo stesso Bonaparte non ebbe alcun ostacolo poiché godeva di grande favore da parte del popolo francese. Il 18 brumaio 1799 si chiudeva di fatto il decennio rivoluzionario e si apriva l’età napoleonica, che durerà quindici anni, dal 1800 al 1815. Quella che fu l’eredità della Rivoluzione non andò di fatto persa. Non è un caso che la maggior parte degli storici riconosca nel 1789 l’inizio di una nuova era, praticamente la seconda fase dell’età moderna. Va infatti sottolineato come la stessa società francese fu radicalmente cambiata, con la conquista del potere da parte della borghesia e la fine dell’assolutismo e dello strapotere dei ceti nobiliari; e inoltre non si può dimenticare l’enorme influenza ideologica che l’esperienza giacobina e quella comunista di Babeuf riuscirono a esercitare sulle masse.
Il golpe napoleonico rappresentava la consacrazione di uno stato di fatto: la stabilità del paese dipendeva ormai dal potere militare e quello napoleonico si dimostrava erede della dittatura giacobina. Napoleone incarnava il ruolo del potere forte che era necessario per assicurare stabilità al paese, e fidandosi del favore dei suoi sostenitori il Bonaparte riuscì a emergere nel Consolato triumvirale diventando Primo Console e ispirando egli stesso la revisione della carta costituzionale. La nuova Costituzione, che si disse “dell’anno VIII”, fu varata il 25 dicembre 1799 e accolta plebiscitariamente dal popolo. Con la nuova Costituzione i poteri erano così ripartiti:
il potere esecutivo (nomina dei ministri, dei magistrati, dei funzionari di stato e dei comandanti dell’esercito; proposta di leggi) spettava al Primo Console, mentre agli altri due magistrati spettano solo funzioni consultive;
il potere legislativo è affidato a tre Assemblee: il Tribunato, che discute le proposte di legge; il Corpo Legislativo, che vota le leggi con un sì o con un no; il Senato, che controlla l’adesione delle leggi ai principi costituzionali.
Considerato che il Tribunato e il Corpo Legislativo erano nominati dal Senato, e che il Senato era nominato dal governo, era evidente che le elezioni non si sarebbero mai tenute. Non fu dunque difficile per il Bonaparte consolidare il potere nelle sue mani. Difatti la Costituzione dell’anno VIII:
poneva il potere nelle mani del Bonaparte, Primo Console, il quale lasciava ai due triumviri (Sieyès e Ducos furono sostituiti da Lebrun e Cambacérès) solo poteri consultivi;
riduceva le tre Assemblee a sole funzioni di rappresentanza e costituite da personale cooptato e non eletto;
istituiva sì il suffragio universale ma le consultazioni si svolgevano solo per ratificare le scelte politiche col consenso popolare, e fu lo strumento del consenso plebiscitario a rafforzare il controllo napoleonico sulle masse;
conservava sì l’indipendenza della magistratura ma era sempre l’esecutivo che sceglieva i magistrati.
Il potere di Napoleone rafforzava, soprattutto con l’istituzione dei Prefetti, uno in ogni dipartimento e alle dirette dipendenze del Ministero degli Interni, il potere centrale, e indeboliva quello delle autonomie locali. L’istituzione di una Polizia di Stato consentì poi un controllo più specifico.
Nel maggio 1800 Napoleone riprende la guerra con l’Austria, scendendo in Italia: sconfitti sui due fronti, a Marengo dal Bonaparte e a Hohenlinden dal Moreau, gli Austriaci sono costretti alla resa, e l’imperatore ratifica con la pace di Luneville, il 9 febbraio 1801, gli accordi di Campoformio. Mentre Napoleone occupa il nord, Gioacchino Murat occupa la Toscana, e rinasce la Repubblica Cisalpina. Ora tutta l’Italia centro-settentrionale, la Repubblica Batava e la Repubblica Elvetica, riconosciute dall’Austria, tornavano come repubbliche sorelle sotto il controllo francese.
Conclusa la pace con l’Austria restava l’Inghilterra, che aveva occupato Malta e bloccava di fatto i traffici commerciali francesi. Ancora una volta Napoleone fu salvato dallo zar Paolo I, molto vicino al Bonaparte, che promosse una Lega Baltica contro il divieto inglese di commerciare con la Francia. Ad alimentare le tensioni tra i due paesi era stato soprattutto il rifiuto inglese di cedere Malta alla Russia. L’Inghilterra riuscì a piegare la Lega, ma era di fatto isolata, e costretta a firmare la pace di Amiens, nel febbraio 1802, con cui riconosceva il controllo francese su tutte le conquiste europee e continentali. Malta venne restituita all’Ordine dei Cavalieri dell’isola.

