mercoledì 6 aprile 2016

31 - Aristotele

ARISTOTELE - LEZIONE 31
Il giudizio, l’argomentazione e il ragionamento
Il trattato Sull’interpretazione e gli Analitici Primi e Secondi

31.1 - Quando uniamo dei termini tra loro otteniamo la PROPOSIZIONE.  Dal punto di vista logico-semantico essa esprime l’insieme dei termini, dal punto di vista psicologico-mentalistico questo insieme - tramite la copula “è” (per esempio: la neve è bianca) - essa esprime un GIUDIZIO, che da un punto di vista logico-espressivo costituisce l’ENUNCIATO. Questi tre punti di vista non coincidenti tra di loro sono sinonimi della PROPOSIZIONE CATEGORICA. Si tratta di una espressione linguistica che ha le seguenti caratteristiche:
è costituita da almeno due termini, un soggetto e un predicato;
può essere distinta per QUALITA’ COPULATIVA (“è” oppure “non è”, ossia affermazione o negazione) e per QUANTITA’ SOGGETTIVA (“tutti” “non tutti” “uno soltanto”, cioè universale, particolare, singolare);
non è né APODITTICA (necessaria) né PROBLEMATICA (possibile) ma ASSERTORIA di un fatto. 
Una proposizione così articolata può essere vera o falsa, e il discorso capace di questa determinazione si chiama APOFANTICO (dichiarativo o descrittivo). Tali aspetti, dal punto di vista della logica aristotelica, portano alle seguenti conclusioni: una proposizione logica deve essere identificabile come vera o falsa; il criterio di verità offerto da Aristotele è CORRISPONDENTISTICO (il vero e il falso indicano l’esistenza o la non esistenza di una corrispondenza tra l’enunciato e lo stato di cose che viene enunciato) e si basa sulla formula: è vero il giudizio che congiunge ciò che è congiunto e disgiunge ciò che è disgiunto, è falso il giudizio che congiunge ciò che NON è congiunto e che disgiunge ciò che NON è disgiunto. Questa corrispondenza tra l’enunciato e lo stato delle cose dell’enunciato si chiama PROPRIETA’ SEMANTICA della proposizione, qualità e quantità sono invece le PROPRIETA’ SINTATTICHE della proposizione. 
Le proprietà sintattiche della qualità copulativa (“è” e “non è”, affermazione e negazione) esse sono opposte, in contraddizione e senza una via di mezzo, e perciò se una è vera l’altra è falsa (PRINCIPIO DELLA BIVALENZA o della necessità del vero e del falso). 
La quantità di una proposizione esprime l’ESTENSIONE del soggetto da un massimo (tutti), passando per un valore intermedio (qualcuno), fino a un valore minimo (uno solo) o zero (nessuno). In base a questi aspetti i seguaci di Aristotele, basandosi sulle relazioni di contraddittorietà e contrarietà incluse nei Libri IV e V della Metafisica, costruirono quello che in epoca medievale fu chiamato il QUADRATO DELLE OPPOSIZIONI. Questo schema è dal punto di vista logico estremamente importante, per due motivi: sia perché chiarisce la differenza tra contraddittorietà e contrarietà e sia perché offre ad Aristotele la possibilità di presentare il principio di bivalenza. Infatti il contraddittorio di una proposizione universale affermativa è una particolare negativa, mentre il suo contrario è una universale negativa. Per esempio:
UNIVERSALE AFFERMATIVA: tutti gli uomini sono bianchi
PARTICOLARE NEGATIVA: qualche uomo NON è bianco (contraddizione)
UNIVERSALE NEGATIVA: nessun uomo è bianco (contrario)
Una proposizione contraddittoria implica una netta opposizione, in quanto se è vera significa che l’altra è falsa e viceversa; una proposizione contraria, invece, anche se falsa può coesistere con una universale affermativa falsa, infatti le due universali:
tutti gli uomini sono bianchi (affermazione)
nessun uomo è bianco (contrario)
sono entrambe false dal momento che è vero che: qualche uomo è bianco. Quindi la contraddizione è più forte rispetto alla contrarietà. A queste figure i filosofi medievali aggiunsero a completamento del quadrato delle opposizioni, le relazioni di SUBCONTRARIETA’ (per esempio: le proposizioni “qualche uomo è bianco” e “qualche uomo non è bianco” possono coesistere come vere ma non come false) e di SUBALTERNITA’ (la proposizione universale “tutti gli uomini sono bianchi” implica la particolare “qualche uomo è bianco” ma non viceversa).
Aristotele indica quali proposizioni, verità ontologiche o leggi del pensiero, gli assiomi logici principali, non dimostrabili, che sono:

