domenica 10 aprile 2016

27 - Platone

PLATONE - LEZIONE 27
Lo stato giusto, la cosmogonia e il problema del divino
La Repubblica (libri III e IV) e il Timeo

27.1 - La tripartizione dell’anima descritta nel mito dell’auriga non è una vera e propria divisione, infatti, se così fosse, l’anima sarebbe corruttibile, smentendo il terzo argomento a sostegno dell’immortalità (Fedone). Platone descrive queste tre anime come delle funzioni, simili alle diverse funzioni del corpo umano, che, pur essendo unico, muove le mani o la testa anche stando fermo: non è quindi tutto il corpo a muoversi, ma solo una delle sue parti. Ma, così come l’uomo non può compiere gesti contraddittori tra di loro, anche l’anima, nella sua unicità, non può avere funzioni - che Platone chiama PRINCIPI - opposte tra di loro. Questo aspetto rientra nella parte finale del quarto libro de La Repubblica, in cui Platone presenta il punto di raccordo tra psicologia e antropologia da un lato e psicologia e cosmologia dall’altro, attraverso la tesi socratica della coincidenza del significato politico e morale della vita dell’individuo e del cittadino. Platone, così come Socrate, affida all’indagine filosofica il compito di delineare la giusta condotta dell’uomo. La filosofia ha infatti un compito assolutamente pratico e questo significa che teorico e pratico coincidono e anche che la visione platonica dell’uomo è di natura pubblica, eredità della sua esperienza siracusana, visione che già emergeva nel Simposio a proposito del concetto di bellezza. Il privato riguarda solo la necessità di soddisfare i bisogni materiali dell’essere umano, il lavoro, la famiglia, gli affetti, ma è nella sfera pubblica che l’uomo realizza la libertà e la felicità: perciò Platone definisce l’uomo un animale politico. Di qui la condanna inevitabile del carattere individualista dato alla politica da alcuni Sofisti minori, tra cui Trasimaco, che ritenevano la politica solo come utilità, come realizzazione degli interessi personali: ma se così fosse non avrebbe senso parlare di politica. Platone ritiene che il politico sia come un artigiano che sa fare bene il suo mestiere: la sua bravura non consiste nel profitto che ricaverà ma dalla bontà del suo prodotto. E il compito del politico è quello di “fare la giustizia” nella sua comunità.
Platone delinea uno stato ideale simile a un grande organismo vivente, in cui ogni individuo non può bastare a sé stesso. La giustizia è data dall’armonia tra le sue componenti, ognuna delle quali esercita una funzione in base alle sue attitudini, alle sue competenze, ai suoi bisogni. La competenza è fondamentale: il sapere non è qualcosa di individuale ma viene messo al servizio della comunità. Il macrocosmo sociale dello stato si allinea perciò al microcosmo psico-biologico dell’anima individuale. In base alla tripartizione delle funzioni dell’anima avremo tre classi sociali: quella dei GOVERNANTI, in cui prevale l’anima razionale, che ha il compito di guidare la comunità; quella dei GUERRIERI,  in cui prevale l’anima irascibile, dotati di coraggio e di ardimento, che ha il compito di difendere e di proteggere la comunità; e infine quella dei LAVORATORI, ossia artigiani e commercianti, in cui prevale l’anima concupscibile o appetitiva, che ha il compito di produrre i mezzi di sussistenza per la comunità. Platone non assegna all’economia un valore etico-politico, in quanto l’arte di sopravvivere non è una virtù ma solo una necessità. Nello stato ideale platonico l’aspetto culturale e quello conoscitivo costituiscono la fonte primaria dell’armonia tra le diverse componenti, infatti gli stessi governanti devono possedere le conoscenza più alte, necessarie al governo della comunità, di cui la filosofia è ovviamente portatrice.
Accanto alla teoria dello stato ideale Platone delinea una teoria della società, spesso semplicisticamente definita dalla più recente critica filosofica come COMUNISMO PLATONICO. Si tratta di una definizione impropria, sopratutto per l’abissale differenza con il comunismo politico nato col pensiero di Marx: in Marx infatti il lavoro era considerato uno strumento di emancipazione della classe operaia, mentre nella teoria platonica della società la classe dei lavoratori non solo è la più bassa ma il produrre mezzi di sussistenza per la comunità costituisce per Platone un fatto privato, in cui il lavoro non ha alcun significato etico-politico. Nella teoria della società disegnata da Platone la proprietà privata spetta solo alla classe dei lavoratori, mentre i guerrieri ed i governanti sono obbligati a una comunione delle proprie risorse, delle donne e dei figli. L’educazione è pubblica e inizia subito dopo la nascita, a cura dello stato stesso: musica e ginnastica sono materie di studio obbligatorie per tutti i cittadini, mentre i cosiddetti guardiani della comunità, cioè i guerrieri, devono conoscere anche la matematica, l’astronomia e la filosofia. Le cosiddette arti imitative sono bandite se intese come una copia della copia, ossia riproduzione della realtà che è già di suo una copia delle idee, ma sono ammesse se il loro scopo è quello di incoraggiare l’esercizio e predisporre la conoscenza. Inoltre i vari aspetti della vita civile come il matrimonio e la procreazione sono regolati dallo stato, che si incarica anche di ridistribuire le ricchezze per evitare un’eccessiva distanza tra ricchi e poveri nella classe dei lavoratori, altrimenti causa di disarmonia e squilibrio. 