Napoleone si impegnò già nel suo primo biennio consolare in un articolato programma di riforme:
pacificazione politica – con la soppressione definitiva dei moti realisti vandeani, della stampa giacobina e monarchica, e con la garanzia dell’amnistia per tutti gli ex rivoluzionari, a patto che giurassero fedeltà alla nuova Costituzione;
pacificazione religiosa – con la firma del Concordato col papa Pio VII, la soppressione della Costituzione Civile del Clero, il riconoscimento del diritto pontificio a consacrare i vescovi, ma anche ribadendo con gli Articoli Organici del Culto Cattolico il controllo dello stato francese sul clero, comunque nazionalizzato e stipendiato dallo stato stesso;
riordino delle finanze – con la creazione della Banca Nazionale, il ritiro della carta moneta e l’adozione del franco d’argento con le sue sottodivisioni decimali;
riordino del sistema fiscale – con l’istituzione di un nuovo sistema di tassazione indiretta sui beni di largo consumo;
riordino dell’istruzione superiore – con la statalizzazione dell’istruzione e l’istituzione dei licei, dell’Università e delle Scuole Politecniche, e con l’istituzione della Scuola Normale Superiore di Parigi, col compito di formare i docenti di liceo; l’istruzione inferiore resta affidata ai comuni e al clero.

3 - L’IMPERO

Malgrado quello napoleonico potesse richiamare una forma di dispotismo illuminato, occorre sottolineare il grado di efficienza e di modernizzazione improntati alla fisionomia della società e delle istituzioni francesi. Fondandosi ancora una volta sul consenso popolare Napoleone chiede il Consolato a vita: il Senato glielo nega, proponendo solo una estensione decennale della carica, ma col plebiscito popolare il Bonaparte ottiene la nomina vitalizia pochi mesi dopo. Per rafforzare il potere stabilisce con una nuova revisione costituzionale la scelta esclusiva dei senatori da parte del Primo Console, e la nomina a vita dei membri delle Assemblee, il che riduceva al minimo il rischio di elezioni.
Il 21 marzo 1804 Napoleone promulgava il Codice Civile dei Francesi, che fu poi detto Codice Napoleonico. Si trattava del coronamento dell’importante opera riformatrice del Bonaparte, il quale con questo atto riordinava la disordinata selva giuridica che si era creata in seno alla Rivoluzione. Il Codice riconfermava tutte le conquiste rivoluzionarie, la libertà, l’uguaglianza, la laicità dello Stato; regolamentava il diritto di proprietà come diritto naturale, e riordinava il diritto di famiglia introducendo il diritto di successione e regolamentando i matrimoni, civili e religiosi, e le modalità di divorzio.
Intanto si rompeva la pace con l’Inghilterra. L’espansionismo francese, ormai esteso a tutto il continente europeo, preoccupava gli Inglesi, che avevano rifiutato di cedere Malta provocando così la reazione del Bonaparte: nell’estate del 1803 la Grande Armata napoleonica si preparava sul centro costiero di Boulogne alle operazioni di invasione dell’isola. Erano soprattutto motivi economici a rendere inevitabile il conflitto: la politica protezionista adottata dall’economia napoleonica si scontrava inevitabilmente con gli interessi inglesi sulla terraferma, poiché le nazioni europee sotto controllo francese erano molte.
Mentre si avviavano le operazioni di guerra viene scoperto e duramente represso un tentativo di congiura realista antinapoleonico. Ne erano promotori molti vecchi sostenitori della monarchia, ma anche molti repubblicani delusi. Scongiurato il tentativo, il 18 maggio 1804 il Senato vara la Costituzione dell’anno XII e propone Bonaparte imperatore. È un plebiscito popolare, ancora una volta, a ratificare la decisione: nel dicembre seguente, lo stesso papa Pio VII incorona Napoleone imperatore nella cattedrale di Notre Dame a Parigi; pare che al momento dell’incoronazione il Bonaparte avesse tolto di mano al pontefice la corona e si fosse incoronato da solo.
Con l’incoronazione imperiale Napoleone formava una nuova aristocrazia, formata da membri del suo clan familiare e da ufficiali e funzionari di sua stretta fiducia, in pratica gli stessi suoi diretti sostenitori, conservando e rafforzando ulteriormente il proprio prestigio politico, economico e sociale presso il paese.