principio di IDENTITA’  (A è uguale ad A)
(una mela è uguale a una mela)

principio di NON CONTRADDIZIONE (A non è uguale a NON A)
(SE una mela è una mela ALLORA non è uguale a una pera) 

principio del TERZO ESCLUSO (A è diverso da B, C, D....)
(SE una mela è una mela e SE non è uguale a una pera, ALLORA una pesca non è uguale né a una mela né a una pera)

Questi tre principi primi e non dimostrabili non possono essere applicati solo in un caso, ossia nel caso delle azioni contingenti future (per es.: “domani ci sarà il sole”) di cui non è possibile accertare la verità o la falsità. I due fatti (ossia se domani ci sarà il sole oppure no)  sono possibili in egual misura e di sicuro uno solo dei due sarà vero e ‘altro no ma nessuno dei fatti si è ancora verificato e quindi non possiamo attribuire alcun principio. 
Aristotele è considerato il fondatore della LOGICA MODALE. La modalità si riferisce al MODO in cui soggetto e predicato possono essere congiunti o disgiunti. Ci sono tre modi:
NECESSARIO - deve essere così
POSSIBILE - può essere così
ASSERTORIO - è così
La logica modale è importante poiché si ricollega nella Metafisica all’ontologia dinamica di potenza e atto, mentre la logica assertoria si ricollega, sempre nella Metafisica, all’ontologia statica di materia e forma.
Riassumendo: i termini sono riuniti sotto le categorie, ossia i generi sommi entro cui sono ricondotti i predicati; a partire dalle categorie i termini possono essere estesi da un massimo - i generi (o classi) e le specie (o sottoclassi) -   ad un minimo - gli individui - cioè i nomi propri. Questa differente estensione permette di unificare e dividere i termini attraverso le proposizioni o giudizi. Tuttavia affermare o negare qualcosa non significa ancora ragionare; inoltre le relazioni tra termini sono spesso complicate da ulteriori collegamenti a fatti, sempre espressi da giudizi, con cui si stabilisce un ulteriore collegamento di consequenzialità.

31.2 - L’unione di più proposizioni si chiama SILLOGISMO, e rappresenta un discorso articolato in premesse e conseguenze. Nei vari ragionamenti le proposizioni appaiono come TESI che vengono argomentate. Una tesi è tale solo se rientra in un ragionamento: Aristotele classifica le tesi in base alla DOTTRINA DEI PREDICABILI, secondo cui la tesi può concernere: la DEFINIZIONE (il predicato ha la stessa estensione del soggetto e ne esprime l’essenza); la PROPRIETA’ CARATTERISTICA o proprio (il predicato ha la stessa estensione del soggetto ma non concorre alla definizione); il GENERE (il predicato è più esteso del soggetto e concorre alla sua definizione); l’ACCIDENTE (il predicato è meno esteso del soggetto e non concorre alla sua definizione). Definizione e proprietà sono predicazioni di identità, genere e accidente sono di inclusione. 
L’argomento non è la tesi, ma ha la funzione di produrre o dimostrare la tesi. Gli argomenti, come i sillogismi, non sono tutti uguali, ma differiscono a seconda del tipo di argomento che viene esposto, nonostante tutti i sillogismi abbiano tre elementi formali comuni: tre termini, uno minore, uno medio e uno maggiore, ossia due PREMESSE  e una CONCLUSIONE. Si chiama maggiore la premessa che contiene oltre al termine medio anche il termine maggiore; si chiama minore la premessa che contiene, oltre al termine medio, anche il termine minore; si chiama conclusione la proposizione priva del termine medio e che unisce le due premesse. Questa struttura garantisce la validità SINTATTICA del sillogismo, mentre la validità SEMANTICA viene giustificata dalla MODALITA‘  e dall’ORIGINE delle premesse.
Secondo la modalità delle premesse un sillogismo può essere:
APODITTICO o SCIENTIFICO: le premesse sono vere, l’inferenza è corretta;
DIALETTICO: le premesse sono topici o luoghi comuni, l’inferenza è corretta, ma a causa della natura topica delle premesse esso deve essere espresso nella forma ipotetica “se.... allora....”;
RETORICO: se siamo in presenza di ENTIMENTI, ossia se ignoriamo la validità delle premesse e la correttezza dell’inferenza.
Tutte queste modalità sono in correlazione con la forma enunciativa, ossia con le cosiddette FIGURE o SCHEMATA, che Aristotele distingue in tre tipi in base alla posizione occupata nelle premesse dal termine medio: 

