mercoledì 15 giugno 2016

Classe 4 Modulo 1 S

CLASSE QUARTA - MODULO 1 - STORIA
L’età di Luigi XIV

INTRODUZIONE

La prima metà del XVII secolo si chiude di fatto con la pace di Westfalia del 1648, pace che chiude sia la Guerra dei Trent’Anni sia il disegno unificatore della dinastia asburgica. La seconda metà del secolo vede dunque la definitiva affermazione dell’egemonia francese sotto il regno assolutista di Luigi XIV (la cui politica era ben definita dalla sua leggendaria frase “Una sola fede, una sola legge, un solo re”) e il tramonto della Spagna e dell’impero degli Asburgo.

LA FRANCIA ASSOLUTISTA
LA MONARCHIA DI LUIGI XIV

Nel giro di pochi mesi, nel 1642, muoiono sia Richelieu sia il re Luigi XIII. Il delfino era il piccolo Luigi XIV, affidato poiché minorenne alla reggenza della madre Anna d’Austria. Primo ministro era un altro cardinale, l’italiano Giulio Mazarino, indicato dallo stesso Richelieu come suo successore. Le vittorie di Rocroi e di Lens dell’esercito francese guidato dal principe di Condè regalano alla Francia la vittoria nella Guerra dei Trent’Anni e la posizione egemone che conserverà per tutto il secolo, ma il severo regime di pressione fiscale intensificato da Mazarino per arginare le difficoltà finanziarie derivanti dall’intervento armato provocarono una nuova serie di malumori e di tensioni sociali.
Nel 1648 viene firmata la Pace di Westfalia ma la Spagna non intende cedere e continua la guerra con la Francia. Lo stesso anno, mentre Mazarino restaurava la paulette, scoppiava la Fronda parlamentare, rivolta aperta e dichiarata, che supportava un programma di riforme tese a ripristinare un potere meno oppressivo. Mazarino fece arrestare subito alcuni esponenti della Fronda: per reazione Parigi insorge e la rivolta si estende anche alle province, costringendo Mazarino a fuggire. Pochi mesi dopo la pace di Rueil chiude la controversia, ma scoppia subito un’altra Fronda, guidata dai nobili di spada con alla testa lo stesso principe di Condè. La Fronda principesca fu molto più estesa e pericolosa di quella parlamentare e mirava a cacciare Mazarino per riportare il potere regio sotto la propria influenza. La pericolosità era acuita soprattutto dalla partecipazione del popolo che si era sentito tradito dalla Fronda parlamentare dopo la firma della pace di Rueil ed era confluito tra i frondisti della nobiltà di spada.
Nel 1657 le mire espansionistiche del cardinale Mazarino portano la Francia a un’alleanza con l’Inghilterra a danno della Spagna. Così, mentre la flotta inglese intercetta i convogli spagnoli diretti nelle Fiandre, la Francia invade i Paesi Bassi e obbliga il re di Spagna Filippo IV alla resa. Nel 1659 viene firmata la Pace dei Pirenei, con cui la Francia sottrae alla Spagna il Roussillon e parte delle Fiandre, mentre il matrimonio tra Luigi XIV e l’infanta di Spagna Maria Teresa, figlia di Filippo IV, pone le basi per la definitiva subordinazione della Spagna alla corona francese. Proprio in virtù di questo matrimonio Luigi XIV attacca il nuovo sovrano spagnolo Carlo II in quella che viene chiamata Guerra di Devoluzione (il nome deriva dal fatto che Luigi XIV rivendicava i Paesi Bassi spagnoli, che dovevano essere appunto devoluti alla Francia per il suo matrimonio con Maria Teresa), guerra che si conclude col successo francese nel 1668.