Il nuovo regime si muoveva verso due obiettivi: l’espansione continentale e lo sviluppo economico del paese. Mentre sul fronte internazionale Napoleone riesce a consolidare il suo controllo sull’Olanda, ora Repubblica Batava, ponendo un Gran Pensionario alle sue dipendenze, e sull’Italia, facendosi incoronare re e annettendo la Repubblica Ligure, l’Inghilterra promuove la Terza Coalizione antifrancese insieme all’Austria, al Regno di Napoli, alla Svezia e alla Russia, obbligando il Bonaparte a spostare la Grande Armata in centro Europa. Tra i due paesi vi era equità: la Francia era forte sulla terraferma (come dimostrano le due vittorie napoleoniche a Ulma, presso Vienna, e Austerlitz), l’Inghilterra era forte in mare (come testimonia la pesante sconfitta di Trafalgar, dove lo stesso Nelson muore in battaglia). Fu proprio la vittoria francese di Austerlitz, nella cosiddetta battaglia dei tre imperatori (partecipavano infatti Napoleone, Francesco II d’Asburgo e lo zar Alessandro I), che obbligò Austria e Russia alla resa.
L’Austria firmava dunque la pace di Presburgo il 26 dicembre 1805 e cedeva alla Francia il Veneto, le province di Istria e Dalmazia e parte del territorio tedesco, con cui il Bonaparte formava la Confederazione del Reno, nel luglio del 1806. Sempre nel 1806 Napoleone occupa il Regno di Napoli e lo affida al fratello Giuseppe e in quella stessa estate la Prussia, delusa dal Bonaparte che non aveva rispettato la promessa di cederle la provincia di Hannover, promuove la Quarta Coalizione, insieme all’Inghilterra, alla Russia e alla Svezia. Il 14 ottobre l’esercito prussiano viene sconfitto a Jena e poi ad Auerstadt, e Bonaparte entra trionfalmente a Berlino. Poche settimane dopo Napoleone, non potendo battere l’Inghilterra sul proprio terreno, decide di adottare il blocco continentale, imponendo il divieto assoluto di importare merci inglesi in tutti i paesi controllati dalla Francia e ordinando l’immediato arresto di tutti gli inglesi presenti sul suolo francese. Nel giugno 1807 la Francia sconfigge l’esercito russo a Friedland. Consapevole di non poter sostenere alla lunga distanza un conflitto con la Russia, Napoleone propone allo zar Alessandro I la pace, conclusa il 7 luglio 1807 a Tilsit, su una zattera sul fiume Niemen. I due imperatori dividono di fatto l’Europa in due zone di influenza: quella occidentale alla Francia, quella orientale alla Russia. Così la Francia si prende la Westfalia e i territori polacchi, mentre la Russia inizia l’espansione verso la Finlandia e l’Impero Ottomano.
Successivamente il Bonaparte occupa la Penisola Iberica, al fine di isolare l’Inghilterra: prima fa invadere il Portogallo, e successivamente, approfittando di un contrasto tra il re spagnolo Carlo IV e il figlio Ferdinando, fa invadere la Spagna, depone il sovrano e pone al suo posto il fratello Giuseppe, già re di Napoli; mentre la corona del Regno di Napoli passa al cognato di Napoleone, Gioacchino Murat. L’occupazione spagnola non fu facile: il popolo infatti insorse, usando l’arma della guerriglia e attaccando a sorpresa il contingente francese; la guerriglia fu poi appoggiata dall’Inghilterra, che invia un corpo di spedizione guidato dal duca di Wellington sul suolo portoghese. I Francesi vengono quindi cacciati dal Portogallo e il Bonaparte decide di dare una svolta alle operazioni inviando in Spagna duecentomila uomini, al fine di garantire una certa continuità nelle operazioni. Tuttavia quella francese fu solo una dominazione di facciata e sempre in bilico a causa della guerriglia.
Approfittando della difficoltà francese in Spagna, l’Austria nella primavera del 1809, promuove la Quinta Coalizione insieme all’Inghilterra. Bonaparte mette insieme un esercito di duecentomila uomini e sconfigge gli Austriaci a Wagram, obbligando l’imperatore a firmare la durissima pace di Schonbrunn, negoziata dal nuovo cancelliere austriaco Metternich, con cui ridimensiona completamente il proprio territorio. Con la decisiva vittoria sull’Austria Napoleone restituiva di fatto alla Francia la stessa potenza dei fasti carolingi. Purtuttavia a Napoleone mancava un erede al trono, che avrebbe garantito la continuità dinastica dei Bonaparte.
Il 1 aprile 1810 Napoleone, dopo aver ottenuto il divorzio dalla prima moglie Josephine Beuharnais, sposa la figlia dell’imperatore austriaco, Maria Luisa, e l’anno successivo nasce l’erede, Francesco Carlo Giuseppe, subito nominato re di Roma e primo della breve dinastia dei Napoleonidi.

