venerdì 15 aprile 2016

22 - Platone

PLATONE - LEZIONE 22
Psicologia e antropologia
Il Fedone

22.1 - Esaminando i primi tre dialoghi abbiamo chiarito che la conoscenza consiste nella relazione tra soggetto e oggetto, in cui l’oggetto è posto di fronte al soggetto, e abbiamo detto che si tratta di un processo attivo e non passivo, poiché non parte dall’oggetto, ma ha il soggetto come protagonista. Adesso Platone deve spiegare non solo cosa sia realmente l’oggetto, ma soprattutto chi è il soggetto conoscente, o meglio, la coscienza (o anima) che si dirige all’oggetto. Nel Menone abbiamo visto come si attiva la conoscenza, nel Fedone Platone spiega cosa è l’anima. Lo fa cominciando dalla morte di Socrate, raccontata da Fedone a un gruppo di ammiratori del maestro, ma lo scopo non è apologetico, bensì è volto a mostrare proprio il destino dell’uomo dopo la morte. Già nel Menone Platone dice che l’anima è immortale, a sostegno della reminiscenza: nel Fedone non solo l’immortalità viene ribadita come carattere essenziale dell’anima, ma la stessa reminiscenza costituisce una delle prove che ne testimoniano l’immortalità. Nella psicologia platonica si afferma quindi un dualismo, già presente nelle dottrine misteriche orfiche e pitagoriche, quello tra l’anima, incorporea, immortale, perfetta, e il corpo, corruttibile, imperfetto e mortale, dove la perfezione della stessa anima viene testimoniata da questo circolo (il cerchio è simbolo di perfezione) immortalità-reminiscenza-immortalità.
Questo dualismo anima-corpo produce due effetti, uno di tipo etico e morale e uno di tipo logico e conoscitivo. L’aspetto etico riguarda proprio la perfezione dell’anima, che preserva la sua purezza fuggendo dal carcere del corpo, come nella metempsicosi pitagorica: in questo senso la morte del corpo non è affatto un male, anzi, è auspicabile proprio per liberare l’anima dal carcere fisico. L’aspetto logico riguarda la conoscenza razionale o episteme, in cui proprio l’immortalità dell’anima serve ad accedere alle forme perfette, intelligibili e immateriali delle cose. Ma questo aspetto ha prodotto anche un’altra conseguenza, ossia la confutazione di due teorie che sono state discusse anche in tempi più recenti, la teoria EPIFENOMENISTICA della coscienza, che concepisce la vita mentale come un fenomeno secondario e superficiale che “accompagna” la realtà, e la teoria MECCANICISTICA della natura, che spiega la realtà esclusivamente in base ai movimenti spaziali e corporei che ne fanno parte, collegati tra loro come una rete. In altre parole: questo aspetto conferisce realtà al pensiero e nega quelle teorie che si limitano a spiegare il reale prescindendo dalla coscienza, appunto l’opposto della concezione platonica in cui il soggetto, come si è visto nel Menone, è il protagonista del processo conoscitivo.

22.2 - Dopo aver considerato la teoria principale della superiorità dell'anima immortale e del suo affrancamento dal carcere fisico, Platone prende in esame tre argomentazioni a dimostrazione dell'immortalità dell'anima.

PRIMO ARGOMENTO: ARGOMENTO DEI CONTRARI - Si tratta di un argomento di derivazione eraclitea. Ogni cosa si origina e si definisce dal proprio contrario: la vita genera la morte, la morte genera la vita, in un ciclo continuo in cui vita e morte si alternano. Questo ciclo, osserva Platone, non può mai avere una fine: se avesse fine non ci sarebbe mai vita, poiché la morte sarebbe la fine di tutto. Inoltre questo ciclo ha bisogno di un substrato, di un pilastro che dia stabilità all'alternanza dei due termini. Questo elemento è appunto l'anima immortale. La morte esiste solo come trasformazione e non come negazione.

SECONDO ARGOMENTO: ARGOMENTO DELLA REMINISCENZA - Nel Menone Platone dice che conoscere è ricordare. Perché ciò avvenga è necessario che l'anima non solo sia immortale, ma che sia anche intelligente, cioè che possa cogliere le forme perfette delle cose. Gli empiristi possono ribattere che la conoscenza è data solo dall'esperienza. In realtà però non tutto deriva dalla conoscenza sensibile, per esempio i concetti di uguaglianza, di somiglianza, di differenza. In questo argomento Platone per la prima volta parla delle IDEE, le forme perfette di cui le cose sono copia e che permettono a Platone di superare la prospettiva oggettuale della relazione tra soggetto e predicato per cogliere invece l'ESSENZA come predicato ultimo che ci consente di identificare e raggruppare le cose. Le forme identiche della matematica e della geometria, seppur perfette, fanno parte del mondo degli oggetti e la loro comprensione è legata agli oggetti. Le idee sono forme pure e preesistenti alle cose. Per esempio: dal punto di vista oggettivo noi possiamo associare le cose per colore, forma, tipologia, dicendo che si assomigliano. Ma dal punto di vista soggettivo è necessario che ci sia l'idea della somiglianza, il cui significato deve essere permanente.

