mercoledì 9 marzo 2016

48 - Kant

KANT - LEZIONE 48
La facoltà riflettente di giudizio ed il problema estetico

48.1 - La CRITICA DELLA FACOLTA’ DI GIUDIZIO rappresenta il momento conclusivo del percorso critico kantiano. Oggetto di questa critica non è il giudizio in quanto proposizione unificatrice di un soggetto e di un predicato ma la facoltà che presiede all’elaborazione del giudizio stesso. Questa facoltà viene presentata da Kant come la capacità di pensare il particolare contenuto nell’universale. Questa relazione può assumere due caratteristiche diverse, il GIUDIZIO DETERMINANTE, in cui l’universale è già conosciuto tramite i concetti puri dell’intelletto, ed il GIUDIZIO RIFLETTENTE, in cui l’universale non è noto e deve essere pensato, quindi si deve operare una riflessione. La facoltà riflettente di giudizio possiede dunque una funzione EURISTICA, cioè di scoperta. Alla base di questa funzione Kant colloca il SENTIMENTO DI PIACERE E DI DISPIACERE, che distingue sia dalla facoltà di conoscenza, relativa all’ambito teoretico, sia dalla facoltà di desiderare, relativa all’ambito pratico: questo sentimento non ha dunque alcuna rilevanza conoscitiva o morale ma Kant lo ritiene utile perché offre un altro modo di guardare la realtà, sia nei suoi aspetti belli o sublimi, relativi alla natura o alle opere d’arte, sia a quegli aspetti che concorrono a una precisa finalità o uno scopo ultimo. La vera novità della facoltà riflettente di giudizio è proprio l’aspetto finalistico, che si può intendere in modo SOGGETTIVO, quando si parla di qualcosa destinato a suscitare nel soggetto un sentimento di attrazione o di repulsione,  oppure in modo OGGETTIVO, se la struttura di un organismo naturale possiede un fine intrinseco alla natura stessa. Nel primo caso si fa riferimento al gusto e la facoltà verrà detta ESTETICA, nel secondo caso si fa riferimento all’organizzazione finalistica della natura e chiameremo quindi questa facoltà TELEOLOGICA.

48.2 - Le due Critiche kantiane ci hanno mostrato un uomo che è al tempo stesso natura e libertà. Da una parte egli vive in un mondo fenomenico, regolato da un rigoroso meccanismo naturale, in cui fa fede la legislazione categoriale dell’intelletto; dall’altro tende a un mondo morale, dominato dalla ragione, in cui ha la possibilità di operare una scelta. Ma lo sforzo di adeguamento dell’uomo alla legge morale universale non avviene nel mondo noumenico ma in quello fenomenico, in cui ad ogni azione dell’uomo corrisponde una precisa determinazione. La funzione della facoltà riflettente di giudizio è proprio quella di fare da ponte, ossia di fare da intermediario tra intelletto e ragione. Si deve notare come l’indagine kantiana è ancora una volta trascendentale, ossia parte proprio dal soggetto che “accoglie” gli aspetti su cui la facoltà di giudizio riflettere, la natura, la libertà, l’arte. Proprio per questo motivo alla facoltà riflettente di giudizio spetta innanzitutto il compito di chiarire che il mondo naturale non obbedisce solo a un rigoroso determinismo meccanicistico, fatto di leggi inderogabili e inviolabili. Il soggetto, mosso dal sentimento, tende a pensare la natura come un insieme di aspetti ordinati da una intelligenza superiore che fanno riferimento ad un disegno unitario. Ogni cosa che accade ha un fine ultimo. Non si tratta, dice Kant, di una proprietà intrinseca alla natura ma di una rappresentazione del soggetto stesso: infatti sia la conformità soggettiva sia quella oggettiva degli scopi fanno parte della trascendentalità soggettiva.
Prendiamo ad esempio un fiore che appare al soggetto. Esso potrà essere visto in diversi modi: in modo soggettivo un uomo potrebbe pensare che sia sbocciato con lo scopo di suscitare piacere oppure perché semplicemente è stato coltivato con lo scopo di abbellire; dal punto di vista oggettivo un uomo può pensare che ha un fine biologico ben preciso (generare un frutto). In entrambi i casi si tratta di una fatto soggettivo, di carattere REGOLATIVO e non COSTITUTIVO poiché non ha a che fare con la conoscenza effettiva del fenomeno, che rimane sottoposta alle leggi dell’intelletto.