Il nuovo assetto politico e istituzionale dell’Europa era così completato. Sotto l’impero di Napoleone prende forma quello che viene chiamato sistema continentale, cioè un insieme compatto di stati, controllati dalla Francia, che doveva garantire non solo una continuità politica, ma anche un fronte comune contro l’Inghilterra. In sostanza Napoleone operò su tre principali campi: l’annessione di alcuni stati, la creazione di una serie di monarchie ereditarie affidate ai propri congiunti e la riduzione degli staterelli tedeschi a una sola entità.
La ristrutturazione napoleonica fu molto importante nell’ambito della geografia politica europea, in quanto dava un assetto unitario ai territori tedesco e italiano, aboliva il lento e anacronistico Sacro Romano Impero e favoriva il sorgere dei primi sentimenti nazionalisti. Dal punto di vista giuridico e istituzionale le riforme napoleoniche furono obiettivamente più incisive del riformismo illuminato, apportando la modernizzazione delle strutture e la soppressione degli ultimi scampoli di feudalesimo. Inoltre in ambito economico creò nuove strutture produttive per sopperire ai disagi del blocco continentale e favorì la crescita politica e funzionale delle borghesie locali, dando loro modo di accedere ai ruoli militari e burocratici, e dunque di maturare culturalmente. Così cambiava la geografia politica dell’Europa:

Annessioni – Sono annesse all’impero Parma e il Piemonte, la Repubblica Ligure e le Province Illiriche, la Toscana, l’Umbria e il Lazio, il Belgio.

Monarchie ereditarie – Queste furono le monarchie costituite da Napoleone e affidate ai suoi congiunti:
Regno d’Italia – si costituisce nel 1805, dopo essere stato Repubblica Cisalpina; Bonaparte ne assume la corona e affida la reggenza a Eugenio Beuharnais.
Regno d’Olanda – già Repubblica Batava, si costituisce nel 1806 e viene affidato a Luigi Bonaparte, e poi nel 1810 annesso all’Impero.
Regno di Napoli – si costituisce nel 1806 ed è affidato prima a Giuseppe Bonaparte e poi al cognato di Napoleone, Gioacchino Murat, marito di Carolina Bonaparte.
Regno di Westfalia – si costituisce nel 1807 ed è affidato a Gerolamo Bonaparte.
Regno di Spagna – si costituisce nel 1808 ed è affidato a Giuseppe Bonaparte, che lascia il Regno di Napoli a Gioacchino Murat.
Ducato di Lucca, Massa Carrara e Piombino – viene affidato a Elisa Bonaparte Baciocchi, sorella di Napoleone.

Ristrutturazione dell’area tedesca – I 112 staterelli tedeschi sono soppressi, vengono elevati al rango di regni Baviera e Wurttemberg, viene creata la Confederazione del Reno con stati vassalli della Francia e viene eliminato il Sacro Romano Impero con la rinuncia dell’Imperatore Francesco II alla corona imperiale e con la conseguente ascesa dello stesso al titolo di Imperatore d’Austria col nome di Francesco I. I territori polacchi sono raggruppati nel Granducato di Varsavia, mentre sul trono svedese Napoleone pone il fidato generale Bernadotte. Svezia e Polonia completano il quadro degli stati vassalli della Francia.

