venerdì 18 marzo 2016

22 - Hume

HUME - LEZIONE 22
L’immaginazione, l’io e il mondo

22.1 - L’assoluta indimostrabilità dei rapporti di causa-effetto inficia in modo negativo l’intera visione scientifico-naturale del mondo, e il modo in cui viene pensata la realtà. Ma Hume non fu il solo filosofo a negare questa prospettiva (e non sarà neanche l’ultimo): l’originalità del pensiero di Hume consiste in un approccio metodologico fondato non su premesse teologiche, come nel caso di Leibnitz per esempio, ma su premesse antropologiche. Hume si chiede come debba essere fatto l’uomo per riaffermare l’esistenza di questi processi causali che la ragione tende a negare. Secondo Hume la scienza della natura non si discosta dal modo umanamente istintivo di spiegare il reale, ripetendo gli stessi errori. Ma se lo scetticismo cartesiano considerava il dubbio come una preparazione alla soluzione che lo avrebbe poi eliminato, quello humiano non perviene a una vera conclusione. Infatti lo scetticismo di Hume è una vera e propria presa d’atto, da parte della filosofia, una dichiarazione di resa, di impotenza e di rassegnazione, nei confronti del dispiegarsi della vita. Qui è la forza vitale a prendere il sopravvento sulla pretesa onnipotenza cartesiana della ragione. La forza vitale secondo Hume si esprime nell’uomo attraverso tre forme: ABITUDINE, CREDENZA, IMMAGINAZIONE. L’immaginazione genera associativamente le idee delle relazioni causali, l’abitudine la rafforza constatando il collegamento tra diverse impressioni: da ciò deriva la credenza dell’esistenza di una causalità naturale. La credenza non è un’idea ma un modo di apparire delle idee, che conferisce una validità apparente agli oggetti rendendoli persuasivi. La credenza è importante: se la credenza non ci fosse sarebbe pericoloso: il mondo sarebbe caotico e frammentario e ogni evento imprevedibile. Per questo la credenza, come l’immaginazione e l’abitudine, è NECESSARIA per l’uomo. Necessaria non vuol dire vera: la necessità non comporta infatti l’esistenza, così come se l’idea di Dio fosse necessaria per regolare i comportamenti umani non significherebbe che Dio esiste. 
L’uomo non è dunque, conclude Hume, un animale razionale, ma un animale immaginante e abitudinario: non sono i sensi a ingannalo ma il sentimento di fiducia necessario a colmare la propria impotenza. 

22.2 - Il meccanismo antropologico della credenza coinvolge oltre la causalità anche l’esistenza del mondo esterno e dell’io.
Credere all’esistenza di un MONDO ESTERNO significa credere in una realtà stabile e ordinata. Rifacendosi a Berkeley, Hume afferma che le impressioni esistono perché siamo noi a percepirle: non è possibile guardare dietro le impressioni e scoprire la realtà, se si facesse questo si scoprirebbero solo altre impressioni. Per le stesse ragioni della credenza nella causa anche in questo caso è necessario che l’uomo creda a una realtà stabile e ordinata. Allo stesso modo è necessario ammettere l’esistenza di un IO PERSONALE come la res cogitans cartesiana, a cui affidare pensieri e passioni, anche se il mondo esterno al di fuori del pensiero non esistesse affatto. Ma l’esistenza del pensiero non giustifica affatto quella di ciò che viene pensato dal pensiero stesso: non esiste infatti un’impressione che possa convalidare le idee, la res cogitans cartesiano o l’io personale humiano. L’io personale è un FASCIO DI IMPRESSIONI, legato dalla memoria e dall’immaginazione, gli stessi agenti responsabili del passaggio dalle impressioni alle idee. La credenza ci abitua a considerare rapporti causali pregressi mentre l’immaginazione prefigura  le conseguenze future, senza però nessuna impressione di supporto che possa validare questa idea. Hume mette dunque in discussione anche l’io personal, negando scetticamente la res cogitans cartesiana.

22.3 - Hume giunge dunque a una concezione AFINALISTICA della realtà:  si tratta di una concezione diversa dal rigoroso geometrismo  spinoziano, in cui viene negato ogni  legame causale e in cui la probabilità si sostituisce alla certezza della deduzione. Le stesse leggi naturali sono esempi di probabilità, per esempio non è certo che domani sorgerà il sole: è sempre successo così e probabilmente continuerà a succedere così ma non ci sono certezze che sarà sempre così. Hume concorda con Spinoza sulla considerazione che il mondo finalistico è una metafora antropologica, ma a differenza di Spinoza Hume evidenzia l’incessante attività umana ed i meccanismi di adattamento all’ambiente, allontanandosi dall’immagine dell’uomo come animale razionale della filosofia aristotelico-cartesiana, e avvicinandosi dunque alle stesse posizioni dell’antropologia moderna.