lunedì 27 giugno 2016

Classe 2 Parte 3b S

I LONGOBARDI
(568 – 774)

Le famiglie dei Longobardi arrivano in Italia nel 568, diciotto anni dopo l’assetto dato da Giustiniano alla penisola. Il territorio longobardo è diviso in ducati: Friuli, Trento, Pavia, Bergamo, Milano e Torino a nord, (Bergamo, Milano e Torino costituivano il nucleo centrale con Pavia del regno longobardo), Tuscia e Spoleto al centro, e Benevento a sud; sono invece in mano bizantina i territori della cosiddetta Romania, comprendenti l’Esarcato, attualmente l’Emilia Romagna,  la Pentapoli, le “cinque città” di Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona, e i territori di Veneto, Liguria, Puglia, Calabria e Ducato Napoletano; Roma è formalmente bizantina ma di fatto governata dal papa.
La longobarda è una stirpe germanica di fede ariana, che si muove da est attraverso la Pannonia, scacciata dagli Avari, e che giunge alle Alpi Giulie da cui poi scende nella penisola italiana. I Longobardi erano poco numerosi, forse quarantamila guerrieri, ed erano guidati da Alboino.
Politicamente e amministrativamente i Longobardi erano divisi in farae, che legavano diverse famiglie legate da vincoli di consanguineità; più farae costituivano una unità etnico-militare  che era governata da un capo, detto dux, solitamente un aristocratico appartenente agli adalingi. Era tra i duces che l’assemblea eleggeva il rex, il quale si avvaleva della collaborazione di una specie di consiglio della corona formato dai gasindi, dei guerrieri devoti. Occorre sottolineare che le usanze longobarde vedevano il popolo come un exercitus: i Longobardi non erano probabilmente una tribù stanziale e davano molta importanza ai ruoli assunti nell’ambito della tribù. Solo chi portava le armi e faceva il guerriero era degno di considerazione, e entrava nel novero degli arimanni, ossia degli uomini liberi, mentre chi non era un guerriero faceva parte degli aldii o semiliberi.
Le deboli difese bizantine si arrendono e lasciano campo libero ai nuovi arrivati, mentre i nuclei preesistenti si ritirano nei territori protetti da Bisanzio. Alboino era sposato a Rosmunda, la figlia del re Cunimondo, da lui ucciso. Rosmunda, che era stata costretta a sposare l’usurpatore, fa però uccidere il marito nel 572, con l’appoggio di Bisanzio, e ad Alboino succede il duca di Bergamo Clefi, che però regna solo due anni. Alla morte di Clefi succede un periodo di vacanza del trono, durata dieci anni, voluta dai duchi longobardi che temevano che il potere regio limitasse la loro autorità sui ducati, finchè nel 584 la situazione difensiva, pregiudicata da un attacco congiunto dei Franchi e dei Bizantini, costringe l'assemblea a eleggere rex il figlio di Clefi, Autari, marito della brillante e colta regina Teodolinda.
Dopo la morte di Clefi, avvenuta nel 590, Teodolinda, che era cattolica, si risposa con Agilulfo, riconosciuto re dei Longobardi, che riprende la campagna espansionistica. Oltre a Bisanzio Agilulfo assedia ripetutamente Roma, e solo l’intervento del papa Gregorio I Magno scongiura la sconfitta: Gregorio, consigliere di Teodolinda, convince la regina a convertire il suo popolo al cattolicesimo, cosa che avviene nel 603.  Alla morte di Agilulfo segue un lungo periodo di instabilità, che si conclude nel 636 con l’ascesa al trono di Rotari. Oltre a occupare Genova e la Liguria, nonché parte delle coste venete, Rotari dà al popolo longobardo la prima legislazione della sua storia con l’Editto di Rotari del 643. Negli ultimi decenni del VII secolo il popolo longobardo è diviso da guerre di religione tra i cattolici e gli ultimi irriducibili ariani, mentre i duchi incalzano sempre più il potere regio.
Il periodo di massimo fulgore del regno longobardo si ha tra il 712 e il 744 durante il regno di Liutprando. Bisanzio era impegnata nella famosa guerra delle immagini, che vedeva i Bizantini italiani contro Leone III Isaurico, e il re longobardo ne approfitta per invadere Esarcato e Pentapoli. Singolare è la volontà di Liutprando di non toccare i territori romani: nel 728 il re dona il castello di Sutri al pontefice Gregorio II, e ai presunti timori di una possibile invasione longobarda si accompagna la donazione (742) al patrimonio di San Pietro di parecchie città di Esarcato e Pentapoli: in tal modo Liutprando conserva la fiducia dei duchi, che vedono limitato il potere del loro rex e nello stesso tempo conserva una strategica alleanza col papa Zaccaria. Con questa donazione viene stipulata una tregua ventennale tra lo stato romano e il regno longobardo.
Alla morte di Liutprando segue il breve regno di Rachis che, per incomprensioni con il papa, è costretto a ritirarsi a Montecassino; gli succede Astolfo (749-756) che riesce a cacciare i Bizantini da Ravenna ponendo fine definitivamente alla dominazione bizantina nell’Italia settentrionale. La manovra di Astolfo preoccupa però il papa Stefano II che, sentendosi accerchiato, chiede aiuto al re dei Franchi Pipino il Breve, il quale sconfigge Astolfo nel 756 e conquista Esarcato e Pentapoli, che poi donerà allo stesso pontefice. I territori della Chiesa vanno così a formare un interessante argine antilongobardo che di fatto separa in due la Penisola. Alla morte di Astolfo viene eletto rex il duca di Tuscia Desiderio, il quale per tenersi buoni gli avversari concede in sposa la figlia Ermengarda a Carlo, figlio di Pipino il Breve; ma Carlo, ripudiata la moglie, determina la fine del regno longobardo sconfiggendo il suocero.

Abbiamo detto già della particolare struttura sociale longobarda, in cui i duces erano riconosciuti capi assoluti. La forza di questi comandanti militari traeva origine dalla divisione dei territori conquistati, che andavano a costituire i cosiddetti ducati, in cui il dux sceglie come residenza i locali del vecchio municipium romano, riducendo gli autoctoni al rango di aldii. Parte delle terre viene donata al re, per rafforzare il demanio regio. Nell’Italia meridionale ci sono diversi temi, i distretti militari di chiara derivazione bizantina, guidati militarmente da uno stratego e difesi da truppe solitamente assoldate in loco (le scholae), mentre il potere civile è detenuto dai vescovi.
Possiamo dire che i Longobardi suggellano il loro stanzialismo con l’Editto di Rotari, perché nei 388 articoli il re longobardo introduce il diritto romano riguardo la proprietà privata e elimina la giustizia privata, ponendosi garante dell’ordine del regno. Il vecchio ceto latifondista romano è progressivamente sostituito dai nuovi dominatori che prendono possesso delle grandi proprietà terriere, le antiche villae, ora chiamate curtes, e divise in pars dominica, riservata al signore e pars massaricia, riservata ai lavoranti, o massarii, che lavoravano i poderi o mansi in cui si divideva la curtis. Il sistema curtense longobardo non si distingue dal latifondo romano e propone lo stesso tipo di economia chiusa ossia si produceva quanto serviva.
Il vero ceto latifondista era rimasto quello della Chiesa, che aveva ulteriormente allargato i confini con le donazioni e i lasciti. Nonostante si sviluppi una certa attività commerciale di esportazione esterna alle curtes il baratto resta ancora un valido mezzo di compravendita. L’attività commerciale era svolta dai mercatores, che di solito vendevano minutaglie o il surplus dei prodotti degli amministratori delle curtes.