Nel 1672 la Francia inizia la guerra di annessione contro l’Olanda, ma il piccolo stato protestante, geloso della sua libertà e della propria identità religiosa e autonomistica, tiene coraggiosamente testa alle armate di Luigi XIV, aprendo le dighe e allagando il territorio per fermare l’avanzata francese. Protagonista della guerra è il ventiduenne Guglielmo d’Orange, che riesce a isolare la Francia con una brillante azione diplomatica, riuscendo anche a portare dalla sua parte altri paesi tradizionalmente avversi a Luigi XIV. Dopo sei anni di ostilità, il conflitto, che ormai aveva assunto proporzioni internazionali, si interrompe per l’attacco turco in Ungheria, che vede unite le potenze europee cristiane contro l’avanzata islamica, e nel 1678 viene firmata la pace di Nimega, dove la Francia allarga ulteriormente il suo territorio ma lascia indenne l’Olanda.
Dopo la pace di Nimega Luigi XIV comincia una importante politica di annessione territoriale, che si basava su una interpretazione unilaterale degli accordi della pace di Westfalia e della pace appena firmata; l’accordo riguardava infatti anche le “dipendenze” dei territori assegnati alla Francia, e per questo Luigi XIV occupa militarmente vari centri come Metz e Strasburgo, e in Italia Casale Monferrato e Genova.
Sul fronte religioso si segnala la ripresa delle persecuzioni contro gli Ugonotti. Per affermare la chiesa nazionale francese, fedele alla monarchia, Luigi XIV revoca l’Editto di Nantes e costringe alla fuga i protestanti francesi.
Lo strapotere del Re Sole viene però osteggiato dalla Lega di Augusta, una potente coalizione antifrancese che raccoglie nel 1689 le principali potenze europee avverse alla Francia, che dichiarano guerra a Luigi XIV. Il conflitto si chiude nel 1697 con la capitolazione del Re Sole e con la firma della Pace di Rijswijk, che ridimensiona di molto il territorio francese e riassegna Casale e Pinerolo ai Savoia. La Francia riesce a conservare solo Strasburgo.
Il cardinale Giulio Mazarino è il vero artefice della politica espansionistica francese di questo periodo. Dopo la Guerra dei Trent’Anni il Mazarino fu costretto, come l’Olivares in Spagna, a una pesantissima riforma fiscale, che colpiva soprattutto i funzionari pubblici e che provocò la cosiddetta Fronda, dapprima del Parlamento e in seguito dei Principi. La Fronda viene debellata nel 1652, e, uscito di minorità, il nuovo re Luigi XIV approfitta della linea politica preparata dal Mazarino per mettere mano al suo piano assolutista. La chiesa è nazionalizzata e sottomessa alla corona francese con i quattro Articoli Gallicani e Gallicana si disse appunto la Chiesa di Stato. Ne nasce un inevitabile conflitto col papa Innocenzo XI, che dura dieci anni, al termine dei quali Luigi XIV ritira la Dichiarazione con cui istituiva gli Articoli, ma non rinuncia ad asservire la Chiesa alla Corona, poiché era un potere concesso da Dio. Roma è costretta ad accettare la nomina regia di quaranta vescovi. Ogni tentativo di dissidenza viene duramente represso, gli stessi ugonotti sono costretti a lasciare la Francia dopo che, nel 1685, l’Editto di Fontainebleau revoca l’Editto di Nantes. Ma, sempre in campo religioso, non si può non dimenticare la sorte toccata agli estremisti cattolici seguaci di Cornelius Jansen e perciò detti Giansenisti, la cui scuola di Port Royal viene considerata pericolosa e quindi chiusa nel 1710, mentre Antoine Arnauld, massimo esponente della scuola, viene esiliato nel 1677.
La nobiltà perde il suo ruolo politico e viene invece dirottata alla sfarzosa vita di Corte nella reggia di Versailles: scopo dell’allontanamento era evidentemente la repressione delle autonomie politiche di cui godeva l’alta aristocrazia parigina, che contrastavano col disegno assolutista di Luigi XIV. L’unica classe sociale a mantenere un po’ di autonomia è la borghesia cittadina e  la burocrazia dei cosiddetti officiers, che siedono nel Parlamento. Luigi XIV riesce, come altri sovrani assoluti europei, a controllare queste componenti sociali attraverso dei funzionari statali detti intendenti, di rigorosa nomina regia e per questo fiduciari del sovrano.