TERZO ARGOMENTO: ARGOMENTO DELLA SEMPLICITÀ - L'anima è semplice, come le idee, e quindi è UNICA. Questo la rende incorruttibile, non essendo unione di aggregati, l'anima non si disgrega.

Dopo aver esposto i tre argomenti a sostegno della tesi della preesistenza dell'anima, nel dialogo intervengono due personaggi, allievi del pitagorico Filolao, che si chiamano Simmia e Cebete, e che espongono le due teorie contrarie, quella EPIFENOMENISTA e quella MECCANICISTA.

La prima teoria è di carattere biologico e si ricollega alla tradizione medico-fisiologica delle scuole pitagoriche, secondo cui la salute del corpo dipende dall'equilibrio costituzionale (ISONOMIA) dell'organismo. Significativo è il paragone con le corde di uno strumento musicale: se le corde sono rotte, la musica non potrà esistere. Secondo questa teoria, detta anche dell'anima-armonia, l'anima è un prodotto del corpo e quando il corpo muore, anche l'anima segue la sua sorte.

La seconda teoria è invece di carattere logico-materialista e in pratica sostiene che, a causa della trasmigrazione, l'anima si deteriora perdendo energia vitale fino ad annullarsi completamente.

Si obietta all'epifenomenismo sostenendo che accettare la reminiscenza significa che l'anima non potrebbe avere nulla a che fare col corpo, e che sopratutto la coscienza è un fenomeno individuale che differenzia gli uomini. Al meccanicismo invece si obietta distinguendo i due ambiti, mente e corpo, che hanno leggi diverse e quindi non possono produrre gli stessi effetti. Non è perciò ammissibile né una derivazione dell'anima dal corpo, né la sua riduzione a fenomeno naturale che, come tutti i fenomeni naturali, si esaurisce.

22.3 - I tre argomenti definiti da Platone mettono dunque in evidenza il presupposto immortale dell'anima, ma ancora non ci dicono cosa è l'anima. Di questo aspetto si occupa il quarto argomento, di carattere ontologico-metafisico, che fa derivare l'essenza dell'anima dal postulato dell'esistenza delle idee. Ogni cosa esistente, dice Platone, ha dei predicati, che sono di natura ESSENZIALE o RELATIVA. Un predicato essenziale non cambia mai, resta invariato (per esempio l'essere un uomo) mentre il predicato relativo è mutevole (per esempio la statura di un uomo). E il predicato essenziale dell'anima è la VITA.
Dire che l'anima è mortale è come dire che il ferro è di legno, che la neve è calda, che il numero 3 è pari, ossia una contraddizione. Se si ammettesse una contraddizione, evidentemente l'oggetto perderebbe ogni significato. Un conto è dunque parlare di una relazione tra soggetto e predicato e un conto è quando il predicato sia PARTE ESSENZIALE del soggetto. Esiste dunque un legame molto stretto tra anima e vita, che si traduce in tre conseguenze:
1) l'anima è IDEALE e non ha nulla a che fare col mondo naturale;
2) l'anima è AUTOCINETICA, ossia si muove da sé, è indipendente dal corpo;
3) l'anima è sede del logos, del pensiero razionale e come tale AUTOCOSCIENZA e unità essa stessa della coscienza: tutte le percezioni sono unificate all'interno del soggetto. Dal punto di vista logico queste quattro argomenti non possono essere veramente considerati delle prove vere e proprie, sia perché la conclusione non si può separare dalle premesse, sia a causa della sostanziale natura ideale dell'anima platonica, che ovviamente esclude ogni presupposto fisico e oggettivo. Da un punto di vista etico, l'immortalità dell'anima è fondamentale per la condotta della vita. Se l'anima infatti fosse mortale, gli uomini sarebbero condannati ad avere una sola occasione di vita e i malvagi morirebbero malvagi (NOMINALISMO ETICO). Invece, proprio perché l'anima è immortale, gli uomini sono spinti alla cura di sé e alla purificazione (UNIVERSALISMO ETICO) e a far dipendere il loro futuro dal tipo di direzione che essi daranno alla propria condotta morale.