domenica 13 marzo 2016

44 - Kant

KANT - LEZIONE 44
La sintesi a priori dell’intelletto

44.1 - Dopo aver individuato le categorie è necessario accertarne la loro origine apriori e definirne l’inventario. Questo è il compito che Kant assegna alla cosiddetta DEDUZIONE METAFISICA, in cui viene dimostrato che le categorie trovano origine nella spontaneità dell’intelletto e che si accordano con le funzioni logiche del pensiero. Questo però conduce a due ulteriori interrogativi: in primis come sia possibile che delle funzioni logiche di natura soggettiva arrivino a condizionare l’esperienza in maniera oggettiva, cioè universale, e in secondo luogo come sia possibile che delle funzioni logiche la cui natura sia formale possano essere applicate all’esperienza la cui natura è invece sensibile.  Al primo problema Kant risponde con la DEDUZIONE TRASCENDENTALE DEI CONCETTI PURI DELL’INTELLETTO, al secondo invece con la DOTTRINA DELLO SCHEMATISMO TRASCENDENTALE. La deduzione trascendentale e lo schematismo trascendentale caratterizzano le due parti in cui Kant suddivide l’Analitica, dette rispettivamente Analitica dei Concetti e Analitica dei Principi.
Pensare è giudicare. L’intelletto non ha la facoltà di intuire direttamente come fanno i sensi ma può solo raccogliere i dati offerti dalla sensibilità e collegarli tra di loro mediante giudizi, appunto, e concetti. Kant opera una separazione della funzione formale del giudizio dal suo contenuto, e individua tante categorie quante sono le forme logiche del giudizio stesso, in quanto appunto funzioni del giudicare. Riprendendo dalla logica formale la tavola dei giudizi di derivazione aristotelica e scolastica Kant individua quattro gruppi di giudizi: di quantità, di qualità, di relazione, di modalità. Ognuno di essi si articola in tre tipologie, per un totale di dodici forme di giudizio, a ognuna delle quali corrisponde una funzione cateogoriale come segue:
QUANTITA’ - unità, pluralità, totalità:
QUALITA’ - realtà, negazione, limitazione;
RELAZIONE - sostanza-accidente, causa-effetto, relazione reciproca:
MODALITA’ - possibilità, esistenza, necessità.
Come si vede. nella tavola dei giudizi Kant “riabilita” i concetti di causa e di sostanza, già condannati da Hume, qui inseriti come condizioni soggettive e dunque svuotati del carattere ontologico delle cose in sé. 

44.2 - Come fanno delle funzioni logiche soggettive ad avere una validità oggettiva cioè universale? Il problema della deduzione trascendentale non va inteso in un senso scientifico (quid facti) ma giuridico (quid juris), in quanto non si parla qui della deduzione come processo conoscitivo dall’universale al particolare, ma della pretesa legittima delle categorie, funzioni soggettive, di avere una validità oggettiva. Il fondamento di questa pretesa viene cercato da Kant nella soggettività stessa. Infatti ciò che Kant chiama oggettivo è il frutto  di una sintesi delle rappresentazioni sensibili, non potendo l’intelletto intuire in modo diretto come fanno i sensi. Perché sia valida, questa attività di unificazione dei dati sensibili, deve riferirsi a una AUTOCOSCIENZA, che Kant chiama IO PENSO o APPERCEZIONE TRASCENDENTALE, e che ha il compito non solo di supervisionare l’accordo dei giudizi alle varie categorie corrispondenti, ma deve anche garantire la legittimità dell’applicazione di queste ultime in maniera universale, cioè devono essere valide per tutti i soggetti conoscenti. L’io penso kantiano non va confuso con la res cogitans cartesiana: esso è il polo fondamentale di tutte le sintesi ma esso stesso è limitato, non può conoscere sé stesso e, come le categorie, non potrebbe funzionare se privato dei dati percettivi. La sua funzione quindi è quella, fondamentale per la conoscenza, di mettere d’accordo due elementi tra loro eterogenei, i concetti e le intuizioni: compito dell’io penso è dunque quello di essere la massima unità sintetica, oltre a legittimare la funzione logica delle categorie.

