domenica 3 aprile 2016

34 - Aristotele

ARISTOTELE - LEZIONE 34
Il mondo fisico

34.1 - La fisica è la filosofia seconda. Ha per oggetto i fenomeni sensibili e il loro movimento, in quanto soggetti al divenire. Il suo nome deriva dal greco physis, natura, l’ambito dell’oggettività materiale, caratterizzata dall’instabilità e dal mutamento. La fisica è una scienza teoretica: non si limita a descrivere gli oggetti materiali ma cerca di individuarne i criteri di comprensione. 
La fisica aristotelica si distingue dalla fisica moderna, poiché in quanto scienza teoretica e contemplativa non ha alcun carattere sperimentale o tecnico ma si tratta a tutti gli effetti di una metafisica o ontologia della natura, una indagine di tipo qualitativo. Proprio il suo carattere di scienza riabilita la conoscenza del mondo fenomenico, ambito del non essere parmenideo e soggetto al controllo del mondo del vero essere ideale platonico. In quanto metafisica naturale la fisica ha in comune con l’ontologia i principi dell’essere. Essa ha un’impostazione razionale-deduttiva, ed è costituita da una struttura semplice, prossima alla tautologia, in cui l’essere è esattamente come appare, spiegabile attraverso gli elementi sostanziali della metafisica stessa: potenza, e atto, materia e forma, essenza e accidente.

34.2 - Individuato l’oggetto della fisica (ossia i fenomeni sensibili ed il loro movimento) passiamo a individuarne i principi, cioè gli elementi o aspetti che lo determinano. Sono quattro e sono divisi in:

due CONDIZIONI ONTOLOGICHE, che riguardano cioè i fenomeni fisici in sé stessi, ovvero la MATERIA o SOSTRATO, elemento indeterminato e in attesa quindi di determinazione, e la FORMA in quanto ESSENZA, causa motrice e fine di tutte le determinazioni;

due CONDIZIONI FENOMENICHE che riguardano il movimento degli enti fisici, ovvero l’AUTONOMIA CINETICA, secondo cui tutti gli esseri hanno in comune dentro di sé le condizioni del movimento, e il DIVENIRE in quanto REALIZZAZIONE DEL MOVIMENTO, sinonimo della trasformazione di tutti gli esseri.

Nel dettaglio:

PRIMA CONDIZIONE ONTOLOGICA - LA MATERIA (hyle): è l’elemento che rappresenta l’esistenza di una causalità necessaria e irrazionale, legata al divenire e obbediente al caso. Come tale, essa possiede le caratteristiche della possibilità in quanto divenire e di necessità in quanto resistente a ogni finalizzazione. Alla materia vanno infine riconosciute tutte quelle variazioni che concorrono a distinguere un individuo da un altro (cioè il PRINCIPIO DI INDIVIDUAZIONE).

SECONDA CONDIZIONE ONTOLOGICA - LA FORMA (morphè): è la “causa intelligente” (esterna) dell’arte, principio di organizzazione della materia. Come tale possiede due aspetti, uno STATICO-ESSENZIALE, legato alla stabilità e alla permanenza, e uno DINAMICO-FUNZIONALE, legato invece al movimento e subordinato all’aspetto statico-essenziale.

PRIMA CONDIZIONE FENOMENOLOGICA - L’AUTONOMIA CINETICA: ogni movimento è autonomo in quanto le sue condizioni sono già comprese nel sinolo di materia e di forma. La natura non opera che da sé stessa e per sé stessa.

SECONDA CONDIZIONE FENOMENOLOGICA - IL DIVENIRE: il movimento è mutamento e trasformazione, ossia divenire in senso generale, nel senso di un passaggio determinante da qualcosa che “prima non era” a qualcosa che “adesso è”, dando quindi una nuova identità al non essere.