Tra gli uomini di fiducia del Re Sole vi era il controllore delle finanze Jean Baptiste Colbert, uomo chiave dell’economia mercantilistica francese, il quale appronta una politica protezionistica delle merci locali, gravando onerosamente le merci importate con pesanti dazi doganali. A rendere ulteriormente forte la politica economica del Colbert era ovviamente l’espansione coloniale, che aveva in quel periodo la Francia tra le protagoniste assolute.
Morto il cardinale Mazarino, Luigi XIV si circonda di uno staff di uomini nuovi, di provenienza borghese e di stretta fiducia del sovrano. Il progetto politico del Re Sole si riassumeva bene nella frase “Lo Stato sono io” con cui il re francese intendeva significare l’assoluta centralità e superiorità del potere della corona. Luigi XIV non si affida, dopo la morte di Mazarino, a un primo ministro ma governa personalmente l’amministrazione centrale avvalendosi di Consigli privati e di propria fiducia, e delegando l’amministrazione periferica ai già citati intendenti; inoltre ridimensiona drasticamente le prerogative del parlamento e deprime ogni attività politica della nobiltà di spada.

L’INGHILTERRA DEGLI STUART
LA GLORIOSA RIVOLUZIONE 

Tre erano le istituzioni che si fronteggiavano in Inghilterra durante la prima parte del Seicento: da un lato vi era la monarchia degli Stuart, decisa a promuovere un deciso assolutismo, dall’altro la Chiesa Anglicana, che voleva esercitare il controllo sulla corona, e il Parlamento, che era rappresentato dalla borghesia e dalla gentry. Nell’ultima parte della prima metà del   secolo, durante il regno di Carlo I Stuart, la tensione tra monarchia e Parlamento degenera nella Guerra Civile, che sotto la guida del Cromwell sconfigge il re e indice il regime repubblicano.
Come si ricorderà, dopo la segregazione e la condanna a morte della sfortunata regina di Scozia Maria Stuart, il di lei figlio Giacomo era stato preso in consegna dai protestanti per essere cresciuto nella religione riformata e, con il placet di Elisabetta, priva di discendenti diretti, era stato designato erede della corona unificata di Inghilterra e Scozia. Giacomo I era come sovrano espressione dell’assolutismo politico e della monarchia come diritto divino (non est potestas nisi a Deo, nessun potere se non dato da Dio)  e il suo primo atto da sovrano fu la pace con la Spagna nel 1604, sancita dal Trattato di Londra. Ma l’atmosfera era tutt’altro che pacifica: nello stesso anno infatti  i vescovi anglicani riuniti ad Hampton Court condannano il cattolicesimo e il puritanesimo - espressione della confessione anglicana più liberale e fautrice della separazione tra Chiesa e Stato – e l’anno successivo viene scoperta la Congiura delle Polveri, ordita dai cattolici reazionari per far saltare il Parlamento.   
La società inglese del periodo contava una ristretta oligarchia composta dalle famiglie dell’aristocrazia terriera, dai Lord o Pari e dai Vescovi della Chiesa Riformata. Era un periodo di intensa trasformazione economica, politica e sociale: nelle campagne erano molto attivi i membri della piccola nobiltà terriera della gentry, gli yeomen o contadini liberi e i liberi affittuari agricoli detti free-holders, mentre nelle città la borghesia e i mercanti iniziavano gradualmente la loro ascesa. La modernizzazione delle strutture sociali era stata infatti segnata dalle enclosures nelle campagne, ossia dalla recintazione dei vecchi open fields che assumevano un carattere ora non più feudale,  e dalla crescita delle aziende manifatturiere nelle città, che richiamavano spesso manodopera, favorendo l’inurbazione delle masse rurali.