27.2 - La dimensione politico-sociale trova una netta corrispondenza nella costituzione della cosmologia, come si nota dalle seguenti relazioni:
anima - cosmo individuale - psicologia
città - cosmo intersoggettivo - politica
universo - cosmo fisico - cosmologia
Nel Timeo Platone spiega, in maniera epica, la nascita dell’universo fisico, cioè il mondo della sensibilità. A formare il mondo delle cose è il DEMIURGO, che, guardando alle idee e sopratutto all’idea somma, quella del bene, forma dapprima l’ANIMA DEL MONDO e poi il CORPO DEL MONDO, costituito dai quattro elementi (acqua, aria, terra e fuoco). Dall’anima e dal corpo del mondo nascono le anime e i corpi degli esseri viventi. Questi ultimi sono in continuo divenire, a causa del MOVIMENTO  dei quattro elementi in modo proporzionale, e per regolare il processo di trasformazione viene creato il TEMPO - che Platone definisce immagine mobile dell’eternità poiché è riflesso del mondo delle idee dove tutto è eterno e immobile - quale ordine perfetto del moto circolare di tutte le cose celesti e quale ordine imperfetto del moto irregolare di tutte le cose terrestri. 
La natura dei quattro elementi che formano i corpi è geometrico-matematica, e si sviluppa in una dimensione PIANA e BIDIMENSIONALE corrispondente alla superficie, e in una SOLIDA e TRIDIMENSIONALE, corrispondente alla profondità, attraverso la figura regolare e perfetta del TRIANGOLO. Dalla combinazione di diversi triangoli si generano le FORME STEREOMETRICHE REGOLARI: il tetraedro o piramide (fuoco), il cubo (terra), l’ottaedro (aria) e l’icosaedro (acqua). Il quinto poliedro regolare, il dodecaedro, è la figura più perfetta perché la più vicina a quella della SFERA e raffigura l’immagine del cosmo intero, immagine che poi verrà assimilata alla QUINTESSENZA.
Il Timeo è  l’opera di Platone più vicina al pensiero cristiano e in generale alle dottrine religiose creazioniste, in quanto la cosmogonia platonica divide il creatore dalle cose create, diversamente dalle concezioni panteiste in cui Dio viene fatto coincidere con le cose create. Occorre però definire alcuni aspetti importanti della cosmogonia platonica. In primo luogo il demiurgo non crea dal nulla.: le idee, la materia, lo stesso concetto di bene, sono preesistenti alla creazione. Il demiurgo è quindi una specie di formatore, o di plasmatore della materia, sulla base delle idee. La materia non va intesa in un senso realistico e negativo, ma come la potenzialità del divenire, il ricettacolo che accoglie le forme perfette delle idee per farne cose sensibili. Essa non può essere definita oggettivamente, ma colta solo attraverso il ragionamento. Il demiurgo non crea con un atto necessario, causale o meccanico, ma per sua libera scelta, come atto d’amore, il cui fine ultimo è il bene. Egli crea il migliore dei mondi possibili, contemplando la purezza dell’essere del mondo delle idee, da cui deriva la forma degli animali visibili, ossia i corpi celesti, e degli animali sensibili, ossia il mondo delle cose, secondo la proporzione geometrica 8:12=18:27, dove i numeri estremi 8 e 27 sono i più piccoli numeri solidi (2 al cubo e 3 al cubo). Si tratta di una concezione geometrica continua, in cui l’identità dei rapporti corrisponde alla diversità progressiva dei termini (8:12=12:18=18:27). Pur avendo i due mondi natura diversa esiste tra di essi una similitudine nei rapporti geometrici, con una analogia trascendentale.

27.3 - Secondo un’interpretazione delle dottrine non scritte di Platone le idee avrebbero una struttura affine a quella dei numeri e si fonda su due principi, l’UNITA’ corrispondente al bene, al limite, all’identico e la DIADE INDEFINITA corrispondente al male, all’illimitato, al diverso. Questa particolare interpretazione matematica del pensiero platonico allontana il pensiero del filosofo dai contenuto programmatico del suo corpus dottrinale, trasformando la filosofia platonica in una scienza logico-deduttiva, schiacciata sulle filosofie successive.