mercoledì 16 marzo 2016

41 - Kant

KANT - LEZIONE 41
La filosofia kantiana fino alla svolta critica del 1770

41.1 - La fase pre-critica kantiana è dominata dall’interesse per la scienza, a cavallo tra fisica e metafisica. A ispirare il giovane Kant su sopratutto la fisica di Isaac Newton, che riconduce il problema dell’origine dell’universo a una soluzione meccanicistica, ma anche la filosofia di Leibnitz. Prima della cosiddetta svolta critica Kant cerca un connubio tra la fisica meccanicstica, con la STORIA NATURALE DELLA NATURA, e la metafisica leibnitziana, con la MONADOLOGIA PHYSICA, dove utilizza il concetto di monade non più in senso spirituale ma in senso fisico. Il giovane Kant si trova quindi a cercare una soluzione ai problemi della filosofia del suo tempo, ma abbandona ben presto la metafisica, in particolare la metafisica razionalistica di Wolff, che pretendeva la deduzione logica delle conseguenze dalle premesse assolutamente certe, come quelle della matematica. Kant individua l’errore di questa impostazione sottolineando che sussite una differenza tra il piano logico e il piano esistenziale: pensare una cosa non significa che questa debba esistere veramente, io potrei anche pensare a un animale mitologico come l’ippogrifo o l’unicorno che non esistono nella realtà. Nella ricerca delle differenze formali tra i due piani Kant scrivi la NUOVA ILLUSTRAZIONE DEI PRIMI PRINCIPI DI CONOSCENZA METAFISICA, in cui trasforma il principio di ragion sufficiente di Leibntz in nel principio di RAGIONE DETERMINANTE,  a sua volta suddivisa in RAGION D’ESSERE (fattore che appunto determina  l’esistenza di una certa cosa e non altrimenti) e RAGION DI CONOSCERE (fattore che determina la conoscibilità di una certa cosa e non altrimenti). 

41.2 - Otto anni dopo la pubblicazione della Nuova Illustrazione Kant inizia una critica più marcata alla metafisica wolffiana, sopratutto con il suo scritto del 1763 TENTATIVO PER INTRODURRE IN FILOSOFIA IL CONCETTO DELLE QUANTITA’ NEGATIVE. Qui Kant riprende a parlare del principio di ragion sufficiente esaminando il concetto di causalità, e opponendosi in modo deciso a quello che poi è il dogma incrollabile della filosofia razionalistica, ossia il rapporto di causa ed effetto. Kant opera invece una distinzione tra la CAUSA LOGICA, con le relative conseguenze sul piano logico, e la CAUSA REALE, con i suoi effetti sul piano dell’esistenza. Questa distinzione  non è nuova nella letteratura giovanile kantiana, e prende le mosse da un’altra fondamentale distinzione, quella tra OPPOSIZIONE LOGICA, ossia l’attribuzione contraddittoria di un predicato al soggetto (per esempio dire nello stesso tempo che un corpo è fermo e che si muove)   e OPPOSIZIONE REALE, ossia la contraddizione non logica di due predicati entrambi reali e possibili che non possono però esistere contemporaneamente (per esempio non possiamo nello stesso tempo dire di andare a destra e a sinistra). Questa distinzione viene usata da Kant in un altro scritto dello stesso anno, che affronta il problema dell’esistenza di Dio - altro tema caldo del periodo - in cui il filosofo afferma che l’esistenza non è un predicato, non ha una natura logica o concettuale, ma si riferisce a un elemento reale, la cui presenza può essere accertata attraverso i sensi, pertanto anche il più perfetto dei concetti perde di validità se non è fondato dall’esperienza. Kant è infatti molto attento a definire l’esistenza come una POSIZIONE ASSOLUTA, distinguendola dalla POSIZIONE RELATIVA: con quest’ultima intendiamo semplicemente la semplice attribuzione di un predicato al soggetto (come per esempio: Cesare attraversa il Rubicone) mentre la prima mette in evidenza il soggetto con tutti i suoi predicati e le caratteristiche che lo distinguono. Con questa distinzione Kant si lascia volutamente alle spalle il concetto di ragion sufficiente: un conto è infatti affermare la possibilità di una certa scelta logica, altro conto è dire che una cosa “è” assolutamente. Nello scritto sulle prove dell’esistenza di Dio appare ormai evidente che Kant abbandona il razionalismo cartesiano, ma anche l’empirismo con le soluzioni di tipo scettico, per abbracciare una nuova impostazione metodologica della metafisica.

41.3 - Abisso senza fondo, oceano senza sponde: così Kant definisce la metafisica tradizionale, di cui opera una critica metodologica che lo condurrà alla cosiddetta svolta critica. La sua critica prende le mosse da quello che poi era il presupposto per eccellenza della metafisica razionalistica, ossia la certezza deduttiva. Dopo aver analizzato i metodi della matematica e della filosofia Kant perviene alla conclusione che il metodo della matematica è inapplicabile alla metafisica: il matematico è un costruttore, il metafisico si basa su ciò che è già dato; il matematico usa la sintesi, il filosofo usa l’analisi. Un matrimonio tra i due metodi non è proponibile, poiché la filosofia non si occupa di costruire concetti ma di tutto ciò che è esistente. 

41.4 - Con questa ulteriore distinzione Kant prende quindi ufficialmente le distanze dalla metafisica razionalistica wolffiana, e adotta uno dei cardini del metodo newtoniano, cioè l’esperienza. L’introduzione dell’esperienza trasforma di fatto la metafisica in una scienza dei limiti della ragione. Nella sua famosa opera del 1766, I SOGNI DI UN VISIONARIO, Kant chiarisce che la metafisica non è una scienza, e confina il suo campo d’indagine ai limiti imposti alla ragione dall’esperienza. Ma il compito della filosofia non si ferma qui. Kant infatti, pur influenzato da Hume, cerca di evitare sia una soluzione rigidamente empirista sia una soluzione scettica, che finirebbero per minare quel territorio che fa da base alla fisica newtoniana, ossia la metafisica della natura: Kant cerca quindi di portare alla luce le cosiddette condizioni pure della conoscenza, che non derivano dall’esperienza sensibile, cioè quelle strutture che organizzano e rendono pertanto possibile l’esperienza stessa. La svolta critica arriva nel 1770 con la cosiddetta DISSERTAZIONE dal titolo LA FORMA E i PRINCIPI DEL MONDO SENSIBILE E DEL MONDO INTELLIGIBILE, dove per la prima volta le condizioni per la conoscenza dei fenomeni sono ricercate nelle forme a priori della soggettività. A priori poiché tali condizioni dell’esperienza fenomenica, spazio e tempo, non sono astratte da oggetti empirici ma considerate come intuizioni pure. 
La Dissertazione del 1770 contiene anche la fondamentale distinzione tra CONOSCENZA SENSIBILE  e CONOSCENZA INTELLETTUALE: la prima riguarda le cose come appaiono, ossia i FENOMENI, la seconda riguarda le cose come sono, ossia i NOUMENI (= oggetti della mente): si potrebbe qui supporre che Kant avesse intenzione di orientare la sua ricerca ancora alla trascendenza ma in realtà si tratta della maturazione del percorso kantiano, che si consacra nella CRITICA DELLA RAGION PURA, in cui si chiarisce che gli oggetti del pensiero non si riferiscono a una realtà in sé e intelligibile ma agli oggetti dell’esperienza stessa, e che tramite essi vengono organizzati e conosciuti.