lunedì 11 aprile 2016

26 - Platone

PLATONE - LEZIONE 26
La grammatica del pensiero come grammatica dell’essere
Il Sofista, il Politico e il Filebo

26.1 - Nella seconda parte del Parmenide la seconda delle tre ipotesi, quella riguardante il rapporto tra uno ed ente, permette all’unità di accogliere la molteplicità, la diversità e il divenire; inoltre lo stesso dialogo evidenzia che il senso dell’essere è univoco ma non assoluto, poiché esistono tante idee a cui le cose partecipano in gradi diversi. Nel Sofista Platone rende esplicita la molteplicità delle idee attraverso il concetto di COMUNANZA o KOINONIA, allo scopo di giustificare la molteplicità delle idee, valutandone gli effetti sulla molteplicità del reale, e valutarne i criteri di esclusione e di inclusione. Si tratta del superamento di una certa logica arcaica, che voleva il vero associato all’essere e il falso al non essere. Una simile divisione era impossibile poiché in questo modo il Sofista, protagonista del dialogo, colui che per professione diffonde il falso, non avrebbe potuto dire nulla e di questo nulla non si sarebbe potuto nemmeno parlare. Il dialogo, prosecuzione del Teeteto,  ha un carattere fortemente evocativo e ruota intorno a una figura misteriosa, lo Straniero di Elea, di cui si cerca di rivelare l’identità. La struttura logica del prologo del dialogo manifesta in modo esplicito la natura del problema: prima di definire chi è il Sofista occorre definire chi egli non è, violando il principio parmenideo dell’impossibilità dell’esistenza del non essere, sanando quindi le conclusioni aporetiche dei dialoghi precedenti. Le idee sono tra loro in rapporti diversi, fino a giungere a quelle cinque idee  più elevate e generali che Platone chiama i GENERI SOMMI: essere, identico, diverso, quiete, movimento. La gerarchia di questi generi è la seguente: al primo posto c’è l’essere, condizione di ogni esistenza, seguito dai generi di identico e diverso, in quanto ogni cosa si riconosce identica a sé stessa e diversa da tutte le altre; chiudono i due generi detti categorici, che non possono coesistere, in quanto la coesistenza di quiete e movimento genera contraddizione. I generi di identità e diversità sono logicamente co-originari all’essere stesso in quanto i due generi, pur dipendendo dall’essere, possono essere  ad esso attribuiti. Dire che una cosa è identica a sé stessa - ovvero determinandola - e diversa dalle altre - ossia distinguendola - rappresenta la vera condanna a morte della filosofia eleatica, poiché si ammette che una cosa è (la cosa stessa) e non è (un’altra cosa). Il principio della diversità  (questa cosa non è quella cosa) permette a Platone non solo di risolvere il problema del giudizio falso contrastando la Sofistica, ma di sostenere l’intera struttura logica della conoscenza, poiché solo attraverso il falso e l’errore si giunge al vero, che se fosse dato immediatamente apparirebbe dogmatico e privo di una efficace struttura dialettica a suo fondamento. Se confrontiamo direttamente due giudizi, uno vero e uno falso, per esempio “Mario parla” e “Mario è zitto”, appare chiaro che dobbiamo dare ragione ai filosofi di Elea, in quanto un giudizio falso e negativo equivale a qualcosa che non esiste. Ma se introduciamo il concetto di diversità le cose cambiano e il giudizio falso esprime qualcosa di diverso dal vero ossia di non fedele alla realtà. A fare da mediatore tra vero e falso è l’idea, che è sempre vera (idea di parlare, idea di silenzio): l’errore e quindi la falsità del giudizio scaturisce da una applicazione di due idee incompatibili allo stesso oggetto. In che modo evitare l’errore? Attraverso la DIALETTICA, l’arte che consente di cogliere le articolazioni ammissibili delle idee e le loro giuste relazioni, evitando di cadere nella contraddizione e nell’incompatibilità.