48.3 - L’analisi della facoltà estetica di giudizio chiarisce il procedimento che attribuisce, secondo i giudizi del gusto, il carattere di “bello” a un dato oggetto della natura o dell’arte. Si tratta in pratica di determinare la possibilità del giudizio estetico, diverso dal giudizio logico. La bellezza non è una proprietà dell’oggetto e nemmeno una qualità che si può trarre da esso, ma nasce dal prodotto della rappresentazione di un certo oggetto nel soggetto, secondo il sentimento di piacere o di dispiacere: è bello semplicemente ciò che piace, secondo un giudizio di gusto. Kant distingue quattro punti di vista del giudizio estetico, corrispondenti ai quattro tipi di giudizio della logica formale, poiché anche il giudizio di gusto ha una caratteristica soggettiva:
1 - dal punto di vista QUALITATIVO bello è il piacere disinteressato, ossia il bello che non ha un effetto sensibile (piacevole) o morale (buono); 
2 - dal punto di vista QUANTITATIVO bello è il piacere universale, ossia ciò che piace a tutti, però senza concetto: si tratta della di una universalità soggettiva, cioè il giudizio estetico, riferito a una rappresentazione singola, è condiviso da più soggetti;
3 - dal punto di vista della RELAZIONE bello è ciò di cui si coglie l’armonia delle forme in un ordine universale, pur senza apparire una finalità intrinseca;
4 - dal punto di vista della MODALITA’ bello è ciò che piace necessariamente, ossia l’oggetto sulla cui bellezza necessariamente si concorda. 
Come si vede il concetto di bello ha per Kant valore universale e necessario, seppur soggettivo, tanto da parlare di un SENSO COMUNE per riferirsi a il meccanismo che induce lo stesso stato d’animo in più soggetti e che può essere comunicato e condiviso, anche se non nella forma di un concetto conoscitivo. Ed è al senso comune che si collega quello che kantianamente viene definito il libero gioco tra le facoltà conoscitive: nel caso del giudizio di gusto abbiamo per esempio un accordo tra immaginazione e intelletto, e non già una subordinazione come avverrebbe invece nella sintesi conoscitiva, poiché assente una determinazione concettuale: questo accordo armonico, proprio per l’assenza di determinazioni concettuali, consente una prerogativa creatrice, quella propria del GENIO, ossia la capacità di creare senza regole.

48.4 - Il sublime, a differenza del bello, non ha a che fare con il libero gioco,  cioè prescinde dall’accordo tra immaginazione e intelletto: il sublime ha infatti a che fare con l’informe, che genera una gioia positiva, e l’illimitato, che genera un’emozione in grado di dare piacere o dispiacere. Kant distingue inoltre un sublime MATEMATICO, corrispondente al sentimento di grandezza che si prova davanti a uno spazio sconfinato, come il cielo notturno stellato, e un sublime DINAMICO, corrispondente al sentimento di stupore che si prova osservando un evento in itinere, per esempio le onde del mare in burrasca o l’eruzione dell’Etna. Il sublime non fa riferimento quindi a un oggetto preciso come nel caso del bello, ma a una particolare disposizione d’animo suscitata da una rappresentazione. L’assenza dell’accordo armonico tra immaginazione e intelletto conduce l’immaginazione a rivolgersi alla ragione, sentendosi però sconfitta e inadeguata, in quanto la ragione, con le sue idee, non riesce a supportare questo sentimento. Ma questa sensazione non è solo negativa poiché rivela la straordinarietà del sentimento e il nostro essere limitati nei suoi confronti: sconfitto dalla potenza della natura l’uomo viene “risvegliato” alla grandezza morale, non paragonabile alla sensibilità.