4 - L’ITALIA NAPOLEONICA

L’Italia - In otto anni, dal 1800 al 1808, tutta l’Italia, a eccezione delle Isole maggiori, passa sotto il dominio napoleonico. Il Regno d’Italia, retto da Eugenio Beuharnais, adotta il modello politico e istituzionale francese, con una costituzione ricalcante quella consolare, tre collegi elettorali riservati ai possidenti, ai dotti e ai commercianti, e il Codice Napoleonico. Nel Regno di Napoli murattiano veniva invece varata la legge sull’eversione della feudalità, i beni ecclesiastici venivano confiscati e  i demani comunali privatizzati. Nel frattempo giungeva anche la scomunica per Napoleone, reo di aver invaso Umbria e Lazio: il Bonaparte per tutta risposta fa arrestare Pio VII e lo rinchiude prima a Savona e quindi lo trasferisce prigioniero  a Fontainebleau.
Nonostante il positivo bilancio economico, conseguente all’inserimento della penisola in una più ampia rete di traffici internazionali, occorre dire che il progresso fu limitato alla sola borghesia e la maggior parte dei settori soffrirono di una eccessiva dipendenza dalle esigenze e dai tornaconto francesi.

La Francia - Sotto Napoleone l’economia francese compiva un gigantesco balzo in avanti.  Il blocco continentale costringeva infatti Napoleone a trovare strade alternative per produrre i beni di prima necessità. Molte colture agricole vennero rinnovate, si fecero strada nuovi settori nella manifattura tessile, modernizzata col sistema della meccanizzazione, mentre vanno in calo i porti atlantici, in conseguenza dell’embargo.

5 - LA CRISI DELL’IMPERO

Nonostante tutto ciò l’Impero Napoleonico conobbe presto numerosi dissensi. Questi venivano soprattutto dai reazionari nostalgici dell’ancien règime, dagli ideologues di matrice liberale, e dai cattolici che non avevano mai perdonato al Bonaparte l’imprigionamento del papa. Ma anche altri fattori minavano la solidità dell’impero:
innanzitutto il sentimento nazionale, risvegliato proprio dallo stesso Bonaparte, che aveva portato la Spagna a ribellarsi contro il regime francese. Proprio nella Spagna napoleonica la guerriglia rappresentava una autentica spina nel fianco, nonostante la presenza dei patrioti liberali che erano riusciti a sopprimere le istituzioni vetero-feudali e la stessa Inquisizione: molti di questi passarono al nemico, abbandonando i cosiddetti afrancesados, e ingrossando le fila dei guerrilleros.  Anche in Germania fiorisce un rinnovato sentimento nazionalista, ispirato soprattutto dal filosofo romantico Fichte e dal suo Discorso alla nazione tedesca;
un altro elemento di tensione era la resistenza inglese, poiché l’Inghilterra non solo era riuscita ad aggirare il blocco continentale con il contrabbando e il commercio coloniale, ma vantava una indiscussa superiorità navale. Tuttavia l’Inghilterra attraversa un periodo di forte tensione sociale, scatenata dal luddismo, il movimento di protesta dei lavoratori che si opponevano all’introduzione delle macchine;
infine, ad aggravare la crisi , c’era la rottura dell’alleanza franco-russa, dovuta in buona parte all’ostilità dell’aristocrazia russa che non vedeva di buon occhio il blocco continentale, in quanto comprometteva i traffici commerciali con l’Inghilterra, e anche agli ambienti religiosi, ostili al laicismo dell’impero napoleonico.
Napoleone si era reso conto dell’inaffidabilità dello zar, e aveva deciso di batterlo sul tempo. Lo zar aveva intimato al Bonaparte di sgomberare il suolo prussiano e di ripristinare i normali traffici economici tra i paesi europei e la Russia. Napoleone rispose inviando una gigantesca armata di seicentomila uomini in territorio tedesco, impedendo di fatto ogni accordo dello zar con Austria e Prussia. All’indifferenza dello zar il Bonaparte decide di rispondere invadendo il territorio russo, nell’estate del 1812. Napoleone contava sull’indiscutibile superiorità numerica della propria armata e attraversò il confine con duecentomila uomini, sicuro di ridurre l’esercito russo alla resa.
Ma i Russi evitarono lo scontro diretto, preferendo adottare la classica strategia della terra bruciata e ritirandosi all’interno del paese. Nel mese di settembre avviene il primo scontro, a Borodino, e poi a Mosca, dove la città viene data alle fiamme, ma lo zar rifiutò ogni trattativa e l’esercito continuò a ripiegare all’interno del paese. Mentre incalzava il rigido inverno russo, nell’ottobre 1812 Bonaparte ordinava la ritirata: fu una catastrofe, con l’armata napoleonica decimata dal freddo e dagli attacchi di partigiani e cosacchi, appena ventimila uomini riuscirono a riattraversare il confine.