Sul fronte religioso il terreno di scontro coinvolge la Chiesa Nazionale Anglicana e il suo impianto politico e spirituale e le comunità dei puritani che vorrebbero una chiesa più liberale e lontana da quelle forme esteriori che erano state condannate nel cattolicesimo. In realtà la contesa aveva un preciso carattere politico, in quanto la Chiesa Anglicana esercitava, con l’Atto di Supremazia, un effettivo controllo sugli affari di stato, mentre i puritani si battevano per una politica antiautoritaria e antiassolutista.
Nel 1625, alla morte di Giacomo I, sale al trono il figlio Carlo I, che entra subito in collisione col Parlamento quando, per far fronte alle spese di intervento militare, chiede l’emanazione di nuove e pesanti misure fiscali. La sua missione  protestante lo porta infatti sia nell’intervento a supporto dell’Olanda nella Guerra dei Trent’Anni, sia nell’aiuto dato agli ugonotti francesi assediati alla Rochelle. Le due camere convocate presentano tuttavia a Carlo la Petition of Right (dichiarazione dei diritti) con cui il sovrano si sarebbe impegnato a chiedere sempre al Parlamento l’autorizzazione a esercitare qualsiasi nuova misura di esazione fiscale e a concedere un regime più liberale. Carlo suo malgrado accetta, ma il contrasto col Parlamento aumenta al punto che nel 1629 le due Camere vengono sciolte e il leader parlamentare John Eliot è rinchiuso nella Torre di Londra, dove tre anni dopo morirà.
Nel 1629 comincia il governo assolutista di Carlo I, che guida direttamente il Parlamento coadiuvato dal primo ministro Thomas Wentworth, conte di Strafford, e dall’arcivescovo di Canterbury William Laud.  I puritani riparano sulle coste atlantiche dove fondano diverse colonie. Carlo I emana tassazioni abusive come la ship money, esazione imposta a Londra e alle città costiere per la costruzione della flotta; l’arcivescovo di Canterbury tenta di imporre la religione anglicana in Scozia, provocando la prima delle rivolte che metteranno fine alla monarchia degli Stuart.
Proprio la rivoluzione dei presbiteriani scozzesi impone a Carlo Stuart un nuovo disegno fiscale, per cui il sovrano si trova nella necessità di convocare il Parlamento, dapprima in una versione ristretta (lo short parliament, o Parlamento Corto) che durerà pochi mesi, sciolto dopo la richiesta degli stessi parlamentari di abolire la ship money, e quindi in una versione normale (long parliament, o Parlamento Lungo) guidata dai leader puritani Pym e Hampden, che durerà tredici anni. Il nuovo parlamento chiede l’immediata abrogazione degli organi più repressivi della corona e l’annullamento della ship money; chiede inoltre la destituzione e l’arresto di lord Strafford, colpevole di alto tradimento; e infine promuove col Root and Branch Bill una radicale riforma della chiesa Anglicana. La situazione della chiesa nazionale costituiva infatti una vera e propria spina nel fianco per i parlamentari inglesi, che nel 1642 approvano la Grande Rimostranza, un documento che denuncia le violazioni e le illegalità perpetrate dai membri della chiesa stessa chiedendo il controllo del parlamento sulle attività della chiesa Anglicana. Ma Carlo Stuart non molla e fugge da Londra, organizzando un proprio esercito, mentre lo stesso parlamento si organizza militarmente: nel giugno del 1642 iniziava così la guerra civile, che si combatte tra i Knights, i Cavalieri, ossia l’esercito stuartiano, e i Round Heads, le Teste Rotonde (il nome derivava dall’uso puritano di tenere i capelli cortissimi), fedeli  al parlamento. Dopo un primo bilancio a favore dei Knights, il parlamento affida le sorti della guerra a Oliver Cromwell, che assolda un nuovo esercito formato da cavalieri, detto Iron Sides ossia fianchi di ferro, che nel 1644 sconfigge a Marston Moor la cavalleria regia. Pochi mesi dopo Cromwell costituisce un nuovo esercito di ventiduemila uomini, la New Model Army, che nel giugno del 1645 sconfigge definitivamente Carlo I a Naseby: il re è catturato e consegnato al Parlamento. Padrone della scena politica, il parlamento inglese inizia lo smantellamento delle strutture più oppressive della chiesa Anglicana, che viene ridimensionata nel suo classico tratto episcopalista, ma le divisioni