26.2 - Il parricidio di Parmenide, come viene chiamato il superamento del concetto eleatico di non essere, non si ferma al solo principio della diversità: nella relazione tra idee e cose esistono diversi gradi di collegamento, che ci permettono di identificare un determinato oggetto. Platone osserva dunque che ogni cosa è una IMITAZIONE dell’idea e più o meno la rispecchia. In tal senso il VALORE della relazione rappresenta l’esistenza di una cosa: se una cosa A imita più o meno un’idea A, diremo che la cosa A esiste in proporzione al grado di imitazione dell’idea corrispondente che funge da esemplare. Quanto più un oggetto è imitazione dell’originale quanto più esso esiste. A fare da criterio di misurazione è ovviamente l’idea più alta di tutte, ossia l’idea del BENE  o idea somma, a cui si coordina l’idea del BELLO, una ordina la giustezza e l’altra la perfetta interazione armonica, la loro unione - già citata nel Simposio -  viene detta kalokagathia. L’intersezione tra questi due piani e la rete di collegamenti e relazioni che ne deriva, ha bisogno del metodo dialettico per essere individuata, metodo di cui Platone dà una dimostrazione sia nel Sofista sia nel Politico. Si tratta di un procedimento di tipo discorsivo che sottopone il ragionamento a una serie di biforcazioni diversamente intrecciate. La dialettica platonica non si fonda, come nel caso della dialettica aristotelica, sull’uso delle categorie, ma assimila le idee a criteri valutativi, perciò essa può fungere solo da strumento ausiliario dell’intuizione, che deve sempre intervenire nella scelta della direzione da assegnare al ragionamento.     Il percorso dialettico si ramifica in due direzioni, una di tipo SINTETICO, ossia di riunione, che accorpa le cose più o meno uguali a una stessa idea, e l’altra di tipo ANALITICO, ossia di divisione, che separa di fatto l’idea tra le specie ad essa assimilabili. Questo procedimento caratterizza il percorso dialettico come una struttura DIADICA (cioè a due vie) con due importanti carateristiche: la prima è che si tratta di una STRUTTURA APERTA ossia il processo non giunge mai a una soluzione definitiva nella sintesi, la seconda è che pur appartenendo a un mondo diverso da quello sensibile le idee possono avere un significato solo attraverso il loro uso nell’intuizione del concreto di un’esperienza sensibile. Le idee non sono dunque degli elementi astratti ma costituiscono al tempo stesso oggetto e metodo, ossia fungono da criterio di valutazione e allo stesso tempo da direzione da seguire.

26.3 - L’ontologia, il discorso sull’essere, è garantito dalla presenza dei cinque generi sommi dell’essere di cui Platone parla nel Sofista: non si tratta di idee ma di strutture a priori, ossia elementi che devono venire necessariamente prima dell’esperienza per renderla possibile (se non ci fosse l’essere non potrebbero esserci altre implicazioni dell’esistenza, come la diversità e l’identità, la quiete o il movimento). A questi cinque generi Platone aggiunge nel Filebo quattro principi, con lo scopo di estendere il rapporto analogico tra le idee presentato nel Sofista al rapporto esistente tra i due mondi, tenendo conto della differenza tra di essi. La struttura logica del Filebo è diversa da quella del Sofista: qui avevamo l’esplicitazione della seconda ipotesi del Parmenide schematizzabile in due prospettive, una orizzontale, ascrivibile alle relazioni tra le idee e una verticale, ascrivibile ai rapporti tra i due mondi, mentre il Filebo fa riferimento alla terza ipotesi del Parmenide, e riguarda la relazione tra i due mondi. Tema del Filebo sono i piaceri e il concetto su come sia possibile limitarli per evitare che gli uomini si riducano come animali. Il concetto di MISURA può essere ricercato nell’essere, ricorrendo alle nozioni pitagoriche di LIMITE  e ILLIMITATO, che Platone trasforma in principi dell’essere.Vengono dunque individuati quattro principi costitutivi:
1 - il LIMITE, che corrisponde all’identico;
l2 - ’ILLIMITATO, che corrisponde al diverso;
3 - la CAUSA, che fa da mediatore tra identico e diverso;
4 - il MISTO, che è il prodotto di questa unione e corrisponde alla MISURA.
Sullo stesso piano dell’illimitato ideale Platone individua anche un quinto elemento, l’illimitato sensibile, corrispondente alla varietà e diversità della materia. A separare i due mondi è infatti il carattere della misura: nel mondo delle idee è presente una giusta misura ideale di tipo qualitativo, nel mondo sensibile è presente una misura relativa di tipo quantitativo. La differenza tra materia e misura ideale e materia e misura relativa allontana evidentemente in modo ulteriore i due mondi, quindi, per sanare questa separazione, occorre rivolgersi al Timeo.