44.3 - Come possono le categorie, condizioni formali e soggettive, applicarsi oggettivamente ai giudizi e ai fenomeni? occore un elemento intermedio, che contenga sia il carattere formale della categoria sia il carattere materiale dell’intuizione sensibile. Lo scopo dell’intelletto è quello di unificare i concetti e i dati della rappresentazione sensibile: Kant individua una rappresentazione intermedia tra questi due elementi della conoscenza, che definisce SCHEMA TRASCENDENTALE, a sua volta generato dall’IMMAGINAZIONE PURA o PRODUTTIVA, a metà strada quindi tra intuizione e intelletto. Come funziona lo schema? Lo schema non è un’immagine: esso non si limita a riprodurre un oggetto ma ne costituisce il METODO DI RAPPRESENTAZIONE, ossia la  sua  propria REGOLA. Se io devo disegnare un triangolo seguo un certo tipo di regola - che deve avere tre lati, che due dei tre lati sono obliqui e uno è dritto - che deve esistere SOLO nel pensiero e che quindi non è l’immagine, ossia la figura, che viene riprodotta, e che ha natura empirica: se io cancello il disegno non sto cancellando la regola che mi ha portato a realizzarlo. Lo schema trascendentale è però qualcosa di più rispetto al concetto di schema: si tratta dell’adattamento preliminare dell’intuizione pura di tempo, forma del senso interno, alla categoria. Prendiamo come esempio la categoria della relazione. Avremo le seguenti corrispondenze:
schema della sostanza = permanenza nel tempo
schema della causalità = successione del molteplice
schema dell’azione reciproca = simultaneità
Questi tre schemi, permanenza, successione e simultaneità, sono determinazioni a priori che consentono alle rispettive categorie - la cui natura è formale - di essere usate nell’intuizione: senza la funzione intermedia dello schema le categorie (in quanto soggettive) non potrebbero dunque essere universalmente applicate all’esperienza sensibile.

44.4 - Gli schemi svolgono dunque una funzione mediatrice tra le categorie e l’esperienza, stabilendo le regole di base perché sussista questo accordo, e le regole sono costituite dai PRINCIPI DELL’INTELLETTO. In quanto regole generali dell’uso oggettivo delle categorie i principi dell’intelletto sono quattro, così come quattro sono i gruppi delle categorie:
ASSIOMI DELL’INTUIZIONE - tutte le intuizioni sono quantità estensive;
ANTICIPAZIONI DELLA PERCEZIONE - in tutti i fenomeni la materia della sensazione viene percepita secondo una quantità intensiva, ossia un grado;
ANALOGIE DELL’ESPERIENZA - l’esperienza è possibile solo mediante una connessione necessaria tra le percezioni;
POSTULATI DEL PENSIERO EMPIRICO IN GENERALE -  distinguono tra ciò che è possibile, reale e necessario.
 Tra questi quattro principi Kant mette in evidenza le analogie dell’esperienza, in quanto mostrano la connessione tra i fenomeni in base a leggi necessarie, mentre i primi due mostrano solo la possibilità matematica dei fenomeni presi separatamente. L’intelletto opera dunque un’attività legislatrice sulla natura.
Kant distingue due aspetti nella natura, MATERIALE  e uno FORMALE. La natura MATERIALITER SPECTATA rappresenta l’insieme di tutti i fenomeni, la natura FORMALITER SPECTATA rappresenta l’adeguamento degli oggetti dell’esperienza a leggi universali e necessarie. In questo modo Kant dichiara che l’unità e la connessione tra fenomeni non deriva dunque da un mondo di cose in sé ma è un prodotto dell’attività trascendentale dell’intelletto. Kant non considera la natura come la totalità dei fenomeni: al termine dell’Analitica infatti indica - in una accezione sostanzialmente negativa -  la presenza delle cose in sé, ossia i NOUMENI, enti intelligibili, che possono essere pensati ma assolutamente privi di realtà oggettiva e quindi inutili alla conoscenza, poiché cadono oltre l’esperienza sensibile.