34.3 -  Il movimento è per Aristotele un dato di fatto della natura che non ha bisogno di essere giustificato ma solo spiegato. Si tratta di una modifica dello stato dell’essere da una posizione a un’altra, scandita dal passaggio dalla potenza all’atto. Dichiaratamente realista, Aristotele afferma che la posizione di partenza di una trasformazione fisica non è un non essere assoluto, bensì relativo, poiché si tratta di una realtà in potenza, in quanto l’ente in fase di modifica resta sempre lo stesso, cambiando solo la sua posizione. In poche parole non esiste per Aristotele qualcosa che “non esiste”. Potenza e atto però da sole non bastano a spiegare il movimento: a rendere possibile la trasformazione, ossia il passaggio dalla potenza all’atto, concorrono le due condizioni ontologiche, materia e forma, e la STERESI, o mancanza. La forma è ciò che l’essere diviene, il suo fine; la materia è ciò che l’essere è nel divenire; la steresi è invece ciò che “non è” nel divenire, ossia il divenire nella sua essenza, colto nella sua tensione verso l’essere. Il divenire conduce quindi alla pienezza dell’essere, attraverso il passaggio dalla potenza all’atto. Se applichiamo questo aspetto alle categorie otterremo 4 tipi di movimento:

secondo la sostanza: GENERAZIONE e CORRUZIONE;
secondo la qualità: ALTERAZIONE;
secondo la quantità: AUMENTO  e DIMINUZIONE;
secondo il luogo: TRASLAZIONE.

Innanzitutto bisogna dire che il movimento si riferisce al passaggio tra due termini contrari all’interno dello stesso essere e rispetto allo stesso genere: la sostanza - rispetto alle altre categorie - implica un carattere diverso, poiché generazione e corruzione riguardano un passaggio strutturale dall’essere al non essere (e viceversa) che sono termini CONTRADDITTORI, mentre le trasformazioni avvengono di solito tra termini contrari all’interno della stessa sostanza (per esempio: caldo e freddo). Il mutamento sostanziale, cioè la trasformazione, rappresenta il limite della continuità del movimento.: in tal senso non parliamo più di steresi o contrarietà ma di una negazione assoluta (per esempio quando un uomo muore). La natura viene rappresentata come un grande organismo vivente in cui ogni cosa è parte della totalità. Agli estremi di questa totalità ci sono la FORMA PURA (cioè Dio) e la MATERIA PURA, principi opposti e contraddittori ma coincidenti nella loro caratteristica di purezza. 

34.4 - La concezione aristotelica di spazio ha influenzato il dibattito intorno alla rivoluzione scientifica del XVII secolo. Lo spazio non è un corpo fisico ma un luogo (topos), autonomo e indipendente dai corpi fisici. Esso non potrebbe avere un corpo, altrimenti dovrebbe trovarsi a sua volta in un luogo, e deve avere un essere altrimenti i corpi fisici non esisterebbero, ovvero sarebbero privi di posizione di realtà. In quanto tale lo spazio viene definito da Aristotele il LIMITE IMMOBILE E IMMEDIATO DEL CONTENENTE IN QUANTO CONTIGUO AL CONTENUTO. Esso non va inteso come un recipiente, ossia come un contenitore che può essere trasportato, nè si può ammettere che sia vuoto. A differenza degli atomisti Aristotele considera nello spazio l’inammissibilità del vuoto e l’esistenza di LUOGHI NATURALI, a cui ciascuno dei quattro elementi tende quando non trova ostacoli. Nell’universo avremo dunque un ALTO e un BASSO come determinazioni naturali oggettive, ossia non relative al soggetto: essi costituiscono un insieme finito, delimitato dal CIELO, che si muove circolarmente su sé stesso. 
Il mondo sensibile è costituito da due SFERE, una SUBLUNARE, caratterizzata da diversi generi di movimento, in particolare dal movimento rettilineo, la cui materia costitutiva sono i quattro elementi, acqua, aria, terra e fuoco, e una SOPRALUNARE o CELESTE, caratterizzata dal movimento circolare e continuo, perfetto, costituita dall’ETERE o QUINTA ESSENZA.
Alla nozione di spazio è collegata la nozione di tempo. Esso è relativo in senso fisico al movimento dei corpi e in senso psicologico all’anima. In un senso fisico il tempo è il numero e la misura del movimento, scandito dal prima e dal poi, secondo la teoria degli INTERVALLI ossia degli ISTANTI NUMERABILI. Se il tempo è numero e misura è necessario qualcuno che possa numerare e misurare, e in senso psicologico è necessaria un’anima che possa pensare il numero, in mancanza della quale non esisterebbe il tempo ma solo il movimento dei corpi.
Aristotele ammette l’infinito. Egli sostiene la possibilità per lo spazio, il tempo e il numero di aumentare e diminuire in modo POTENZIALE, ossia senza mai esaurirsi. L’infinito esiste dunque solo in modo potenziale, poiché collegato alla quantità, presente nel solo mondo sensibile: questo porta Aristotele, pitagoricamente, a considerare l’infinito imperfetto rispetto al finito perfetto.