martedì 15 marzo 2016

42 - Kant

KANT - LEZIONE 42
La rivoluzione copernicana e la Critica della Ragion Pura

42.1 - Dalla Dissertazione del 1770 alla pubblicazione della prima edizione della Critica della Ragion Pura passano dieci anni, che sono conosciuti come il decennio silenzioso di Kant, un decennio di riflessione, in cui Kant cerca una soluzione rinnovata al problema della metafisica, non più scienza dei limiti, non più scienza della cosa in sé ma ricerca degli elementi a priori, sia in campo scientifico sia in campo pratico. La ragione umana non si accontenta di studiare le condizioni dell’esperienza, tende sempre a oltrepassarle. Fa parte della sua stessa natura di ragione cercare delle risposte a problemi che vanno oltre i confini del sensibile: l’esistenza di Dio, l’immortalità dell’anima, l’esistenza di un determinismo universale. Tutti problemi che la ragione non potrà mai risolvere. Questi tentativi hanno prodotto nel corso del tempo un atteggiamento di scetticismo verso la metafisica, necessario per combatterne il dohmatismo, e spesso anche di indifferenza, ma non si può restare indifferenti in quanto l’uomo non può fare a meno di porsi certe domande, è una vera disposizione naturale, ammette kant. Poiché la ragione umana proverà sempre a superare i limiti dell’esperienza e la metafisica proverà sempre a proporsi come una scienza, diventa necessario istituire un vero e proprio tribunale che garantisca la ragione nelle sue pretese, legittime o illegittime, affinché si definiscano gli ambiti della conoscenza razionale e sopratutto gli oggetti di essa, siano essi empirici o sovrasensibili. Nella sua critica al principio di causalità Hume aveva negato la possibilità di conoscere il nesso causale tra A e B, rimandando la conoscenza alle associazioni e sopratutto all’abitudine, per cui una associazione presentatasi in passato viene riconosciuta nel momento in cui un certo evento si ripresenta. Kant come Hume non ammette la possibilità di conoscere questo nesso come una cosa in sé, ma ammette la possibilità di conoscere questo principio riguardo il FENOMENO. Secondo Kant infatti il principio di causalità ha valore proprio nell’ambito dell’esperienza sensibile, poichè collega i fenomeni e la sua origine non può essere empirica, proprio perché deve rendere possibile il susseguirsi dei fenomeni stessi, quindi deve essere dato a priori, ossia deve venire prima dell’esperienza sensibile. Questo collegamento è reso possibile dal pensiero cioè dalle funzioni dell’intelletto del soggetto conoscente. Il problema di Kant è quello di chiarire in che modo queste funzioni assumono un carattere universale, ossia valido per tutti, e non solo per il soggetto che conosce, ossia in quale modo il nesso tra una causa e il suo effetto può essere riconosciuto da tutti in modo univoco e invariabile.

42.2 - A questo punto, osserva Kant, è necessario un cambiamento della prospettiva di studio, così come fu per la rivoluzione copernicana. Le scienze matematiche hanno compiuto dei grandi progressi nel momento in cui si sono staccate dagli oggetti: perchè non provare a fare la stessa cosa anche con la metafisica? Kant propone dunque un capovolgimento dall’oggettivo al soggettivo, ossia dal punto di vista del soggetto conoscente, allo scopo di individuare quelle condizioni pure che risultano assenti in un metodo di indagine tradizionale. Questo cambiamento deve riguardare infatti tutto il conoscere: se siamo noi a regolarci sugli oggetti ovviamente non potremo pervenire a nessuna spiegazione a priori, ma se fosse il contrario, ossia se partiamo dal punto di vista del soggetto conoscente, e gli oggetti si regolano su di esso, una conoscenza a priori risulta possibile. La possibilità è data dal fatto che stiamo partendo non più dall’oggetto ma dal soggetto, e quindi dal modo in cui il fenomeno si presenta al soggetto. Riassumendo: la ragione è limitata dall’esperienza sensibile, non è possibile la conoscenza delle cose che cadono oltre l’esperienza, occorre ricercare le condizioni pure che rendono universalmente possibili l’esperienza, ossia i collegamenti tra fenomeni accordati dalle facoltà conoscitive dei soggetti conoscenti, che devono essere universalmente validi e necessari. Kant affida dunque la sua indagine a una critica, cioè una costruzione, un esame, della ragione pura: questa indagine ha natura TRASCENDENTALE - termine che Kant riprende dalla Scolastica medioevale - nel senso di definizione delle condizioni a priori dell’esperienza soggettiva, che vanno oltre la conoscenza dei fenomeni ma che non trascendono appunto l’esperienza.

42.3 - L’intera attività conoscitiva ruota secondo Kant intorno al GIUDIZIO, ossia l’unione di un soggetto e di un predicato. I giudizi sono di due tipi, quelli ANALITICI, come per esempio “tutti i corpi sono estesi”, che non aggiungono di fatto nessun dato nuovo al conoscere poiché il predicato è già incluso nel soggetto, e i giudizi SINTETICI, in cui il predicato non fa parte del soggetto e il predicato aggiunge qualcosa di nuovo al soggetto stesso grazie all’esperienza, come nella frase “alcuni corpi sono pesanti”. 
Tra i giudizi sintetici Kant distingue i giudizi sintetici a posteriori,  che sono  dati dall’esperienza (esempio: il calore dilata i metalli), e i giudizi sintetici a priori, vera e propria base della scienza, che rispetto ai precedenti hanno la caratteristica di risultare oggettivamente universali e necessari. 
Mentre i giudizi analitici sono basati sul principio di non contraddizione, i giudizi sintetici non sono così scontati: Kant annovera tra essi anche la matematica, poiché il principio di non contraddizione qui è necessario ma non sufficiente. Kant deve quindi dimostrare non tanto l’esistenza dei giudizi sintetici a priori, che per lui è un fatto, quanto come essi siano possibili, come siano possibili la matematica pura, la scienza pura, la metafisica.