venerdì 8 aprile 2016

29 - Aristotele

ARISTOTELE - LEZIONE 29
Le critiche a Platone, lo spirito di sistema 
e l’indagine scientifica della natura

29.1 - Le divergenze dottrinali tra Platone e Aristotele sono state nel tempo oggetto di strumentalizzazioni, sopratutto nel periodo rinascimentale, tanto da confondere le vere ragioni della distanza tra i due filosofi. Tali ragioni possono essere riassunte come di seguito:

REALISMO (oggetto dell’indagine scientifica deve essere il mondo sensibile e fenomenico, i suoi enti individuali ed i suoi aspetti generali universali) - Se l’orientamento del pensiero platonico fu di tipo dialettico e politico, dominato dalla figura di Socrate, l’interesse di Aristotele è sopratutto scientifico e naturalistico, volto alla definizione e alla classificazione dei fenomeni, i cui principi vanno ricercati, a differenza di Platone, all’interno della realtà sensibile, unico e solo oggetto della conoscenza; quello aristotelico è chiamato un REALISMO MODERATO o EMPIRICO, in base al quale l’essere esiste distributivamente, ossia in relazione ad enti individuali e ad aspetti generali o universali che possono essere unificati solo logicamente, per differenziarlo dal REALISMO ASSOLUTO di Platone, in cui la sola vera realtà era l’idea e la realtà sensibile era ammessa in quanto partecipava dell’idea. In poche parole mentre nella filosofia platonica l’essere ha un solo significato, in quanto l’idea è univoca, nella filosofia aristotelica dobbiamo specificare un aspetto individuale e uno di natura generale.

RAZIONALISMO (se l’oggetto dell’indagine scientifica non ha un carattere univoco la razionalità non può limitarsi al solo aspetto teoretico ma deve anche contemplare altri saperi, come quello legato all’agire e quello legato al fare) - Alla base della divergenza tra Platone e Aristotele si trova sicuramente la distinzione tra univocità e molteplicità, che porta Aristotele ad accusare Platone di rifiutare un’indagine propriamente scientifica della natura per concentrarsi sull’identificazione dell’idea unico oggetto della conoscenza teoretica; di qui la distinzione tra l’univocità razionale platonica, praticamente una ragione a senso unico che considera l’idea quale unico possibile oggetto di vera conoscenza, e la molteplicità razionale aristotelica, che considera tre aspetti, quello teoretico dell’essere, quello pratico della morale e dell’etica e quello poietico del fare, ossia delle arti.

DUALISMO (la vera realtà è quella che possiede un’esistenza unitaria e non possono esistere duplicati) - Nonostante Aristotele entri nell’Accademia nel momento in cui la fase di revisione della prospettiva dualistica sia già avviata non può fare a meno di criticarla, ritenendo l’idealismo platonico e la teoria della separazione tra i due mondi non solo inutili a spiegare il reale ma perfino dannosi in quanto offrivano una visione raddoppiata della realtà, che è una; da qui anche la critica al vano tentativo di riunificazione dei due mondi dopo la loro separazione. Aristotele sottopone a critica anche la concezione cosmologica espressa dal Timeo, che lui stesso usa per alcune conoscenze di natura astronomica.

LOGICA (l’indagine naturale deve essere supportata da un rigoroso metodo scientifico) - Aristotele sente la mancanza di un metodo rigoroso e scientifico per lo studio della natura. Egli condanna la dialettica diairetica platonica sia per la sua natura circolare  sia per la sua natura ipotetica e induttiva, che non conducono mai a una certezza definitiva. Occorre dire che comunque Aristotele non rifiuta il procedimento induttivo, pur ritenendo più opportuno un metodo deduttivo, sposando una prospettiva analitica dell’induzione, in cui l’idea, che viene intesa aristotelicamente come forma, non è più trascendente e può quindi essere pensata (astratta) dall’intelletto come la parte universale di un ente individuale. Con l’astrazione l’anima entra in possesso dei principi primi da cui partire per la dimostrazione: così la dialettica diventa un efficace strumento di appoggio per il procedimento deduttivo. 

SINGOLARI E UNIVERSALI (l’estensione del metodo scientifico alle cose naturali prescinde dagli aspetti singolari e accidentali dell’individuo per studiare quelli universali, ossia ciò che hanno in comune individui con le stesse caratteristiche) - Il rigore del metodo aristotelico esige che si passi dalla logica del singolare tipica del pensiero platonico alla logica delle classi, generi e specie. Mentre in Platone si parla di una logica intensionale, ossia basata sulle caratteristiche del singolo oggetto, nella filosofia di Aristotele -  che ha un approccio analitico - la logica non può prescindere dalla gerarchia di generi e specie, i cosiddetti universali. Alla logica deduttiva aristotelica interessano proprio questi aspetti generali, che accomunano più individui con le medesime caratteristiche.

29.2 - La distanza tra il sistema platonico e quello aristotelico si basa proprio su questi aspetti. Le idee sono viste da Aristotele come forme universali dei giudizi, immanenti la materia. Viene quindi a cadere non solo la loro trascendenza ma anche la loro univocità, oltre all’inutilità della divisione della realtà in due mondi. Dato il carattere deduttivo e dimostrativo della scienza aristotelica, non possono essere presi in esame gli aspetti singolari e individuali della realtà, in quanto le idee in senso platonico non hanno ragione di esistere, ma quelli universali relativi ai generi e alle specie. Ma questa pretesa classificatoria rigorosa ha trasformato il sistema aristotelico, secondo molti critici, in un sistema statico e chiuso, diverso dalla natura dinamica del sistema platonico. Il fatto è che mentre Platone è costretto a usare una logica  equivoca, a causa dei differenti significati dell’essere - non ultimo la differenza tra il senso copulativo e quello esistenziale - Aristotele, che fa coincidere il sapere autentico col ragionamento dimostrativo, usa una logica di tipo univoco, basata sul grado di inferenza o meno di un predicato nei confronti di un soggetto e declinata secondo una gerarchia di generi e specie. L’aspetto negativo di questo procedimento è chiaramente l’impossibilità di giungere al compito supremo di ogni filosofia scientifica, ossia quello di operare una vera e propria sintesi delle sintesi. La filosofia aristotelica non riesce ad arrivare a cogliere il principio dell’essere ed è costretta a sconfinare in un razionalismo teologico secondo cui la verità è interamente rivelata. Il razionalismo teologico rivela un interessante aspetto del sistema aristotelico cioè la concezione del vivere filosofico come fine a se stesso, interrompendo quell’unità della virtù, coincidenza di sommo bene e conoscenza, che aveva contraddistinto le filosofie di Socrate prima e di Platone poi. La separazione è netta: da una parte la conoscenza teoretica, fondata sul sapere dimostrativo e necessario, dall’altra il possibile e il probabile, che derivano dall’abitudine e dall’esperienza. Solo la conoscenza teoretica è veramente scientifica: in tal senso Aristotele si discosta dall’aspetto “decisivo” e motivazionale dell’eros platonico, dando più importanza a sophia, la sapienza, piuttosto che a philia, l’amare.