domenica 20 marzo 2016

19 - Leibnitz

LEIBNITZ - LEZIONE 19
La metafisica dell’infinitesimale e l’organismo vivente

19.1 - La metafisica moderna si caratterizza per l’assunzione dell’infinito come punto di partenza per la conoscenza  della realtà (il Dio di Descartes ne è un esempio). La metafisica leibnitziana è la filosofia dell’infinitesimale. Tale elemento consente di cogliere i due diversi aspetti del reale. A differenza del meccanismo di Descartes, Leibnitz cerca di concepire il movimento in base a una teoria dell’organismo vivente. Al dualismo cartesiano Leibnitz oppone un ritorno ad Aristotele operato attraverso una sostanza individuale: il filosofo teorizza infatti un’infinità di sostanze con tratti singolari e irripetibili, simili ai predicati aristotelici. Sul piano logico questa sostanza è di fatto soggetto della predicazione, ciò da cui è possibile desumere i predicati ad esso attribuiti, sul piano metafisico è un vero e proprio principio vitale. Si tratta di un principio di natura spirituale, poiché la materia non potrebbe essere sostanza, in quanto divisibile all’infinito, proprietà che non consentirebbe alla sostanza di essere ricondotta come soggetto unificatore dei predicati. Pertanto la sostanza non può essere identificata come estensione, figura o movimento. 
Leibnitz identifica la sostanza con l’organismo vivente. Infatti a differenza del meccanismo, che non è veramente uno - fa l’esempio di un orologio che possiamo smontare e rimontare e sostituire i pezzi - l’organismo ha una sua unità intrinseca, in cui le parti dipendono dal tutto e sono altro se separate dal tutto: esso è perciò complesso ma non composto. A differenza di Descarte Leibnitz afferma che cil che viene mantenuto costante in un organismo non è tanto la quantità di moto ma la forza vitale. Proprio per tale ragione, mentre la materia inerte aspetta una forza esterna che le dia forma, l’organismo è in grado di darsi da sé una forma distinta e di rigenerare le parti eventualmente mancanti. Nella fase successiva della sua metafisica Leibnitz sostituisce al concetto di organismo quello di MONADE, una sostanza indivisibile, semplice e unitaria e sopratutto immateriale, animata da una forza vitale.

19.2 - La sostanza è una unità complessa di elementi contraddistinta da una monade dominante, l’anima (l’ENTELECHIA aristotelica), suo principio vitale e forma. Ogni parte di questa unità complessa, separata dal resto, diventa una cosa diversa e a sua volta con una monade che la contraddistingue (per esempio: braccio, mano, dita). In quanto non estesa la monade contiene già in sè tutti i predicati e tutti i pensieri e gli accidenti. I caratteri della monade sono: a) la PERCEZIONE cioè la coincidenza delle rappresentazioni che a monade ha internamente del mondo e b) l’APPETIZIONE, che estende e collega le percezioni tra loro. Le monadi stanno tra loro in rapporti gerarchici: come già Descartes, anche Leibnitz non oppone una distinzione tra qualità soggettive e oggettive, tra idee confuse e oscure e idee chiare e distinte, quanto un passaggio continuo e graduato. Al vertice della gerarchia ci sono le monadi superiori, dotate di APPERCEZIONE, ossia l’AUTOCOSCIENZA (la consapevolezza della percezione), in grado di passare dalla vita biologica a quella morale. La monade somma è Dio, a cui è riservata una conoscenza intuitiva e distinta, che è preclusa agli uomini, mentre alla base di tutte le monadi ci sono le piccole percezioni che non raggiungono la soglia della coscienza e che fanno solo un confuso e indistinto brusio.

19.3 - Nel pensiero leibniziano sono presenti altri due principi di natura logica e metafisica. Il primo, di natura logica, è l’identità degli INDISCERNIBILI: non esistono nell’universo, dice Leibnitz, due sostanze uguali altrimenti sarebbero la stessa cosa. Qui è evidente che Leibnitz si sta riferendo ai predicati, e non alla sostanza, che è inestesa e quindi non occupa uno spazio: dunque, dice Leibnitz, è impossibile che esistano sostanze con medesimi predicati, in quanto non sarebbe comprensibile perché Dio avesse creato l’una piuttosto che l’altra. Il secondo principio, di natura metafisica, è quello dell’ARMONIA PRESTABILITA. Nonostante le monadi siano chiuse, sono coordinate da Dio che ha fatto in modo che tutte le rappresentazioni del mondo contenute dentro ogni monade si corrispondano in maniera perfetta. Dunque nonostante il loro isolamento le monadi percepiscono lo stesso universo che esiste come conseguenza di questa armonia prestabilita: in tal modo ogni monade offre, nonostante il suo isolamento, un diverso angolo visuale che si completa con le altre monadi per esempio all’azione di dare uno schiaffo corrisponde la percezione del dolore che appartiene a un’altra monade.

19.4 - Newton aveva inteso lo spazio è il tempo come realtà esistenti nella natura, oggettive e assolute. Si trattava di una totalità omogenea, uniforme e indifferenziata. Leibnitz contesta Newton, sostenendo che se l’universo fosse un tutto indistinto non vi sarebbe alcuna ragione della varietà dell’armonia prestabilita voluta da Dio. Spazio e tempo non esistono in quanto tali, ma derivano alla corrispondenza delle percezioni che le monadi hanno dei corpi nell’armonia prestabilita: secondo l’ordine della COESISTENZA dei corpi nel caso dello spazio, secondo l’ordine della loro SUCCESSIONE nel caso del tempo. In coerenza col suo PANPSICHISMO Leibnitz ritiene che tutto nell’universo sia vita e anima, e per questo nega una posizione di realtà agli stessi corpi, facendoli derivare come già per il tempo e lo spazio dall’insieme delle percezioni delle monadi. Il rapporto tra i corpi è di natura meccanicistica e casuale, anche se qui non siamo di fornte al rigoroso ordine cartesiano ma piuttosto a un disegno finalistico nell’ordine dell’armonia prestabilita. Ed è appunto questa armonia ad allontanare Leibnitz da Descartes, laddove egli afferma che su percepisce di avere un corpo proprio perché si hanno percezioni confuse. Le monadi sono infatti ordinate gerarchicamente e più ci si allontana dalla monade somma, ossia Dio, più si va verso la confusione. Le monadi situate a un più basso livello gerarchico avranno quindi una capacità percettiva ottusa e offuscata.