6 - I CENTO GIORNI

Mentre Napoleone era impegnato in Russia l’Inghilterra occupava la Spagna e lo zar invadeva il territorio polacco. Tuttavia nessun paese europeo sapeva ancora approfittare della crisi del Bonaparte. La guerra fu rilanciata dalla Prussia, che nel febbraio 1813 promosse la Sesta Coalizione insieme alla Russia, alla Svezia, all’Inghilterra e all’Austria. Napoleone raduna una poderosa armata, formata da inesperti coscritti, che in un primo tempo sembra aver ragione dell’esercito della Coalizione, che viene battuto su due fronti, a Lutzen e a Bautzen, in territorio tedesco; ma a Lipsia l’esercito napoleonico pagò cara l’inesperienza dei suoi soldati e fu duramente battuto. In tre giorni si scontrarono circa un milione di uomini, e non a caso Lipsia è ricordata come la più grande battaglia dell’epopea napoleonica.
La sconfitta del Bonaparte bastò a sfaldare in pochi mesi il sistema continentale. Il 3 aprile 1814, in una Parigi occupata, il Senato dichiara Napoleone decaduto e affida il governo a un esecutivo provvisorio presieduto da Talleyrand. Abbandonato dai suoi generali Napoleone è costretto ad abdicare. L’11 aprile 1814 il governo firma l’accordo di Fontainebleau, che stabilisce la sovranità del Bonaparte sull’isola d’Elba, mentre alla moglie Maria Luisa viene affidato il ducato di Parma; al posto del deposto imperatore viene ripristinato il legittimo erede della corona francese, il conte di Provenza Luigi XVIII, fratello di Luigi XVI. Il 30 maggio viene firmata la pace di Parigi, che di fatto imponeva alla Francia la rinuncia al suo impero coloniale e il ritorno alla situazione geografica del 1792.
L’Austria occupava la Lombardia per impedire la formazione di uno stato indipendente nel Nord Italia, e alcuni giorni dopo il nuovo re Luigi XVIII adottava un nuovo assetto costituzionale, simile a quello inglese, ma privando il Parlamento di ogni potere. Il nuovo assetto fu causa di un profondo malessere, perché privava gli aristocratici delle loro prerogative feudali e nel contempo restituiva alla borghesia un Parlamento di fatto esautorato. Nel novembre 1814 si riunisce il Congresso di Vienna. Duecentosedici delegazioni cercavano di ridisegnare la carta geografica europea dopo il crollo del sistema continentale di Napoleone Bonaparte. In questo periodo, pochi mesi prima che il Congresso iniziasse i lavori, lo stesso Bonaparte lascia l’isola d’Elba e il 1 marzo 1814 sbarca ad Antibes.
È l’inizio dei cosiddetti Cento Giorni. Mentre il Congresso di Vienna  dichiarava il Bonaparte bandito dall’Europa, Napoleone iniziava la sua marcia trionfale verso la Francia, acclamato da numerosi sostenitori, mentre Luigi XVIII lasciava il paese. Entrato a Parigi Napoleone cercò di appoggiarsi al gruppo degli ideologues, approntando delle riforme liberali, ma gli stati europei si riarmarono per lo scontro decisivo, obbligando il Bonaparte ad approntare un esercito di veterani. Il 18 giugno 1815, a Waterloo, l’esercito del Bonaparte riuscì a sconfiggere l’esercito prussiano; ma questo riuscì a ricongiungersi con quello inglese di Wellington e per Bonaparte fu l’ultima e decisiva sconfitta. Mentre Luigi XVIII riprendeva possesso del trono francese Bonaparte veniva esiliato nell’isola di Sant’Elena, dove consumò i suoi ultimi giorni di vita.