martedì 8 marzo 2016

49 - Kant

KANT - LEZIONE 49
Il finalismo naturale e la storia

49.1 - Il problema del fine ultimo delle cose resta escluso dalle due Critiche precedenti per tornare nella Critica della facoltà di giudizio, nella cui seconda parte, il discorso sulla natura viene approfondito. Kant sottolinea che gli individui si aspettano che la natura segua un cammino rigoroso e senza salti, che le sue leggi obbediscano a pochi principi, e che esista un ordine a cui tendono tutte le cose naturali. Tali aspetti, pur non venendo dall’esperienza, costituiscono la premessa di ogni nostra indagine empirica. La conformità a scopi - già analizzata nella prima parte della Critica del giudizio - consente di dare quelle risposte che le leggi della fisica meccanicistica non possono dare. Le scienze infatti possono spiegare le leggi che regolano la natura, ma non possono individuare lo scopo di ogni cosa. Quando Kant parla di conformità interna a scopi sostiene che ogni organismo vivente è principio di sé stesso, ossia è causa ed effetto al tempo stesso di tutto ciò che lo riguarda. Per  fare un esempio, un albero è principio di sé stesso, come specie, attraverso la riproduzione, e come individuo, con l’accrescimento; inoltre è costituito da diverse componenti - radici, foglie, rami - che costituiscono una  precisa organizzazione. A differenza di un qualsiasi congegno meccanico, che viene costruito da mani esterne, un organismo vivente si riproduce e si sviluppa in base a una serie di funzioni internamente connesse: l’intero esiste in funzione delle parti e le parti esistono in funzioni dell’intero. Questa doppia relazione esige il passaggio dal NEXUS EFFECTIVUS o nesso degli effetti, che può procedere solo in senso discendente, al NEXUS FINALIS o nesso delle cause finali, che procede sia in senso ascendente che discendente. 
Tale aspetto viene esteso da Kant a tutta la natura, che può essere pensata come un intero organismo fatto di singole parti funzionali, il cui scopo finale è l’uomo, elemento caratterizzante in quanto tutto parte dal soggetto: senza di esso l’intera creazione sarebbe un deserto. 

49.2 -  Il finalismo dunque non intende sostituirsi alla fisica nell’indagine della natura, ma, quale frutto della facoltà riflettente di giudizio, ha solo una funzione regolativa. Kant evita di creare confusioni tra la teleologia e la fisico-teologia, che fa derivare da questi aspetti l’esistenza di una causa suprema, limitandosi semplicemente a parlare di una interconnessione finalistica, intrinseca alla natura stessa. Nella ricerca di una possibile conciliazione tra la dimensione teoretica e quella pratica emerge la figura dell’uomo come scopo ultimo della natura. Egli non è semplicemente lo scopo ultimo, in quanto essere morale, ma è anche scopo finale in quanto libero. L’uomo è l’unico essere vivente veramente libero poiché consapevole della propria libertà: ciò permette che nel mondo fenomenico possa realizzarsi la legge morale. La mediazione tra i due ambiti viene espletata dalla facoltà di giudizio che  unisce l’intelletto e la ragione, e ci autorizza a ricercare la legge morale nella bellezza e a contemplare la natura come un sistema organizzato di scopi governato da uno scopo ultimo incondizionato: la nostra libertà morale.

48.3 - Tutte le azioni umane, seppur contraddittorie, sono spiegabili come funzionali a un disegno finalistico ordinato dalla natura il cui svolgimento è rappresentato dalla storia. Da alcuni scritti minori pubblicati nel decennio 1780-1790 emerge la concezione kantiana della storia. Si tratta di una prospettiva chiaramente illuminista, in cui a storia viene vista come progresso razionale, ossia come il processo di perfezionamento dell’uomo. Kant indica come fine ultimo di questo processo la costituzione repubblicana nei diversi stati e la creazione di una federazione tra gli stessi (Kant espone queste tesi dopo la rivoluzione americana e all’alba di quella francese). Si tratta molto probabilmente di una risposta all’estremismo naturalistico di Rousseau che aveva condannato il processo di incivilimento dell’umanità: secondo Kant la transizione dallo stato di natura alla civiltà è stato un male per l’individuo ma un bene per la specie. Questa transizione è simboleggiata da Kant attraverso il racconto biblico della cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso, ossia il passaggio da una condizione di libertà a una libertà consapevole ovvero dalla natura alla cultura. Questo passaggio implica una caduta, in quanto la storia della libertà - dice Kant - comincia col male, ma allo stesso tempo si tratta di una condizione positiva in quanto l’uomo prende consapevolezza della sua condizione iniziando un cammino razionale verso il quale è predisposto. Tutti gli uomini contribuiscono con le loro azioni al progresso storico, conducendo un naturale antagonismo sociale che non è distruttivo se attuato nella società civile: Kant vede come fine ultimo del progresso storico la realizzazione di una società di cittadini, liberi ed eguali, guidati da un’unica legislazione, ossia una costituzione perfetta (repubblicana) e la formazione di una federazione di stati. Questi aspetti sono esteriori e non hanno nulla a che fare col progresso morale, che è invece interiore, e hanno un uso regolativo e normativo quale coordinamento a cui gli i singoli e gli stati devono idealmente conformarsi.