PRIMA FIGURA - il termine medio M fa da soggetto nella premessa maggiore in cui compare il termine maggiore P e da predicato nella premessa minore dove compare il termine minore S: M-P + S-M = S-P;

SECONDA FIGURA - il termine medio compare come predicato in entrambe le premesse: P-M + S-M = S-P;

TERZA FIGURA - il termine medio compare come soggetto in entrambe le premesse: M-P + M-S = S.P;

QUARTA FIGURA (detta GALENICA, attribuita a Teofrasto) - il termine medio compare come predicato nella premessa maggiore e come soggetto nella premessa minore: P-M + M-S = S-P.

Le premesse possono essere universali, particolari, affermative o negative: questo fa sì che esistano 64 modi per ogni figura per un totale di 256 combinazioni.

31.3 - Perché un sillogismo possa offrire una PROVA della conclusione, non basta che le premesse siano vere, ma è necessario che siano CAUSE della conclusione stessa. Questo requisito viene soddisfatto dal sillogismo di I figura, nel Modus Barbara (il nome si riferisce all’acronimo usato per definire il primo dei 256 modi nella tavola dei sillogismi), in cui la premessa maggiore è universale e la minore affermativa: questa condizione infatti permette di staccare la conclusione dall’argomento come una proposizione a sé stante, condizione dei sillogismi scientifici. Al contrario nel sillogismo di II figura si perviene a una conclusione sempre negativa proprio perché tale condizione necessaria non viene soddisfatta: questo tipo di conclusione negativa trova applicazione nei sillogismi dialettici. Nel sillogismo di III figura la validità viene garantita attraverso una premessa minore affermativa pervenendo ad una conclusione particolare, ossia a una esemplificazione: per ottenere questa conclusione è necessario che le premesse abbiano carattere esistenziale e che si argomenti per analogia, condizioni incompatibili col carattere scientifico del sillogismo di I figura. Oltre alla funzione causale instaurata dal termine medio nelle premesse, esiste una seconda condizione del sillogismo scientifico: l’origine incontrovertibile delle premesse, che devono essere universali  e già note ossia VERITA’ PRIME, non suscettibili di ulteriori dimostrazioni e perciò evidenti. Le verità prime sono colte in due modi, INTUIZIONE e INDUZIONE.
Si chiama intuizione l’atto, puro e semplice, che ci permette di cogliere i principi indimostrabili della scienza. Poiché questi principi non sono sempre presenti all’intelletto, spesso bisogna ricavarli mediante il processo induttivo che giunge all’universale a partire dal particolare, la cui funzione deve però essere sempre mediata dall’intuizione stessa, poiché l’induzione da sola non arriverebbe mai a una forma conclusiva. Come si può notare, queste funzioni,  apprensive e astrattive, si discostano dall’oggettività della logica per giungere a implicazioni ontologiche, metafisiche e psicologiche. 
Viene in ultima analisi dedicato uno spazio per spiegare il motivo per cui la logica aristotelica non si può dire puramente formale: ciò dipende dal fatto cje nel sillogismo scientifico il predicato dovrebbe essere espresso nella più corretta forma di appartenenza piuttosto che in quella copulativa, a significare l’inclusione delle sostanze seconde negli individui a cui vengono predicate.