tra i parlamentari, politiche e religiose, influenzano lo sviluppo della situazione: a rendere le cose difficili è l’atteggiamento oltranzista dei cosiddetti Levellers che erano favorevoli a un regime repubblicano, mentre la controparte presbiteriana sosteneva la possibilità di un dialogo col re a patto che questi accettasse il controllo del parlamento sulla corona. Riunite a Putney le due fazioni si scontrano sul radicale Patto del Popolo (Agreement of People) il documento con cui i Levellers chiedevano la repubblica, contrastati dalle posizioni più blande del Cromwell che riesce a non far approvare il documento. Una svolta si ebbe improvvisa con la fuga di Carlo I in Scozia, deciso a riprendere la guerra civile. Cromwell procede all’epurazione delle fazioni più estreme del parlamento promuovendo il cosiddetto Rump Parliament, troncone di parlamento, così chiamato perché composto da soli sessanta indipendenti. Gli scozzesi vengono sconfitti a Preston e per salvarsi consegnano Carlo I all’esercito parlamentare. Processato per alto tradimento, il re viene giustiziato nel 1649.
Giustiziato nel 1649 Carlo I Stuart l’Inghilterra si trova sotto la dittatura repubblicana del Cromwell. Tornato in patria il Cromwell scioglie il Parlamento e ne forma uno nuovo, ma le idee progressiste dei Levellers, e delle sette puritane e millenariste lo portano a sciogliere il Parlamento neocostituito e a governare con il solo appoggio dell’esercito, dopo essersi fatto nominare Lord Protettore d’Inghilterra. Nel 1657 gli viene offerta la corona ma Cromwell la rifiuta, chiedendo solo l’ereditarietà della sua carica. Errore del Cromwell fu la ricostituzione della Camera dei Lord e la persecuzione di una politica conservatrice che guardava alla salvaguardia della proprietà privata.
Nel 1651 viene emanato l’Atto di Navigazione, che imponeva lo sbarco nei porti inglesi dei soli mercantili inglesi. Il provvedimento penalizzava l’economia olandese, e l’Olanda entrò in conflitto con l’Inghilterra in quella che fu detta Guerra dell’Atto di Navigazione e che si dipanò in due fasi cruciali. Nella prima l’Olanda fu costretta ad accettare la resa e soprattutto ad accettare una condizione umiliante (quando una nave olandese avesse incontrato una nave battente bandiera inglese avrebbe dovuto rendere il saluto per prima); nella seconda guerra l’Olanda viene nuovamente sconfitta ed è costretta a firmare nel 1667 la pace di Breda, con cui cede all’Inghilterra la colonia nordamericana di Nuova Amsterdam, che diventa New York.
Nel 1658 muore Oliver Cromwell. La sua scomparsa segna un periodo di caos politico, in cui inutilmente il figlio di Cromwell, Richard, cerca di salire al potere. A salire sul trono è invece il legittimo erede Stuart, Carlo II, che aveva vissuto alla corte francese dl Re Sole, e che rientra nel 1660 a Londra dall’Olanda, dopo che il Parlamento inglese, ricostituito dopo la marcia del generale Monk nel 1660, ha restaurato la monarchia. Inizialmente l’esordio politico del nuovo re sembra improntato a un forte liberalismo e a una politica religiosa tollerante, ma in seguito Carlo II ricostituisce la Chiesa Anglicana, punisce i puritani e appoggia la politica espansionistica francese, in virtù dei buoni rapporti col Re Sole. La sudditanza inglese alla Francia si aggrava quando, morto Carlo II, sale al trono  suo fratello Giacomo II. La dipendenza da Luigi XIV è tale che Giacomo arriva a restaurare il cattolicesimo, provocando una sollevazione di Anglicani e puritani, per una volta su un fronte comune, che passò alla storia come Gloriosa Rivoluzione. Temendo una eccessiva francesizzazione del proprio paese, gli Anglicani offrono la corona d’Inghilterra al genero di Giacomo, l’olandese Guglielmo d’Orange, nemico della Francia, che sbarca in Inghilterra nel 1688, depone il re che fugge in Francia, e sale al trono col nome di Guglielmo III. La Gloriosa Rivoluzione fu attuata in maniera indolore e segna anche la nascita di una potenza commerciale e navale anglo-olandese, praticamente superiore tra quelle europee. Il deposto re Giacomo II sbarca in Irlanda con l’appoggio francese per tentare una sollevazione cattolica contro l’Inghilterra, ma viene sconfitto a Drogheda.
