mercoledì 23 marzo 2016

13 - Descartes

DESCARTES - LEZIONE 13
Dio e il mondo esterno

13.1 - Descartes, affermando l’evidenza del cogito, supera di fatto il dubbio iperbolico, ma la certezza delle idee matematiche apre inevitabilmente una nuova fase di ricerca. Infatti la certezza del superamento del dubbio iperbolico può darla solo l’esistenza di Dio, che è onnipotente, a differenza dell’uomo che è limitato, e infinitamente buono, quindi non mi inganna: sarò dunque la dimostrazione dell’esistenza di Dio a confermare la certezza degli elementi chiari e distinti dell’evidenza. Le prove dell’esistenza di Dio sono tre:

PRIMA PROVA - Se io sono un essere imperfetto come posso avere un’idea di perfezione come quella di Dio? Evidentemente questa idea non deriva da me, poiché se così fosse io sarei stato perfetto e mi sarei creato ancora più perfetto di quello che sono. E siccome non sono in grado di crearmi da solo, altrimenti mi sarei creato perfetto, allora qualcuno mi ha creato.
SECONDA PROVA - L’esistenza sta a Dio come tre lati stanno al triangolo: l’esistenza stessa di Dio è sinonimo di perfezione, quindi se dicessimo che Dio non esiste, non staremmo parlando di Dio, in quanto Dio esiste proprio in quanto perfetto.

Queste prime prove non sono originali di Descartes, la prima è ripresa da San Tommaso, la seconda da Sant’Anselmo. La prova originale cartesiana è la terza. Prima di tutto Descartes chiarisce che noi ci riferiamo genericamente col termine di idee a tutti i contenuti del pensiero. Ma le idee sono di tre tipi:

IDEE AVVENTIZIE - derivano dai sensi (Descartes scrive “appaiono” con le virgolette poiché non è stata ancora dimostrata l’esistenza della res extensa), e sono confuse e oscure, poiché sensibili.
IDEE FITTIZIE - sono le idee prodotte dalla fantasia e costruite con le idee fittizie, come per esempio le sirene, gli unicorni, ecc.
IDEE INNATE - sono le idee originali del pensiero, che non sono derivate dai sensi e dall’esperienza, e per questo sono chiare e distinte. Sono necessarie e fondamentali: tra esse ci sono le idee matematiche che sono indispensabili alla conoscenza. E tra le idee innate è presente l’idea di Dio. 

TERZA PROVA - Essendo innata l’idea di Dio è chiara e distinta, proprio come può essere l’idea del triangolo, ma rispetto alle idee innate ha qualcosa di più: presuppone l’infinito, che non ha nulla a che vedere con la natura finita e limitata dell’essere umano. Dunque, afferma Descartes, se io sono finito e limitato come posso avere innata un’idea di infinità come quella di Dio? Evidentemente questa idea è stata posta dentro di me da un Essere Infinito e assai più potente di me, e questo ente è appunto Dio.

Questa terza prova, sottoposta a durissime critiche in quanto presuppone un circolo vizioso, dimostra dunque l’esistenza di una seconda sostanza, quella divina. La dimostrazione dell’esistenza di un essere perfetto e infinitamente buono sconfigge per sempre lo jpsettro del famoso genio malefico e ingannatore e consente a Descartes di superare in modo definitivo il dubbio iperbolico. Tuttavia questo non significa che il giudizio sia immune dall’errore, in quanto l’uomo è imperfetto. L’errore nasce da uno squilibrio tra l’intelletto, che è finito, e la volontà. Mentre l’intelletto si rivolge solo alle cose finite, la volontà pretende di innalzarsi oltre i confini fissati dall’intelletto, considerando chiare e distinte quelle cose che non lo sono: per questo motivo nonostante l’infinita bontà di Dio l’errore, a causa della volontà dell’uomo, non può essere estirpato dal mondo.

13.2 - Descartes si chiede dunque se sia possibile l’esistenza del corpo e di un mondo esterno. Fino a questo momento ogni dimostrazione di queste due realtà è stata vana a causa dell’inganno sensoriale, assimilato da Descartes a un genio malefico, e latore del dubbio. Dubbio che viene a cadere con la dimostrazione dell’esistenza delle due sostanze, pensante e divina. 
Descartes ricorre all’esempio del chilagono, un poligono regolare di mille lati, la cui idea matematica è pensabile ma non una sua rappresentazione in forma di immagine. L’esistenza del corpo è supposta dalla presenza nella res cogitans delle idee fittizie, che sono date dall’immaginazione e pertanto hanno origine dalle idee avventizie, che hanno origine dai sensi. Mentre l’intelletto non potrebbe giustificare l’esistenza di una corporeità, mentre l’immaginazione lascia supporre che esista qualcosa fuori dal solo pensiero e che costituisce un limite al pensiero stesso. L’immaginazione è attiva, e dipende dunque dalla mia volontà, mentre la percezione è passiva: mentre posso scegliere di immaginare un albero di qualsiasi tipo , se io vedo davvero un albero non posso impedirmi di vederlo, ed è questo obbligo che porta Descartes a dire che esiste un mondo esterno, poiché nessuna percezione può essere rifiutata. La garanzia della certezza dell’esistenza del corpo e del mondo esterno è data da Dio, in quanto buono e quindi non ingannatore. 
Da qui derivano alcune conseguenze rilevanti:
nonostante sia acclarata la certezza di una sostanza estesa, la sola certezza viene dalle idee matematiche, in quanto la realtà è mutevole e le idee proprie dei sensi non possono rappresentare la realtà di partenza;
tuttavia la presenza delle sole idee innate, chiare e distinte, non basta a darmi la certezza di avere un corpo, e quindi ho bisogno più delle idee oscure e confuse afferenti alla sensibilità;
il Dio cartesiano non è il Dio della religione ebraico-cristiana, quanto un Dieu des philosophes, col solo compito di garante della verità.