martedì 19 aprile 2016

12 - Gorgia

GORGIA - LEZIONE 12
La soggettività assoluta del vero e il nichilismo

12.1 - Il pensiero di Gorgia porta alle estreme conseguenze la rottura con l’isomorfismo presente nel relativismo di Protagora: nulla esiste nel pensiero e nel linguaggio senza l’intervento dell’uomo. La presenza dei contrari, nota infatti Gorgia, dimostra che c’è qualcosa di sbagliato nell’assunzione delle premesse di un ragionamento: non è detto che la negazione di una antitesi serva ad affermare la tesi. Gorgia prende le distanze dai modelli di semantica nominale, proposizionale e paradigmatica per affermare l’assenza nel reale dei principi razionali atti a comprenderlo, ed esautorando il ruolo del pensiero e del linguaggio della teoria isomorfica: l’essere assoluto di Parmenide è così lontano dalla possibilità di coglierlo che di esso non possiamo dire nulla e ogni parola che useremo non avrà quindi alcuna rilevanza ontologica e per questo potremo dire tutto e il contrario di tutto. La parola non identifica più l’oggetto, e il pensiero e il linguaggio non descrivono più la realtà. Questo atteggiamento impone il passaggio da una dimensione diadica tipica della formula dell’isomorfismo - in cui pensiero e linguaggio descrivono la realtà - a una dimensione triadica, in cui è presente l’elemento mediatore della mente. Non esistono delle premesse che portano a percorsi obbligati, dalle premesse si può arrivare a qualsiasi conclusione. L’uomo consapevole di non trovare nel reale i principi razionali che servono a conoscerlo non si fida più del pensiero o delle parole e usa la mente per giungere a un criterio di verità di tipo convenzionale. L’assenza di certezza porta l’uomo a scegliere un punto di partenza convenzionale per giungere sempre a una conclusione ipotetica. 

12.2 - Un esempio di questo procedimento è l’ENCOMIO DI ELENA. Questa famosa orazione, basata sulla vicenda di Elena e Paride che fu causa della guerra di Troia, rappresenta un esempio importante delle capacità sofistiche e del ruolo ontogenetico della retorica. Qui Gorgia si pronuncia in difesa di Elena, adducendo la responsabilità degli eventi a fattori sovrastanti come la natura e gli dei: si evince chiaramente l’abilità eristica di ricreare nuove forme di realtà partendo da premesse che lascerebbero pensare a una conclusione diversa: infatti il procedimento sofistico ha una struttura assolutamente differente dalla logica tradizionale. Gorgia distingue tra prova e persuasione, tra la logica, che ha carattere razionale, e la retorica, che ha invece carattere irrazionale: il comportamento di Elena non può essere giudicato in base alla logica, spiega Gorgia, poiché il comportamento umano non segue mai una via razionale ma è condizionato dalle passioni irrazionali. L’uomo è costretto dalla vita a scegliere tra diverse possibili alternative senza che però vi sia una reale ragione ultima per scegliere una piuttosto che l’altra. Elena ha scelto non sulla base della ragione ma perché persuasa dal discorso di Paride: qui il filosofo di Lentini mette in evidenza la responsabilità della scelta di Elena che non deriva dalla ragione. Infatti una prova ben congegnata è oggettivamente valida e inattaccabile, la persuasione è invece opinabile. Nella persuasione ci sono due versanti, uno linguistico e uno psichico, che agiscono sulla convinzione dell’individuo, nonostante non siano presenti elementi razionali a supportare tale convincimento. A questo proposito Gorgia si domanda se sia possibile dare all’essere un carattere razionale, se sia possibile dimostrare attraverso i fatti esistenti: la risposta è ovviamente negativa, in quanto non esiste nessuna ragione che possa supportare la conoscenza dei fatti esistenti e quindi è impossibile dare una dimostrazione della loro esistenza o della loro non esistenza: resta solo il discorso, la parola. Ma questo non implica che l’uomo, privato di un principio razionale da seguire, sia immorale: l’uomo, dice Gorgia, è libero di decidere e di agire secondo la situazione. Gorgia ritiene invece immorale l’inganno della logica, che illude l’uomo con la pretesa di un fondamento.

12.3 - Gorgia giunge dunque a svuotare del suo significato l’essere assoluto parmenideo: esso è talmente rigoroso da sfuggire. Nella vita reale noi non c’è l’essere se non come una riflessione mentale, piuttosto abbiamo situazioni o fenomeni. Inoltre l’essere nel mondo concreto è come un continuo inganno poiché nel mondo reale, soggetto come sappiamo al molteplice e al divenire, non troviamo essere ma non essere. Nella sua opera SUL NON ESSERE O SULLA NATURA Gorgia sostiene che noi possiamo pensare l’essere solo come pensiero puro, ossia come non essere, come qualcosa di irreale, e per conversione non possiamo pensare il reale come essere. Questo porta Gorgia a definire la sua prima affermazione: nulla è. Da questa affermazione deriva la seconda affermazione: se anche qualcosa esistesse non sarebbe comprensibile all’uomo. Ma se la semantica proposizionale parmenidea perde così il suo significato ontologico, anche la semantica nominale eraclitea perde il suo significato: se anche l’essere osse comprensibile non sarebbe comunque esprimibile. Ogni discorso sull’essere, conclude Gorgia, non può dunque avere un carattere razionale: ci appare tale solo in virtù del suo potere di persuasione.