Con la rivoluzione inglese nasce la moderna concezione liberale e parlamentare tipica del pensiero politico britannico. Già durante il regno degli Stuart si delineano due linee politiche, quella dei progressisti Whigs e quella conservatrice e filofrancese dei Tories, antesignane dei partiti politici odierni. Ma l’elemento di spicco della rivoluzione fu l’approvazione dell’Habeas Corpus Act, il documento con cui nel 1679 il Parlamento inglese contrastava la politica autoritaria di Carlo II sostenendo l’inviolabilità del cittadino che era libero di esprimere le proprie idee politiche senza essere arbitrariamente arrestato. Dieci anni dopo Guglielmo III ratifica i contenuti dell’Habeas Corpus nella Dichiarazione dei Diritti, impegnando la monarchia inglese al rispetto del Parlamento e delle autonomie locali. Il potere esecutivo, come stabilito dal Bill of Rights, è esercitato congiuntamente dal re e dal Parlamento; il solo Parlamento ha diritto di imporre tasse e di costituire un esercito; il re ha anche il dovere di rispettare le libertà di pensiero e di stampa, esercitate dai sudditi. L’Inghilterra diventa così la prima monarchia costituzionale.

LA RUSSIA DA IVAN IV A PIETRO IL GRANDE

Il fortissimo impero costituito dallo zar Ivan IV sembrò vacillare a inizio secolo per alcuni torbidi dinastici, ma si riprese con l’appoggio dei boiari, che portarono al potere Michele I Romanov. Il regno dello zar Michele è molto prospero e l’autocrazia zarista viene supportata dal lavoro della Duma (il parlamento) costituito dall’aristocrazia dei boiari. Dopo Michele regna lo zar Alessio Romanov, sotto il quale prende forma la servitù della gleba, osteggiata dai contadini russi. Chiude il secolo XVII il regno dello zar Fedor II.  
Pietro il Grande, zar di Russia, fu l’artefice della rinnovata grandezza del suo paese. Alla fine del Seicento, quando Pietro salì al trono, trovò un paese immenso ma indebolito nelle sue strutture sociali ed economiche e una profonda arretratezza. Perciò si propose una immediata modernizzazione del paese, e un rilancio in ambito europeo. Fu un viaggio in Occidente a convincere lo zar del ruolo che la Russia avrebbe potuto giocare in Europa, e simbolo di questo nuovo ruolo fu la città di Pietroburgo, voluta dallo stesso zar come una “finestra sull’Occidente” e simboleggiante il nuovo corso russo.
Politicamente le riforme di Pietro il Grande ricalcarono il centralismo e l’assolutismo delle grandi monarchie europee, con un notevole rafforzamento del potere centrale e di una migliore distribuzione di questo sullo sconfinato territorio russo, mediante l’istituzione di collegi e governatorati. L’apparato fiscale fu riordinato e la Russia adottò la stessa politica mercantilistica della Francia. Al controllo zarista non sfuggì nemmeno la Chiesa.
Sicuramente la mossa vincente dello zar fu il ridimensionamento dei poteri dell’aristocrazia terriera, con la soppressione della Duma dei boiari e con l’invito fatto ai nobili di porsi al servizio dello stato, introducendo un attento accesso meritocratico ai ruoli della nobiltà anche per i non aristocratici (Tavola dei Ranghi); ma anche imponendo una maggiore cura europea nell’abbigliamento e nello stile, obbligando ad esempio al taglio della barba.